martedì 15 ottobre 2024

Il Fante di Picche (Zagor Classic 64)

È uscito in edicola il secondo volume del nuovo corso della collana Zagor Classic: periodicità trimestrale, un’unica storia completa in perfetta sequenza cronologica, senza più numero progressivo riportato sul dorso (ma solo in seconda di copertina).

Anche questa volta le pagine sono complessivamente 144, tutte dedicate alla storia (quindi senza frontespizi o pagine aggiuntive dedicate alla galleria delle cover, come nel numero precedente). L’introduzione di Moreno Burattini è presente in seconda di copertina.

L’avventura contenuta nell’albo è quella apparsa sui nn. 97/99 della Collana Zenith Gigante (corrispondenti ai nn. 46/48 della Collana Zagor Gigante) dei mesi di aprile, maggio e giugno 1969.

Dopo il ritorno di Hellingen apparso sui numeri 90/92, questa è la seconda storia zagoriana a non essere apparsa originariamente nella serie a striscia della Collana Lampo ma ad essere stata prodotta e pubblicata appositamente sulla serie Zenith Gigante e, pertanto, risulta inserita solo in un secondo momento nel viaggio di ritorno di Zagor e Cico a Darkwood, dopo le vicende vissute a bordo della Strega Rossa, con i Seminoles di Manetola e l’incontro con il cherokee Satko.

Il soggetto e la sceneggiatura sono di Guido Nolitta (Sergio Bonelli) e i disegni di Gallieno Ferri.

I nostri due eroi giungono nella cittadina di Corbin, nel cuore del Kentucky, dove incontrano un vecchio amico di Zagor, il tagliaboschi Mesevic. Corbin è purtroppo anche il luogo dove opera un misterioso bandito che, grazie alla sua abilità nel travestimento, sembra inafferrabile. Dopo ogni furto, lascia sempre una carta da gioco: ecco perché lo chiamano “Il Fante di Picche”.

Zagor viene suo malgrado coinvolto nella caccia a questo criminale e, alla fine, riuscirà ad averne ragione, ma solo dopo che il suo avversario avrà seminato una vera e propria pista di sangue...

Nonostante questa sia, notoriamente, una delle storie che meno piacevano a Sergio Bonelli (in più di un’occasione dichiarò che non ne andava fiero e che, se avesse potuto tornare indietro, non l’avrebbe mai scritta). È vero, non ha quegli elementi di “denuncia sociale” della situazione dei pellerossa come nelle storie di Manetola e Satko, ma a me è sempre piaciuta.

La storia scorre fluida, il villain trasformista è abbastanza originale (con travestimenti da uomo qualunque ma con un animo davvero spietato), molto ben bilanciata è l’alternanza dei momenti drammatici (come la morte del povero Mesevic, che mi colpì molto quando la lessi da ragazzino) con quelli esilaranti che stemperano la tensione (le interazioni tra Cico e lo sceriffo, il marito fedifrago che viene scambiato per il Fante di Picche).

Entrambe le copertine degli albi originali dedicate alla storia (nn. 98 e 99) sono molto belle; la prima delle due viene utilizzata anche per questa edizione: non è una cover “descrittiva” (cioè che richiama uno dei momenti dell’avventura) ma evocativa di una minaccia (la carta da gioco) che incombe sull’eroe, e mi ha sempre affascinato.

Appuntamento, ora, al 14 gennaio con la storia completa, lunga ben 160 pagine, dedicata a “L’uomo lupo”, una delle mie preferite!




martedì 3 settembre 2024

Lo Zagor estivo… fuori serie! (Zagor Color 19 + Zagor Più 14)

Come ho scritto nell’articolo precedente, nel trascorso periodo di vacanza ho un po’ lasciato da parte i fumetti per dedicarmi alla lettura di racconti e romanzi. Ma, rientrato nella quotidianità, ho subito recuperato le letture zagoriane momentaneamente accantonate ed eccomi pertanto qui a dedicare un unico post alle recensioni degli albi cosiddetti “fuori serie” usciti quest’estate, vale a dire il Color Zagor n. 19 e lo Zagor Più n. 14.

