sabato 20 aprile 2019

Zagor, tra illusionisti e illusioni… (Speciale Zagor n. 31 + Zagor Gigante 642/645)


 Tra la fine di marzo e i primi di aprile in edicola sono apparsi il trentunesimo speciale zagoriano e la parte finale dell’avventura in svolgimento sulla serie regolare iniziata nel mese di gennaio. Per quanto si tratti di due storie completamente diverse tra di loro, devo confessare che ho notato un elemento che le accomuna… ma di questo ne parlerò alla fine!
Per ora procediamo con le recensioni…


IL LIBRO DELLE OMBRE

Svegliatisi nella stanza di un saloon, in una cittadina sconosciuta, senza più ricordare chi siano né cosa sia loro successo, Zagor e Cico vengono accusati di un duplice omicidio.
Con l’aiuto di Cheveyo, vecchio stregone indiano ubriacone e caduto in disgrazia, dovranno ricostruire i recenti eventi per recuperare le loro identità, scoprendo così che, prima di perdere la memoria, stavano investigando su un misterioso attacco a un trasporto, del quale erano stati accusati degli innocenti Chippewa.
Sulle tracce dei colpevoli si ritroveranno ad affrontare i letali incantesimi richiamati dall’Oltremondo dal Grande Castaldo!

Storia che inizia in medias res e che sin da subito spiazza positivamente il lettore: Zagor Cico hanno perso la memoria! È la prima volta che accade (a quanto io ricordi, o forse ho perso la memoria anch’io?) e le prospettive che si aprono sono accattivanti: come faranno i due a gestire la situazione? Collaboreranno o ognuno procederà per la sua strada? Faranno lo sforzo di conoscersi reciprocamente o le loro differenze di carattere finiranno per farli litigare? Per non parlare del modo in cui riusciranno a venire a capo della loro amnesia… Insomma, a mio parere si prospettava davvero una storia interessantissima… Però, invece, quelli che sembravano essere i presupposti iniziali e lo spunto trainante della storia si dissolvono nel giro di poco, e con una serie di flashback viene spiegato il mistero dell’amnesia. E a questo punto la storia si incanala in un alveo narrativo sì scorrevole, sì ben scritto, ma altrettanto scontato: demoni, possessioni, grimori, antiche dimore, un vecchio stregone reietto che ritrova i suoi poteri e uno scopo per utilizzarli… Sia chiaro, ripeto, la storia è a mio parere ben scritta e si legge d’un fiato, nonostante il fatto che la sceneggiatura “ad incastro” tra i già citati flashback e le indagini avviate da Zagor per rintracciare il responsabile degli omicidi e della sua amnesia avrebbe potuto rischiare di rallentare il ritmo della narrazione. No certo, perché Mirko Perniola è un ottimo e “navigato” (nel senso migliore del termine) sceneggiatore e conosce bene il suo mestiere. Inoltre, v’è da dire che i bei disegni di Fabrizio Russo (qui alla sua seconda prova zagoriana e strepitoso nei primi piani e nelle espressioni dei personaggi) mi hanno invogliano alla lettura. Tuttavia, alla fine, mi è rimasto un non ben definito senso di incompiuto… come se non avessi afferrato appieno quali fossero le motivazioni dell’agire del protagonista/avversario: il Grande Castaldo. La cosa strana è che queste mi si sono “magicamente” (è proprio il caso di dirlo, data la natura di questa storia) manifestate quando ho letto la conclusione dell’avventura della serie mensile, vale a dire…


