sabato 19 marzo 2022

A DOMANDA… MORENO RISPONDE (46)

Eccoci giunti alla quarantaseiesima puntata

delle rubrica

A domanda… Moreno risponde”!


Questa volta parleremo del Grande Blek,

di Shyer, di Renato Polese,

della veste editoriale dello Zagor Classic

e dell’Avvoltoio.


Ma anche della differenza tra

“zagorianità” e “nolittianità”,

e tra “assistente di redazione” e “curatore”…

e di tanto altro ancora!!!


Ringraziando infinitamente Moreno

per la sua disponiblità,

vi lascio alla lettura!!!

 

1 – Caro Moreno, c’è la possibilità di un incontro tra Zagor e il Grande Blek? Anche se Blek sarebbe un vecchio di ottanta anni e non potrebbe combattere con Zagor, sarebbe però una grande partita! Blek non è in edicola da molto tempo, ma era molto popolare ai suoi tempi, e recentemente è stato visto in alcune scene delle “Storie da Altrove” insieme al Comandante Mark, tanti sicuramente lo ricordano ancora.

Conosco bene il Grande Blek (che preferisco a Capitan Miki), e da ragazzino era il mio eroe preferito dopo Zagor. E certo che tanti lo ricordano ancora! Ci sono vari punti di contatto con lo Spirito con la Scure: i trappers, la commistione con l’umorismo, la zona del mondo in cui sono ambientate le avventure dei due, le braccia nude… Tuttavia, valgono per Blek Macigno le obiezioni che ho sottolineato in una risposta data su questa stessa rubrica a chi proponeva un team-up con il Comandate Mark. La prima è che Blek vive le sue avventure negli anni della Guerra d’Indipendenza americana, dunque nell’ultimo scorcio del Settecento: dunque, se Zagor lo incontrasse, il nostro Macigno dovrebbe essere più che ottantenne (sarebbe un vecchietto da proteggere più che un alleato da avere al fianco in combattimento). Seconda cosa: i diritti di Blek non sono di proprietà della Bonelli, e dunque ci dovrebbero essere trattative e accordi con chi li detiene.

2 – Caro Moreno, ho sentito dire che Ferri ha disegnato l’ultimo episodio di Zagor in cui ha sposato Frida molti anni fa, basato su una sceneggiatura di Sergio Bonelli, c’è qualcosa di vero in questo?

Ne sento parlare adesso per la prima volta. Direi che si tratti di una leggenda metropolitana. Mi sento di escluderlo. Credo che, se davvero corre una voce del genere, tutto sia nato da una cosa detta da Sergio Bonelli non so più in quale occasione (se durante un incontro con il pubblico, in una rubrica della posta o rispondendo alle domande di una intervista), allorché ipotizzò che magari un giorno, arrivati al momento di dover concludere la saga zagoriana, si poteva farla finire con il matrimonio fra Zagor e Frida. Ma tutto qui, niente di più.

3 – Caro Moreno, è ormai da alcuni anni che la testata dei Color Zagor ha fatto capolino nella storia editoriale dello Spirito con la Scure. Numerosi sono stati i personaggi ricorrenti che hanno partecipato come protagonisti, svelando parte del loro passato oppure partecipando in maniera attiva alla storia senza dover scandagliare le loro gesta antecedenti a come i lettori li hanno conosciuti. Però, ecco, la magia di cui è impregnato Zagor, e non solo per la bellezza della testata, ma anche per il continuo riferimento alle credenze ed alle leggende indiane, non possono che portarmi a porre un quesito dopo aver ammirato tale magia in due racconti legati fra loro ma differenziati dagli anni in cui sono usciti in edicola. Lo Speciale Zagor n. 13 “Darkwood Anno Zero” e la storia “La progenie del male” uscita in due albi sulla serie regolare nel 2011, facendo da apripista alla trasferta sudamericana, hanno portato e riportato (solo in una visione) in scena una donna che avrebbe dovuto avere molti più anni di quanti ne dimostrava. Shyer, la sciamana (se è giusto definirla così) che ha atteso Patrick Wilding per mostrargli la via che solo l’est, solo quel punto cardinale avrebbe potuto dargli attraverso di lei. E le conoscenze che ha dato a Zagor sono servite sempre e comunque, a costo di un sacrificio che l’ha vista scontrarsi contro il Male, dopo essersi legata indissolubilmente all’aquila che si trovava insieme ad ella, formando l’uccello-tuono. E proprio la conoscenza fra l’aquila e Shyer, proprio il suo passato che l’ha vista avere come genitore un potente (per quanto riguarda la magia) padre, e che dopo probabilmente essere stata prescelta, è stata iniziata alle arti magiche non potendo avere contatti con l’altro sesso. Ora, tutta questa storia, essendo Shyer morta (o forse no?) ti piacerebbe raccontarla in un racconto in flashback dove la si vede iniziata alle arti magiche e poi con Zagor che ne parla, ovviamente al presente, e trovando qualche traccia che possa ricondurlo alla sua ricerca, cercando di capire se possa essere ancora viva pur avendo chissà quanti anni, ti stuzzica come idea o non è proprio fattibile visto che non pare, credo, esserci una sola minima possibilità di ritorno per qualcuno che è fondamentalmente stato usato per dare quell’aurea di misticità a Zagor e che, se dovesse tornare ai tempi presenti dove si svolgono le sue avventure, finirebbe col rendere vano il discorso di dover perire dalla parte del Bene pur di sconfiggere del tutto il Male?