La belva di Amamur

Il capitano Kross, ex ufficiale delle truppe coloniali inglesi di stanza in India, è stato soprannominato “la belva di Amamur” dopo essersi macchiato di una ingiustificata strage in un villaggio hindu, nel corso della quale perse la vita anche Sahid, il fratello di Ramath…

Dopo molti anni, e a migliaia di chilometri di distanza, il fachiro amico di Zagor se lo trova di nuovo davanti nella foresta di Darkwood, e proprio con l’aiuto dello Spirito con la Scure è deciso ad affrontarlo.

Questa storia di Alessandro Russo aggiunge un altro tassello, dopo i molti già scoperti nel corso degli anni, al passato di Ramath il fachiro, uno dei comprimari più apprezzati della saga di Zagor. In questo caso si risale addirittura all’infanzia del personaggio, le cui vicende narrate giungono a ripercuotersi nel “presente” dello Spirito con la Scure.

Ennesima buona prova dello sceneggiatore milanese, una storia ben scritta e scorrevole dalla prima all’ultima pagina, densa di momenti affascinanti e di flashback tristi e coinvolgenti; presenta un nuovo antagonista temibile e spietato, ammantato di un’aura di inafferrabilità che, fortunatamente, verrà alla fine sconfessata, e un Ramath fortemente determinato che riesce alla fine a presentargli il conto dei suoi innumerevoli crimini.

Sempre in merito a Ramath, devo osservare che nel corso della lettura ho avuto l’impressione che i suoi poteri soprannaturali (o psichici, fate voi) siano notevolmente aumentati rispetto alle avventure precedenti. Se Nolitta aveva creato il character ammantandolo di mistero e capacità che suscitavano timore anche in chi gli era più amico, col passare del tempo il fachiro sembra essere diventato un essere dotato di poteri davvero immensi (che servono a ben risolvere situazioni altrimenti complicate) e persino di capacità di combattimento in grado di rivaleggiare con quelle di Zagor. Ritengo che questo sia il “naturale” risultato dell’evoluzione che il personaggio ha avuto nel corso di tutte le sue storie passate, scritte da diversi sceneggiatori che ne hanno approfondito la figura.

Molto belli, come al solito, i disegni di Walter Venturi, impreziositi dai colori di Mad Cow che in questa occasione ha reso molto bene le scene notturne e quelle retrospettive con colori dominanti grigio e seppia.

Chiudo con una divertente curiosità.

A pagina 84, nel bordo bianco in alto sopra i disegni, compare la scritta “U GH!” che nulla centra con la narrazione… Sarebbe interessante sapere l’origine di questa svista redazionale o, penso piuttosto, tipografica…

 * * *

Ritorno nella città nascosta

Il ritrovamento da parte dell’archeologo Mac Leod di un misterioso reperto, spinge Zagor a far ritorno, in sua compagnia, a “Nuova Uxmal”, una città ancora abitata dai Maya nascosta in una valle segreta all’interno di Darkwood, in cui lo Spirito con la Scure ha vissuto in passato una drammatica avventura.

Lì, l’eroe dalla casacca rossa ritrova Lebnor, di cui fu alleato in quell’occasione, e si trova ad aiutarlo di nuovo contro il pericolo costituito da un gruppo di soldati dell’esercito americano, che hanno occupato l’insediamento…

Una storia scorrevole, questa scritta da Tito Faraci, semplice, che si lascia leggere, finanche piacevole, sebbene basata su presupposti già visti molte volte (i militari ottusi guidati da un ufficiale fanatico, un re “spodestato” che deve riconquistare il trono, la riduzione in schiavitù dei nativi non in grado di opporsi alle armi da fuoco); un racconto, se vogliamo, assolutamente in linea con il suo predecessore degli anni ‘60.

