martedì 15 ottobre 2024

Il Fante di Picche (Zagor Classic 64)

È uscito in edicola il secondo volume del nuovo corso della collana Zagor Classic: periodicità trimestrale, un’unica storia completa in perfetta sequenza cronologica, senza più numero progressivo riportato sul dorso (ma solo in seconda di copertina).

Anche questa volta le pagine sono complessivamente 144, tutte dedicate alla storia (quindi senza frontespizi o pagine aggiuntive dedicate alla galleria delle cover, come nel numero precedente). L’introduzione di Moreno Burattini è presente in seconda di copertina.

L’avventura contenuta nell’albo è quella apparsa sui nn. 97/99 della Collana Zenith Gigante (corrispondenti ai nn. 46/48 della Collana Zagor Gigante) dei mesi di aprile, maggio e giugno 1969.

Dopo il ritorno di Hellingen apparso sui numeri 90/92, questa è la seconda storia zagoriana a non essere apparsa originariamente nella serie a striscia della Collana Lampo ma ad essere stata prodotta e pubblicata appositamente sulla serie Zenith Gigante e, pertanto, risulta inserita solo in un secondo momento nel viaggio di ritorno di Zagor e Cico a Darkwood, dopo le vicende vissute a bordo della Strega Rossa, con i Seminoles di Manetola e l’incontro con il cherokee Satko.

Il soggetto e la sceneggiatura sono di Guido Nolitta (Sergio Bonelli) e i disegni di Gallieno Ferri.

I nostri due eroi giungono nella cittadina di Corbin, nel cuore del Kentucky, dove incontrano un vecchio amico di Zagor, il tagliaboschi Mesevic. Corbin è purtroppo anche il luogo dove opera un misterioso bandito che, grazie alla sua abilità nel travestimento, sembra inafferrabile. Dopo ogni furto, lascia sempre una carta da gioco: ecco perché lo chiamano “Il Fante di Picche”.

Zagor viene suo malgrado coinvolto nella caccia a questo criminale e, alla fine, riuscirà ad averne ragione, ma solo dopo che il suo avversario avrà seminato una vera e propria pista di sangue...

Nonostante questa sia, notoriamente, una delle storie che meno piacevano a Sergio Bonelli (in più di un’occasione dichiarò che non ne andava fiero e che, se avesse potuto tornare indietro, non l’avrebbe mai scritta). È vero, non ha quegli elementi di “denuncia sociale” della situazione dei pellerossa come nelle storie di Manetola e Satko, ma a me è sempre piaciuta.

La storia scorre fluida, il villain trasformista è abbastanza originale (con travestimenti da uomo qualunque ma con un animo davvero spietato), molto ben bilanciata è l’alternanza dei momenti drammatici (come la morte del povero Mesevic, che mi colpì molto quando la lessi da ragazzino) con quelli esilaranti che stemperano la tensione (le interazioni tra Cico e lo sceriffo, il marito fedifrago che viene scambiato per il Fante di Picche).

Entrambe le copertine degli albi originali dedicate alla storia (nn. 98 e 99) sono molto belle; la prima delle due viene utilizzata anche per questa edizione: non è una cover “descrittiva” (cioè che richiama uno dei momenti dell’avventura) ma evocativa di una minaccia (la carta da gioco) che incombe sull’eroe, e mi ha sempre affascinato.

Appuntamento, ora, al 14 gennaio con la storia completa, lunga ben 160 pagine, dedicata a “L’uomo lupo”, una delle mie preferite!