mercoledì 10 giugno 2015

Zagor Collezione Storica a Colori: Bufera sulle Green Mountains (ZCSC174)




        Il centosettantaquattresimo numero in edicola oggi contiene la conclusione dell’avventura di Zagor a Derford, nonché la prima parte della storia “Neve rossa.


GIUSTIZIA SOMMARIA

Zagor, Cico e il loro amico Fosbury si trovano a passare per Derford, un piccolo centro del Vermont, dove si trovano costretti ad ingaggiare battaglia con la gente del luogo per impedire il linciaggio di Margit Veszi, una donna accusata di stregoneria, finendo per essere assediati nella casa della presunta strega. La povera Margit, un’immigrata vedova ungherese, è emarginata dalla comunità che la considera una fattucchiera e le attribuisce la scomparsa di ben cinque bambini!
Zagor, facendo leva su qualche residuo di ragionevolezza, riesce a ottenere una sospensione del linciaggio già in atto. Trentasei ore. Un breve lasso di tempo per salvare la povera Margit dal supplizio e risolvere il mistero dei bambini scomparsi.
L’unico indizio in possesso dello Spirito con la Scure è che la scomparsa del primo bambino, Sean Ross, potrebbe essere opera dei Tuscarora; parte quindi alla volta del villaggio indiano. Ma appena si allontana, la scoperta del teschio di un bambino nella casa della vedova ungherese eccita ancor più gli animi dei cittadini di Derford che catturano Cico, Fosbury e Margit con l’intenzione di bruciare viva quest’ultima.
Nel frattempo Zagor, dopo aver parlato con i Tuscarora testimoni della morte del piccolo Sean Ross, scopre quale sia la triste verità: è proprio la madre di Sean, Evelyn, anch’essa vedova, ad avere rapito i fanciulli dopo la morte del figlio.
Fortunatamente i bambini stanno bene e Zagor riesce tempestivamente a salvare dal rogo l’innocente Margit e ad impedire che la gente di Derford si macchi di un orribile delitto.

Una storia più breve del consueto (quasi un fill-in) ma comunque dotata di un intreccio molto solido; il mistero sulla vera natura della donna ungherese (sarà o no una strega?) e sulla sorte dei piccoli scomparsi tiene il lettore incollato alle pagine dall’inizio alla fine.
La vicenda si snoda senza pause, con continui colpi di scena, e Moreno Burattini è abile nel disseminare piccoli indizi che possono permettere di giungere alla soluzione del mistero ma che si comprendono solo alla fine.
Anche la caratterizzazione psicologica dei comprimari è molto riuscita, soprattutto quella dei due personaggi femminili principali (Margit e Evelyn) e dell’amico Fosbury: non accettano passivamente gli eventi ma li determinano, grazie ad una gestione degli stessi calibrata sulle loro specifiche caratteristiche.
Nel finale, positivo e amaro nel contempo, Burattini non si lascia sfuggire l’occasione per ricavare una morale sulla non accettazione del “diverso” (il medesimo tema lo aveva trattato solo qualche mese prima nella storia dell’alieno Warzak) e sulla possibilità di ravvedimento dell’uomo.
Quanto ai disegni, D’Arcangelo – pur con qualche incertezza – raffigura ottimamente sia gli ambienti che i personaggi, in particolare Cico e i guerrieri indiani.

Per concludere, riporto qui di seguito il soggetto originale di Moreno Burattini relativo a questa storia. I cambiamenti di nomi e di situazioni sono dovuti alle scelte diverse operate successivamente in fase di sceneggiatura.

CACCIA ALLA STREGA

Soggetto per Zagor
di Moreno Burattini

Derry è un piccolo borgo cresciuto in pochi anni grazie al continuo afflusso di pionieri in cerca di nuove terre. La sua popolazione è eterogenea: famiglie giunte da ogni nazione europea con i flussi migratori che continuavano a trasferire gente in cerca di fortuna dal Vecchio Continente al Nuovo Mondo. Come accadeva in molti nuclei abitati di recente formazione, l’amministrazione statale non aveva ancora provveduto a crearvi le sue strutture periferiche: niente sindaco, niente telegrafo, niente sceriffo, almeno per il momento. I coloni di Derry si amministrano da soli, con assemblee pubbliche spesso dominate dall’irrazionalità.