IL PUEBLO MISTERIOSO

Una studiosa dell’Università di Harvard, Julia Schulz, animata da un forte senso di rivalsa, ha organizzato un finto attacco di predoni a una spedizione archeologica nei deserti del sud-ovest, partita alla ricerca del Pueblo di Teon.
Lì sarebbe stato nascosto un carico di papiri della biblioteca di Alessandria, trasportato in quel luogo nell’antichità (in seguito a varie traversie) per iniziativa della filosofa Ipazia, che voleva metterli al riparo dai tumulti religiosi della sua poca. Risultando la sola sopravvissuta alla strage dei suoi colleghi, Miss Schulz vuol farsi accreditare come l’unica depositaria della scoperta. Tuttavia, un altro professore, Angus McFly, è scampato: la donna lo fa prigioniero pensando che possa esserle utile nella decifrazione delle epigrafi in greco.
Zagor e Cico cercano di liberarlo combattendo contro i bianchi e gli indiani assoldati da Julia. Giunta con gli uomini della sua scorta fino al pueblo, Miss Schulz scopre che i papiri sono protetti da micidiali trabocchetti ma grazie all’aiuto del professor McFly riesce ad entrare nella camera dei papiri.
Zagor nel frattempo si è liberato di tutti gli indiani e anche degli uomini bianchi della scorta che intendevano uccidere Miss Shultz per impossessarsi dei papiri e venderli al miglior offerente.
Julia, visti sfumare i suoi “sogni di gloria”, si sucida gettandosi nel vuoto. I papiri vanno irrimediabilmente perduti sbriciolandosi fra le mani di McFly a causa delle muffe e dei batteri che nel corso dei secoli li hanno aggrediti…


Bella avventura di ambientazione western, complessivamente di piacevole e scorrevole lettura, ben distribuita lungo i quattro albi su cui è pubblicata e con uno Zagor sempre protagonista, coraggioso, intelligente, pienamente centrato nel suo ruolo.
Avventura western, dicevo, da intendersi però non nel senso pienamente classico del termine, giacché troviamo anche la contaminazione di altri elementi quali la base di Altrove e il resoconto dell’Agente Raven, e i riferimenti storici (o pseudo tali) che danno impulso alla vicenda (forse un po’ troppo dettagliati e didascalici, soprattutto nel primo e secondo albo, ma inevitabili dato che a Moreno Burattini, come sappiamo, piace sovente dare conto dei dati precisi sui quali basa una sua storia).
Storia abbellita dall’ottimo lavoro di Bane Kerac (anche lui qui, come Fabrizio Russo sullo Speciale, alla sua seconda prova zagoriana), bravissimo nella resa spettacolare dell’ambientazione del sud-ovest americano e ricco di dettagli in ogni sua tavola. In particolare reputo belle, dinamiche e iconiche alcune vignette e inquadrature che voglio puntualmente segnalare: dal n. 642: la quinta di pag. 41 e la prima di pag. 83; dal n. 643: la terza di pag. 59 e l’intera pag. 81; dal n. 644: la terza di pag. 8, la terza di pag. 25, la quinta di pag. 49, la terza di pag. 56 e 58 e la prima di pag. 67.
Ho anche apprezzato come Kerac abbia riprodotto i due personaggi femminili della storia: affascinante quello di Ipazia e sexy quello di Julia (vedi in particolare la terza vignetta di pag. 44 e la quinta di pag. 62 del n. 643; l’intera pagina 39 del n. 644).
Unico neo, ma non di poco conto, il volto di Zagor che proprio non riesce a convincermi… qui Kerac deve a mio parere ancora migliorare.
Tornando alla storia, se è intrigante il parallelo che l’autore ci propone tra la figura di Ipazia e quella della professoressa Schulz, ho trovato un po’ azzardato il fatto che una studiosa di storia, per ambizione e moto di rivalsa, si trasformi improvvisamente in una donna capace di mettersi a capo di una banda di malviventi e pianificare il massacro dei suoi colleghi, arrivando persino ad essere disposta ad uccidere in prima persona!
Comunque sia, sorvolato questo particolare, il personaggio di Julia è sicuramente ben caratterizzato: dura, decisa, consapevole della sua femminilità. E il suo gesto finale e inatteso è perfettamente coerente con le altre caratteristiche di cui Burattini l’ha dotata.