Anche alcune soluzioni narrative mi sono piaciute, come il riscatto dei Matam (ancora più significativo dopo che erano stati ostracizzati) e del traditore alcolizzato Yamail (che scova l’espediente per non far uccidere Lebnor), la sollevazione finale del popolo Maya, la morte del colonnello Dougan (speculare a quella di Moikos nella prima avventura).

Ci sono però, a mio parere, anche alcune criticità: il professor Mac Leod è funzionale alla vicenda solo per il ritrovamento del reperto (per il resto, per quel che è servito, poteva anche starsene a casa sua…); Cico non riesce a “brillare” di luce propria (e sì che Faraci lo aveva saputo ben utilizzare in passato); è poco realistico che un reparto dell’esercito, non dei semplici soldati sbandati, occupi Nuova Uxmal e vi rimanga per tanto tempo senza che nessuno indaghi sulla loro scomparsa (in questo caso, un po’ di “spiegazionismo” non avrebbe fatto male); e il colonnello Dougan seduto sul trono maya in uniforme e cappello? A me ha fatto uno strano effetto tutte le volte che lo vedevo…

In definitiva: mi sono divertito a ritornare con Zagor nella città nascosta che avevo conosciuto da ragazzino, ma magari mi sarei aspettato qualcosa di più…

I disegni di Gianni Sedioli mi sono piaciuti. Nei primi piani di Zagor è davvero migliorato; Cabel, la donna di Lebnor, è davvero bella; le scene d’azione sono davvero dinamiche; lo sguardo da pazzo allucinato di Dougan è molto efficace; alcune vignette riprendono lo stile di Donatelli della prima storia (con le sculture maya in primo piano e i personaggi sullo sfondo. Carino anche l’omaggio che ha voluto fare in una vignetta alla cover del n. 110 (Tre uomini in pericolo).








 

domenica 18 agosto 2024

“MARSHAL & CO.” di Antonio Zamberletti

“È lontana, da qualche parte verso ovest, le fiamme non si vedono, ma non conta: Babilonia brucia e continuerà a bruciare…”

Buongiorno, amici zagoriani!

In questo periodo di vacanza ho un po’ lasciato da parte i fumetti per dedicarmi alla lettura di racconti e romanzi.

Ne approfitto, quindi, per segnalarvi una di queste mie letture in quanto trattasi di un’opera scritta da un amico e sceneggiatore zagoriano che tutti conoscete bene: Antonio Zamberletti!

Egli, oltre che sceneggiatore bonelliano (Tex, Zagor, Dampyr), è anche autore di una decina di libri di genere noir e spy story, di svariati lavori teatrali e svolge attività di consulenza per produzioni televisive e cinematografiche.

Recentemente ha vinto l’edizione 2024 del Premio Alan D. Altieri Segretissimo assegnato da una giuria presieduta da Franco Forte e composta dagli scrittori David Bones, Scilla Bonfiglioli, Fabrizio Borgio, Simone Faré e Denise Jane.

Il Premio è annualmente promosso dallo storico periodico Segretissimo, pubblicato da Mondadori sin dal 1960, ed è riservato ai romanzi italiani inediti di spy story, e mette in palio proprio la pubblicazione sulla collana nei mesi successivi la premiazione.

Il romanzo di Antonio Zamberletti, “Marshal & Co.”, è stato pubblicato su Segretissimo in questo mese di agosto (lo trovate ancora in edicola) nella collana Segretissimo Special n. 51.

Sul blog ufficiale di Segretissimo il romanzo è presentato così:

L’inferno dell’Iraq non è una novità per Dave Holland.

Quando era nella Delta Force, con gli US Marshals, il paese era uno sterminato campo di battaglia. All’epoca, aveva partecipato a una missione dei marines  per salvare la figlia di un senatore, presa in ostaggio nella regione dei monti Zagros. Ma la caccia a un terrorista aveva finito per complicato tutto, come spesso accade ci mette lo zampino la CIA.

