giovedì 20 luglio 2017

Zagor Collezione Storica a Colori: Laguna di sangue (ZCSC198)


Il centonovantottesimo numero in edicola oggi contiene la conclusione dell’avventura di Zagor contro Ylenia la vampira, nonché la prima parte della storia “Un capestro per Gambit”.


UN CAPESTRO PER GAMBIT

Durante il viaggio di ritorno verso Darkwood, Zagor e Cico giungono nella cittadina di Winnfield, in South Carolina. Qui, scoprono che la loro amica Gambit è rinchiusa nella cella dello sceriffo Atkinson, in attesa di venire condotta sul patibolo. Sulla testa della bella avventuriera, infatti, pende una condanna a morte per omicidio, dopo che è stata sorpresa accanto al cadavere di un uomo appena ucciso, Clive Howland. Gambit dice di non ricordare niente perché reduce da una forte sbronza e Zagor, convinto dell’innocenza dell’amica, decide di scagionarla trovando il vero assassino... qualcuno che avrebbe organizzato un’abile montatura per incastrarla!
L’unico indizio conduce verso il ranch di mister Wallardy, un arrogante possidente terriero che l’affascinante ragazza aveva ripulito al tavolo da gioco la sera prima del delitto. Lo Spirito con la Scure si reca a indagare sulle terre dell’allevatore, finendo quasi subito per scontrarsi con il suo losco soprastante, Rourke, e i mandriani ai suoi ordini.
Durante la notte Gambit viene fatta evadere da un uomo di Rourke, e ciò rafforza in Zagor la convinzione che la bella avventuriera sia stata incastrata proprio da Wallardy. Recatosi nuovamente al ranch, viene fatto prigioniero da Rourke e prima di liberarsi (e dare una sonora lezione sia a quest’ultimo che al suo datore di lavoro) riesce ad accertare che Wallardy è estraneo alla faccenda in cui Gambit è stata coinvolta: il ranchero che l’ha liberata, Fosbury, era infatti stato assunto solo pochi giorni prima.
Fuggito nella prateria, Zagor si imbatte in Gambit che gli rivela il motivo per cui Fosbury l’ha liberata: questi e Howland, il cui vero nome è Jack Chairs, avevano compiuto insieme una rapina e si erano separati. Dei due, chi doveva nascondere il bottino era Howland, per cui Fosbury era convinto che Gambit avesse ucciso il suo socio dopo essersi fatta dire il nascondiglio dell’oro. Dopo averla liberata ed aver scoperto che non ne sapeva nulla, l’aveva picchiata e abbandonata nella prateria.
Gambit viene catturata dagli uomini di Winnfield mentre Zagor parte alla ricerca di Fosbury; la sua intenzione è quella di portarlo dallo sceriffo, convinto che sia lui l’autore dell’omicidio di Howland: invece non è così e, purtroppo, in un tentativo di ribellione Fosbury rimane ucciso.
Nel frattempo Gambit, condannata a morte per un omicidio che non ha commesso, sale dignitosamente sul patibolo per essere impiccata, quando l’esecuzione viene fermata da uno sceriffo, Reiser, che porta con sé un prigioniero legato: Howland, l’uomo della cui morte è accusata Gambit, che può così tornare in libertà!
Ma cos’è successo? È Zagor a rivelare la verità. Howland aveva gettato l’oro in un lago con l’intenzione di tenerlo solo per sé; però sulle sue tracce c’era un cacciatore di taglie che egli era riuscito ad uccidere: sfigurandolo in viso lo aveva fatto passare per il suo cadavere addossando la colpa a Gambit, essendo così completamente libero di poter recuperare l’oro dato che tutti lo credevano morto!
Zagor aveva intuito tutto ciò ed era riuscito a catturare Howland, consegnandolo a Reiser e chiedendo il suo aiuto perché fermasse l’esecuzione dell’amica.