Quando Zagor e Cico vi giungono per caso, una di queste assemblee è in corso: i più facinorosi tra i coloni stanno incitando la popolazione al linciaggio. Infatti, quattro o cinque bambini di Derry, nei precedenti mesi, sono scomparsi: l’ultimo rapimento è avvenuto il giorno prima. I sospetti di tutti sono puntati su una donna di origine ungherese (chiamata Margit Veszi) che vive in una capanna fuori paese, accusata di essere una strega. La donna avrebbe rapito i piccoli utilizzandoli come vittime per le sue oscure pratiche negromantiche e le sue messe nere col demonio.

Le famiglie dei piccoli scomparsi sono disperate, e i padri fomentano l’odio della gente contro la presunta strega. Una delle madri private del bambino, che chiameremo Shirley, non ha marito (è vedova): è la prima a cui è scomparso il figlio. È l’unica che assiste alla scena restando muta, come impietrita. Zagor la nota, e la giudica positivamente per come viva il suo dolore con dignità, in silenzio, senza incitare alla vendetta.

La gente di Derry decide di mettere la strega al rogo. C’è soltanto uno degli abitanti, tale Fosbury, che si oppone a questo tipo di processo sommario: lui la conosce e la ritiene un tipo strano, è vero, ma incapace di fare del male. I sostenitori dell’accusa però prendono il sopravvento, picchiano Fosbury per metterlo a tacere e si dirigono verso la casa della presunta strega per ucciderla.

Zagor interviene per evitare il linciaggio, e ci riesce solo asserragliandosi con Fosbury e Cico all’interno della casa di Margit Veszi: da lì minacciano con le armi chiunque tenti di avvicinarsi con torce e forconi. Zagor perquisisce la casa, trovando oggetti a dir poco inquietanti: libri con simboli strani, accessori di magia nera, resti carbonizzati di animali. In più la Margit Veszi non collabora: sembra essere fuori di testa, pronuncia discorsi dal senso ambiguo, pieni di oscuri riferimenti e preoccupanti minacce. Si potrebbe sospettare che sia davvero una strega!

Fosbury continua a sostenere che la donna è così strana perché ha subito numerosi shock: non ha mai accettato il trasferimento dalla sua terra natale al Nuovo Mondo, ha visto morire i genitori, eccetera. Gli indizi di pratiche negromantiche non dovevano confondere le idee: facevano parte della cultura originaria della donna, là in Ungheria, patria di molti zingari, certe cose sono comuni. Fosbury abita in una fattoria poco lontano e sua moglie ha spesso cercato di allacciare contatti con la povera donna sola e spaventata in un mondo ostile, e a volte c’è riuscita, vincendo la sua diffidenza, la difficoltà della lingua, il suo carattere scontroso.

La presunta strega, all’improvviso, cade come in trance e comincia a snocciolare frasi dal senso oscuro, ma che potrebbero essere indizi per ritrovare i bambini scomparsi. Il pericolo del linciaggio ha acuiti i sensi medianici che la donna possiede davvero. Non ha grandi poteri che vadano al di là di una vaga telepatia, ma fornisce a Zagor delle indicazioni per cominciare un’indagine. Zagor parla agli abitanti di Derry: loro sono certo in gran numero e riusciranno prima o poi a catturare la donna, però in molti cadranno uccisi prima di riuscirci. Per evitare spargimenti di sangue, Zagor chiede un giorno di tempo per svolgere delle indagini e trovare i bambini scomparsi: se la sua inchiesta non darà frutti, la presunta strega sarà consegnata a chi la vuole uccidere. Gli abitanti di Derry che assediano la casa accettano. Fosbury e Cico restano a presidiare la costruzione, Zagor parte alla ricerca di indizi.

Intanto, attorno alla capanna, gli abitanti di Derry che stringono l’assedio sono molto nervosi e qualcuno comincia a chiedersi perché attendere il ritorno di Zagor, dato che non ci sono dubbi sul fatto che l’ungherese sia la strega responsabile della scomparsa dei bambini. All’interno della costruzione, la donna, con gli occhi spiritati, fa strani riti magici evidentemente rivolti a danno degli assedianti. Cico guarda spaventato gli uomini fuori e la donna dentro e si chiede di chi debba avere più paura.

