mercoledì 26 settembre 2012

Zagor Collezione Storica a Colori: Uno strano visitatore (ZCSC33)



Il trentatreesimo numero, che troverete in edicola domani, contiene la conclusione dell’avventura contro Eskimo e la maggior parte della storia “Uno strano visitatore”.

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UNO STRANO VISITATORE

Eddy Rufus scrive e pubblica racconti che hanno per protagonista Zagor! Insoddisfatto di ricevere solamente notizie di seconda mano, portate dagli occasionali commercianti che si recano ad est, egli decide di recarsi a Darkwood per conoscere di persona il “suo” eroe.
Zagor permette a Rufus di passare alcuni giorni presso il rifugio della palude; lo scrittore spera di vedere Zagor in azione e trarre così ispirazione per nuovi racconti. Ma (fortunatamente) Darkwood attraversa un periodo di tranquillità.
Rufus sta già meditando di tornarsene all’est, quando Zagor si trova improvvisamente coinvolto in un’imminente guerra tribale tra gli Oneida e i Wyandot, a causa del furto di un totem. Zagor riesce ad evitare le ostilità rintracciando il feticcio e scoprendo il responsabile: lo stregone dei Wyandot, corrotto da un misterioso personaggio che riesce ad ucciderlo prima che possa rivelarne l’identità.
Immediatamente dopo, scoppia un conflitto tra i trappers di “Doc” Lester e i soldati, colpevoli di avere incendiato le case dei cacciatori. Anche in questa occasione Zagor riesce a pacificare gli animi e a scoprire che il tutto era stato congeniato da Volpe Errante, un commerciante indiano apparentemente innocuo.
Ma la rivelazione più sconcertante giunge alla fine: è Eddy Rufus il responsabile di tutto!
È lui che ha pagato Volpe Errante affinché provocasse la guerra indiana tra i Wyandot e gli Oneida e lo scontro dei trappers con i soldati, al solo fine di trarre spunti per poter scrivere nuove avventure su Zagor!
Vistosi scoperto, Rufus cerca di uccidere Zagor ma viene fermato dal provvidenziale intervento di  “Doc” Lester, ed assicurato alla giustizia.

Bellissima storia, ricca di momenti coinvolgenti e di colpi di scena.
Nolitta riesce fino alla fine a tenere nascosta ai lettori l’identità del vero responsabile dei disordini a Darkwood, delineando il personaggio di Rufus con caratteristiche apparentemente “positive” che lo rendono immediatamente simpatico e che di conseguenza fanno sì che sia ancora più scioccante la rivelazione finale.
Singolare, poi, come dalla narrazione riesca ad emergere il rapporto di amore/odio che lega Rufus a Zagor: lo scrittore “ama” lo Spirito con la Scure come fosse una sua creatura ma non disdegna di adoperarsi per metterlo in serie difficoltà, giungendo persino a tentare di ucciderlo!
Accanto a Eddy Rufus incontriamo altri interessanti personaggi: i trappers di Darkwood (qui alla loro seconda apparizione dopo l’avventura I cacciatori di uomini), i sakem degli Oneida e dei Wyandot, Volpe Errante e, naturalmente Cico, il quale trova subito da lamentarsi che nei racconti di Rufus la sua persona viene del tutto ignorata!!!
Molto bella l’ambientazione “silvana“, resa benissimo dai chiaroscuri di Bignotti, i cui disegni in questa avventura mi sono sempre particolarmente piaciuti.

Sergio Bonelli

UN ANNO DOPO


lunedì 24 settembre 2012

Zagor per la Val di Vara



        
             Poco più di un mese fa, e precisamente i giorni 18 e 19 agosto, nell'atrio del palazzo comunale di Sarzana si è tenuta una mostra di tavole originali di Zagor e un incontro con Gallieno Ferri (creatore grafico, disegnatore e copertinista di Zagor) e Moreno Burattini (sceneggiatore e curatore di Zagor).

               La mostra è stata anche l'occasione per un'iniziativa volta ad aiutare le zone alluvionate della Val di Vara: la vendita di beneficenza di stampe autografate di Gallieno Ferri al prezzo simbolico di 10 euro cadauna.

                 Era un evento a cui avrei sicuramente partecipato personalmente se non fossi partito per la mia vacanza in Savoia proprio in quei giorni...