Innanzitutto grazie per lunga e approfondita disamina sul personaggio di Shyer, che evidentemente (cosa di cui sono lieto) ti ha colpito in modo particolare. Shyer è comparsa, per adesso, in tre storie: “Darkwood Anno Zero”, “La progenie del male” (come hai detto tu) e “La grotta sacra” (la quinta parte della miniserie “Le Origini”). Secondo me, tutto quanto si poteva e si doveva dire è già stato detto. Approfondire di più significherebbe far svanire il mistero che caratterizza il personaggio. Personaggio che escludo possa essere ancora vivo, perché Shyer si è come immolata per sconfiggere il male, requisito (a quanto pare) indispensabile per scatenare la forza necessaria alla vittoria. Ci sono, casomai, due altri “misteri” da risolvere: che fine abbia fatto Ayane, la ragazza che ha preso il posto di Shyer, e chi sia Lyla, la sciamana che compare ne “Il ponte dell’arcobaleno”. Spero di poter scrivere qualcosa in proposito, prima o poi.

4 – Caro Moreno e caro Baltorr, avrei una domanda texiana. Possiamo sapere qual è la storia di Bonelli padre che riprenderà lei assieme a Torricelli? Secondo me “Le terre dell’abisso”.

A titolo personale non avrei problemi a rivelarlo, ma lascio che sia Boselli a dare le anticipazioni che riguardano Tex.

5 – Caro Moreno, essendo rimasto incuriosito dal fatto che “La palude dei misteri”, a detta tua, ha avuto un parto travagliato, mi piacerebbe sapere, da semplice lettore, cosa sia accaduto nel tempo della lavorazione della stessa.

Comincio con il dire che tutte le storie hanno un parto travagliato, perché ideare, sceneggiare disegnare, rivedere, correggere e consegnare alla stampa una storia di decine e decine (a volte centinaia) di tavole facendo in modo che tutto funzioni, non è mai facile. A volte, però, è più difficile che in altri casi. Non voglio farla lunga raccontando intoppi e incidenti di percorso (anche perché il tema appassionerebbe solo gli addetti ai lavori e forse neppure loro). Basterà accennare al fatto che lo Zagor Più n°2 avrebbe dovuto proporre una storia diversa, saltata improvvisamente dalla programmazione per un ritardo nella lavorazione. Poiché il nuovo formato dello Zagor Più prevede storie di 190 tavole e non ne avevamo di pronte e di adatte di quella lunghezza, abbiamo dovuto fare i salti mortali per riuscire a completarne una in tempo utile. A ciò si aggiungono i problemi causati dalla data di uscita de “La palude dei misteri”: il 21 agosto. Dato che anche la redazione chiude per ferie due settimane, in genere luglio è il più crudele dei mesi per noi redattori, costretti a fare il doppio del lavoro (editing, correzioni, lettura di bozze, rubriche, promozione) per preparare comunque le uscite in edicola di agosto e settembre. E lo staff di Zagor in quel periodo ha dovuto mandare in stampa gli albi Zenith, il bis, il Color e lo Zagor Più, appunto, albo su cui sono stati necessari molti interventi per aggiustare ciò che non andava.