Le indagini di Zagor portano intanto sulle tracce di una banda di indiani: dalle oscure parole di Margit non si capisce che cosa c’entrino, ma potrebbero essere stati loro a rapire i bambini (a volte succedeva che i pellerossa lo facessero, o per farne schiavi, o per adottare dei figli dato che le tribù si spopolavano). Affrontati gli indiani (con uno scontro fisico, dato che i pellerossa, per un malinteso, non vogliono farsi avvicinare), Zagor riesce a interrogarli: costoro negano di sapere alcunché dei bambini scomparsi.

Però, all’improvviso, uno degli indiani ricorda agli altri (e tutti lo ricordano) un episodio che li vide protagonisti, ma in senso positivo. Una donna bianca con un bambino erano finiti nel fiume, loro erano intervenuti per salvarli. Erano riusciti a evitare il peggio solo per la madre, il figlioletto era annegato. La donna era sconvolta, fuori di sé. Loro l’avevano lasciata sola con il suo dolore, a stringersi al petto il piccolo ormai morto. Dalla descrizione degli indiani, la donna è riconoscibile come Shirley, la vedova vista da Zagor a Derry.

Se dunque il figlio di Shirley è morto annegato, perché la donna non l’ha detto? E che rapporto c’è fra questo fatto e la scomparsa degli altri piccoli? Zagor decide di raggiungere il più presto possibile la casa della vedova, che vive isolata in una fattoria fuori del paese. Là, trova la donna completamente impazzita, che lo accoglie a fucilate per impedirgli di avvicinarsi alla casa. Lo Spirito con la Scure, naturalmente, riesce ad aver ragione della vedova e scopre il bandolo della matassa. Shirley, il cui equilibrio mentale era stato seriamente compromesso dalla morte del marito, era impazzita di dolore alla perdita del figlio. Incapace di arrendersi di fronte a quest’ultima scomparsa, aveva rapito uno a uno quattro o cinque i figli degli altri abitanti di Derry, quasi per sostituire il proprio. I bambini erano tenuti prigionieri nella fattoria.

Zagor libera i bambini, che sono stati accuditi con ogni cura dalla folle, e li riporta verso Derry insieme a Shirley, che prima di lasciare la propria casa, tornata lucida per qualche minuto, si reca a piangere sul punto dove ha sepolto il figlioletto morto. Ma Zagor torna a Derry appena in tempo: prima che l’ultimatum sia scaduto, gli assedianti rompono gli indugi: assaltano la capanna, mettono fuori gioco Fosbury e Cico, si impossessano di Margit Veszi e, sempre più convinti che si tratti di una strega, la portano nella piazza principale del paese. Costruita una pira attorno alle sue gambe, le danno fuoco!

Zagor giunge in città con i bambini liberati proprio mentre la donna si contorce fra le prime fiamme lanciando maledizioni. Con orrore, Zagor balza sulla pira e la strappa al rogo mentre gli abiti già le prendono fuoco, gettandola in un abbeveratoio. Quindi, rabbioso, mostra a tutti i bambini ancora vivi, prova inequivocabile che l’ungherese non era una strega né era responsabile delle misteriose scomparse. Stavano per uccidere una innocente! L’odio cieco e irrazionale degli abitanti di Derry non è diverso dalla follia della donna che, privata del marito e del figlio, ha rapito i bambini altrui!

Restituiti alle loro famiglie i bambini portati in salvo, Zagor sale con Margit sul carro di Fosbury: la donna deve essere portata da un medico. Con loro prende posto anche la folle Shirley, vigilata da Cico. Il carro se ne va, lasciando Derry sgomenta a riflettere sull’accaduto.

