Il
centocinquantunesimo numero in edicola oggi contiene la conclusione dell'avventura di Zagor contro Rakosi e
Ylenia, la storia completa “Il ponte dell’arcobaleno”, nonché
la prima parte della storia “Paura sull’alta sierra”.
IL PONTE
DELL’ARCOBALENO
Samuel,
Forrest e Warren Kinsky giungono a
Darkwood con l’intento di arrestare Zagor per l’uccisione del loro fratello
Salomon. Allora Zagor convoca il consiglio delle tribù di Darkwood per rivelare
loro di essere il figlio del massacratore degli Abenaki, Mike Wilding.
Con la sola
eccezione di Tonka e Molti Occhi, i capi tribù (soggiogati da una droga sparsa
nell’aria dai fratelli Kinsky) rinnegano Zagor e lo costringono alla fuga.
Lo Spirito con
la Scure incontra la strega indiana Jayla, che lo fa cadere in catalessi
permettendogli così di varcare il Ponte dell’Arcobaleno che conduce nel Regno
dei Morti, generato all’alba dei tempi da Athaska, un valoroso guerriero che
non aveva mai accettato l’esistenza della Morte e che aveva osato sfidare
Manito scagliando la sua lancia oltre l’abisso, creando così il ponte.
Giunto
nell’Aldilà, Zagor ha modo di rivedere molti dei suoi amici indiani, ma anche
Mohican Jack, Wandering Fitzy e, soprattutto, suo padre, che si rivela
colpevole ma anche pentito e cambiato dopo l’eccidio commesso.
Il dialogo con
lo spirito del genitore risolve i dubbi di Zagor che ritorna nel mondo reale
dove, aiutato da un intervento soprannaturale, sconfigge i propri nemici. A
Darkwood torna la pace e lo Spirito con la Scure riconquista la fiducia dei
capi indiani.
“Il ponte dell’arcobaleno”,
storia ricca di lirismo e connotati etici, è doppiamente
celebrativa: innanzitutto perché pubblicata in occasione del quattrocentesimo
numero della collana originale e poi perché torna a scavare nel tormentato
passato del protagonista, riconciliandolo finalmente con la figura paterna.
Per ogni essere umano il rapporto col padre è sempre molto problematico,
in bilico tra identificazione e respingimento, e solo quando si riesce ad
“accettare” incondizionatamente il proprio genitore, con i suoi pregi ed i suoi
difetti, si diventa davvero adulti. Zagor non è da meno: in questa storia riesce
a perdonare e perdonarsi, a comprendere i punti oscuri del passato del padre e
del proprio, superandoli e diventando, così, veramente libero di esprimere se
stesso.
Per riuscire in tutto questo Zagor compie un percorso iniziatico
degno di un eroe epico: un viaggio di andata e ritorno dal “regno dei morti”. Questo
viaggio fantastico permette, da un lato, al lettore di ricucire le trame del
passato di Patrick Wilding e, dall’altro, a Zagor di liberarsi da un fardello
opprimente.
Boselli è stato certamente coraggioso (o incosciente!) ad
imbastire una storia di questo tenore. Il tema trattato era sicuramente
“ostico” ma probabilmente necessario per riprendere le fila del rapporto fra
Zagor e il padre lasciato in sospeso dall’epoca di “Zagor racconta…” e “La
nebbia infernale”. In quest’ultimo episodio, quando suo padre gli apparve
nei fumi del Lago Tallapoosa, Zagor tentò di riabbracciarlo e di andare via con
lui. Aveva quindi un profondo desiderio di liberare il cuore dal dubbio circa
la vera natura del padre. E la risposta che Mike Wilding dà al figlio ne “Il ponte dell’arcobaleno” è
significativa: “Le persone possono
cambiare figliolo…” In questa frase c’è molto della “filosofia” che permea
la narrativa zagoriana in merito alla possibilità di riscatto dai propri
errori.
La figura del padre di Zagor resta quella di un massacratore di
indiani e la “lezione” imparata dal giovane Patrick in “Zagor racconta…” rimane immutata. Tuttavia all’eroe viene ribadita
un’altra verità, che del resto egli già conosceva ed applicava da molti anni:
la gente può cambiare, il malvagio può redimersi e, viceversa, il buono può
cedere alla tentazione.
La storia, tuttavia, non è scevra da ombre.
Qualcuno, infatti, ha eccepito che con questo episodio Boselli
abbia troppo “umanizzato” Zagor, smitizzandolo agli occhi degli indiani e che
dopo la sua riappacificazione col padre la saga dello Spirito con la Scure
sarebbe ormai da considerarsi terminata…
Il merito alla prima problematica v’è da osservare che, sebbene
Zagor sia un essere umano con le sue debolezze e virtù, con la vita segnata da
tragici eventi, alla fine dell’avventura lo sceneggiatore ci fa capire che, al
tempo stesso, lui è davvero l’inviato di Manito. Il grido di Zagor e la sua
figura che emerge dal rogo che la avvolge, guarita dalle sue ferite, sono
immagini indubbiamente riconducibili alla sfera del soprannaturale,
perfettamente in linea con la tradizione dell’aspetto misterico che circonda lo
Spirito con la Scure. Semplicemente Boselli ha sintetizzato le due cose: l’alone
sacrale di cui Zagor si circonda - e dal quale è effettivamente circondato - e
la sua umanità, i suoi dubbi, le sue fragilità.
Per quanto riguarda la seconda osservazione, il mio amico
Francesco L.P. (scrittore, blogger nonché forumista di SCLS) ha scritto una
volta che con “Il ponte dell’arcobaleno”
Zagor avrebbe dovuto rinunciare alla sua scure e al suo costume per sempre; che
lo Zagor di oggi è un alter ego, un abitante di un else world, piacevole e divertente quanto si vuole, ma non è più
Zagor.
Per quanto questa tesi possa avere una sua ragion d’essere, io
non me la sento di condividerla in toto.
Zagor avrebbe dovuto “appendere la scure al chiodo” se il padre fosse risultato
innocente del massacro e se le motivazioni del suo agire fossero legate ad una
semplice vendetta. Zagor, invece, ha cercato la vendetta solo in una fase
iniziale della sua esistenza, ma poi è sempre stata la giustizia a muovere il
suo agire. Dopo il massacro degli Abenaki Zagor venne assalito dal
rimorso e comprese che la sua sete di vendetta era ingiustificata e capì quanto
fosse difficile, in certi casi, stabilire con esattezza da che parte stesse il
torto e da quale la ragione. Quindi giurò a se stesso che non si sarebbe mai
più fatto ingannare dalle apparenze e dai pregiudizi, e che avrebbe dedicato la
sua vita al servizio della giustizia da qualunque parte si trovasse, senza
badare al colore della pelle e ad altre discriminazioni. Ora, a mio parere,
dopo aver definitivamente scoperto che il padre era
cambiato e pentito, la sua convinzione sulla necessità della sua missione di
giustiziere, lungi dal volerla abbandonare, ne esce sicuramente rafforzata.
Un’ultima osservazione sul finale della storia: ho trovato
commovente e liberatorio il gesto di Zagor che appende in bella vista il
ritratto dei propri genitori, sino ad allora sempre occultato. Lo Spirito con
la Scure ha finalmente fatto pace col proprio passato e non se ne vergogna più.