mercoledì 22 marzo 2023

L’uomo con il fucile (Le Grandi Storie Bonelli n. 7)

La gelida, implacabile furia dell’inverno nelle grandi foreste del Nordamerica è il teatro di una delle prime storie di Moreno Burattini, attuale curatore di Zagor: l’incontro tra l’eroe di Darkwood e Toro Selvaggio, trapper mezzosangue dal tragico passato, e la loro odissea sotto il segno di un avverso destino.

All’inizio del mese di marzo è uscito in edicola il settimo numero della collana trimestrale intitolata Le grandi storie Bonelli, il cui scopo è quello di ripresentare alcune storie contemporanee (ma già divenute dei “classici”) della casa editrice in singoli volumi integrali.

Già i primi due numeri avevano riproposto due storie zagoriane, Comancheros e Fratelli di sangue; ora è la volta, dopo quattro albi dedicati a Tex (3 e 6), Mister No (4) e Martin Mystère (5), de L’uomo con il fucile, avventura zagoriana uscita nei mesi di luglio e settembre 1993 scritta da Moreno Burattini e disegnata da Gallieno Ferri, pubblicata originariamente sui numeri 336/338 della collana Zagor Gigante.

Nel Sud del lago Ontario, dove il freddo infuria, la neve cade copiosa e i lupi si aggirano famelici, Zagor e Cico trovano i cadaveri di quattro trappers, uccisi a colpi di fucile. Dal diario di uno di essi il Re di Darkwood apprende che quegli sventurati avevano scoperto una miniera d’oro nel territorio dei Seneca: forse colui che li ha uccisi voleva impadronirsi del loro tesoro.

A Zagor e Cico si aggrega Bull, un mezzosangue la cui moglie indiana è stata uccisa da un misterioso criminale. È lo stesso che ha ucciso i trappers? L’assassino prosegue la sua fuga lasciando dietro di sé una scia di cadaveri e, intanto, Bull racconta la sua triste storia di sofferenza e di emarginazione.

Alla fine, Zagor, Cico e Bull (ai quali si sono aggiunti pure lo sceriffo Brad Stevens e due suoi collaboratori) riescono a raggiungere Palance, l’uomo al quale stanno dando la caccia. Grazie al sacrificio di Bull, Zagor riesce a mettere fuori causa l’avversario, ma scopre che non è stato lui a uccidere i trappers. Il loro assassino è, in realtà, Bull, che in fin di vita racconta la verità: li ha eliminati per impedire che, con la scoperta del giacimento d’oro, i Seneca venissero scacciati dai loro territori...

            Ho riletto con piacere questa avventura di Moreno Burattini, che non a caso è stata scelta per essere riproposta nella collana “Le grandi storie Bonelli”. Siamo infatti alla presenza di una sceneggiatura di grande maturità, in cui anche i personaggi di contorno hanno profondità psicologica ed il cui amaro finale conferisce un notevole spessore alla vicenda.

          È una storia che affascina: abbiamo scenari selvaggi e incontaminati; la vita degli indiani delle riserve e un accenno alle loro usanze; coloni che si spingono intrepidi in terre inesplorate; fuorilegge, bounty killer, azione, tensione e mistero splendidamente dosati, cataclismi ambientali, cattivi credibilissimi e vividamente caratterizzati e, infine, la splendida figura tormentata tra due mondi e due culture del mezzosangue Bull.

           Abbiamo anche un Cico simpatico e pasticcione come non mai, e uno Zagor deciso e implacabile ma disposto a rischiare tutto perché le tante vittime della vicenda ricevano giustizia.

            I disegni di Gallieno Ferri, poi, sono eccezionali.

          Parlare di capolavoro per una storia a fumetti a volte può sembrare esagerato ma, a mio parere, questa lo è. E se non vogliamo proprio usare questa parola, possiamo comunque dire che si tratta sicuramente di una delle più “grandi storie” di Moreno Burattini.