* * *


NEVE ROSSA

Una banda di indiani guidata dal feroce Scure che Uccide massacra una famiglia di coloni sulle Green Mountains. Zagor e Cico, che stanno seguendo la scia di sangue lasciata dai pellerossa, soccorrono l’unico superstite dell’incursione e lo portano nella vicina cittadina di Cherry Town. Qui assistono al catastrofico arrivo del loro vecchio amico barone Icaro La Plume a bordo di una innovativa mongolfiera di sua invenzione, abbattuta proprio dagli indiani di Scure che Uccide che sono intenzionati a valicare le montagne seminando morte e distruzione.
Mentre imperversa una bufera di neve, giungono a Cherry Town anche tre sanguinari banditi, i fratelli Studd, anch’essi desiderosi di passare al di là delle Green Mountains nel tentativo di sfuggire agli uomini dello sceriffo Bristol. I fuorilegge rapiscono La Plume e lo costringono a far decollare la mongolfiera nonostante la bufera. L’aerostato, inevitabilmente, precipita sulle montagne.
Scure che Uccide e i suoi seguaci assistono alla caduta della mongolfiera e decidono di assalire gli uomini che erano a bordo; nel frattempo Zagor e Bristol uniscono le loro forze nella ricerca del barone e dei fuorilegge.
Lo scontro finale renderà la neve rossa di sangue, mentre la banda dei feroci pellerossa finirà sepolta da una valanga provocata proprio da Zagor.

Doppio debutto del soggettista Diego Paolucci (con sceneggiatura di Moreno Burattini) e del disegnatore Gianni Sedioli proveniente dallo staff della serie bonelliana di Jonathan Steele.
Il soggetto si distingue soprattutto per l’affascinante il luogo di ambientazione di questa storia, un piccolo villaggio di frontiera arroccato sulle montagne, in prossimità di un passo, che sta per essere investito da una violenta bufera di neve che incombe, angosciante e inarrestabile, sulle diverse vicende dei coprotagonisti: un terzetto di ladri e assassini, un gruppo di indiani fuggiaschi e pericolosi, e un pioniere del volo qual è Icaro La Plume, tutti personaggi ben gestiti dallo sceneggiatore nell’economia dell’avventura pur non trattandosi – ad eccezione del nostro barone -  di characters indimenticabili.
Gli avvenimenti si susseguono in modo molto serrato e la storia scorre veloce, con indiani e banditi egualmente pericolosi e Zagor impegnato ad affrontare entrambi i gruppi.
Il risultato della sinergia tra Paolucci e Burattini è quindi, a mio parere, sicuramente positivo.
Vorrei poi mettere l’accento su due aspetti particolari che, di primo acchito, potrebbero sfuggire: 1) è apprezzabile che Moreno Burattini abbia introdotto nella vicenda alcuni riferimenti che sottolineano la dimensione temporale in cui il fumetto è ambientato, in particolare attraverso i discorsi dei pellerossa che vogliono raggiungere i propri fratelli delle pianure che, a loro dire, vivono ancora liberi senza il giogo della civiltà dei bianchi (così come effettivamente era nel periodo storico intorno agli anni 1830-1840) e ciò nonostante nella serie vengano da sempre utilizzate e rappresentate graficamente dalle armi automatiche o dalle divise dell’esercito che sono tipiche di un periodo successivo (1870-1880); 2) il barone La Plume viene presentato con il look che aveva nella sua prima apparizione nella saga zagoriana e non con quello da aviatore che indossava nelle sue successive apparizioni (meno realistico, se vogliamo, da punto di vista storico), quasi che Burattini abbia voluto, per così dire, ritornare alle origini del personaggio, mettendo tuttavia in secondo piano l’aspetto umoristico di cui lo aveva dotato Nolitta.
In merito ai disegni di Gianni Sedioli v’è da dire che sono nella migliore tradizione grafica zagoriana, con tavole dinamiche, ricche di particolari e con un’efficace interpretazione dei personaggi principali. Di grande impatto, in particolare, le scene finali in mezzo alla tormenta.

