giovedì 28 luglio 2022

Esclusiva!!! Intervista a Antonio Zamberletti

Antonio Zamberletti, persona squisita e simpaticissima, è in un tipo molto schivo e non troverete molte sue interviste in giro per il web. Ecco allora che ci ha pensato il vostro Baltorr!

Grazie alla nostra amicizia ormai decennale (la prima volta che lo conobbi in redazione era il 12 giugno 2012) e in occasione della prossima storia zagoriana da lui sceneggiata (la quattordicesima), che potremo leggere sullo Zagor Più n. 6 in edicola il 20 agosto dal titolo La fratellanza infernale (con i disegni di Marcello Mangiantini), ho pensato fosse cosa gradita a tutti gli appassionati chiedergli la possibilità di intervistarlo.

Con la sua consueta gentilezza, Antonio ha accettato di buon grado la mia richiesta e quello che segue ne è il risultato.

Inizio presentando una sua breve biografia autorale.

Antonio Zamberletti nasce a Varese il 6 dicembre 1963. Dopo aver prestato servizio per alcuni anni in un reparto operativo della Polizia di Stato, si è occupato di consulenze nel settore della security aziendale e personale.

Nel 2004 pubblica il suo primo romanzo giallo, I morti non pagano, edito dalla Todaro Editore, seguito da I duri non piangono (2005) e Silenziosi nella notte (2008) per il medesimo editore, oltre al racconto Buono da morire, ristampato da Segretissimo, la collana di spionaggio di Mondadori. Sempre nella collana Segretissimo pubblica il romanzo Codice Tunguska (2015), mentre il giallo/poliziesco Cascina Smorta (2015) esce per i tipi di Runa Editrice.

Dal 2013 collabora con la Sergio Bonelli Editore come soggettista e sceneggiatore, scrivendo storie per Zagor (ad oggi 14), Dampyr (3), Tex (3) e Nathan Never (2).

È inoltre autore degli spettacoli teatrali “L’ultimo volo dello Sparviero” e “Bella con l’anima”.

Zamberletti nel 2012 con il faldone redazionale della sua storia uscita con il titolo "La legione degli assassini"

D.: Caro Antonio, cosa porta un ex poliziotto ed ex consulente della privacy aziendale a diventare prima uno scrittore di romanzi e poi uno sceneggiatore di fumetti?

R.: Ho scritto il primo romanzo per caso, per scommessa, qualcosa del tipo ‘vediamo se tu sei capace’, dopo che avevo bonariamente criticato quello di un’autrice di gialli che resta tra le mie preferite, Patricia Cornwell. Ho trovato un editore, la Todaro, che all’epoca stava a Lugano, e aveva come editor la grande ed ineguagliabile Tecla Dozio, nome storico nel giallo italiano e non solo. Anche lo sbocco nei fumetti è stato abbastanza casuale, e deriva comunque dalla passione di vecchia data, trasmessami da mio padre, e iniziata per me su Zagor con la famosa storia di Blondie, e su Tex con Arizona. Senza dimenticare Il Comandante Mark, Il Commissario Spada, Larry Yuma, Blueberry e via dicendo.

D.: Quindi possiamo dire che sei anche tu un romanziere prestato al fumetto come G. L. Bonelli?

R.: Accostamento ingombrante. Per quello che ha fatto nel fumetto, lui è unico e tale resterà.


D.: Che differenza passa tra lo scrivere un romanzo e invece sceneggiare un fumetto?

R.: La fantasia resta l’elemento portante, cardine. Per il resto cambia tutto. Il romanzo è la trama, il racconto, si va a briglia sciolta. La sceneggiatura è lo svolgimento passo dopo passo, rispettando i paletti imposti dalla tradizione e quelli tecnici.

D.: Come sei riuscito a “varcare le porte” della Sergio Bonelli Editore?

R.: Con molta pazienza, costanza e con un sacco di tentativi andati a vuoto. Il primo contatto fu con Decio Canzio, la decisione definitiva di affidarmi a Burattini e a Zagor di Mauro Marcheselli.

Conferenza zagoriana a Cartoomics 2013

D.: Numericamente, le tue sceneggiature di Zagor sono di gran lunga superiori a quelle di altri personaggi bonelliani. Ciò è dovuto a fattori contingenti o perché lo Spirito con la Scure è il tuo preferito?

R.: Entrambe le cose. Con Zagor c’è una certa libertà di movimento, essendo un prodotto che accetta abbondanti contaminazioni da molti generi: dall’horror fino al mistery o alla fantascienza. Quindi, almeno in teoria, c’è più spazio.

D.: Moreno Burattini è un curatore severo?

R.: È molto fedele alla tradizione, il che è anche giusto. Severo quando occorre, pignolo quando serve, sempre molto esplicativo in ogni correzione o suggerimento. Non si limita a dire ‘questo non va’. Spiega, cerca di far capire. Le sue mail sono chilometriche. Iniziano sempre con ‘Caro Antonio’, e poi partono le spiegazioni, sempre molto razionali, condite da esempi, foto, situazioni già viste. Alla fine gli dai ragione. Però è anche propositivo. Ascolta, ci si confronta. Poi ha comunque ragione lui.