Storia di genere western/giallo intrigante e intricata, ma anche avventurosa ed avvincente dalla prima all’ultima pagina, nella quale il mistero tiene banco per tre quarti della stessa ed il colpevole viene svelato davvero solo al termine, con un colpo di scena finale degno delle migliori storie whodunit (Chi l’ha fatto?).
Nella narrazione di Moreno Burattini non ci sono incongruenze, vicende lasciate a metà o fatti inspiegati: tutto si riannoda alla perfezione. Peraltro il mistero, in questo caso, non appesantisce una trama scorrevole e soprattutto la spiegazione finale (per quanto “lunga”) non è pesante e superflua. Al contrario giunge doverosa e necessaria, quando la vicenda è praticamente conclusa e non va ad interferire con la parte più avventurosa del racconto, cioè la corsa di Zagor contro il tempo per salvare Gambit dall’impiccagione.
A mio parere Moreno è stato anche molto bravo nel “mischiare le carte”, offrendo una sequela di colpevoli/sospetti sempre plausibili: non appena ne viene scagionato uno, ne subentra un altro, in un crescendo di pathos, senza un attimo di respiro o momenti di “stanca”.
Il personaggio di Zagor è delineato ricolmo di forza, coraggio, furbizia, intelligenza. Insomma, un vero eroe! Per contro, Cico, pur protagonista di divertenti siparietti comici, viene relegato in prigione… Poco male comunque, giacché questa soluzione dà modo a Zagor di poter agire di nascosto e in perfetta autonomia per risolvere il mistero (non dimentichiamo che Moreno non è aduso a soluzioni di questo genere ed è sempre stato uno degli autori maggiormente “generosi” nei confronti del simpatico messicano).
Interessante, poi, come lo sceneggiatore presenta le situazioni “carcerarie” di Gambit e le sue riflessioni sulla situazione che sta vivendo… tratteggiando questo personaggio in piena conformità alla versione originale boselliana, ma rendendola addirittura più simpatica e femminile.
Per quanto concerne Giuseppe (Pino) Prisco – disegnatore di origini casertane, qui al suo esordio sulla serie mensile dopo il debutto nel 2007 sul Maxi Zagor n. 8 Uomini in guerra) – io sono del parere che sia uno dei migliori disegnatori della scuderia zagoriana. Bravo nel “raccontare”, nel cogliere le espressioni e far capire i sentimenti dei personaggi, nel rendere le scene di lotta. Anche nel delineare il personaggio di Gambit mi è sembrato completamente a suo agio: la scenda della ragazza che entra nel saloon e mozza il fiato a tutti gli avventori è da manuale!
Chiudo con un paio di curiose annotazioni: 1) all’inizio della storia il ladro di cavalli condannato alla forca canta una canzone: si tratta di The Willow Tree, una vecchia ballata inserita anche nel CD di Graziano Romani The King of Darkwood; 2) la presunta vittima di Gambit è molto somigliante al disegnatore zagoriano Gianni Sedioli: il vero nome di Howland è infatti Jack Chairs, la “traduzione” in inglese del nome e cognome del disegnatore romagnolo.


Ed ecco le consuete “osservazioni sulla storia” di Moreno Burattini tratte dalle pagine del Forum SCLS del 2009.

Ad un forumista che trovava strano il fatto che, all’inizio della storia, Zagor ascolta indifferente i commenti di un personaggio che gode nel vedere impiccata la gente, ma viene colpito emotivamente solo quando si parla della sua amica in pericolo, Moreno rispondeva così:

Il tizio a cui ti riferisci è, chiaramente, un vecchietto rimbambito. Zagor dà giustamente più importanza al nome di Gambit che alle sparate del nonnetto. Non mi sembra che Zagor avrebbe dato dimostrazione di eroicità prendendo a botte un pensionato rincitrullito. La gravità di ciò che uno dice va commisurata al suo grado di consapevolezza. Nel finale della storia, vedrai, il vecchietto si riabilita. Meglio sempre attendere i finali prima di giudicare”.