6 – Caro Moreno, sappiamo bene che, nell’anno in cui uscì “Caccia al lupo” Lei era ancora all’inizio come sceneggiatore di Zagor ma che Lei ricordi, sempre che fosse stato in redazione, come mai Renato Polese disegnò solo quella storia e poi niente più per la collana? E poi, leggendo la posta dell’albo, Sergio Bonelli e Mauro Boselli parlano di un nemico sul genere “Enigmista” da contrapporre a Zagor. Non avendo, mea culpa, tutti gli albi dello Spirito con la Scure, è venuta alla luce quell’idea oppure no?

“Caccia al lupo” uscì in un momento molto particolare nella storia editoriale dello Spirito con la Scure, quello dell’arrivo di molti nuovi autori, sia disegnatori che sceneggiatori (tra cui, appunto, anche il sottoscritto), messi alla prova da Renato Queirolo, nominato curatore della serie. Anche l’introduzione della figura del supervisore di testata fu una rivoluzione di non poco conto, visto che fino ad allora il controllo di tutto era accentrato nelle mani di Sergio Bonelli e Decio Canzio. Ma l’avvento di Martin Mystére, Dylan Dog, Nick Raider, Nathan Never imponeva una organizzazione diversa. In questo contesto, anche su Zagor si aprirono spazi di innovazione in cui furono messe alla prova mani diverse (quelle di Laurenti e Andreucci, per esempio). Non saprei dire se Queirolo inserì Polese perché gli serviva un velocista (quale Polese era) per coprire un buco nella programmazione, o per inserirlo stabilmente nello staff (cosa che poi non avvenne). Fatto sta che in quel momento c’era la disponibilità a veder cimentarsi con lo Spirito con la Scure delle mani nuove e diverse. A me lo Zagor di Polese piacque, forse però Bonelli ritenne di aver più bisogno di lui su Nick Raider (altra serie curata da Queirolo). Chi lo sa. Riguardo il nemico sul genere “Enigmista”… non so, mi viene in mente che ci si potesse riferire all’Uomo Dipinto. Un vero enigma.

7 – Di quale malattia soffriva Fiore della Notte da bambina della quale si parla nel sesto numero di “Darkwood Novels”? La temperatura comune che si verifica nei bambini non può causare sterilità e fotofobia.

Evidentemente soffriva di una malattia che ha causato sterilità e fotofobia, ma non sono il dottor House e non so dire quale. Oppure si sono collegati erroneamente, viste le limitate (rispetto alle nostre) conoscenze mediche del tempo, questi disturbi con ciò che accadde nell’infanzia, mentre le cause potrebbero essere diverse e scollegate fra loro. Vallo a sapere, in mancanza di dati significativi.

8 – Caro Moreno, c’è la possibilità di avere la miniserie “Darkwood Novels” a colori?

La possibilità c’è, perché negarla? Poi bisogna vedere che cosa ne pensa la direzione. Inutile il dire che ne sarei felicissimo, essendo molto legato a quella miniserie.

9 – Caro Moreno, a mio parere, lo Zagor Classic ha una veste editoriale un po’ dimessa. Ok, la foliazione è ridotta e un frontespizio avrebbe tolto spazio alle tavole, però almeno la prima striscia della prima pagina col titolo dell’albo (come si faceva una volta) ci poteva stare. Com’è adesso mi fa tanta miseria. Poi ci sarebbe anche il discorso sulle copertine, che... diciamolo: Ferri è stato un grandissimo illustratore nello Zenith Gigante, ma quelle delle strisce recuperate per il Classic non sono così iconiche. Insomma, il Classic mi piace proprio poco com’è ora, e credo che queste storie meritino di essere riproposte in una veste più accattivante. Non intendo in volumi cartonati da libreria (che non amo), ma in un prodotto da edicola più curato di quello attuale. Ah! Come sento la mancanza di Corteggi!

