Il centotrentesimo
numero che troverete in edicola giovedì contiene la conclusione dell'avventura di Zagor "miniaturizzato", la storia
completa "L'indiana bianca", nonché la prima parte della storia
"Gli invasati".
L’INDIANA BIANCA
Occhi di Cielo scappa da suo marito, il capo
degli Ottawa Artiglio d’Orso, con loro figlio Piccolo Puma, per andare dai
bianchi: infatti, il vero nome di Occhi di Cielo, rapita anni prima dagli
indiani, è Sarah Wood. Artiglio d’Orso si mette sulle tracce della moglie, che
però chiede l’aiuto di Zagor.
Questi riesce a sottrarre Sarah/Occhi di
Cielo all’inseguimento del guerriero Ottawa e a riconsegnarla al legittimo
marito Ronald Wood il quale, purtroppo, non accetta il figlio indiano di Sarah
e si rivela anche essere il capo di una banda di falsari.
Sarà proprio Artiglio d’Orso a salvare Zagor
dalla banda di Wood, e Sarah, che non ha mai smesso di amarle il guerriero,
decide di tornare ad essere per sempre la sua squaw.
Inusuale
storia d’amore interrazziale scritta da
Moreno Burattini, interessante e ricca di pathos. Nonostante la trama in
se stessa non sia nulla di eccezionale, Burattini riesce a sviluppare
una vicenda emozionante e struggente.
Lo Zagor di questa
storia appare forte, deciso e carismatico, che nulla ha da invidiare a quello
del suo creatore Nolitta. Così come anche Cico è quello che ricordavano
i lettori di antica data.
Lo sceneggiatore riesce
a non cadere nel facile manicheismo bianchi=cattivi e pellerossa=buoni, ma
presenta alcuni bianchi travolti dall’avidità ed incapaci di confrontarsi con i
sentimenti e degli indiani che, pur nella loro efferatezza (eliminano, infatti,
senza pietà gli uomini di scorta a Sarah Wood), hanno un sacro rispetto per gli
affetti familiari.
Come già in altre occasioni, lascio anche qui la parola a Moreno
Burattini che, in un suo messaggio del marzo 2004 sul Forum SCLS, è così
intervenuto su questa storia:
“A me è piaciuto inventare la falsa leggenda indiana secondo la
quale il padre deve rammentare al sole il nome del figlio perché il giorno dopo
si ricordi di sorgere anche per lui (o qualcosa del genere). E circa il villaggio
Chippewa nella Radura delle Betulle e la donna chiamata “Occhi di Cielo” per
via dei suoi occhi blu, si tratta di elementi che ho sfruttato di nuovo per
realizzare con Lola Airaghi una storia western-esoterica-erotica dal titolo
appunto “Occhi di Cielo”, le cui prime dodici tavole ad acquarello (e a colori)
stanno per uscire (se non sono già uscite, e giuro che non lo so) sul nuovo
Dime Press”.
Storia dal tema interessante raccontata in maniera canonica che ricordi. Dovrei rileggerla. Non mi aveva fatto impazzire anche se mi era piaciuta. Meno 1 comunque! XD
RispondiElimina"Lo sceneggiatore riesce a non cadere nel facile manicheismo bianchi=cattivi e pellerossa=buoni [...]"
RispondiEliminaSecondo me, invece, ci cade eccome! Per non parlare del fatto che, nella realtà storica, le donne rapite dagli indiani se la passavano assai male, tant'è che molte di quelle che venivano liberate finivano dritte in manicomio.
Per questi e altri motivi, considero "L'indiana bianca" una storia davvero insulsa.
Il personaggio di Ronald Wood risulta eccessivamente malvagio. Avrebbe dovuto essere costruito con più ambiguità. Inoltre, Zagor, inizialmente, non sembra per nulla sensibile alle ragioni del padre indiano (in fondo il figlio è suo).
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