Drunky Duck, il postino di Darkwood, è stato incaricato di recapitare a una donna di nome Deborah una misteriosa lettera, che a quanto pare interessa a una banda di uomini senza scrupoli, decisi a impadronirsene.
Zagor e Cico, giunti in soccorso del loro amico indiano, scoprono che dentro la busta a lui affidata c’è un messaggio in codice, cifrato secondo uno dei metodi descritti nel Cinquecento dal monaco esoterista Giovanni Tritemio, detto l’Abate Nero.
Inseguiti dai banditi, i nostri amici riescono a raggiungere la destinataria della missiva, e scoprono che…
La storia sceneggiata da Moreno Burattini mi è piaciuta: ambientata a Darkwood, tra boschi e villaggi, con un mistero da risolvere e uno Zagor tutto d’un pezzo nel suo modo d’agire.
Bella la gag di Cico all’inizio dell’avventura e positivo l’utilizzo delle storiche sabbie mobili attorno al rifugio nella palude per intrappolare alcuni dei farabutti di turno.
Il mistero del motivo per cui questi ultimi si accaniscono contro Drunky Duck si infittisce col procedere della narrazione, dal racconto dellla consegna della lettera da parte di O’Malley alla scoperta al suo interno di un misterioso cifrario riconducibile all’opera dell’abate benedettino Johannes Trithemius.
Costui è un personaggio realmente esistito: esoterista, storico, scrittore, lessicografo, astrologo, umanista, crittografo e occultista, è vissuto a cavallo tra il 1400 e il 1500. Un personaggio quindi apparentemente inquietante, famoso per il suo trattato esoterico “Steganographia” (termine composto dalle parole greche steganos (coperto) e grafia (scrittura)), che si proponeva di poter inviare messaggi tramite l’uso di linguaggi magici, sistemi di apprendimento accelerato e senza l’utilizzo di simboli o messaggeri.
Alla fine, però, scopriremo che gli elementi occultistici non c’entrano nulla con la vicenda – e conoscendo Moreno, che avversa tutto ciò che è superstizioso e soprannaturale, la cosa non mi ha affatto sorpreso… Il mistero si risolve in qualcosa di più “concreto”: il denaro e l’avidità di chi vorrebbe impossessarsene! Ma anche in questo caso, non si tratta banalmente di un bottino nascosto (come credevano i malfattori) bensì del valore, intrinseco ed estrinseco, dell’antico libro posseduto da Deborah.
Ottimamente utilizzato il comprimario Drunky Duck, personaggio dalla matrice comica solitamente impiegato per allentare la tensione nel corso delle avventure, ora invece sviscerato in chiave realistica e drammatica. Interessante l’approfondimento sul suo passato e sul motivo per cui sia diventato il postino ubriacone che tutti noi conosciamo...
La storia è impreziosita dall’eccellente lavoro di Bane Kerac (qui alla sua terza prova zagoriana dopo Il passato di “Guitar” Jim e Il pueblo misterioso; lo rivedremo probabilmente all’opera nella prossima trasferta in Europa sull’avventura ambientata nei Balcani), con disegni molto fedeli al modello classico zagoriano, bravissimo nella resa dell’ambientazione (la sua Darkwood assomiglia davvero a una giungla ricca di chiaroscuri nella quale un tarzanide come Zagor volteggia di ramo in ramo) e prodigo di dettagli in ogni sua tavola. Il volto di Zagor è sicuramente migliorato rispetto alla sua ultima prova.
In conclusione, ci tengo a segnalare due simpatiche vignette alle pagine 35 e 37 dove l’artista ha rappresentato alcuni personaggi western da lui amati in gioventù.
Nella vignetta qui sopra vediamo raffigurati in primo piano a sinistra Red Dust (il personaggio del fumettista belga Hermann della serie Comanche) e a destra Larrigan (davanti a una bottiglia di whisky che porta il suo nome, unitamente a quello del suo disegnatore cileno Arturo Del Castillo).
In quest’altra vignetta, invece, vediamo raffigurato il stesso Kerac (è l’uomo che alza gli occhi al cielo), mentre i due che parlano con lui al bar sono i suoi figli; accanto a loro, sulla destra, troviamo raffigurato (probabilmente) il personaggio di Kansas Kid del disegnatore Carlo Cossio.
Da ultimo segnalo anche l’omaggio, nelle pagine da 81 a 83, nei confronti di un Dylan Dog e un Groucho “vecchietti” nei panni dei due personaggi litigiosi che discutono sui ristoranti della cittadina di Katoma.
Devo dire che ho apprezzato molto questi inside joke, e probabilmente ce ne sono anche altri che a me sono sfuggiti. Se qualcuno di voi li avesse scovati, fatemelo sapere.
Alla prossima!!!
Quest’anno I due Color di Zagor mi hanno profondamente deluso, scusi se sono diretto. Non sono prevenuto nel volere attaccare per partito preso, ma giudico ciò che ho letto. Quello estivo è stato piatto dall’inizio alla fine, e dopo averlo concluso non mi ha lasciato nè gioia nè dolore, ovvero un bel niente. Purtroppo la cosa si è rivelata essere, almeno in parte, compresa nel Color invernale. L’azione c’è stata, senza alcun dubbio, ma si viene a scoprire che tutto ciò che doveva valere così tanto non era questa gran cosa. E poi è stata una rivelazione fin troppo frettolosa, e fin troppo frettolosamente intuita da Zagor che in una vignetta ha racchiuso la soluzione di tutto l’enigma. Spero che il prossimo anno, quando festeggerà 60 anni, possano esserci dei Color all’altezza dell’occasione, ed anche quelli successivi. Ho notato, poi, in una piccola postilla che intendo mettere qui ed ora, che alla conclusione dell’avventura ci sia un velato messaggio rivolto ai collezionisti accaniti, che fanno di solito di tutto e di più, spendendo somme non indifferenti, per cose che in fondo hanno un originale valore inferiore a quello che viene pagato. Mi piacerebbe sapere se quest'ultima sia stata una cosa voluta oppure è stata solo una mia personale impressione? Lo chiedo al curatore del Blog così come al curatore della collana, con opinioni in proposito.
RispondiEliminaPersonalmente posso risponderti che ho interpretato la cosa come il fatto che il valore di un oggetto è intrinseco e non per forza suscettibile di monetizzazione... vediamo cosa risponderà Moreno (ho inserito la tua domanda nella 31esima serie).
EliminaGrande Baltor.. Sempre molto preciso...piacevole leggere il tuo commento... Grazie
RispondiEliminaGrazie a te!
Elimina