               Fortunatamente, il simpaticissimo forumista di SCLS che risponde al nickname di Walter Maddenbrook si è recato sul posto e ha scattato alcune interessanti fotografie della manifestazione. Grazie alla sua gentilezza e disponibilità, le posso ora pubblicare anche su questo mio blog.

                       Eccole, corredate anche da qualche didascalia... 

Panoramiche della mostra 

 


 
















Alcune delle tavole e copertine originali esposte




Nel frattempo arrivano anche Zagor e Cico a cavallo!!!




Alcuni momenti della conferenza di Moreno e Gallieno






Ed infine, giustamente, l'autore delle foto!!!
(non fatevi ingannare dal suo sguardo apparentemente triste... in realtà è un gran simpaticone!)


giovedì 20 settembre 2012

Zagor Collezione Storica a Colori: Uomini crudeli (ZCSC32)




Il trentaduesimo numero in edicola oggi contiene la conclusione dell’avventura con lo sceicco nero, la storia completa “Il dio del ghiaccio e la prima parte della storia “I falchi delle nevi.

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  IL DIO DEL GHIACCIO

L’incontro con il professor Talbot alla ricerca di una misteriosa mummia conservata nel ghiaccio e adorata dagli indiani Micmac segna l’inizio di una nuova, drammatica avventura.
Zagor e Cico accompagnano il professore e riescono a sottrarre la mummia ai pellerossa, ma vengono ingannati da Talbot che, grazie a un sonnifero loro somministrato, si allontana misteriosamente con la “refurtiva”...
In realtà la pretesa mummia è Molok, un mostro creato dal professor Talbot assemblando parti di vari cadaveri e sfuggito al suo controllo. Rifugiatosi in una cittadina del Vermont, Talbot rianima la creatura e questa, istigata dall’assistente Ivan, si trasforma in una selvaggia macchina di morte.
Zagor rintraccia casualmente Molok e decide di fermarlo, ma costui sembra invulnerabile...
Talbot, che ha cercato di imitare Dio dando vita alla sua creatura, capisce il suo sbaglio e riesce a portare Molok nelle sabbie mobili, dove entrambi trovano la morte.
All’epoca della pubblicazione di questa storia avevo otto anni ed era la prima avventura horror di Zagor che mi capitava di leggere: le atmosfere lugubri, rese benissimo dai disegni di Bignotti, mi impressionarono parecchio.
Degne di nota sono le prime vignette “verticali” della storia editoriale di Zagor (alle pagg. 97 e 140 di questa edizione).
Ad Alfredo Castelli, qui al suo esordio come sceneggiatore zagoriano, rimprovero solo una cosa che, peraltro, a me era sfuggita ma mi è stata fatta notare da mia figlia Beatrice: una volta scoperto che Talbot aveva drogato lui e Cico, Zagor non si mette immediatamente sulle sue tracce ma prosegue il viaggio di ritorno a Darkwood come se nulla fosse successo... “Avrebbe dovuto inseguirlo subito! Zagor non si comporta così!” ha saggiamente sentenziato mia figlia di sette anni!

                                                                        * * * 

I FALCHI DELLE NEVI

Sono rapinatori inafferrabili che, per sfuggire agli inseguitori, indossano un paio di sci (all’epoca, ancora sconosciuti negli Stati Uniti). Sono soprannominati i Falchi delle Nevi, perché colpiscono fulminei e implacabili. Ma Zagor impara in fretta a sciare e tende loro una trappola, giungendo ad infiltrarsi nel loro covo e ad affrontare il loro capo, l’eschimese Eskimo, in una lotta mortale.
La storia è molto ben congegnata ed originale (i banditi sugli sci che appaiono e scompaiono sono molto inquietanti), disegnata magistralmente da Donatelli che rende in modo stupefacente gli scenari innevati.
Spettacolare l’inseguimento dei predoni sulla neve da parte di Zagor e divertentissimi i tentativi di Cico di usare prima le racchette da neve e poi gli sci.
Il nemico di turno, Eskimo, è un personaggio interessante che si è meritato persino un ritorno (a mio parere non completamente riuscito).
La copertina di Ferri per il n. 78 della serie gigante è strepitosa!!!
Ricordo che nel periodo dell’uscita di quell’albo “giocavo” ancora a Zagor, e nel cortile di casa mia mi divertivo a fingere di sciare come il mio eroe...

lunedì 17 settembre 2012

All'Abbazia di San Pietro al Monte

            Per la giornata di ieri le previsioni meteo davano nuvoloso al mattino e sereno al pomeriggio. Ho quindi deciso, con la mia famiglia ed alcuni amici, di andare a fare una passeggiata in un luogo che, dalle mie parti, è una meta abbastanza gettonata nei fine settimana di bel tempo: l'Abbazia di San Pietro al Monte sopra Civate (LC), uno dei più antichi capolavori dell’architettura romanica di Lombardia.