Alla fine di quella storia maledetta, Dave aveva deciso di smettere di lavorare per il programma di protezione testimoni. Era stufo di proteggere gente che non meritava di essere salvata: mafiosi, assassini, spie.

Holland ha chiuso con quella vita e ha trovato un nuovo inizio tra le montagne della Sierra messicana, un luogo rimasto al tempo degli sceriffi e dei pistoleri del vecchio West, dove molti lo conoscono semplicemente come il Gringo, l’uomo misterioso arrivato dal nulla.

Ma anche se lui si è dimenticato del passato, il passato non si è dimenticato di lui…

A mio parere il romanzo è davvero bello!

Articolato su un duplice (e, a volte, anche triplice) piano narrativo/temporale, ha un ritmo sostenuto, dialoghi ottimamente articolati e scene d’azione davvero ben orchestrate.

Poetico, ironico, terribilmente realistico, con descrizioni paesaggistiche nette, scarne, essenziali ma vivide; ricco di ardite analogie, richiami meta-narrativi, rimandi ad altri ambiti culturali (film, storia, fumetti).

Mi hanno anche colpito i non rari momenti di riflessione, laddove vengono sottolineati soprattutto i legami che si creano in guerra (veri e propri legami di sangue) e il dolore per la perdita della moglie.

Per descrivere in poche parole il protagonista principale, possiamo prendere in prestito quelle utilizzate nel romanzo dalla sua “collega” Susan Blake: “Ex sergente della Delta Force, ex Marshal degli Stati Uniti, famoso per aver sempre e sistematicamente ignorato il regolamento, ogni forma di regolamento, ricercato dalle autorità federali per omicidio (quello del killer di sua moglie e della loro figlia che lei portava in grembo), reo confesso e pronto a rifare tutto quanto”.

Tuttavia, dotato di un proprio codice d’onore, un’etica e una morale disposta a sfidare tutto e tutti.

Insomma, il mio consiglio è: compratelo, leggetelo e non ne resterete delusi!!!

 



venerdì 26 luglio 2024

Satko! (Zagor Classic 63)

Riprendendo il discorso iniziato in questo post del mese di marzo, a posteriori posso finalmente affermare che le mie intuizioni erano giuste.

Con questo albo (il cui numero progressivo non e più riportato sul dorso ma solo in seconda di copertina) la collana Zagor Classic ha cambiato periodicità (da mensile a trimestrale) e presenta un’unica storia completa (in perfetta sequenza cronologica con le precedenti).

Le pagine sono complessivamente 144: 134 dedicate alla storia, 1 al frontespizio, 1 all’introduzione di Moreno Burattini e le ultime 8 propongono una galleria di 16 copertine originali della collana a striscia ad opera di Gallieno Ferri.

 L’avventura contenuta nell’albo è quella originariamente apparsa sui nn. 45/49 della Collana Lampo – IV Serie dall’ottobre al dicembre 1968 e poi riproposta per la prima volta nel cosiddetto “formato bonelliano” nei nn. 96/97 della Collana Zenith Gigante (corrispondenti ai nn. 45 e 46 della Collana Zagor Gigante) dei mesi di marzo e aprile 1969.

Il soggetto e la sceneggiatura sono di Guido Nolitta (Sergio Bonelli) e i disegni di Gallieno Ferri.

La storia narra di Zagor e Cico che, durante il loro viaggio di ritorno a Darkwood dopo le vicende vissute a bordo della Strega Rossa e con i Seminoles di Manetola, vengono coinvolti dapprima nelle vicissitudini occorse a Satko, un indiano Cherokee che ha studiato dai bianchi e si è innamorato di Linda, figlia di Amos Benson, un facoltoso possidente che però si oppone al loro matrimonio, e successivamente nell’impresa di sventare l’attacco ad un convoglio carico d’oro, appartenente allo stesso Benson, ad opera di un gruppo di banditi. Tutto, alla fine, si risolverà per il meglio proprio grazie all’intervento dei Cherokee guidati da Satko, che otterrà il consenso del padre di Linda al loro matrimonio.