            Infatti anche lo sceneggiatore la ricorda come una delle sue prime “cose belle”…

 

lunedì 20 marzo 2023

El vèdov allegher

Sabato sera, 18 marzo 2023, in compagnia di mia moglie Antonella e di una coppia di amici, Massimo e Cristina, mi sono recato a Lainate (MI) per assistere, presso la Sala della Comunità dell’Oratorio San Giovanni Bosco, alla commedia brillante in tre atti “El vèdov allegher”, elaborazione in dialetto milanese dell’opera “Il vedovo allegro” di Moreno Burattini, portata in scena dal gruppo filodrammatico lainatese “Compagnia del fil de ferr”.

Prima della rappresentazione ci siamo trovati in una vicina pizzeria insieme a Moreno, sua moglie Valentina e al disegnatore zagoriano Joevito Nuccio (che da buon siciliano si è ben adattato ad assistere a un’opera teatrale in una “lingua ostrogota” della quale avrebbe forse capito ben poco…).




Terminata la cena, abbiamo poi raggiunto a piedi il teatro…

…dove avevamo dei posti riservati…



Meno male! Perché la sala, come potete vedere, era davvero piena…




La rappresentazione, infine, ha avuto inizio:



Ambientata per l’occasione nel milanese (mentre l’originale aveva come località degli avvenimenti la città di Firenze) e con alcune modifiche nei nomi ed aggiunta di personaggi, la commedia narrava le vicende di Leopoldo Degli Arnaboldi (nell’originale Aldobrando Degli Aldobrandi), il vedovo allegro del titolo, che gestisce, durante gli Anni Venti, l’impresa di pompe funebri di proprietà delle ricche e vecchie zie Veronica e Rebecca (nell’originale era solo quest’ultima), impegnate nelle battaglie dell’Associazione per la Pubblica Moralità.

Leopoldo è vedovo, e le zie vorrebbero vederlo di nuovo sposato: per questo gli vorrebbero presentare una ragazza tutta casa e chiesa che, a loro dire, farebbe la felicità del nipote. I desideri delle zie sono ordini per Leopoldo, che dipende economicamente da loro e pertanto si finge retto e probo; in realtà, conduce una vita da libertino che il nuovo matrimonio gli impedirebbe di continuare.


I trucchi da lui escogitati per sottrarsi alle nuove nozze e l’arrivo di una ballerina con cui ha una relazione, ingarbugliano la situazione in un crescendo di complicazioni, che si risolvono alla fine, con dei colpi di scena che garantiscono il lieto fine a una vicenda che sembrava irrisolvibile dopo la scoperta, da parte di Veronica e Rebecca, di tutti gli “altarini” del nipote.

La compagnia teatrale sapeva della presenza in sala dell’autore Moreno Burattini e quindi, al termine della rappresentazione, lo ha fatto salire sul palco per ricevere i meritati applausi del folto pubblico presente.





Che dire, alla fine? A mio parere gli attori sono stati bravi e il pubblico ha gradito, sottolineando con risate ed applausi i momenti più esilaranti e riusciti della commedia brillante, tutta basata sul contrasto tra elementi seriosi ed altri più comici. Come ebbe a dire lo stesso Moreno Burattini in una sua passata intervista in merito, “…l’umorismo nasce sempre dai contrastiè divertente mettere a confronto diverse tipologie di varia umanitàNella vis comica del “Vedovo Allegro”, poi, c’è anche una componente che definirei “catartica”: tutti noi abbiamo i nostri piccoli “vizi segreti” che cerchiamo di nascondere alla “zia” di turno, sia essa la maestra a cui non vogliamo scoprire di non aver fatto i compiti, o la mamma a cui nascondere che abbiamo marinato la scuola, o il datore di lavoro che non deve scoprire il puntuale ritardo di tutti i giorni nel presentarci in ufficio”.