D.: La gestione di un personaggio essenzialmente “comico” come Cico dicono sia il vero banco di prova dello sceneggiatore zagoriano. Tu hai avuto qualche difficoltà in tal senso?

R.: È una gestione che deve essere dosata per dargli il giusto spazio e l’adeguato spessore senza scivolare nel macchiettistico. Tu stesso, se non ricordo male, hai elogiato la sua presenza nel ritorno di Blondie, in una situazione abbastanza complicata e pericolosa dove aveva un ruolo che lo rendeva indispensabile. Difficoltà sì, parecchie.

Con l'edizione croata de "L'uomo di Maverick"

D.: Sono moltissimi i disegnatori che hanno illustrato le tue storie. Sei riuscito ad entrare in sintonia con tutti loro o ce n’è qualcuno con cui senti delle particolari affinità?

R.: Sintonia in linea di massima con tutti. Per le paperelle che volano sull’acqua (L’uomo di Maverick), chiedi lumi a Mangiantini. Di sicuro rammenta…

Interpellato sulla questione, Marcello Mangiantini mi ha simpaticamente risposto così: “Ricordo benissimo. Prima pagina di sceneggiatura della storia di esordio zagoriano di Antonio. Prima striscia. Descrizione puntigliosissima di un lago di montagna dove specificava persino quante foglie morte cadevano e addirittura le due papere. Una stava planando, l’altra avrebbe dovuto toccare appena il pelo dell’acqua. Spaventato da questa meticolosità ho chiamato Moreno dicendogli di frenare lo sceneggiatore e che ai dettagli e corredi vari ci avrei pensato da solo. Dopodiché è filato tutto liscio come l’olio”.

Antonio Zamberletti con Roberto Piere

D.: Ti è mai capitato che un disegnatore suggerisse qualche variazione nella sceneggiatura dopo averla letta?

R.: Non a me direttamente, alla redazione senz’altro.

D.: Di quale storia zagoriana da te sceneggiata ti ritieni più soddisfatto? E qual è quella che reputi la meno riuscita?

R.: Un autore e anche un disegnatore danno sempre il massimo, e questo i lettori lo dovrebbero capire e apprezzare. Per motivi personali, le storie che più ho sentito sono state “Sezione Omega”, quella del ragazzino con i super poteri, e quella di Blondie. Quella che forse mi è più piaciuta, da lettore, l’ultima uscita, “Vulture Peak”.

Antonio Zamberletti con mia figlia Beatrice nel 2015

D.: Come sai che un’idea è abbastanza buona da poter diventare prima un soggetto e poi una sceneggiatura?

R.: Tutte le idee sono buone o lo sembrano. Una volta presentai a Moreno due soggetti. Uno lo lesse con estrema fatica, gli venivano le rughe, invecchiava in diretta, e alla fine disse: “Non ho capito niente, sembra che un pellerossa sia andato in pensione. Ma all’epoca non c’era, la pensione”. L’altro lo approvò in due minuti, era la storia con il mostro del Gevaudan, “Il segreto dei Druidi”.

D.: Parlaci un po’ della tua esperienza come autore teatrale.

R.: Nata anche questa per caso. Esperienza ancora in corso e con interessanti novità all’orizzonte, più concrete, si spera, in autunno. Esperienza comunque bella, emozionante, faticosa e difficile. Ho incontrato molte persone interessanti, attori, musicisti, altri autori. Gente che per quanto vale meriterebbe decisamente più spazio di quello che è costretto a guadagnare facendo una fatica immane, e che resta decisamente poco. Un settore dove la meritocrazia è ben lungi a venire.

D.: Torniamo ai fumetti. Ci puoi anticipare qualcosa su “La fratellanza infernale”, storia contenuta nello Zagor Più in uscita ad agosto?

R.: Nata quando si cercava una storia con contaminazioni horror, genere che non mi ha mai fatto impazzire. Poi è deviata su qualcosa di più, con venature vagamente mistiche, un po’ come in “Vulture Peak”. È una storia che lascia, almeno nelle intenzioni, con molte domande su parecchie cose. Forse è il suo aspetto migliore.

D.: A quali storie stai lavorando attualmente?

R.: Uno Zagor dove il nostro va nelle Everglades e un Tex con sfumature vagamente gialle.

D.: Personalmente ho molto apprezzato i tuoi ultimi libri Codice Tunguska e Cascina Smorta. Il tuo prossimo romanzo sarà…?

R.: Non ne ho idea. C’è un western pronto, dai contenuti crepuscolari e dalla scrittura vagamente hard boiled, apprezzato da chi lo ha letto. È lì, nel cassetto. Vedremo.

D.: Siamo giunti al termine dell’intervista. C’è qualcos’altro che vorresti dirci e che non ti ho domandato?

R.: Conserva le domande per la prossima intervista. Per il ventennale della nostra conoscenza.


Caro Antonio, grazie mille per la tua disponibilità e cortesia. Ora aspettiamo solo di leggere le tue nuove storie, sia sotto forma di romanzi che di fumetti, ma… che ne dici se per la prossima intervista non aspettiamo così tanto???


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