Ultimamente, frequentando le varie fiere del fumetto o i raduni zagoriani, Marcello Mangiantini e Sefano Fantelli li trovi sempre “in coppia”, quasi fossero due fratelli.
In realtà questo loro comportamento è frutto di un’amicizia nata proprio dal loro lavoro insieme su Zagor, in particolare sulla storia “Il signore dei cimiteri” pubblicata nello Zagor Color n. 17 uscito in edicola nell’agosto dello scorso anno. I due autori hanno poi nuovamente lavorato insieme sul prossimo Zagor Special in uscita a marzo dal titolo “Il creatore di mostri” che presenterà il ritorno del Re di Darkwood alla Montagna degli Dei, ovvero l’Olimpo di Basileo, apparso per la prima volta in un’avventura di Tiziano Sclavi pubblicata negli anni ’80.
In occasione di questa prossima storia zagoriana da loro rispettivamente disegnata e sceneggiata ho pensato fosse cosa gradita a tutti gli appassionati chiedere la possibilità di intervistarli.
Con la loro consueta disponibilità, Marcello e Stefano hanno accettato di buon grado la mia richiesta e quello che segue ne è il risultato.
Inizio presentando delle loro brevi biografie autorali, in ordine rigorosamente anagrafico.
Marcello Mangiantini è nato a Pescia (PT) il 30 aprile 1971. Diplomato al Liceo artistico di Lucca, si avvicina al mondo del fumetto partecipando al concorso “Pierlambicchi” di Prato. Nel 1992 frequenta alcuni corsi e tre anni dopo entra a far parte dell’associazione Lucca Fumetto, attraverso la quale pubblica i suoi primi lavori. Tra il 1996 e il 2002 collabora con diversi sceneggiatori ed editori, dedicandosi sia al fumetto realistico sia a quello umoristico, e nel 2003 inizia a lavorare per Sergio Bonelli Editore entrando nello staff dei disegnatori di Zagor. In seguito disegna anche albi di Martin Mystère, Nathan Never, Dampyr e Dragonero, ma rimane saldamente ancorato allo Spirito con la Scure, per il quale ha disegnato ad oggi ben 20 storie.
Stefano Fantelli
è nato a Bologna il 30 maggio 1972. Scrittore e sceneggiatore, Active Member della Horror
Writers Association, è considerato uno dei principali e più originali
autori italiani contemporanei di genere dark e new weird. Ha pubblicato una
ventina di libri tra romanzi, raccolte di racconti e graphic novel con diversi
editori e più di cento racconti su riviste e antologie.
Creatore e sceneggiatore della serie El Brujo, co-creatore (con
il disegnatore Rossano Piccioni) e sceneggiatore delle serie a fumetti
splatter-punk The Cannibal Family e Blood Brothers,
ha collaborato a diverse testate, tra cui Splatter, L’Intrepido e Fumo
di China, e ha scritto le sceneggiature di tutta la nuova serie di Zora
la vampira. Attualmente scrive sceneggiature per Zagor e
per Dylan Dog (entrambe Sergio Bonelli Editore).
Stefano (alla sceneggiatura) e Marcello (ai disegni) hanno realizzato insieme anche la graphic novel Julian (Cut-Up Publishing) con Carlo Lucarelli che è l'autore del soggetto. Il volume sarà presentato in anteprima assoluta a Lucca Collezionando il 23 marzo 2024.
E adesso entriamo nel vivo dell’intervista! A tale proposito vi segnalo che le domande in colore rosso sono rivolte a Mangiantini, quelle in colore blu a Fantelli e quelle in colore verde ad entrambi.
D.: Caro Marcello, noi ci conosciamo da una quindicina d’anni e una volta mi hai confidato che la storia “I ribelli del Canada”, un’avventura di Tex pubblicata nel 1977, opera di Guido Nolitta e Fernando Fusco, ti ha letteralmente “segnato”: senza di essa, mi dicesti, non avresti disegnato fumetti. Vuoi raccontarci qualcosa di più?
