Lo Zagor Più n. 9 presenta per la quinta volta nella collana (che, lo ricordo per i più distratti, ha sostituito il “vecchio” Maxi Zagor) il format ormai famoso noto come “I racconti di Darkwood”: una serie di brevi avventure racchiuse da una storia “cornice” che funge da incipit, raccordo e chiusura. Il titolo complessivo di questo albo è Lo spirito del lupo.
Sotto una “rinfrescante” (di questi tempi) copertina di Alessandro Piccinelli troviamo quattro storie brevi narrate da Zagor e Cico giunti all’accampamento indiano dei Seneca di Teyanoga. Li ascolteremo narrare di un episodio molto particolare della gioventù dello Spirito con la Scure, della ricerca di un trapper scomparso, della storia di un tenente di cavalleria e di una fuga notturna con la compagnia di una “guida” molto speciale… Come sempre, il protagonista principale delle avventure è il nostro Zagor.
Tutti i racconti sono ambientati a Darkwood e il loro genere spazia tra l’avventuroso e il soprannaturale.
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Iniziamo dalla “storia cornice” (di 20 pagine complessive) scritta da Moreno Burattini, nella quale – come dicevo – Zagor e Cico raggiungono una tribù dei Seneca con un preciso intento (che verrà svelato solo alla fine); l’accoglienza ricevuta dà origine alla narrazione delle altre avventure. I disegni, di impronta classica, sono dell’ormai “collaudato” Stefano Voltolini. Da segnalare, alcuni bei momenti tra i quali l’ospitalità e il rispetto dei pellerossa per i due eroi e la gioia di un bambino indiano al quale Zagor costruisce una scure di legno simile alla propria.
Il primo racconto narrato da Zagor, “Il grizzly”, presenta un nuovo ed inedito episodio sulla giovinezza dell’eroe, allorquando con il suo amico Luke si dedicava a caccia, pesca e ad altre sfide più o meno “salutari”, come quella dell’inseguimento di un pericoloso grizzly (che mi ha ricordato il gigantesco orso Mor’du dall’occhio sfregiato, antagonista nel film Pixar del 2012 Ribelle – The Brave). L’amicizia, il coraggio, la perdita, il rimpianto e un finale “a sorpresa” sono gli ingredienti di questa avventura scritta da Francesco Testi e disegnata con un ottimo stile a mezzatinta da Giuseppe Candita.
Emanuele Mosca |
La seconda storia, “Il monte della vendetta” (questa volta narrata da Cico), è sceneggiata dalla dylandoghiana Gabriella Contu (qui alla sua seconda prova zagoriana) e presenta la triste storia di un uomo che le circostanze hanno trasformato in un mostruoso serial-killer. La vera novità di questo racconto, però, è il ritorno ai disegni zagoriani di Franco Devescovi, ottant’anni compiuti nel maggio di quest’anno, che avevamo visto in precedenza impegnato sullo Spirito con la Scure solamente nella storia del 1993 “La diabolica invenzione”. Anche il suo tratto è molto classico e, nonostante qualche “legnosità” nei movimenti dei personaggi, riesce a dare buna prova di sé.
“Il vecchio soldato” racconta una delle molte ingiustizie che l’esercito americano ha perpetrato ai danni dei pellerossa (narrazione in retrospettiva), intersecata con le vicende della fuga di un pericoloso malvivente (narrazione in tempo reale). Uno dei coprotagonisti è un tenente di cavalleria ritratto con il viso di John Wayne che Zagor ha modo di incontrare in circostanze abbastanza singolari… Ai disegni troviamo il bravo Max Bertolini che utilizza per molte vignette un’interessante e particolare tecnica: in parte a china e in parte a mezzatinta. La sceneggiatura è di Emanuele Mosca, che purtroppo è prematuramente scomparso nel 2021 all’età di 39 anni. Come scrive il curatore del personaggio nell’introduzione all’albo, “il destino non gli ha permesso di mettere a frutto il promettente talento”.
L’ultimo racconto, “Fuga nella notte”, vede il clamoroso esordio sulle pagine zagoriane di un decano del fumetto bonelliano: Roberto Diso, che nonostante abbia compiuto 91 anni ad aprile è ancora un disegnatore in grado di trasmettere tante emozioni. I suoi scenari innevati, i suoi animali inseriti nel contesto paesaggistico, il suo tratto “linea chiara”, impreziosiscono la storia di Moreno Burattini (che ha voluto omaggiare il disegnatore con una sceneggiatura più lunga rispetto alle altre) che narra la vicenda di una donna indiana e di suo figlio, cui Zagor e Cico prestano soccorso contro una banda di razziatori bianchi, aiutati da uno “strano” lupo, che si rivelerà essere (o forse è solo suggestione) l’incarnazione dello spirito del padre del ragazzo pellerossa.
Una nota particolare merita la soluzione narrativa adottata da Moreno Burattini di ricollegare direttamente le vicende di quest’ultimo racconto con il motivo che ha condotto lui e Cico alla tribù dei Seneca presente nella “storia cornice”: chiedere ospitalità per la donna indiana e suo figlio, ormai privi della loro tribù massacrata dai bianchi (ospitalità che, naturalmente, viene subito concessa). Ebbene, a mia memoria non era mai successo in precedenza, negli altri “racconti di Darkwood”, che una delle storie fosse così strettamente collegata al racconto “cornice”. A mio parere ciò conferisce al volume una nota positiva in più: la storia di raccordo non è così un semplice espediente per la narrazione di altre vicende ma resta funzionalmente legata ad almeno una di esse.
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Ora attendo con trepidazione il prossimo Zagor Più con ritorno del mio sceriffo preferito di tutta la saga zagoriana: James Hilton!