Infatti il pubblico è istintivamente portato a tifare per il protagonista principale, impegnatissimo nel mettere in atto i suoi buffi stratagemmi per non far scoprire i propri “altarini”. La scelta, poi, di ambientare la scena in un’impresa di pompe funebri e collocare proprio lì delle vicende ilari, è una forma di “trasgressione”: “…ridere di ciò di cui non si dovrebbe, serve a scaricare le pulsioni che ci spingono a fare ciò che è vietato, come i bambini che invitati a stare seri e fermi in certe circostanze che impongono un contegno, si guardano fra loro e non riescono a trattenere gli sghignazzi. L’umorismo smaschera l’assurdità e l’ipocrisia delle convenzioni sociali, in cui conta l’apparire più che l’essere”.

            Insomma, se ne avrete l’occasione, vi consiglio vivamente di andare ad assistere a questa divertentissima commedia. E se ne volete sapere di più, vi rimando a questo post sul blog di Moreno Burattini: http://morenoburattini.blogspot.com/2011/11/il-vedovo-allegro.html.

 

venerdì 17 marzo 2023

La banda degli assassini (Zagor Gigante n. 692)

I minatori al lavoro in un giacimento d’argento vengono massacrati dall’orda di banditi guidati dallo spietato Hitch, che non esitano a macchiarsi di una sanguinosa strage pur di impossessarsi del prezioso metallo…

Zagor scopre il bagno di sangue, salva i pochi superstiti intrappolati in una galleria e giura di assicurare alla giustizia la banda degli assassini!

Come spiegato dallo stesso Moreno Burattini sul suo blog “Freddo cane in questa palude”, preparando la programmazione zagoriana del corrente anno si è reso conto che c’era un punto fermo da rispettare: il n. 700 previsto per il mese di novembre. C’era però da collocare anche una lunga sequenza di tre avventure collegate fra di loro (quelle del figlio di Manetola, del capitano Nemo e di Digging Bill) per un totale di sette albi. Mentre gli albi di gennaio e febbraio erano occupati dalla seconda e dalla terza parte de “Il passato di Rochas”. Quindi, nove mesi del 2023 erano già “sistemati”. Ma i mesi che precedono novembre sono dieci! Dunque, serviva riempire il mese di marzo con una storia lunga un solo albo. Allora Burattini ha immediatamente chiesto a Gianni Sedioli se se la sentiva di disegnare 94 pagine in sei/sette mesi per risolvere la situazione, e questi, velocissimo come al solito, ha risposto di sì, riuscendo a consegnare il lavoro addirittura in anticipo, risolvendo così la situazione.

La storia, per forza di cose, ha dovuto prevedere una trama piuttosto semplice, dato che 94 tavole sono poche e inconsuete per una storia di Zagor. Tuttavia, ne è risultato un godibile racconto western di pura azione.

L’ambientazione mineraria è interessante e il ritmo della vicenda è davvero molto buono; l’ultima parte, poi, è una sorta di nuovo “Zagor contro tutti” in cui il protagonista, grazie anche alla sua astuzia, riesce a da solo sbaragliare l’intera banda di assassini ed è protagonista di grandi acrobazie, ottimamente rese da Gianni Sedioli. Anche Cico fa la sua buona parte e nel finale riesce persino ad aiutare Zagor.

 Insomma, una storia tutta azione, di impianto classico, così come classiche sono le tavole del disegnatore ravennate, che ha dato il meglio di sé. Anche se in alcune vignette il tratto è appena accennato, quasi approssimativo, siamo comunque di fronte a disegni molto buoni, soprattutto nelle scene più spettacolari.

 


venerdì 10 marzo 2023

Visita in redazione (09.03.2023)

Ieri mi sono “ritrovato” davanti al n. 38 di Via Buonarroti a Milano

per regalarmi un prosieguo zagoriano dei festeggiamenti

per il mio sessantesimo compleanno…

Il mio arrivo in redazione è stata l’occasione

per far vedere a Moreno Burattini e Joevito Nuccio

il video da me postato su Youtube

con gli auguri dei vari autori zagoriani

Più professionalmente, Joevito stava

dando un’occhiata alle cianografie

…del primo albo della storia “Sangue Seminole”

che uscirà in edicola il prossimo mese…

Anch’io ho potuto dare una breve occhiata ma,

naturalmente, non mi è consentito di rivelare nulla!!!