R.M.: Sì, la storia “I ribelli del Canada” mi colpì molto per la vicenda davvero appassionante e alcuni personaggi veramente ben riusciti: il tenente Donovan, Big Bear, lo stralunato profeta ispirato a John Lennon, l’ambientazione canadese, i feroci e rocciosi pellerossa, l’epilogo entusiasmante, e naturalmente i disegni di Fusco, così personali, efficaci e senza fronzoli. L’ho letta, riletta e studiata non so quante volte, e probabilmente lì ho capito che anch’io avrei voluto realizzare qualcosa di tanto appassionante e coinvolgente.
D.: Caro Stefano, noi due invece ci conosciamo solo da un paio d’anni e non hai avuto molte occasioni per farmi confidenze… Però sappiamo che, oltre che sceneggiatore di fumetti, sei anche un romanziere. Vuoi allora “confidarci” che differenza passa tra lo scrivere un romanzo e invece sceneggiare un fumetto?
R.F.: Caro Marco, tra lo scrivere narrativa e scrivere sceneggiatura ci passa un fiume profondo e impetuoso, degno di Darkwood. E i lettori di Zagor hanno imparato che quando la corrente è così forte ci si può aspettare solo una cosa: le cascate! Ora abbandono la metafora del fiume in piena, che considero però quanto mai calzante, e mi spiego meglio. Sono due forme di scrittura (e di linguaggio) totalmente diverse. La sceneggiatura di fumetto è simile a quella cinematografica, con la differenza che, come dico sempre a chi segue i miei corsi e i miei stage, quando scrivi un fumetto sei anche un po’ il regista. Io poi sono particolarmente preciso e pignolo (e Marcello questo lo sa bene) e arrivo in alcuni casi a indicare al disegnatore persino da quale punto arriva la luce. Il fumetto è frutto della collaborazione di due persone, invece nella narrativa sei solo, scrivi con la porta chiusa. E passare da una forma all’altra è come fare un triplo salto mortale ogni volta, se non sei allenato a farlo. È per questo che anche se negli ultimi anni mi sono dedicato di più al fumetto però ho continuato a proseguire parallelamente anche l’attività di scrittore di narrativa. A me piacciono entrambe le forme di scrittura (in realtà adoro TUTTE le forme di scrittura, il teatro, la poesia, le canzoni, eccetera), ognuna ha le sue peculiarità.
D.: Domanda per entrambi: come siete riusciti a “varcare le porte” della Sergio Bonelli Editore?
R.M.: Sono entrato in Bonelli dopo una lunga gavetta e molta insistenza, lavorando nel frattempo con editori più piccoli e pubblicazioni occasionali, anche se piuttosto consistenti e probanti, spaziando tra la fantascienza, l’umoristico, lo storico, l’erotico e naturalmente il western, prima grande passione. Quando mi hanno affidato la prima storia di Zagor avevo quindi circa 500 tavole già pubblicate. Cosa piuttosto improbabile nel mondo del fumetto attuale. Comunque credo che alla fine, oltre alle mie qualità, abbia pagato molto anche la determinazione, la costanza ed una certa affidabilità professionale costruita nel tempo.