Un personaggio che invece mi ha lasciato interdetto è quello del professor McFly: ritratto con un paio di baffoni da guerrillero messicano e con una faccia così patibolare che da un momento all’altro mi aspettavo che si rivelasse essere uno dei “cattivi” della vicenda… in particolare, a causa del comportamento tenuto nell’ultima vignetta di pag. 11 (del n. 643) e nelle 3 o 4 pagine seguenti, nella quali sembra quasi che abbia qualcosa da nascondere o che faccia di tutto per rallentare la marcia di Zagor e Cico… invece, niente di tutto questo. In realtà, devo confessare che ha attirato da subito le mie antipatie quando ha pronunciato questa frase: “Ogni esaltato religioso crede che la vera fede sia la propria”. Innanzitutto mi domando che genere di “fede” possa possedere una persona che ritenesse che la fede in cui crede non sia quella “vera”… probabilmente solo un individuo che abbracci come suo modus vivendi il relativismo (culturale, etico o morale)… ma allora non sarebbe un vero “credente”! E poi, non sta scritto da nessuna parte che chi possiede una qualsiasi “fede”, nella quale crede fermamente ritenendola - appunto - “vera”, debba di conseguenza essere anche un “esaltato religioso”… A me, ad esempio, la Provvidenza a fatto dono della fede cattolica, che io ritengo senza dubbio alcuno essere la “vera e unica fede”, ma non penso che nessuno che mi conosca personalmente possa affermare di avere davanti un esaltato! Comunque, per chiudere, su argomenti come questo sia io che Moreno sappiamo di non pensarla esattamente allo stesso modo… ma ci vogliamo bene lo stesso!
In merito a questa storia, concludo segnalando una curiosità presente a pag. 16 del n. 643. Nello studio della Schulz troviamo degli “strani” titoli per i volumi presenti sugli scaffali della libreria: Gallieno Ferri, Tonino Liberatore, Aurelio Galleppini, Giovanni Ticci, Renzo Calegari, Giorgio Terenghi, Malizia di Laura Antonelli (con la citazione palese della vignetta stessa, identica al manifesto del film), Giornalino 1-10, Lancio Story, Storia del west, L'uomo mascherato, Mario Uggeri, Gino D’Antonio ultimate collection, Bruno Brindisi, Ferdinando Taccon, Virgilio Muzzi, Arturo Del Castillo, Thor, Moreno Burattini… e altri che non ho decifrato.
Non sono ancora riuscito a decidere se considerare questa una trovata simpatica e divertente, o una bonaria “presa in giro” del lettore…

CONCLUSIONE
Orbene, direte voi, quale sarà mai l’elemento comune e i parallelismi che il nostro Baltorr ha trovato nelle due storie sopra commentate?
Un indizio lo potete trovare nel titolo del post: illusionisti e illusioni…

Quali sono le motivazioni dell’agire di Fred Wood, alias il Grande Castaldo?
Risposta: il desiderio di fama e notorietà!
Desiderio così coinvolgente che lo ha portato ad “ospitare” nella sua anima un demone dell’Oltremondo e ad uccidere altri esseri umani per soddisfare la sua sete di fama e notorietà grazie all’esibizione nel Grand Theatre di Boston.
Cosa rimane alla fine dell’illusionista che ha voluto seguire questa illusione?
Solo polvere e cenere.

Quali sono le motivazioni dell’agire di Julia Shultz?
Risposta: il desiderio di fama, notorietà e rivalsa!
Desiderio così coinvolgente che l’ha portata ad “ospitare” nella sua anima il demone del crimine e ad uccidere altri esseri umani per soddisfare la sua sete di fama, notorietà e rivalsa nei confronti del mondo accademico mediante il ritrovamento dei papiri di Ipazia.
Cosa rimane alla fine della sapiente studiosa che ha voluto seguire questa illusione?
Solo polvere e ossa calcinate dal sole.
E cosa è rimasto, alla fine della storia, dei papiri della biblioteca di Alessandria e di tutta la “sapienza” in essi contenuta? Solo polvere. Nient’altro che polvere.


Fama e sapienza…
Vanità delle vanità, tutto è vanità”, dice il Qoèlet.
O quam cito transit gloria mundi (“Oh, quanto rapidamente passa la gloria di questo mondo”), troviamo scritto nell’Imitazione di Cristo.
Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli”, troviamo scritto nel Vangelo secondo Matteo.
Ah, già, ma queste sono solo cose da esaltati…