Quando da ragazzino lessi questa storia devo confidarvi che non mi piacque più di tanto, a differenza di quelle precedenti e delle successive, ma nella sua rilettura di questi giorni, a cinquant’anni di distanza e con occhi più maturi, devo dire che l’ho apprezzata molto.

Storia apparentemente semplice, ma che in realtà ha già in nuce quell’engagement che Nolitta riuscirà poi ad esprimere pienamente nelle storie della cosiddetta golden age (pressappoco da Indian Circus in poi): vi sono i Cherokee che (realtà storica) hanno imparato a parlare inglese e sono riusciti ad entrare in contatto culturale con i coloni bianchi; gli avviliti abitanti di Hopeless City, che si trascinano in una drammatica esistenza; persone come Benson il cui pregiudizio e ostilità nei confronti dei pellerossa appaiono quasi insormontabili.

Sopra a tutti, poi, spicca la figura dell’anonimo (solo in quanto al nome, non sicuramente come personaggio) e simpatico “Sindaco” di Hopeless City, disilluso dalle vicende della vita, che nella sua esemplare umanità arriva a sacrificarsi per il bene altrui.

Emblematica, poi, la capacità di Nolitta e Ferri di stemperare le situazioni anche più drammatiche con una battuta, una gag, un volto sorridente dei protagonisti. E questo lungo tutto il corso della storia.

A questo proposito, voglio citare alcune battute di Cico.

“Che bisogno c’era di cambiare nome a delle regioni che sono uguali una all’altra? Dappertutto le stesse piante, le stesse montagne…”.

“Una specie di cannibale entra in un cespuglio e poco dopo ne esce trasformato in un manichino ambulante, anzi in un lord!”.

“Tra poco Linda non si ricorderà neppure che Satko esiste e si sposerà qualche ricco pacioccone biondo… e dal canto suo il nostro giovane Cherokee si troverà una squaw, magari più brutta ma meno piantagrane di linda!”.

L’ultima battuta la riservo al Sindaco di Hopeless City, che rivolto a Zagor esclama: “Corpo di mille saette! Non bevi… non fumi… vuoi dirmi allora come diavolo passi il tuo tempo, giovanotto?”.

Insomma, alla fine ho rivalutato questa storia. Chissà, forse anche agevolato da questa nuova formula dello Zagor Classic che mi sento di avallare incondizionatamente…

Appuntamento, ora, il 12 ottobre con la storia completa dedicata a “Il Fante di Picche”!





giovedì 25 luglio 2024

Il giudizio degli dei (Zagor Gigante 708 BIS)

 

Durante il suo “grand tour” nelle terre selvagge, il giovane pittore ungherese Ferenc svanisce nel nulla. Sua zia, la contessa  Dorika Bodoczy, parte da Boston per ritrovarlo. Unico indizio, un ritratto di un feroce bandito (in realtà si tratta di un noto pancione messicano) spedito da uno sperduto trading post.

 Zagor e Cico si uniscono all’avventurosa ricerca contrassegnata da colpi di scena, tra mountain men, mercanti senza scrupoli e misteriose tribù indiane sullo sfondo degli scenari naturalistici della frontiera, suggestivi quanto pericolosi.

Pagina 27

            Dopo alcune anticipazioni avute dalla nostra intervista a Giuliano Piccininno, ecco tra le nostre mani questo Zagor Bis interamente sceneggiato e disegnato da lui.

            Premesso che i numeri Bis della collana non mi hanno mai deluso, devo dire che questo figura sicuramente tra i migliori.