R.F.: Ho suonato al campanello, sai quello che c’è di fianco a quella porta mimetizzata nella parete (solo chi ha visitato la redazione può capirlo)? Ecco, ho suonato il campanello e mi hanno aperto. Che bufo (ora si ride!). Ma immagino che io debba a te e ai lettori una risposta seria... Nell’ormai lontano 2017, Moreno Burattini, il curatore e principale sceneggiatore di Zagor (come tutti i lettori sanno) mi ha proposto di scrivere una storia breve dello Spirito con la Scure, per “I racconti di Darkwood”. Ovviamente accettai subito e con esultanza, Zagor è stato sempre il mio eroe preferito fin da piccolo, ho iniziato a sfogliarlo quando ancora non sapevo neanche leggere, perché avendo un fratello di dieci anni più grande e un padre entrambi grandi appassionati e collezionisti sono cresciuto in mezzo ai fumetti, non solo Bonelli ma anche supereroi, Kriminal, Satanik, Sturmtruppen e tanti altri. All’epoca della proposta di Moreno avevo già scritto decine di albi di testate “underground” come El Brujo, The Cannibal Family, Blood Brothers, La Iena, Zora la Vampira, ecc... più parecchie storie “libere” per diverse riviste. Mi sono fatto quindi, come si dice, la mia bella gavetta. Credo che alla fine abbia vinto la mia determinazione e il mio pormi sempre con umiltà. Il mio obiettivo era quello di arrivare un giorno a scrivere per Zagor e per Dylan Dog, è sempre stato il mio sogno, ma non mi ero ancora mai proposto, avevo sempre rimandato e forse se non fosse arrivata la proposta di Moreno avrei rimandato ancora. Dopo quella prima storia breve, “Il confine”, disegnata da Luigi Coppola, Moreno che aveva letto alcuni miei libri a tema vudu mi ha detto: “Ma perché tu che sei un esperto della materia non scrivi una storia che veda il ritorno di Guedé Danseur?”. Non potevo credere che me lo avesse chiesto veramente perché la storia che vede la prima apparizione di Guedé, quella con gli zombi, scritta da Nolitta/Bonelli negli anni 70, era una delle mie preferite in assoluto da ragazzino. È stato un onore per me scrivere il ritorno di Guedé, oltre che un grandissimo piacere. E l’albo è stato molto ben accolto dai lettori.
D.: Numericamente, Marcello, le avventure di Zagor che hai disegnato sono di gran lunga superiori a quelle di altri personaggi bonelliani. Ciò è dovuto a fattori contingenti o perché lo Spirito con la Scure è il tuo preferito?
R.M.: Zagor è il personaggio che sento più congeniale al mio stile, e mi è piaciuto sin da subito. È capitato di fare gradite “escursioni” su altre testate un po’ per esigenze editoriali, un po’ per la mia velocità e credo anche per una certa versatilità di cui sono orgoglioso. D’altronde credo che approcciarsi in maniera professionale al fumetto comporti anche il fatto di poter affrontare ben più di un genere e di un personaggio, ed in effetti mi sono sempre molto divertito.
D.: Dicono che la gestione di un personaggio essenzialmente “comico” come Cico sia il vero banco di prova dello sceneggiatore zagoriano. Tu, Stefano, hai avuto qualche difficoltà in tal senso?
R.F.: Ma sai che sono contento che tu mi abbia fatto questa domanda? Perché so che alcuni sceneggiatori in passato non si sono trovati a loro agio nella gestione di Cico, che può essere un personaggio scomodo per uno sceneggiatore che non riesca ad entrare in sintonia con lui. Io amo scrivere di Cico, è la spalla perfetta per Zagor e mi permette di dire e fare cose che Zagor non farebbe mai, mi permette di dare sfogo al mio lato più ironico, ma allo stesso tempo Cico, a modo suo, è anche capace di atti di estremo eroismo, non dimentichiamoci che in molte storie di Nolitta è Cico a salvare Zagor e non il contrario. Cico è perfetto anche per sdrammatizzare scene che altrimenti risulterebbero troppo drammatiche. Come si può notare nel Color “Il signore dei cimiteri” e come leggerete nello Speciale “Il creatore di mostri” e in altre storie di prossima uscita, a me piace molto lasciare spazio al Piccolo Messicano dal Grande Ventre ma anche dal grande cuore. Lasciate fare a Cico.
D.: Domanda da un milione di dollari per entrambi: Moreno Burattini è un curatore severo?