Arrivando dalla Strada Statale n. 36 del Lago di Como e dello Spluga (in direzione Milano-Lecco), si esce nei pressi del lago di Annone (indicazione per Oggiono - Civate) e si seguono le indicazioni per San Pietro al Monte; lasciata alle spalle la parte moderna della cittadina, si deve attraversare la vecchia frazione Pozzo e parcheggiare nella parte alta del paese, dalla quale si gode un bel panorama sui laghi sottostanti.

Da lì può iniziare lescursione e già si respira unatmosfera montanara: siamo alle pendici del Monte Cornizzolo, che troviamo di fronte a noi; verso oriente si stagliano decisi i profili dei monti lecchesi (il Resegone, soprattutto).

            Ci si inoltra nella Valle dellOro, un nome alquanto evocativo... ma non illudetevi di poter raccogliere pepite sul vostro cammino: la denominazione deriva dal latino oris (sorgente) ed, in effetti, si trovano diverse fontane lungo il percorso che ci conduce, in circa quaranta minuti, al pianoro dove sorge l’Abbazia.
Fino alle ultime cascine abitate il tracciato è quasi in piano, poi la mulattiera acciottolata comincia a salire e prosegue all’interno del bosco. Ieri, lungo il cammino, abbiamo anche trovato dei pastori che tosavano in gregge di pecore.

            Arrivati in prossimità della conca dove sorge il complesso architettonico, dapprima fa la sua apparizione la bella struttura in pietra dell’Oratorio di San Benedetto (secolo XI).

A pochi passi, un’ampia scalinata conduce all’ingresso dell’Abbazia di San Pietro: sembra quasi che i suoi architetti abbiano preso spunto dalla naturale irregolarità della montagna circostante per creare una struttura dal disegno movimentato.
Saliti questi gradini così densi di storia millenaria, ci si trova in un ampio portico che circonda, quasi in un abbraccio protettivo, il corpo principale della chiesa. Si tratta di uno spazio di penombra silenziosa che sembra indurre a una pausa prima di entrare all’interno dell’Abbazia: le belle finestre a bifora che incorniciano il paesaggio, giocando con la luce del sole, creano una trama di riflessi che illumina e dà vita a questo ambiente quieto, sospeso tra il fuori e il dentro.

            Dalla lettura della guida che mi sono portato dietro, scopro che le radici della fondazione dell’Abbazia di San Pietro pare si debbano alla volontà di Desiderio, ultimo re longobardo (siamo nel lontano VIII secolo d.C.): il monastero fu per molto tempo un’istituzione importante; di qui sono passati arcivescovi e imperatori, e la sua evoluzione si intreccia con le più ampie vicende storiche che coinvolsero tutta la regione.
Varcata la porta di ingresso, un sacrestano informa che non posso essere fatte fotografie e così, in questo ambiente calmo e silenzioso, si è davvero portati alla preghiera e alla meditazione.
Raffinate decorazioni ornano gli archi, le colonne e i pannelli delle piccole cappelle del pronao. Gli affreschi, risalenti al secolo XI, sono tra i più importanti tra quelli coevi conservati in Italia; stupendo soprattutto quello sulla parete di fondo, ispirato ai miti dell’Apocalisse, che illustra il tema della lotta contro il male, quel terrificante drago a sette teste che da sempre tormenta le esistenze umane.
L’eleganza del ciborio è ciò che maggiormente colpisce l’attenzione: databile tra il X e l’XI secolo, è l’elemento artistico più importante dell’Abbazia (ne troviamo un esempio similare nella Basilica di Sant’Ambrogio a Milano).
La discesa nella cripta riserva un’ulteriore emozione: luogo nascosto che suscita sempre una sensazione di mistero; siamo nella parte più antica e originale di tutto il complesso: l’intimità di questo spazio ristretto dedicato alla Madonna è valorizzata da preziosi bassorilievi che un tempo, insieme agli affreschi, dovevano rivestire gran parte delle superfici.

Una volta usciti, ci si trova di fronte a un bellissimo panorama sulle Prealpi lombarde.