Sulla scrivania c’era anche la sceneggiatura

della storia che dovrebbe apparire quest’anno

nel formato a striscia

“Gli spiriti della foresta”…

…nonché i faldoni delle storie pubblicate

Dopo una foto tutti assieme…

…siamo andati a mangiare una pizza!



Prima di salutarci, con l’auspicio di poterci

rivedere quanto prima, Moreno mi ha anche

omaggiato di una copia della rivista “FilmTV”

(con in copertina Zagor e Mister No)

e di uno schizzo texiano di Nicola Genzianella!





mercoledì 8 marzo 2023

La maschera del diavolo (Zagor Più 8)

Una rapina in banca finita male… Che cosa ha in comune con le morti raccapriccianti che stanno accadendo a Darkwood?

Le vittime sono orribilmente sfigurate, come se i loro volti fossero ustionati, con le bocche distorte in un sinistro sorriso.

Ma non è stato il fuoco a ridurle in quello stato; su questo Molti Occhi non ha dubbi e teme che possa trattarsi di un misterioso morbo, che non fa distinzione tra indiani e bianchi.

Sarà Zagor a seguire la scia di morte, fino a scoprire una verità ancor più terribile, quando si troverà faccia a faccia con la nuova, letale incarnazione di un nemico che credeva di avere sepolto per sempre: un nemico spietato che si nasconde dietro una maschera ghignante, e che Zagor non può sconfiggere con le sue sole forze…

Ottavo albo della nuova collana speciale dedicata allo Spirito con la Scure che ormai ha sostituito il Maxi Zagor e che pubblica nei numeri dispari i cosiddetti Racconti di Darkwood (ovvero 5 storie brevi affidate ad altrettanti team creativi) mentre nei numeri pari presenta un’unica storia inedita che occupa tutte le 190 tavole disegnate dell’albo.

Questo numero è sceneggiato da Alessandro Russo, qui alla sua seconda prova zagoriana in “epoca moderna” (diciamo così) dopo il Color n. 15 “Acque rosse” pubblicato l’estate dello scorso anno. Non dimentichiamo, infatti, che questo autore aveva già scritto tre storie dello Spirito con la Scure pubblicate, rispettivamente, negli anni 1992, 2002 e 2003, per poi “scomparire” dal mondo zagoriano per quasi vent’anni e ripresentarsi ai giorni nostri con una verve addirittura superiore al passato.

In questa storia vengono sapientemente miscelati diversi elementi: un nuovo villain dotato di super-poteri dalle caratteristiche moderne e inquietanti (quasi un Joker di batmaniana memoria: infatti il titolo di lavorazione dell’albo era Il sorriso del diavolo) che tuttavia richiama alla mente avversari di antica data quali Iron-Man e Supermike che riescono a mettere in seria difficoltà il nostro Zagor.

Vengono recuperati diversi comprimari “storici” (il trapper Boston Jack nelle vesti di sceriffo, il sakem dei Quapaw Mano di Pietra, il simpatico stregone Molti Occhi, il colonnello Perry) con gli opportuni richiami alle loro passate avventure. Ma viene recuperata anche la Congrega dei Senza Volto di Devil Mask, apparsa in tre avventure del passato più recente della saga.

Il tutto in un amalgama a mio parere ben riuscito.

Ottima anche la riproposizione di Zagor come “inviato di Manito” ed il ricorso a uno dei classici trucchi per apparire tale con l’aiuto di Molti Occhi (tra l’altro molto ben richiamato anche sull’evocativa copertina di Alessandro Piccinelli), che precede un duello finale entusiasmante; nonché la gestione del personaggio di Cico, scambiato per un bandito messicano e coinvolto suo malgrado nella banda dei fuorilegge, le cui gags ben si inseriscono nella vicenda avventurosa.

Dotati di notevole dinamismo i disegni degli Esposito Bros, che sfornano tavole molto dettagliate e se la cavano egregiamente sia col tratto chiaro che con quello scuro. Bravi anche nel riuscire a conferire “espressione” all’antagonista (il cui volto è occultato da una maschera) soprattutto tramite la sua gestualità.