R.M.: Moreno è un curatore attento, esigente su alcuni aspetti, ma ha il pregio di dare fiducia e libertà alle interpretazioni del disegnatore. Parlo almeno per me, ma credo valga anche per altri. Una volta capito che si può fidare di me, mi ha sempre dato molta autonomia di scelta. Poi naturalmente ci sono situazioni, talvolta ricorrenti e divertenti, dove fa valere la sua autorità. In particolare alcuni aspetti del mio disegno sui quali ci torniamo sopra sistematicamente da anni, e sui quali scherziamo pure. Generalmente comunque c’è sempre dialogo, confronto, e grande rispetto del lavoro
R.F.: Allora... Moreno Burattini è un curatore giusto. Dove per “giusto” si intende anche che sia “severo”. Mi aspetto che lo sia, che sia preciso e attento, che mi dica se qualcosa secondo lui non funziona. E in quel caso mi aspetto che abbia delle osservazioni da farmi e sarò ben lieto di accoglierle e di lavorarci su. Se un carabiniere ferma le auto a un posto di blocco mi aspetto che sia severo, per il suo bene e per il bene di tutti. Se io fossi un pugile (e lo sono stato) e Burattini fosse il mio allenatore mi aspetterei che fosse severo, altrimenti sarebbe un pessimo allenatore. Un curatore degno di questo nome è come l’Uomo Ragno (sì, “Uomo Ragno”, non “Spiderman”), nel senso che sa che da un grande potere deriva una grande responsabilità. Quello del curatore non è un lavoro facile né indolore. Da dieci anni a questa parte ho affiancato all’attività di autore anche quella di curatore e di editor per diverse case editrici (e per diversi autori, tra cui Alfredo Castelli, per il quale ho curato 9 libri), forse anche per questo riesco a capire meglio il lavoro di Moreno. Detto questo, ho un bellissimo rapporto con lui, basato soprattutto sulla stima reciproca.
D.: Mignacco, Burattini, Capone, Perniola, Zamberletti, Altariva, Contu, Secchi, Faraci, Bidetti, Fantelli, Adamo… Sono tanti gli sceneggiatori che hanno scritto le storie da te disegnate, Marcello. Sei riuscito ad entrare in sintonia con tutti loro o ce n’è qualcuno con cui senti delle particolari affinità? (Però non vale se rispondi Fantelli!!!)
R.M.: Con alcuni siamo anche cari amici. Generalmente ho lavorato bene con tutti, ed ho zagorianamente “battezzato” almeno quattro di loro. Se proprio devo fare un nome, ricordo di aver lavorato molto bene con Roberto Altariva. Era all’esordio, una storia a lunghi tratti claustrofobica, e ricordo con quale disinvoltura sorprendente si muoveva tra le pagine.
D.: Coppola e Mangiantini su Zagor, Dall’Agnol & Pontrelli su Dylan Dog… sino ad ora sono questi i disegnatori con i quali, Stefano, hai collaborato in Bonelli, almeno su albi già usciti nelle edicole. Ti è mai capitato che uno di loro ti suggerisse qualche variazione nella sceneggiatura dopo averla letta?
R.F.: In realtà ho già lavorato anche con altri, per esempio con Giuliano Piccininno e Stefano Di Vitto, giusto per citarne due, solo che queste storie non sono ancora state pubblicate. Non mi è mai capitato che uno di loro mi suggerisse qualche variazione nella sceneggiatura dopo averla letta. Se capitasse non mi offenderei, credo che una critica, se costruttiva, possa aiutare a migliorarsi. Ma umilmente, se capitasse, mi farei delle domande sulle mie capacità di autore. Se una sceneggiatura non funziona allora stai facendo il mestiere sbagliato. Se dopo aver scritto più di duemila tavole (conto ovviamente anche le testate a cui accennavo prima) io facessi ancora degli errori di sceneggiatura allora vorrebbe dire che c’è qualcosa che non va.
D.: Ci potete anticipare qualcosa su “Il creatore di mostri”, storia contenuta nello Zagor Special in uscita a fine marzo?
R.M.: A questa domanda risponderà sicuramente in modo più esauriente Stefano, ma posso dire che mi son trovato a disegnare situazioni e contesti completamente nuovi e particolarmente stimolanti, in pieno stile Darkwood, dove tutto può succedere. Sicuramente una storia che non passerà inosservata anche dal punto di vista grafico. Stefano ha avuto l’accortezza di mettermi a disposizione una doppia striscia, e addirittura una pagina intera quando la scena introduceva una nuova situazione emotivamente forte, e ne sono uscite delle pagine suggestive e di impatto anche a giudizio di quei pochi che le hanno viste in anteprima.
