venerdì 8 gennaio 2016

Il mostro di Philadelphia (Zagor Gigante 605/606)





IL MOSTRO DI PHILADELPHIA

Dopo aver sconfitto il redivivo Hellingen, Zagor e Cico si trovano nella base segreta di Altrove a Philadelphia e si imbattono nuovamente in Edgar Allan Poe (conosciuto durante una loro precedente avventura – nn. 376/379). Poiché lo scrittore è in stato confusionale per l’abuso di alcol, lo Spirito con la Scure lo riaccompagna a casa e sorprende un misterioso individuo entrato per cercare qualcosa di importante.
L’uomo riesce a fuggire. Poe si dice sicuro che l’irruzione sia collegata con il caso di un serial killer le cui vittime, dopo essere state uccise, vengono in parte divorate dal loro assassino. Lo scrittore sospetta di conoscere l’identità del mostro, un marinaio di nome Reynolds che con altri naufraghi aveva commesso atti di cannibalismo per salvarsi la vita e che aveva raccontato la terribile vicenda a Poe, il quale ne aveva riportato la storia nel suo romanzo “Le avventure di Gordon Pym”.
Durante le indagini, Zagor scopre che il serial killer in realtà è Malone, uno degli altri naufraghi che a seguito della lettura del romanzo di Poe è tornato a desiderare di cibarsi di carne umana. Nel faccia a faccia finale, la scure di Zagor pone definitivamente termine alla vita del mostro di Philadelphia.

In questa prima storia zagoriana del 2016 lo sceneggiatore Moreno Burattini crea una vicenda appassionante e carica di mistero, che riesce ad avvincere per tutta la durata della narrazione.
L’identità del mostro di Philadelphia viene abilmente tenuta nascosta sino alla fine senza che il lettore possa sospettare alcunché, anzi sviando i sospetti di volta in volta su altri personaggi di contorno.
Bella anche la poco consueta (per Zagor) ambientazione urbana e lo spunto della vicenda dato dal romanzo Le avventure di Gordon Pym. Pregevole il fatto che questa volta lo sceneggiatore utilizzi il personaggio di Edgar Allan Poe nella sua versione più realistica di scrittore e non in quella “fantasiosa” di agente di Altrove.
Una curiosità: il fatto che nella storia Poe dichiari che ha da poco pubblicato il suo unico romanzo (e che questo, realmente, è stato dato alle stampe nel 1838), inserisce questa avventura in un preciso periodo temporale, con buona pace di coloro che non gradiscono che nelle storie zagoriane vengano inseriti troppi riferimenti storici reali.
Particolare suggestivo è anche il fatto che il nome Reynolds (il principale sospettato della storia) è stato effettivamente invocato da Poe qualche giorno prima di morire nell’ospedale di Baltimora...
Per quanto riguarda i disegni, personalmente mi sento di promuovere a pieni voti questa prima prova zagoriana del simpatico e “dampyriano” Fabrizio Russo, la cui realizzazione grafica di Zagor e Cico mi ha ricordato a tratti quella di Michele Rubini.
A solo titolo di esempio, è una gioia per gli occhi ammirare tavole come quelle delle pagine 82 e 83 del n. 605, o delle pagine 36 e 95 del n. 606, dotate di un pregevole dinamismo e di soluzioni prospettiche davvero interessanti.
Aspetto con piacere di vederlo all’opera su una nuova storia di Zagor, magari con un’ambientazione più “classica” di questa.