Pagina 36

Sono un po’ ritornato ragazzino, sembrandomi di leggere una storia zagoriana degli anni ‘60/’70 (fino a “Indian Circus”, per intenderci): soggetto classico, ritmo narrativo rilassato, scorrevole e “leggero”, intermezzi comici di Cico (molto bravo Giuliano nella gestione del personaggio, sia dal punto di vista grafico che dei contenuti), ambientazione ottocentesca nordamericana, la ricerca di una persona scomparsa, personaggi inizialmente negativi che si “redimono”, citazioni di storie passate (il Vampiro, Ladro di Ombre), un buon messaggio di fondo (bianchi e pellerossa possono andare d’accordo ed anche innamorarsi)…

Pagina 61

Insomma, Piccininno ha fatto un ottimo lavoro, sia come sceneggiatore che come illustratore. I suoi disegni sono di alto livello, con una cura quasi maniacale per i dettagli (vedi ad es. le pagg. 27, 54, 55 e 79, solo per citarne alcune).

In conclusione, l’avere affidato alla stessa persona sia i testi che i disegni si è rivelato un esperimento perfettamente riuscito, così come il precedente Bis di Raffaele della Monica (guarda caso, entrambi hanno fatto parte della cosiddetta “scuola salernitana” degli anni ottanta).

 

venerdì 12 luglio 2024

La piccola ombra (Zagor 708)

A corredo dell’ultimo albo della lunga storia di Supermike, è stato inserito un breve racconto autoconclusivo di 46 pagine sempre sceneggiato da Moreno Burattini e disegnato da Fabrizio De Fabritiis.

Pescarese di nascita e novarese di adozione, De Fabritiis appartiene alla scuderia di Dragonero ed ha già dato ottima prova di sé con un’altra breve avventura dello Spirito con la Scure apparsa sul n. 5 della collana Zagor Più del 2022 (“La strada del ritorno”).

In questo caso, la sue tavole molto belle, che rompono la classica “gabbia” bonelliana per raggiungere la massima efficacia narrativa, rendono molto bene l’atmosfera di mistero che gravita attorno a una piccola e demoniaca creatura dei boschi, temuta anche dagli indiani, che sembra minacciare la famiglia degli Osborne, amica dello Spirito con la Scure.

Tutto si risolverà per il meglio, con la scoperta che la “creatura” è in realtà un bambino di sei anni, Zachary, con delle fattezze da folletto ma che non ha nulla di demoniaco. Lui e la sua mamma sono stati scacciati dalla comunità in cui vivevano, poiché considerati lei una fattucchiera e lui un figlio del demonio (in realtà la madre è stata violentata da uno sconosciuto). Gli Osborne li accoglieranno nella loro famiglia e potranno così vivere una vita “normale” e serena.

La storia è molto carina, anche se semplice nella sua brevità, e con essa Moreno Burattini ci porta a riflettere ancora una volta sui pregiudizi della gente, capaci di far assumere degli atteggiamenti oltremodo ingiusti nei confronti delle persone considerate “diverse”, e ci mostra come anche un bambino concepito a seguito di violenza possa comunque essere profondamente amato dalla madre che lo ha messo al mondo.

 



martedì 9 luglio 2024

Esclusiva!!! Intervista a Giuliano Piccininno (3 luglio 2024)

    A distanza di poco più di due anni dalla prima intervista apparsa su questo blog (la potete leggere qui) il mio carissimo amico Fabio Sandonà, anestesista cinquantaseienne di Schio (VI) ed assiduo lettore del blog “Zagor e altro…”, si è mirabilmente replicato e – in vista dell’uscita nelle edicole del prossimo Zagor Bis, albo interamente scritto e disegnato da Giuliano Piccininno – si è recato ancora una volta presso il suo studio di Valdagno (VI) e ha raccolto, in assoluta esclusiva per noi, questa nuova conversazione con il bravissimo disegnatore di origine salernitana.

    Non esistono parole sufficienti per esprimere la mia gratitudine nei confronti di Fabio per la sua passione e per il lavoro svolto per il blog, per cui, molto prosaicamente, gli rivolgo un “GRAZIE!” grosso come una casa e vi lascio alla lettura di questa nuova, interessantissima intervista.