All’esterno, su un bellissimo prato, ci si può accomodare per pranzare al sacco e per godere dei raggi del sole appena uscito da dietro le nuvole.


Sperando che anche questa mia gita possa essere stata di vostro interesse, vi do appuntamento alla prossima... tra una lettura zagoriana e l’altra!

sabato 15 settembre 2012

PINI SEGNA



 PINI SEGNA
1925 - 2012

            Il 13 settembre è morto, dopo una lunga malattia, il disegnatore zagoriano Pini Segna.
            Nato il 22 ottobre 1925 a Firenze e diplomato all'Accademia delle Belle Arti nel 1944, inizia la sua carriera nel 1946 disegnando Il Giustiziere Mascherato per l'editrice Nuova Aurora e, successivamente, il personaggio Agente K6 su testi di Vincenzo Baggioli.
            L'anno seguente disegna Penna Azzurra per le edizioni Sportiva. Nel 1948 illustra Saetta e Volpe per le edizioni Alpe, e Pantera Bionda e Tom Bill per le edizioni Arc.
            Nel 1949 comincia a lavorare per gli Albi dell'Intrepido e disegna alcune copertine della rivista francese Gazelle Blanche. Nei primi anni '50 lavora per l'editore Tomasina in serie quali Dix, Tornado Bill, Nick Skarter - poliziotto per forza, Carabina Jones, Gim Falco, Lo sceriffo nero di cui realizza testi e disegni. In seguito realizza personaggi quali Astroman, Dick Montana, Gill Bart, Glory Men, Giungla Kid e Dakota.
Dal 1965 al 1977 fa parte dei disegnatori che si occupano di Mandrake e L'Uomo Mascherato per i F.lli Spada e di Kriminal per l'Editoriale Corno, ma realizza nel contempo le matite dell'Akim di Renzi&Pedrazza, personaggio del quale disegnerà anche alcune delle nuove avventure pubblicate dalla casa editrice Altamira (una delle tante sigle editoriali di Sergio Bonelli).
Tra il 1977 e il 1984 vengono pubblicate cinque storie di Zagor disegnate da lui: I cannibali di Green Spot, Fantasmi!, L'uomo invisibile, Viaggio senza ritorno, Il Profeta.
Negli anni ’90 Pini Segna si trasferisce nelle amate Langhe, a Dogliani, dove abbandona quasi totalmente il fumetto e si dedica all’attività di ritrattista utilizzando la tipica tecnica del puntinismo.
Dal 2008 soffriva di una grave forma di Alzheimer e viveva in un una casa di cura a Salmour.
I funerali si sono svolti il 14 settembre nella Chiesa Parrocchiale di Dogliani.

            Penso che il modo migliore che ho per ricordarlo sia quello di postare gli schizzi di due sue tavole originali di Zagor (delle semplici prove, credo) che sono in mio possesso, insieme alla copia di una delle tavole dell'avventura inedita Il re di Cuenca Verde che giace ancora nelle "segrete" della SBE...
Chissà che, ironia della sorte, proprio la scomparsa del suo disegnatore sia l'occasione per pubblicare finalmente questa storia?




Ciao, Pini Segna... Ammetto di non essere riuscito ad apprezzarti quando ero un adolescente. Una volta diventato adulto, con una sensibilità diversa e più consapevole, ti ho rivalutato e ho saputo dare il giusto riconoscimento al tuo lavoro... E di questo, oggi, ne sono contento! 


mercoledì 12 settembre 2012

Zagor Collezione Storica a Colori: La scure e la scimitarra (ZCSC31)



Il trentunesimo numero, che troverete in edicola domani, contiene la conclusione dell’avventura a Paradise Gate e la storia completa “La mano di Allah”.

