giovedì 19 ottobre 2017

Zagor Collezione Storica a Colori: Il covo di Capitan Mission (ZCSC211)



Il duecentoundicesimo numero in edicola oggi contiene la conclusione dell’avventura di Zagor con Capitan Mission, nonché la prima parte della storia “La mummia delle Ande”.


LA VIA DELL’ORO

Zagor, lasciata New Orleans, si imbarca con Cico su una nave diretta a Panama per proseguire l’inseguimento di Dexter Green, l’amico da cui è stato tradito.
Per aiutare lo schiavo fuggiasco Samuel, Zagor si mette contro i mercenari della Isthmian Guard, vigilantes agli ordini del governatore e capitanati da Ross Mc Gunn, detto “El diablo yanqui”. Mc Gunn è alleato con il bieco Mendoza ed è ben deciso a riacciuffare il nero scappato dalle sue piantagioni. Samuel è diretto verso una comunità di ex-schiavi, con a capo un misterioso bianco che si fa chiamare Capitan Mission, nascosta nella giungla di Panama.
Zagor, che deve a sua volta attraversare l’istmo, decide di accompagnarlo. Con loro c’è il mercante di origini scozzesi Cullen Scott, che li guida nell’intrico della foresta, là dove si annidano anche gli indios Guaymì. Ma Capitan Mission interessa molto anche a McGunn: lo yankee è infatti convinto che costui abbia ritrovato il mitico “tesoro di Lima” di cui, nella regione, da anni si favoleggia... e Samuel potrebbe portarlo nel suo covo segreto!
Zagor, Cico e il fuggiasco Samuel giungono, dopo molte peripezie, nel covo segreto di Capitan Mission, dove vive la sua comunità di uomini liberi, scappati dalla schiavitù. Capitan Mission è effettivamente il depositario di un incredibile segreto, quello del tesoro dell’Isla de Coco, poco più di uno scoglio nell’Oceano Pacifico, al largo di Panama, in cui fu nascosto l’oro trafugato dalle chiese di Lima.
Quindi Zagor e i suoi alleati, i vigilantes dell’Isthmian Guard, il soldati del governatore, gli uomini dello schiavista Mendoza e perfino gli indios Guaymì (agli ordini di Capitan Mission) diventano gli attori di un dramma ed i combattenti di una sanguinosa battaglia nei pressi delle rovine della vecchia città di Panama. I miliziani vengono sconfitti ma McGunn riesce a fuggire e a trovare rifugio su una nave militare che lo riporta a Panama.
Lì riesce a convincere il Colonnello Contreras a mettere a sua disposizione una nave e dei soldati ed insieme attaccano il villaggio Guaymì facendo dei prigionieri che vogliono scambiare con Capitan Mission. Questi si consegna agli avversari e quando Zagor tenta di liberarlo, viene fatto a sua volta prigioniero a bordo della nave militare panamense.
A questo punto gli indios Guaymì e gli uomini di Capitan Mission abbordano la nave e nel drammatico scontro che ne segue quest’ultimo viene ucciso da una pallottola sparata da McGunn e destinata a Zagor: costui spaccia definitivamente l’avversario e i Colonnello Contreras si arrende. Il segreto dell’ubicazione del tesoro dell’Isla de Coco è perduto per sempre con la morte di Capitan Mission…
Zagor e Cico riprendono la caccia a Dexter Green imbarcandosi per il Perù.

Seconda tappa del viaggio di Zagor e Cico verso il Sudamerica all’inseguimento di Dexter Green, questa volta ad opera di Jacopo Rauch e dei fratelli Di Vitto. Dopo essere stati in Louisiana ora ci troviamo a Panama, nell’America Centrale, e Rauch ci narra un episodio gradevole e ben costruito.
La storia è puramente avventurosa e si alimenta spesso di momenti d’azione all’interno di uno sviluppo lineare legato al viaggio che il nostro eroe sta affrontando. Lo sceneggiatore ha avuto il grande pregio di essere didascalico (per la parte storica sul cammino o sulla città distrutta) senza cadere nel cosiddetto “spiegazionismo”: infatti gli elementi storico-geografici che vengono forniti contribuiscono pienamente alla narrazione senza appesantirla.
I comprimari sono ben caratterizzati, in particolare la figura del “diablo yanqui” Ross McGunn, non un semplice e avido cacciatore di tesori ma un combattente formidabile e spietato, innamorato prima di tutto dell’avventura, anche se vissuta dal “lato sbagliato della barricata”. McGunn è un avversario che sembra anche avere un suo codice d’onore, per certi versi quasi rispettabile, sino a quando Zagor non lo sovrasta con il suo essere “vero” eroe: “Io non combatto per il gusto del sangue, io lo faccio per il povero Manuel, per gli indios che hai fatto massacrare, per tutti quelli che hai ammazzato per puro piacere! Ogni volta che combatto contro farabutti come te è il pensiero delle loro povere vittime che mi da la forza di non cedere ed è proprio per questo che non vincerai!. Nolittianità allo stato puro!!!
Anche il personaggio di Capitan Mission (la cui identità di ufficiale della Mary Dear avevo intuito nel corso della narrazione) nella parte finale acquista, grazie al racconto del suo passato, uno spessore maggiore che rende la sua tragica ed edificante dipartita più significativa e carismatica.
Una storia, quindi, che si inserisce perfettamente nella tradizione della grande avventura zagoriana.
I fratelli Di Vitto firmano qui la loro prima storia sulla serie regolare, dopo il loro esordio sul Maxi Zagor n. 15 (La banda aerea). Le loro tavole sono ben curate nelle ambientazioni e conferiscono ai vari personaggi una varietà davvero inesauribile di espressioni, una diversa dall’altra, con splendidi ed espressivi primi piani.
Come tutti i disegnatori che giungono ad illustrare Zagor con un proprio stile, diverso da quello ferriano, i Di Vitto possono inizialmente suscitare perplessità nel lettore abituale, in particolare per i visi di Zagor e Cico (un po’ troppo squadrati), ma poi, con lo scorrere delle pagine, si riesce ad apprezzare fino in fondo la loro opera.