All’osservazione di un forumista di SCLS che aveva notato un eccesso di spiegazioni da parte dello sceneggiatore, Moreno Burattini così rispondeva nel Marzo 2004:
È ovvio che a me non pare di esagerare nello spiegazionismo, altrimenti non lo farei. Io sono, di solito, infastidito dalle storie con i finali aperti in cui non si capisce come vada finire o dove tutto alla fine non è chiaro (sarà che sono della Vergine). Mi piace e mi rassicura trovare e fornire una spiegazione logica a tutto. Credo anche che se non cercassi di dimostrare, tramite qualche rapida spiegazione, che certe cose sono tutto sommato plausibili o che c’è un motivo per cui accade qualcosa o non accade, molti lettori o non capirebbero o si convincerebbero di leggere vicende che non stanno in piedi e magari getterebbero via l’albo indispettiti.
Continuo a ripetere che la consapevolezza dei lettori che frequentano questo forum (e Internet è un mezzo colto per discutere e approfondire gli argomenti) non ha niente a che vedere con l’approccio alla lettura della maggior parte del pubblico zagoriano, che è sicuramente più distratto e altrettanto sicuramente preferisce storie dalla decifrazione rilassante in cui tutto sia chiaro (anche se non banale).
La maggior parte delle correzioni che chiede Sergio Bonelli quando legge le storie va in questa direzione: semplificare la comprensione di quanto accade, nei testi e nei disegni. Di questo sono convinto anch’io: se capita qualcosa, si deve capire come e perché, i fatti devono rispondere a una logica narrativa, mai ci si dovrebbe soffermare a domandarsi il perché di qualcosa. Tuttavia, non è tutto qui.
Io so di dover far leggere la mia storia a dei lettori eccellenti, quali Decio Canzio e Sergio Bonelli. I quali, lo so per esperienza, riempiono i margini delle tavole in lettura con osservazioni puntuali e quasi sempre inappuntabili: perché costui si comporta così? Perché non fa così? Come si spiega questo fatto? Le osservazioni di Decio e Sergio rispondono, io credo, appunto al bisogno di prevenire le osservazioni dei lettori, che loro sono in grado di prevedere perché da decenni si trovano a farci i conti.
Il pubblico è sempre più esigente e se in passato le obiezioni venivano scritte su lettere più o meno piccate spedite in redazione, oggi alle lettere (che continuano ad arrivare e c’è perfino chi scrive contestando come Sedioli ha disegnato le croci di legno delle tombe e fornendo uno schizzo su come quelle croci avrebbero dovuto essere costruite e quindi disegnate) si aggiungono i commenti sui forum e sui newsgroup. Il che crea il fenomeno del cane che si morde la coda: per prevenire le obiezioni dei lettori (o la loro mancata comprensione), Decio e Sergio fanno i loro appunti allo sceneggiatore non abbastanza chiaro, e lo sceneggiatore (io in particolare) per prevenire gli appunti di Decio e Sergio pecca di spiegazionismo in modo che gli si possa obiettare il meno possibile.
Ma ciò non basta, perché come viene qui dimostrato i lettori contestano anche lo spiegazionismo. Cercherò, cercheremo, di trovare la giusta via di mezzo, che accontenti tutti. E che tutti, invece, scontenterà”.

Anche Gianni Sedioli era intervenuto su questa sua prima storia zagoriana, scrivendo così:
Devo dire che il mio approccio al mondo di Zagor è stato facilitato dal tipo di ambientazione che dovevo rappresentare; prediligo, infatti, ambientazioni avventurose e spazi aperti e soffro invece terribilmente gli spazi chiusi e stretti (chi ha provato almeno una volta nella vita a disegnare sa cosa intendo).
Ho capito, dalla maggioranza dei commenti e dalle diverse correzioni di redazione, che il volto di Zagor deve essere il più vicino possibile al modello di Ferri, cosa che sto cercando di seguire il più possibile nella nuova storia che sto disegnando sempre scritta da Moreno.
Ringrazio anche quelli che invece hanno criticato il mio lavoro, quando una critica è motivata e costruttiva è per me sempre fonte di apprendimento”.

2 commenti:

  1. Molto ma molto interessante. Grazie delle spiegazioni (??) caro Baltorr, oggi direi Il Didattico....un abbraccio ...giovanni21

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  2. Due storie riempitivo in attesa dell' allora nuova trasferta. Le ricordavo per niente o quasi e mi sono divertito a riscoprirle. La prima in effetti per avendo uno svolgimento nella media, risulta comunque interessante dal punto di vista delle tematiche ed ha personaggi ben caratterizzati. Molto di routine la seconda con un primo albo più interessante rispetto al secondo tutta o quasi azione. Molto bella l' ambientazione innevata che a me piace molto. ^^ Curiosa questa ripresa in tono più serioso di La Plume.

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