Ad un forumista che gli faceva i complimenti per la storia, pur avendone apprezzato di più la seconda parte rispetto alla prima, ed aveva anche apprezzato i disegni di Prisco, rispondeva:

Grazie per gli apprezzamenti, e riguardo al fatto che il primo albo possa esserti piaciuto meno del secondo, al di là dell’ovvia considerazione che molti giudizi si basano spesso, com’è giusto che sia, sul gusto e sulla sensibilità personale, direi che sia sempre meglio attendere il finale di ogni storia prima di tirare le somme! A volte gli inizi servono a gettare le basi e a presentare i personaggi, e possono sembrare pesanti, ma vanno visti in funzione del seguito (a volte però sono i finali a deludere le buone premesse offerte in partenza). Se guardi il primo albo della mia storia più apprezzata dai lettori, La palude dei forzati, vedrai che nelle prime 94 pagine lo Spirito con la Scure c’è davvero poco, ma mi poi il complesso della vicenda è stato giudicato dal sito uBC (di solito non di manica larga) con lo slogan, se non ricordo male, di "Zagor al cubo"!
Circa Prisco, mi meravigliano i commenti negativi che ho letto qua e là e posso comprendere le riserve di alcuni solo pensando che gli zagoriani sono i lettori più difficili da convincere ad accettare stili ed interpretazioni personali e diversi da quelli di Ferri. Prisco è il disegnatore che più realizza da vicino quello che ho in mente io quando penso una sequenza e cerco di visualizzarla descrivendola in una sceneggiatura. Quasi tutti i miei disegnatori fanno un buon lavoro, se non ottimo, ma dal punto di vista di aderenza a ciò che ho in mente io, Pino Prisco è quasi perfetto! Sembra a volte che mi legga nella mente, e non ho bisogno di fargli nessuno schizzo: bastano poche parole e ci capiamo al volo!”.

A chi gli domandava se l’origine del nome “Gambit” (che trovava sinistramente somigliante a “Trampy”) era legato al termine inglese che designa la mossa del “gambetto” (ossia offrire un pezzo senza la possibilità di riprenderlo subito), Moreno rispondeva:

Quando Boselli ha creato Gambit, le ha dato quel nome (o meglio, quel soprannome: il nome vero non lo sappiamo) pensando proprio al termine inglese che designa la mossa degli scacchi.
La somiglianza fra i soprannomi di Gambit e Trampy è più che altro una assonanza. Le lettere che formano "ambi" e "ampy" sono quasi identiche e la "p" e la "b" sono due labiali molto simili e interscambiabili (al Sud pronunciano "b" la lettera "p" di molte parole italiane).
Non so quanto tutto questo sia sinistro…”.

A chi aveva trovato eccessivo il fatto che Gambit fosse stata presa a calci in pancia, Moreno spiegava:

I pareri dei lettori sono sempre imprevedibili, o almeno io non riesco a prevederli. Difficile dunque stabilire che cosa travalichi il limite del buon gusto, così come capire bene ciò che potrebbe urtare la sensibilità di Tizio piuttosto che far addormentare per banalità e monotonia Sempronio. E' chiaro che se facciamo un fumetto d’avventura in cui compare un cattivo, il cattivo si caratterizza come tale perché fa cose cattive. Picchiare una donna è una cosa cattiva. Molto più cattiva che picchiare un uomo. Vederglielo fare in tre vignette (due schiaffi e un calcio) in un albo di 94 pagine "travalica il limite"? Forse (molto forse) lo sarebbe se l’intento fosse sadico e compiaciuto, ma l’intento è quello di indignare il lettore CONTRO la violenza sulle donne, non di incitare a compierla. Tant’è vero che chi è rimasto colpito dalla scena ha provato rabbia e indignazione verso il personaggio e quello che fa. Dunque lo scopo è stato raggiunto e la sequenza, anziché essere diseducativa, è addirittura didattica. Del resto ci sono decine di film drammatici in cui una donna esce dalle grinfie di un aguzzino ammaccata e pesta, e nello spettatore viene inculcato il sentimento della compartecipazione al suo dramma e si suscita l’attesa per un riscatto in cui il vile che si è accanito contro di lei verrà punito dagli uomini o dal destino (se non accade, come purtroppo non accade molte volte nella realtà, resta l’amarezza). Dopo aver visto quel che fa Fosbury, tutti (spero) si augurano che Zagor lo raggiunga e gli dia il fatto suo. Se non avessimo visto quel che ha fatto, la storia sarebbe stata più blanda e forse qualcuno si sarebbe lamentato della sua insipienza.
Aggiungo poi che molto del pathos che si prova nella breve scena del pestaggio è dovuto al talento di Prisco: se qualcuno è stato "male" nel vedere quel calcio è perché Pino l’ha disegnato con estrema efficacia, da grande interprete di sceneggiature qual’è”.


