martedì 5 agosto 2014

Zagor Collezione Storica a Colori: Occhi di Cielo (ZCSC130)









Il centotrentesimo numero che troverete in edicola giovedì contiene la conclusione dell'avventura di Zagor "miniaturizzato", la storia completa "L'indiana bianca", nonché la prima parte della storia "Gli invasati".

                    
L’INDIANA BIANCA
Occhi di Cielo scappa da suo marito, il capo degli Ottawa Artiglio d’Orso, con loro figlio Piccolo Puma, per andare dai bianchi: infatti, il vero nome di Occhi di Cielo, rapita anni prima dagli indiani, è Sarah Wood. Artiglio d’Orso si mette sulle tracce della moglie, che però chiede l’aiuto di Zagor.
Questi riesce a sottrarre Sarah/Occhi di Cielo all’inseguimento del guerriero Ottawa e a riconsegnarla al legittimo marito Ronald Wood il quale, purtroppo, non accetta il figlio indiano di Sarah e si rivela anche essere il capo di una banda di falsari.
Sarà proprio Artiglio d’Orso a salvare Zagor dalla banda di Wood, e Sarah, che non ha mai smesso di amarle il guerriero, decide di tornare ad essere per sempre la sua squaw.


Inusuale storia d’amore interrazziale scritta da Moreno Burattini, interessante e ricca di pathos. Nonostante la trama in se stessa non sia nulla di eccezionale, Burattini riesce a sviluppare una vicenda emozionante e struggente.
Lo Zagor di questa storia appare forte, deciso e carismatico, che nulla ha da invidiare a quello del suo creatore Nolitta. Così come anche Cico è quello che ricordavano i lettori di antica data.
Lo sceneggiatore riesce a non cadere nel facile manicheismo bianchi=cattivi e pellerossa=buoni, ma presenta alcuni bianchi travolti dall’avidità ed incapaci di confrontarsi con i sentimenti e degli indiani che, pur nella loro efferatezza (eliminano, infatti, senza pietà gli uomini di scorta a Sarah Wood), hanno un sacro rispetto per gli affetti familiari.
            Come già in altre occasioni, lascio anche qui la parola a Moreno Burattini che, in un suo messaggio del marzo 2004 sul Forum SCLS, è così intervenuto su questa storia:
         “A me è piaciuto inventare la falsa leggenda indiana secondo la quale il padre deve rammentare al sole il nome del figlio perché il giorno dopo si ricordi di sorgere anche per lui (o qualcosa del genere). E circa il villaggio Chippewa nella Radura delle Betulle e la donna chiamata “Occhi di Cielo” per via dei suoi occhi blu, si tratta di elementi che ho sfruttato di nuovo per realizzare con Lola Airaghi una storia western-esoterica-erotica dal titolo appunto “Occhi di Cielo”, le cui prime dodici tavole ad acquarello (e a colori) stanno per uscire (se non sono già uscite, e giuro che non lo so) sul nuovo Dime Press”.

3 commenti:

  1. Storia dal tema interessante raccontata in maniera canonica che ricordi. Dovrei rileggerla. Non mi aveva fatto impazzire anche se mi era piaciuta. Meno 1 comunque! XD

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  2. "Lo sceneggiatore riesce a non cadere nel facile manicheismo bianchi=cattivi e pellerossa=buoni [...]"
    Secondo me, invece, ci cade eccome! Per non parlare del fatto che, nella realtà storica, le donne rapite dagli indiani se la passavano assai male, tant'è che molte di quelle che venivano liberate finivano dritte in manicomio.
    Per questi e altri motivi, considero "L'indiana bianca" una storia davvero insulsa.

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  3. Il personaggio di Ronald Wood risulta eccessivamente malvagio. Avrebbe dovuto essere costruito con più ambiguità. Inoltre, Zagor, inizialmente, non sembra per nulla sensibile alle ragioni del padre indiano (in fondo il figlio è suo).

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