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 PARADISE GATE

Zagor e Cico giungono a Paradise Gate, città nella quale funge da sceriffo un vecchio amico del nostro eroe, James Hilton, caduto in disgrazia a causa dell’alcolismo e che è diventato il fantoccio di Wilson Mac Kay sindaco e “signorotto” della cittadina.
Grazie proprio alla presenza di Zagor, Hilton ritrova la propria dignità e mette in prigione uno degli sgherri di Mac Kay che ha ucciso a sangue freddo il cercatore d’oro Frankie Ellis. Il despota decide allora di levarlo di mezzo. Salvato da Zagor, ma impossibilitato alle sue funzioni di rappresentante della legge a causa di una ferita, egli nomina sceriffo lo Spirito con la Scure che sconfigge Mac Kay e lo allontana dalla città, facendo così ritrovare la dignità perduta agli abitanti del paese.
Visualizzata dagli eccellenti disegni di Donatelli, questa è una bellissima storia con cui Nolitta si cimenta con un’ambientazione ed una trama tipicamente western: la città sotto il giogo di un signorotto prepotente, lo sceriffo alcolizzato in cerca di riscatto, l’eroe “straniero” che riporta la legalità e la giustizia...
Due ultimi appunti: 1) menzione d’onore alla bellissima la scena in cui Hilton sferra un terribile “uppercut” a Mac Kay, a significare l’inizio della “risalita dal baratro” dello sceriffo; 2) a questa storia sono particolarmente legato ed affezionato in quanto è la prima avventura completa di Zagor da me letta (avevo infatti iniziato la collezione con Lo strano Mister Smith, albo sul quale iniziava questa avventura).

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LA MANO DI ALLAH

La Mano di Allah: un favoloso gioiello che lo sceicco arabo Mohamed El Kabir tiene al collo e che fa gola a molti ladri. Uno di questi è Guitar Jim, vecchia conoscenza di Zagor, che riesce a rubarlo. El Kabir, infuriato, si getta alla caccia di Guitar Jim, lasciando dietro di sé una lunga scia di sangue.
Zagor si getta sulle tracce di Guitar Jim, ma quando lo raggiunge i due devono vedersela con lo sceicco El Kabir ed i suoi uomini. Sarà un duello fra Zagor e El Kabir (la scure contro la scimitarra!) a porre termine alla sanguinosa vicenda! Lo sceicco, sconfitto e pentito del sangue versato, offre la mano di Allah in risarcimento della distruzione causata. Guitar Jim finisce dietro le sbarre, ma grazie ai buoni auspici di Zagor avrà una lieve condanna.


 “La mano di Allah e Lo sceicco nero furono il terzo e il quarto albo della mia collezione... ah, quant'è bella giovinezza che si fugge tuttavia... ehm, dicevo, furono il terzo e quarto albo della mia collezione, e a quell’epoca la storia mi piacque molto, con un cattivissimo d’eccezione come lo sceicco El Kabir (che poi diventa mansueto come un agnellino... da notare la bravura di Ferri nel ritrarre il volto dello sceicco, durante tutta la storia corrucciato mentre, nel finale, disteso e pacato).
E per rimanere a Ferri, ricordo ancora oggi quanto mi impressionò la scena in cui i soldati crivellano di colpi gli ultimi seguaci dello sceicco: per l’epoca fu una delle scene più veritiere e cruente che io ricordi...

sabato 8 settembre 2012

Vacanza savoyarda (parte seconda)


            Ecco la seconda parte del diario della mia vacanza estiva in Francia, nelle regioni della Savoia e dell’Alta Savoia.

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Sabato 25 Agosto 2012
Oggi siamo andati a Chamonix-Mont Blanc, città che si trova ai piedi del Monte Bianco, nella valle del fiume Arvre, che l’attraversa. Da lì parte la funivia dei ghiacciai, che congiunge Chamonix in Francia a Courmayeur in Italia, scavalcando il Massiccio del Monte Bianco.

 
Abbiamo girato la cittadina il lungo e in largo, fatto le foto ai monumenti di Balmat e Paccard (i primi conquistatori del Monte Bianco) e, naturalmente al Monte Bianco stesso, anche se un po’ coperto da nubi. Al termine del pomeriggio, una delle altre famiglie ci ha salutato, dovendo tornare in Italia per impegni lavorativi. Noialtri siamo ritornati allo chalet.

 
 

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Domenica 26 Agosto 2012
In mattinata, partecipazione alla S. Messa nella chiesina di Crest Voland e pranzo allo chalet. Nel pomeriggio siamo partiti alla volta di St. Pierre d’Albigny, nella Savoia meridionale, dove abbiamo visitato il Castello di Miolans.


Feudo dei Signori di Miolnas fino alla prima metà del ‘500, divenne poi la Prigione di Stato francese sino alla fine del ‘700, ed “ospitò” tra gli altri anche il famigerato marchese De Sade (che riuscì a fuggire grazie alla compiacenza delle guardie). Situato in posizione tale da poter vedere, in lontananza, persino il Monte Bianco, il castello domina la vallata sottostante, ricca di piantagioni e di vigneti. Davvero ben conservato e vero capolavoro di fortezza militare, possiede al suo interno un giardino con una ricca varietà di piante ed erbe medicinali.