In risposta ad un paio di critiche su Gambit:

La prima, e davvero singolare, critica sostiene che Gambit non ha nessun ruolo di rilievo, che si limita a fare la fanciulla in pericolo e che, tutto sommato, potrebbe avere un altro nome ed essere un’altra persona e sarebbe stato lo stesso. Il che mi lascia molto perplesso, dato che nel primo albo Gambit ruba letteralmente la scena a Zagor ed è protagonista di un lungo flashback (tanto lungo che avrei immaginato proteste per questo). Non solo: in questo flashback la ragazza domina la ribalta e dimostra fascino e carattere, tiene in pugno gli uomini e si comporta da gambler e da avventuriera: come si può sostenere che una donna qualunque avrebbe potuto fare altrettanto al suo posto? Quel che fa Gambit nel saloon di Winnfield è qualcosa che soltanto lei, tra i personaggi femminili della saga di Zagor, potrebbe fare. E anche nel secondo albo, la scena in cui lei decide, con un atto di coraggio, di consegnarsi allo sceriffo per lasciar fuggire Zagor, gettandosi da cavallo, mi pare assolutamente in linea con le sue caratteristiche e non facilmente attribuibile a una fanciulla qualunque.
La seconda obiezione, ancora più insolita, riguarda il comportamento sessuale dell’eroina (non sono sicuro di aver letto niente del genere su questo forum, ma altrove sì). Secondo alcuni, Gambit si sarebbe comportata, per usare un eufemismo, come una ragazza facile e questo la scredita e la rende indegna di Zagor. Ora, non è sul numero di partner sessuali adulti e consenzienti che si giudica una persona (al limite la si invidia), perché altrimenti dovremmo avere disgusto verso Oscar Wilde o George Simenon o per centinaia di altri grandi che io personalmente vorrei invece frequentare tutti i giorni: ognuno segua la dieta che vuole e io valuterò la dignità della sua compagnia piuttosto dalla profondità del suo pensiero o dal suo talento artistico, dalla sua sensibilità emotiva, dalla sua umanità. Non ci sono dunque comportamenti "facili" o "bigotti" ma persone belle o brutte indipendentemente dal numero di fidanzati o fidanzate (e dal loro assortimento). Ma a parte tutto ciò (e accetto tranquillamente che su quanto detto finora si possa non essere d'accordo) nella storia che ho scritto non c’è nessuna particolare disinibizione sessuale di Gambit. La vediamo solo baciarsi con un uomo. Dico "un" (uno solo) uomo. Potrebbe essere il primo dopo tre anni di astinenza. E questo senza neppure essere impegnata con un altro, e men che mai senza avere obblighi di fedeltà verso Zagor, con cui si è lasciata senza promesse e che non sa che rivedrà. Sarebbe assurdo che una ragazza che ha avuto una fugace love story con lo Spirito con la Scure debba poi per tutta la vita mantenersi casa vivendo nel ricordo di quell’episodio. Chi potrebbe pretenderlo? Gambit sarà una donna normale e sarà attratta da chi le piace e bacerà, se lo ritiene, un uomo affascinante. Peraltro, se oltre il bacio ci sia stato qualcos’altro nei primi due albi non è dato di saperlo, dunque perché scandalizzarsi?
Viva le ragazze che baciano. :-)”.