R.F.: Sicuramente Marcello avrà anticipato troppo e per colpa sua Moreno ci tirerà le orecchie! Dunque, “Il creatore di mostri” è il seguito di una storia di Sclavi uscita nel 1980, quella che viene ricordata soprattutto con il titolo “La montagna degli dei”, disegnata da Donatelli. Come tutti gli zagoriani sanno, in quell’avventura Zagor viene fatto rapire insieme ad altri uomini, i più forti di Darkwood e dintorni, da un folle scienziato e archeologo che si fa chiamare Basileo e che ha costruito su una montagna una sorta di Nuovo Olimpo, credendosi un re dell’antica Grecia. L’obiettivo di Basileo è trovare colui che possa essere l’incarnazione di Ercole, che riesca a superare le mitologiche dodici fatiche e che sia quindi degno di sedere sul trono al suo fianco. Zagor gli diede filo da torcere ma ho sempre pensato che ci fosse ancora tanto da raccontare. Quella era un’altra delle storie che più avevano colpito la mia immaginazione da bambino. E a proposito di quanto detto prima riguardo a Cico, in “La montagna degli dei” è appunto grazie al messicano che alla fine Zagor riesce a uscire dalla fossa in cui Basileo lo ha imprigionato insieme al Cerbero. Troverete sulle pagine di questo speciale un Marcello Mangiantini in grandissima forma, che si è divertito a ricreare ambientazioni in stile “antica Grecia”, anche studiando (abbiamo fatto un grande lavoro di ricerca, sia a livello storico che mitologico) e senza mai stupirsi davanti a quanto si ritrovava in sceneggiatura. È una storia che ha anche consolidato il nostro rapporto, lavorativo ma anche di amicizia. Non è così scontato, ahimè, trovarsi così in sintonia. Non a caso, poi, stiamo facendo insieme anche delle scorribande extra zagoriane ed extra bonelliane (vedi per esempio la graphic novel “Julian”).
D.: Marcello, di quale storia zagoriana da te disegnata ti ritieni più soddisfatto? E qual è quella che reputi la meno riuscita?
R.M.: Ci sono alcune storie a cui sono particolarmente legato. “Le strade di New York” credo sia la mia storia graficamente più riuscita, come “Il signore dei cimiteri”, della quale sono molto soddisfatto ed è stata anche il mio primo Zagor Color. Poi c’è “Il maleficio di Anulka”, una storia sulla quale, potendo, rimetterei pesantemente le mani, ma che spesso i lettori ricordano come mia. Evidentemente è piaciuta a me, come a loro. Al contrario ho “rimosso” una storia ambientata nello Yukon (Maxi di cui non ricordo il titolo) [si tratta de “I cosacchi dello Yukon”, Zagor Maxi n. 13 N.d.C.] perché ebbe una gestazione piuttosto tribolata, o una paio di storie rimaste un po’ anonime come “L’uomo di Maverick”. Generalmente però riguardo solo una volta le mie storie, perché tendo a notare solo ciò che avrei potuto far meglio, e questa cosa è sì un grande stimolo per le storie future, ma anche fonte di grande acidità di stomaco.
D.: Stefano, come arrivi a capire che un’idea è abbastanza buona da poter diventare prima un soggetto e poi una sceneggiatura?
