Il
centoventiquattresimo numero, che troverete in edicola giovedì, contiene la conclusione dell'avventura di Zagor con i Cheyenne, nonché la
prima parte della storia "Una morte misteriosa".
IL SANGUE DEI CHEYENNE
Per
propiziarsi la Stella del Mattino, gli Skidi rapiscono giovani squaw di altre
tribù e le sacrificano a questa divinità: così, i loro raccolti saranno
abbondanti. Ma quando nelle loro mani finisce Zanya, la figlia di Scudo Rosso,
il capo dei Cheyenne, Zagor e Cico si gettano all’inseguimento degli spietati
pellerossa.
Zagor raggiunge i rapitori e scopre che Talesharo, il sakem degli Skidi, vuole far
cessare l’orribile usanza dei sacrifici umani alla Stella del Mattino. Ma lo
stregone Pauanas è contrario, e sta avvelenando lentamente Talesharo, per
sostituirlo con Kwitara, a lui fedele. Ma interviene Zagor, che sventa il piano
dello stregone e sconfigge Kwitara in duello: una nuova era inizia per gli
Skidi!
Ottima storia burattiniana, che riesce quasi a ricreare le atmosfere
nolittiane, e ottimi i personaggi presentati: il simpatico barcaiolo Perkins,
la bella Zanya, l’innamorato Tiskar, l’odioso Pauanas, il saggio sakem
Talesharo.
Commovente il finale in
cui Tiskar salva la vita di Zanya in extremis, conquistando così il
permesso del padre a sposarla.
Così Moreno Burattini ha commentato, in un suo intervento del
giugno 2004 sul Forum SCLS, questa sua sceneggiatura:
“Riguardo a questa storia posso solo dire che l’ispirazione viene da
un fatto reale. Ho chiamato Talesharo un guerriero Pawnee davvero vissuto che
si chiamava, in realtà, Petalesharo. Era un Pawnee Skidi, figlio del capo
Vecchio Coltello, nato nel 1797 e morto nel 1832 (così si dice nel Dizionario
degli Indiani d’America). Ai suoi tempi, gli Skidi compivano sacrifici umani
rituali di giovani squaw immolate alla Stella del Mattino (residuo di ricordi
legati alle antiche tradizioni dei popoli del Centro America che, come gli
Aztechi, avevano di queste usanze sanguinarie).
Durante una cerimonia, compiuta probabilmente nel 1818, Petalesharo
salvò dalla morte una ragazza Comanche, che stava per essere sacrificata
sull’impalcatura tipica di queste cerimonie (simile a quella illustrata da
Ferri). Il guerriero tagliò le corde che legavano la squaw e fra lo stupore
generale la mise su un cavallo con delle provviste, indicandole la strada che
portava alla sua gente. Da quel giorno, i sacrifici umani degli Skidi
cessarono. Nel 1821 Petelesharo ricevette una medaglia a Washington, per il suo
gesto. Il pittore Charles Bird King dipinse un suo famoso ritratto”.
* * *
IL CIMITERO INDIANO
Zagor sta dando la caccia a due criminali che
hanno ferito Cico per rubargli la mappa della miniera perduta di Pegleg.
Raggiunge la miniera e scopre una strana comunità di minatori. Hanno lo sguardo
spento, gli occhi infossati: cosa è loro accaduto? E perché un’antica
iscrizione indiana ammonisce di tenersi lontano da quella zona?
Intanto,
una strana malattia, in grado di trasformare chi ne sia affetto, ha colpito
Zagor e tutti i nuovi arrivati nella miniera di Pegleg. Sektar, un gigantesco
indiano Micmac, conosce la vera natura del morbo: sono gli spiriti della
foresta che si impadroniscono di chi giunge nella miniera maledetta di Pegleg!
Sektar ha
trasformato in zombi assoggettati agli spiriti i minatori, seppellendoli in un
cimitero dove arde una fiamma che ha il potere di richiamare in vita i morti.
Zagor riprende le forze e riesce ad annientare il potere degli spiriti, con la
conseguenza che gli zombi tornano alla morte e Sektar impazzisce.
Con questa
bella avventura horror, Ade Capone omaggia chiaramente il romanzo Pet
Sematary di Stephen King, anche se l’atmosfera malsana che lo scrittore
vorrebbe creare viene vanificata dai disegni di Francesco Gamba, molto poco
adatti alla storia e in alcuni casi corretti con “figure” disegnate da Ferri, persino
tratte da altri albi della serie.
Peccato davvero, perché
la costruzione della trama riesce a creare nel lettore vero interesse per ciò
che sta per accadere, alternando molto bene momenti di azione a momenti
apparentemente “lenti” ma che alimentano il mistero.
Zagor è il protagonista assoluto della storia: tutto ci viene mostrato
attraverso i suoi occhi e le sue riflessioni. La malattia misteriosa che
colpisce chi si avventura a Pegleg lo rende debole e fallace e a un certo
punto, addirittura, sembra quasi che non ci sia via di scampo… eppure Zagor non
si perde mai d’animo, riesce a essere generoso e altruista e decide di non tirarsi indietro!
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