Ad un altro forumista che criticava il fatto che Zagor, in compagnia di una bella donna come Gambit, anziché avventurarsi in romantici discorsi sul senso della vita e dell’amore o più semplicemente “provandoci”, sciorina invece i dettagli del nuovo giallo appena risolto, Moreno Burattini obiettava:

Ecco, riflettendo su tutto questo nella prospettiva di evitare in futuro di fare degli sbagli, mi chiedo dove io abbia commesso degli errori. Mi attengo al testo della domanda riportato sopra, e di conseguenza deduco logicamente che Zagor non avrebbe dovuto, nel finale della storia in questione, dare spiegazioni su quanto di abbastanza incredibile era appena successo. Dunque, secondo il mio critico, a rigor di ragionamento, io avrei dovuto invece:
1) non spiegare niente e lasciare che il lettore deduca tutto da sé (forse ci sono dei gialli in cui alla fine si indica il colpevole senza dire come e perché, ma se non ci sono avrei dovuto inaugurare io la nuova moda);
2) far condurre Gambit da Zagor in camporella e immediatamente esigere da lei una ricompensa in natura per il salvataggio del collo (senza darle neppure il tempo di riprendersi dopo aver visto la morte in faccia);
3) non rispondere neppure alle domande che Gambit gli fa perché gli ricapitoli l’accaduto dopo che i due si erano lasciati in circostanze abbastanza movimentate (abbasso le donne che fanno troppe domande, meglio tappare subito loro la bocca);
4) oppure, in alternativa, avventurarsi "in romantici discorsi sul senso della vita e dell’amore", evidentemente preferibili a qualunque spiegazione sull’accaduto.
Ora, è chiaro che l’antispiegazionismo è, più che un partito preso, un astio così viscerale da annebbiare la serena visione delle cose, però che non si sopportino neppure dieci pagine di chiarimenti del mistero (dieci pagine a mio parere abbastanza vivaci, movimentate, piene di sorprese e di rivelazioni) dopo oltre duecento tavole di dramma e avventura, mi sembra davvero il colmo. Senza contare che poi lasciare i lettori senza spiegazioni avrebbe provocato, giustamente, una rivolta in chi si era appassionato al caso e dunque quelle agili spiegazioni erano assolutamente necessarie (ma, ripeto, sono orgoglioso di essere riuscite a darle in un modo così poco pesante - se mi è consentito una volta tanto lodarmi da solo, a rischio di imbrodarmi).
Peraltro, chi dice che Zagor non abbia dato le sue spiegazioni DOPO aver consumato con Gambit una qualche ora di intimità, e cioè DOPO averci provato? Noi ritroviamo i due sulla collina e vediamo lei molto soddisfatta, senza sapere quel che c’è stato prima (né quel che ci sarà dopo).
Nella tradizione zagoriana, purtroppo o per fortuna, certe scene sono date per sottintese”.

A chi si lamentava di 14 (a suo parere inutili e deliranti) pagine di “spiegazione” finale, osservava che Burattini fosse un misogino per come aveva trattato Gambit e avrebbe fatto liberare quest’ultima e Cico facendo prendere a pugni da Zagor lo sceriffo senza stare ad indagare, Moreno replicava energicamente così:

Dunque, se il mio abituale stato di delirio mi consente ogni tanto una qualche capacità di ragionamento, e se questa è una di quelle rare occasioni, dovrei accettare che quattordici pagine di inutili spiegazioni siano il record mondiale della categoria. Ora, le tavole in realtà sono dodici, a mio avviso anche piuttosto agili e movimentate (ne sono soddisfatto a dispetto di chiunque), e più che spiegazioni a me sembrano scene in flashback con resoconti di fatti avvenuti in passato in cui c’è poco da spiegare e molto da vedere: ma perché sarebbero "inutili"? Dunque noi dovremmo in questa storia vedere ricomparire un personaggio creduto morto e non dire il perché e il percome? Ricompare Howland, e immagino che qualcuno si sarà chiesto: com’è possibile? Ecco, secondo i miei detrattori a questo qualcuno io avrei dovuto rispondere: ricompare punto e basta, capiscilo da solo.
A me pare questo, il delirio.
Mi si dovrebbe spiegare qual è la cosa inutile. E' inutile far vedere che c’era un bounty killer sulle tracce di Howland? E' inutile spiegare che era stato rasato? E' inutile far vedere dov’erano state nascoste le casse? Quale spiegazione era superflua e inutile?
Pare di capire che forse era inutile la spiegazione sul sonnifero. Quindi non avrei dovuto scrivere che ce n’è negli alberghi "a disposizione dei clienti che soffrono d’insonnia". Questo non avrei dovuto dire. Otto parole, secondo il mio detrattore, inutili. Otto parole che mi sono però servite per pararmi le obiezioni dei tanti che avrebbero potuto obiettare: "dove si è procurato Howland il sonnifero? Possibile che l’avesse con sé?". Se non avessi scritto quelle otto parole, sarebbero sorte ottocento obiezioni. Mi pare dunque che quelle parole fossero utili. E se anche uno non le volesse considerare utili, sarebbero otto parole in una storia di oltre duecento tavole. Sono proprio intollerabili? E soprattutto, sono un "delirio"? Mah.
Poi, ecco addirittura l’accusa di misoginia perché faccio mettere Gambit in prigione e la faccio picchiare. Ora, alle accuse sulla scena della violenza ho già risposto e non voglio ripetermi. Ma quelle sulla prigionia mi lasciano davvero di stucco. Posso ricordare almeno la scena di Virginia prigioniera di Wong Lot nella storia del Sigillo dell’Imperatore? La vediamo prima prigioniera poi legata, sbatacchiata, seminuda e in procinto di essere gettata in pasto agli squali. Ed erano Nolitta e Ferri.
Infine, ecco la proposta geniale: secondo il mio critico, Zagor avrebbe dovuto cercare di liberare Cico e Gambit prendendo a pugni lo sceriffo, invece di fare indagini. Mi chiedo se l’amico lettore abbia letto davvero la storia che commenta. Zagor arriva in paese e la notte stessa, prima ancora di poter entrare in azione in qualche modo (magari anche decidendo di far evadere Gambit se non si fossero trovati altri sistemi migliori), la ragazza viene RAPITA. E Zagor si mette SUBITO sulle tracce del suo rapitore! Quindi, cerca di liberarla esattamente come mi viene richiesto. Quando perde le tracce del rapitore, va al ranch di mister Wallardy perché ha riconosciuto nel rapitore un cowboy di quella fattoria. Visto che il rapitore non è lì, torna a cercarlo altrove. Quando ritrova Gambit, cerca di portarla via dallo sceriffo proprio come vorrebbe il mio critico, ed è la ragazza stessa a riconsegnarsi alle autorità chiedendogli di cercare il vero assassino (che sembra, a quel punto, essere il rapitore stesso, per cui non c’è bisogno di indagare, basta solo correre ad acchiapparlo, cosa che il nostro eroe prontamente fa). Zagor non fa nessuna indagine. Non c’è nessun "giallo" nel senso della detection tradizionale, non ci sono interrogatori di testimoni, non ci sono autopsie, non ci sono RIS, non ci sono salotti in cui si radunano i colpevoli. A me i gialli alla Agatha Christie piacciono, e non credo, pur delirante, di essere l’unico. Però QUESTO non è un giallo alla Agatha Christie, è un fumetto western dalla prima all'ultima pagina. Non ci sono spiegazioni inutili, ma solo flashback funzionali alla storia”.

Infine, Moreno Burattini così rispondeva ad un forumista che riteneva molto bella la frase pronunciata da Gambit al capestro:

Lo penso anch’io. E la scena del capestro è stata quella da cui sono partito per costruire tutta la storia. L’idea di base è nata da lì: Gambit che sta per essere impiccata, dice una frase commovente con una furtiva lacrima che scorre su una guancia, e Zagor arriva portando le prove della sua innocenza (uno spunto, come si vede, del tutto western). A questo punto sono stato folgorato dall’idea che l’unica vera prova di innocenza che si dimostra immediatamente senza spiegazioni è far vedere a tutti che la presunta vittima è in realtà viva (dunque sono partito con l’intento di evitare le spiegazioni). Queste riflessioni hanno messo in moto il resto delle faticose elucubrazioni necessarie perché tutto tornasse. E questo spiega perché ho scelto, dopo aver a lungo meditato, di non mostrare in "diretta" la cattura di Howland da parte di Zagor: volevo la sorpresa di tutti sulla pubblica piazza”.

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