R.F.: Questa domanda è tosta. Vorrei che ci fosse una formula, molti corsi di sceneggiatura parlano soprattutto di regole, ma la verità è che noi non siamo ingegneri, non costruiamo ponti. A questo aggiungi che a molti piace dettare (e studiare) regole mentre invece io preferisco raccontare storie. Questo mi dà un piccolo vantaggio soprattutto alla partenza, perché quando gli altri hanno finito con le regole io ho già percorso qualche chilometro e sono già dentro la storia. È vero che la tecnica è fondamentale e va imparata, è vero che una storia per funzionare deve rispondere a determinate domande, ma tutto il resto è una forma di “magia”. La tecnica appunto si può imparare ma il talento non te lo può insegnare nessuno. Il talento è quella cosa che quando non ce l’hai finisci spesso con il lasciare commenti negativi sui social sotto ai post di quelli che invece ce l’hanno. Capisco sempre quando un’idea è buona ma spiegarne il perché è un altro paio di maniche. Prima di tutto chi scrive storie non gode mai appieno di un film che vede o di un fumetto (o di un romanzo) che legge, perché per deformazione professionale lo sceneggiatore automaticamente scansiona tutto, nella propria mente, e quasi sempre sa già cosa sta per succedere nella pagina (o nella scena, se si tratta di un film) successiva e soprattutto come finirà quella storia. Ma quando invece il finale è diverso da come io l’ho immaginato allora ecco che lì nasce una nuova storia, la mia, e posso svilupparla partendo da quella variazione di percorso che io ho elaborato.
D.: A quali storie state lavorando attualmente, insieme o separatamente?
R.M: Sto finendo una storia scritta da Tino Adamo, con un’ambientazione un po’ inusuale. Con Stefano abbiamo appena concluso un progetto extra Bonelli piuttosto divertente nonostante le tematiche pesantemente horror, e a breve ci ributteremo su Zagor per accompagnarlo in un’altra trasferta a me particolarmente cara...
R.F: Stiamo per lavorare di nuovo insieme io e Marcello, su una storia di Zagor di cui però non possiamo dire nulla perché non è stata ancora annunciata, penso che inizieremo il mese prossimo. Ho già un soggetto molto sviluppato e sto lavorando sulle prime dieci pagine. Dico solo che si tratta di una trasferta, quindi abbastanza lontano da Darkwood. Nel frattempo io sto scrivendo un’altra storia di Zagor di cui però non posso dire neanche di chi saranno realizzati i disegni, perché per ora è tutto top secret. Non posso dire nulla se non che si tratta di un progetto molto importante e che il disegnatore non è nessuno di quelli che finora abbiamo nominato.
D.: I tradizionali strumenti di lavoro di un disegnatore sono carta, matite, inchiostri. Tu. Marcello, lavori ancora così o ti sei convertito alle tecniche digitali?
R.M.: Al momento continuo a lavorare in tradizionale perché mi gratifica ancora molto a livello tattile. Capisco le potenzialità del digitale e penso che pian piano dovrò avvicinarmici, anche parzialmente, senza dimenticare che a mio avviso quello che identifica veramente un disegnatore, al di là degli strumenti, sono la capacità di osservazione e la sensibilità.
Foto tratta da CineAvatar.it |
D: Stefano, le tue sceneggiature sono sempre molto cinematografiche e in questi giorni viene pubblicizzato in rete “Muse Comes Home”, un cortometraggio ideato e sceneggiato da te, per la regia di Claudio Chiaverotti. Ci puoi dire qualcosa riguardo a questo progetto?
R.F.: Di questo corto è già disponibile il trailer (https://youtu.be/cUx4ZYYPuco) in rete, mentre per vederlo integralmente bisognerà aspettare, perché nei prossimi mesi sarà in concorso a diversi festival e quindi per ora deve restare inedito. È una storia horror ma anche ironica e a tratti poetica. Il film è stato prodotto da Cronenter Films, Massimo Bezzati, Horror Dipendenza e Massimo Costante. È stata una bella esperienza e credo potrebbe essere per me anche l’inizio di un’attività diversa e più al passo coi tempi. Come ho detto all’inizio dell’intervista io amo ogni forma di linguaggio.
D.: Vi sarete ormai resi conto che gli appassionati dello Spirito con la Scure, molto più che quelli di altri personaggi dei fumetti, sono una comunità attivissima: gestiscono forum e gruppi di Facebook, organizzano raduni di enorme successo, pubblicano fanzine che nulla hanno da invidiare alle riviste professionali. Vi siete mai dati una risposta al perché della grande passione che lega i lettori zagoriani al loro eroe?