    In colore nero trovate la domande di Fabio, mentre in rosso le risposte di Giuliano.

* * *

Lo studio di Giuliano Piccininno è proprio come ogni lettore immagina dovrebbe essere lo studio di un disegnatore: una libreria di fumetti, sia albi che volumi, un tavolo da disegno ingombro di attrezzi, faldoni di tavole disegnate e tavole di disegnatori amici appese ai muri. Giuliano non fa mistero di lavorare con passione.

Fino a poco tempo fa stavo disegnando due avventure di Zagor in contemporanea. Una finalmente è finita.

Zagor Più di novembre tecnica a mezzatinta

Apre un cassetto ed estrae una cartella con tavole di grande formato. “Ma è un disegno a mezzatinta!”, esclamo io.

Sì, uscirà a novembre sullo Zagor Più ed è stata scritta da Stefano Fantelli. Mi sono trovato bene a lavorare con lui perché abbiamo gusti simili; questa è una storia cupa, notturna per la quale ho voluto fare una sperimentazione con china diluita che mi ha richiesto di tornare più volte sulle tavole, in modo da ottenere le sfumature di grigio che volevo. Non mi sono lasciato andare completamente: avrei voluto fare una cosa ancora più oscura, ma alla fine ho lasciato la linea di contorno, che un po’ regolarizza il disegno. Anche nelle scene notturne ho cercato di mantenere la leggibilità pur utilizzando questa tecnica un po’ particolare. Sarà da vedere il risultato stampato; se la carta assorbe tanto l'inchiostro c’è il rischio che diventi tutto scuro.

Matite e chine di una storia futura

Prende un’altra tavola, inchiostrata solo parzialmente.

Adesso sto disegnando un’altra storia di Mignacco, ma ancora non posso svelare molto. Diciamo che inizia con la Marina Militare Inglese che sta dando la caccia a un certo personaggio e vuole arruolare a forza Zagor perché lui già lo ha incontrato e potrebbe sapere dove scovarlo. Sarà una storia lunga e io sono ancora all’inizio: questa è una tavola parzialmente inchiostrata (io prima faccio una linea chiara e poi ci aggiungo le ombre) e qui c’è il suo layout.

Vedo che usi una matita azzurra...

Siccome con la matita “sporco” parecchio, generalmente faccio un layout molto dettagliato, poi, per il disegno definitivo, utilizzo il tavolo luminoso e “ricopio” con la matita azzurra, in modo da non aver problemi di cancellature e così la tavola rimane molto pulita. Adesso ci sono tempistiche frenetiche e alla Bonelli vogliono le tavole pronte per andare in stampa. Hanno ragione, eh! Una volta arrivavano in redazione originali sporchi che dovevano essere sistemati.

Tra poco esce lo Zagor Bis con una storia di cui sei anche autore dei testi.

Proprio oggi 3 luglio va in stampa e il 18 sarà in edicola. Inizialmente era pensata per la serie regolare, come intermezzo tra due avventure più lunghe, poi un giorno mi chiama Moreno Burattini e mi chiede se mi andava di adattarla per una nuova serie a striscia. Però, anche se conserva l'impianto orizzontale delle strisce, ci sono molte vignette verticali, altre quadruple e la storia vive di queste visioni un po’ spettacolari. Per adattarla ci sarebbe voluto così tanto lavoro che abbiamo lasciamo perdere.

Non è la prima volta che ti occupi anche dei testi delle storie oltre che dei disegni, però gli albi Bonelli hanno uno stile narrativo peculiare, molto didascalico nei testi, mentre i testi dei tuoi lavori precedenti erano più sintetici; come è stato passare da quel modo di scrivere a quello bonelliano?