Chiudo con alcune risposte date da Jacopo Rauch in merito a questa storia alle domande rivolte dai forumisti di SCLS:

A chi gli evidenziava la “leggerezza” di aver inserito, sia nella sua precedente sceneggiatura di Uomini senza legge sia in questa storia, la scena di un sogno con una didascalia (in questo caso “Mar dei Caraibi”), ritenendola un errore narrativo poiché, trattandosi appunto di un sogno, chi lo fa lo vive nel proprio subconscio e non nella realtà e, di conseguenza, non ha senso dire al lettore che ci troviamo nel Mar dei Caraibi per il semplice fatto che non è “realmente” vero, Jacopo Rauch rispondeva:

È vero, quello che dici tu. Normalmente sarebbe stato un errore. Il problema è che in entrambe le circostanze in questione, la scena era la prima dell’albo (in Uomini senza legge era addirittura la prima della storia. In Panama doveva essere l’inizio del secondo albo. Poi, per esigenze di redazione, la lunghezza della storia è cambiata e gli albi sono stati divisi in modo diverso).
Ora, mentre in Magico Vento o Ken Parker non sarebbe stato un problema iniziare un albo senza didascalie e usando solo lunghe sequenze di vignette mute, in Zagor questo non si può fare. È un problema di stile narrativo, proprio del personaggio. È impensabile iniziare una storia senza spiegare dove ci si trova. Quindi ho dovuto fare questa piccola 'forzatura' e aggiungere la didascalia a inizio sogno (che non piace neanche a me, beninteso, ma che è 'necessaria').
Prova a togliere la didascalia dall’inizio di Uomini senza legge, infatti, e vedrai che l’effetto non è bello.
Invece nella scena dell’isola, sebbene originariamente (nella versione in cui la scena doveva essere l’inizio dell’albo) la didascalia avesse senso... ora non ce l’ha più. Si doveva togliere come dici tu, dunque, ma è una piccolezza talmente minuta che è sfuggita a tutti”.

A chi gli chiedeva che cosa lo avesse portato a decidere di rendere il villain principale, Ross McGunn, uno yankee, un compatriota di Zagor, invece di un personaggio della “fauna” locale, Jacopo rispondeva:

Il motivo per la scelta c’è. Il personaggio di McGunn e la sua banda di vigilantes sono ispirati a personaggi realmente esistiti (ma parecchi anni dopo la storia di Zagor).
Randolph Runnels era un ex ranger del Texas che costituì un corpo di polizia per sorvegliare l’Istmo e proteggere i forty-niners diretti in California, intorno al 1850. Durante la corsa all’oro, infatti, per andare in California, si passava dall’Istmo. I cercatori e i cacciatori di fortuna arrivavano in nave, passavano l’Istmo a piedi e, a Panama, si imbarcavano per la California. Siccome l’Istmo brulicava di tagliagole e briganti che depredavano a man bassa approfittando del passaggio di quella marea umana, le autorità incaricarono Runnels di mettere ordine e far rispettare la legge. Costui arruolò dunque una bandaccia di sgherri e pistoleri e cominciò a far piazza pulita a suon di piombo e corda insaponata.
La banda di vigilantes si chiamò Isthmian Guard (le cronache però non riportano che Runnels prese quel nome da un altro gruppo di vigilantes che, già vent’anni prima, proteggeva gli imbarchi del rio Chagres dagli indios ostili)”.

Infine, a chi gli chiedeva se fosse una precisa scelta che il personaggio di McGunn fosse vagamente vestito alla Tex Willer (camicia e fazzoletto al collo un po’ texiani), lo sceneggiatore chiariva:

No, non era previsto dovesse essere vestito come Tex. È una pura casualità (ma poi... gli somiglia davvero?)...
Penso che il 'determinante' che lo fa assomigliare al ranger siano solo i taschini sulla camicia (che non erano previsti e che sono stati aggiunti dai Di Vitto).
Ah... e il fazzoletto, magari. Però le somiglianze mi sembra finiscano qui. Non è molto, mi pare...

1 commento:

  1. Rauch dopo le primissime storie godibili fatte di dialoghi brillanti, continua ad alzare il tono regalandoci una storia avventurosa che come scritto nell' articolo mischia abilmente azione a momenti più "calmi" portando aneddoti interessanti, così come sono quelli dell' intervento sul forum ^^.

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