R.M.: Mi sono accorto quasi subito che Zagor non era solo un personaggio dei fumetti, ma il fulcro intorno a cui ruotava un mondo di appassionati molto ampio, caloroso ed esigente. Credo che i motivi siano sostanzialmente due: la forza del personaggio, con le sue sfumature e debolezze che lo rendono più vicino al lettore, la bellezza delle storie che anche negli scenari più cupi hanno sempre un tono leggero, ironico e abbordabile, ed anche le figure dei suoi creatori, personaggi di uno spessore umano che non si può trascurare e verso i quali c’è un vero e proprio culto. Sicuramente avere alle spalle dei lettori appassionati così affezionati e competenti è uno stimolo per dare sempre professionalmente il mio meglio, e credo sia così anche per gli altri colleghi, e se talvolta siamo finiti a battibeccare anche un po’ è il segno ulteriore della forza di questo straordinario personaggio e dell’amore che provano i suoi appassionati.
R.F: Prima di tutto io vorrei ricordare una cosa importante che non viene detta quasi mai, e cioè che Zagor è il fumetto più longevo dopo Tex. Viene pubblicato da più di 60 anni. Credo che questo significhi qualcosa. Parlando con molti lettori, sia in rete che di persona, nelle fiere e ai raduni, mi sono reso conto che abbiamo vissuto tutti la stessa esperienza che oserei definire quasi mistica riguardo al primo approccio con Zagor. C’è stato quel momento, per qualcuno è stato negli anni 70 per altri negli anni 80 (più raramente nei 90), in cui c’è stato quel passaggio naturale da Topolino a Zagor (e ad altri fumetti più “maturi” che oggi purtroppo non escono più da anni). Per qualcuno è stato magari “Il raggio della morte”, per altri è stata “La marcia della disperazione” o “La montagna degli dei” o “Vudu!” oppure “Dharma la strega” e così via, ma in ogni caso da quell’istante nulla è stato più lo stesso. Zagor ci ha rapiti, ci ha conquistati. L’altro giorno un lettore di più di sessant’anni mi ha detto che Zagor è stato, ed è tuttora, un compagno di viaggio. Esiste una risposta migliore di questa? Nolitta ha riversato nelle storie che scriveva tutte le sue passioni, tutti i riferimenti fumettistici e cinematografici che lo avevano affascinato e le ha tradotte nelle avventure dello Spirito con la Scure, creando un’alchimia vincente e forse anche un po’ fortuita (a proposito delle regole). E i lettori di Zagor hanno dimostrato di essere i più fedeli in assoluto, insieme a quelli di Tex. Ma come hai già detto tu, le community di Zagor sono le più attive in assoluto.
D.: Siamo giunti al termine dell’intervista. C’è qualcos’altro che vorreste dirmi e che non vi ho domandato?
R.M.: Io volevo solo precisare che questo nostro lavoro parte prima di tutto da una grande passione, e che i più esigenti riguardo al nostro lavoro siamo generalmente proprio noi stessi. Tanto per puntualizzare che l’impegno è sempre massimo e la professionalità indiscutibile nonostante sia un lavoro anche divertente.
R.F.: Fino a che ora si può fare colazione?... A parte gli scherzi, io vorrei fare una domanda a te perché tu fai le domande a tutti ma nessuno ti chiede mai niente e io poi dopo ci penso e mi dispiace. Quindi ti chiedo, Marco, quale è stato il tuo primo Zagor e quanti anni avevi e se hai un ricordo particolare legato a quell’albo.
[Stefano può trovare la risposta alle sue domande clikkando su questi due link del mio blog: http://zagorealtro.blogspot.com/2011/01/la-prima-volta-parte-1.html; http://zagorealtro.blogspot.com/2011/01/la-prima-volta-parte-2.html]
Un grande saluto a tutti i lettori di Zagor!
Cari Marcello e Stefano, grazie mille per la vostra disponibilità e cortesia. Ora aspettiamo solo di leggere le vostre nuove storie, sia sotto forma di romanzi che di fumetti!!!
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