Guarda, l’editing di Moreno ha tagliato, non aggiunto. Io mi ero preoccupato persino troppo di essere bonelliano nella sceneggiatura. Pensando allo Zagor che avevo letto da piccolo, ho scritto delle frasi che secondo me ci stavano, ma che Moreno ha tolto, perché la vicenda si capiva ugualmente. Quindi in realtà la mia visione da sceneggiatore andava un po’ aggiornata.

Layout del Bis

A parte Zagor in questi mesi abbiamo visto in edicola altri tuoi lavori. La Cosmo ha ristampato Lo Sconosciuto di Magnus e nei numeri 7 e 8 ci sono disegni di Magnus e di Giuliano Piccininno.

Non è andata proprio così (ride). Parlando con Andrea Rivi, il Direttore Editoriale di Cosmo, ho lanciato l’idea di fare delle copertine con lo stile di quelle degli albi pocket anche per le storie apparse sulle riviste. A lui la cosa piaceva, ma poi i detentori dei diritti hanno preferito utilizzare alcune delle tante copertine disegnate da Magnus e le mie sono finite all’interno. Non lo considero un lavoro ufficiale, ma un omaggio al mio maestro.

Qui ci sono anche altre tue copertine (indico il blister con la recente ristampa a striscia del Grande Blek per le Edizioni If).

Con Gianni Bono lavoro dagli anni ottanta. Mi ha chiamato perché era interessato a creare un gruppo per scrivere storie inedite del Grande Blek, ma non avevo proprio tempo. Però gli ho dato una mano a convincere Della Monica e Di Vitto a lavorarci e per questo, bontà sua, mi ha chiesto di disegnare le copertine. Gli ho detto di sì perché il Grande Blek è un personaggio totem della mia infanzia e mi ci sono tuffato molto, molto volentieri.

Studi dei personaggi del Bis

Copertine per Lo Sconosciuto, copertine per il Grande Blek, cos’altro hai disegnato?

La copertina dell'edizione serba di Golnor.

Prende dalla libreria un volume cartonato ancora nel cellophane e lo apre.

Questa edizione ha un formato un po’ più grande e una carta di qualità che rendono giustizia alle tavole, ma soprattutto c’è un dettaglio non di poco conto: mancano i riassunti che tagliano le prime tavole come negli albi italiani. L’editore serbo mi ha contattato per sistemare questa cosa, così gli ho mandato la scansione delle tavole originali. Poi mi chiesto anche di completare con una striscia finale l’ultima pagina degli albi per togliere il lancio del numero successivo e siccome i tempi erano stretti non ho coinvolto Mignacco: me le sono scritte e me le sono disegnate. Alla fine questa edizione in volume è molto vicina a come l’avevamo concepita io e Mignacco.

Suggerimenti per Piccinelli per la copertina del Bis

Speriamo di vedere una pubblicazione analoga anche in Italia. La storia di Golnor ha ricevuto critiche molto lusinghiere per quanto riguarda i tuoi disegni, la storia di Mignacco ha scontentato qualcuno.

Luigi Mignacco ha scritto una storia pensando a lettori zagoriani poco avvezzi al fantasy e utilizzando stilemi tipici: le ambientazioni, gli elfi, gli orchi. Ma c’è una parte di lettori onnivori che il fantasy lo conoscono bene, magari leggono anche Dragonero, e inevitabilmente a loro questa storia sarà parsa un po’ “scontata” tra virgolette. Poi c’è il precedente di Sclavi e Donatelli, in cui i personaggi erano, se vogliamo, ancora più schematici. Io, che sono un vecchio lettore di fantasy, ho cercato di fare del mio meglio per divertire il lettore mettendo il giusto pathos nella vicenda, drammatizzando alcuni passaggi, ma non è semplice quando ci sono dei precedenti che condizionano. Tendo sempre a rispettare il lavoro di chi è venuto prima. Non so se qualcuno l’ha notato ma nell’ultima tavola ho messo una piccola dedica a Frank Donatelli.

Ringraziamo Giuliano per questa chiacchierata e per averci consentito di sbirciare i suoi prossimi lavori.