Sulla via del ritorno ci siamo fermati alla bella cittadina medievale di Conflans, nei pressi di Albertville, con le sue strette viuzze costellate di antiche insegne in ferro battuto, il piccolo castello del XVI secolo, la chiesa barocca di San Grato e la piazza con la fontana Garella.
Proprio su questa piazza si affaccia il ristorante nel quale abbiamo cenato a base di fondue e reblochonnade.

 
 
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Lunedì 27 Agosto 2012
Splendida giornata soleggiata e ventosa.
Raggiunto il Col des Saisies (1650 metri s.l.m.), siamo partiti per una passeggiata che, lungo un sentiero tematico dedicato a Gargantua (personaggio letterario di Rabelais) ci ha portati in cima al Col Lezette dove abbiamo potuto ammirare tutto il versante francese del massiccio del Monte Bianco, sgombro da nubi. Dopo il pranzo al sacco e un genépi gustato al rifugio Le Benetton, siamo ritornati al Col des Saisies lungo un altro sentiero denominato La Foresta degli Elfi.


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Martedì 28 Agosto 2012
Altra passeggiata nei boschi.
Raggiunta la frazione La Fayet nel comune di St. Gervais les Bains, ci siamo incamminati nel sentiero del Parc Thermal. Dopo aver costeggiato un torrente, siamo giunti a una bella cascata a due salti, sovrastata da una lunga passerella sospesa nel vuoto a 51 metri di altezza. Dopo il consueto pranzo al sacco, ci siamo inoltrati nella pineta, salendo ancora di quota, per poi ridiscendere al punto di partenza seguendo il sentiero denominato Tour de l’Eau.


Giunti in paese, abbiamo visitato la stazione del Tramway du Mont Blanc, da cui parte una linea ferroviaria a cremagliera che collega La Fayet (508 metri s.l.m.) al ghiacciaio di Bionassay (stazione Nid d’Aigle) a un’altezza di 2372 metri s.l.m., sul massiccio del Monte Bianco. È la linea ferroviaria che raggiunge la maggior altezza in Francia.


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Mercoledì 29 Agosto 2012
Poiché, secondo le previsioni meteorologiche, la giornata di oggi sarebbe stata l’ultima di bel tempo, abbiamo deciso di fare un’ultima passeggiata montanara.
Ci siamo diretti verso la catena dei Monti Aravis, che separano la Savoia dall’Alta Savoia, e ci siamo fermati al Col des Aravis (1487 metri s.l.m.).


Da lì, con una mandria di mucche a fare buona guardia alle nostre autovetture, e non prima di avere visitato la chiesetta di Sant’Anna, abbiamo preso un sentiero che ci ha portati a circa 1700 metri di altitudine, alle pendici del monte L’Etale. Consueto pranzo al sacco e ritorno alle auto lungo una mulattiera meno impervia del sentiero di andata.


Intanto, provenienti da nord, nubi minacciose andavano a coronare le montagne circostanti, e noi siamo rientrati allo chalet giusto pochi minuti prima che si scatenasse un bel temporalone... al termine del quale è comparso un ben augurante arcobaleno.



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Giovedì 30 Agosto 2012
Al mattino il tempo era brutto, con un alternarsi di temporali con scrosci violenti a momenti di pioggerellina fine fine, le nubi basse.



Nel pomeriggio, il maltempo ci ha dato un po’ di tregua e siamo usciti a fare una passeggiata per le strade di Crest Voland e delle sue frazioni. Al ritorno, abbiamo acceso la stufa!



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Venerdì 31 Agosto 2012
La pioggia non dà tregua; sulle montagne più alte è caduta la neve. Intera giornata al calduccio nello chalet.
Dopo cena, ultima fumata di pipa sul balcone, in mezzo alle nuvole...


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Sabato 1° Settembre 2012
Dopo l’ultimo pranzo allo chalet, riconsegna delle chiavi e partenza verso l’Italia.
Transitati dal Tunnel del Monte Bianco, fortunatamente senza coda d’attesa, giunti in Val d’Aosta si siamo fermati al santuario di Notre Dame de la Guérison e nella cittadina di Courmayeur, luoghi di vecchi, cari ricordi per molti del nostro gruppetto.
Dopo qualche foto al versante italiano del Monte Bianco, siamo ripartiti definitivamente alla volta di casa.

 
La vacanza è davvero finita!