La veste editoriale di “Zagor Classic” è più o meno la stessa di “Tex Classic”, di cui è stata la naturale filiazione e che è stata presa a modello (noi abbiamo qualche pagina in più). Quindi, non c’erano margini di manovra, diciamo, essendoci un precedente da seguire. È una pubblicazione la cui agilità è funzionale anche al mantenimento di un prezzo abbastanza basso. In ogni caso non ho deciso io la grafica e mi limito a curare un testo redazionale su ogni numero. Capisco comunque le obiezioni (chi ha predisposto la veste editoriale “minimale” potrebbe però fare delle contro-osservazioni e spiegare il perché di certe scelte). Non concordo invece sulle copertine, che trovo invece un punto di forza della collana. Infatti ripropongono le cover di Ferri realizzate per le strisce, mai ristampate prima e pochissimo viste al di là del circuito dei collezionisti. Alcune, secondo me, sono molto belle. Altre potranno essere forse meno iconiche rispetto a quelle della Zenith, ma mi pare giusto recuperarle comunque, a testimonianza di un periodo irripetibile e della maturazione del disegno ferriano. Ecco, da cultore di Ferri basterebbero proprio le sue copertine di “Zagor Classic” per farmi acquistare ogni mese il nuovo numero.

10 – Trovo che Mortimer sia un grande personaggio, un “villain” tra i più riusciti (non solo di Zagor). Però, Moreno, ho l’impressione che ti sia un po’ incartato portandolo a un odio così totalizzante verso Zagor: cos’altro può fare di più perfido di ciò che ha fatto sinora, per portare a termine la propria vendetta? Non c’è il rischio che i suoi piani si ripetano? O che, se cambiasse i propri fini, diventi poco credibile? Sono proprio curioso di vedere come si presenterà Mortimer la prossima volta.

Non mi pare che Mortimer viva solo per vendicarsi di Zagor (ne avrebbe comunque il motivo, visto che lo considera il responsabile della morte di Sybil). Nell’ultima storia, per esempio, “La diabolica trappola”, la vendetta contro lo Spirito con la Scure è funzionale anche a far incassare al criminale i soldi promessi dal gruppo di uomini d’affari che vogliono liberarsi del Re di Darkwood per mettere le mani sulla foresta. Nella storia haitiana, attirare Zagor a Port-au-Prince serviva anche al colpo che Mortimer voleva mettere in atto, impossessandosi di un carico d’oro. Nella seconda avventura, il furfante fa in modo di utilizzare il nostro eroe per liberare un falsario durante la traduzione da un carcere all’altro. Insomma, il suo intento è sempre quello di vendicarsi ma guadagnandoci. Fa eccezione forse solo la storia “Vendetta trasversale”, ma lì la morte di Sybil era avvenuta nell’avventura precedente e si può capire come il criminale volesse farla pagare a Zagor nel più crudele dei modi. Tuttavia, Mortimer non odia Zagor solo per Sybil: lo Spirito con la Scure rappresenta una sfida da vincere, dato che egli si ritiene (e lo è) un genio. Per uno come lui, abituato a pianificare tutto e a prevedere ogni cosa, i ripetuti smacchi che subisce da un uomo dei boschi rappresentano un’onta da lavare con il sangue. Circa la “prossima volta”, se hai letto il finale dell’albo “L’ultimo duello” avrai capito che non ci sarà.

11 – Caro Moreno, a quando uno Super Zagor come il Super Tex? Però senza lo spezzettamento delle storie brevi, mi raccomando!

Fosse per me, si farebbe subito. Può darsi che il successo del Super Tex invogli la direzione a proporre anche un Super Zagor, come è successo con il Classic. Chissà. Circa lo spezzettamento, dato che oltre le storie degli Almanacchi del West verranno riproposte anche quelle dei Maxi, o si fa una testata a foliazione (e prezzo) variabile, per pubblicare solo avventure autoconclusive, o si accetta che i racconti siano a puntate.

12 – Caro Moreno, hai svolto il lavoro di assistente di redazione prima e di curatore poi per Zagor. In cosa consistono le differenze fra questi due ruoli e, essendo appunto curatore, è minore il tempo da dedicare alle proprie sceneggiature? Proprio per queste, a prescindere da storie buone o meno buone, il dover pensare a revisionare le storie altrui ha portato ad inficiare in negativo la tua produzione sia in termini di velocità che di livello di storie?

Ho iniziato a fare l’assistente di redazione a Mauro Boselli (ruolo che oggi è ricoperto da Giorgio Giusfredi) nel 2001, perché con l’uscita di Dampyr Mauro non riusciva, da solo, a seguire due personaggi, gli serviva un aiutante (anche perché lentamente principiava a occuparsi pure di Tex). Inizialmente ho imparato da lui a rivedere testi e disegni facendo apportare le modifiche necessarie a risolvere le inevitabili magagne, e come si procede per la correzione delle bozze di stampa (la “lettura delle ciano”). Via via che imparavo, Boselli mi ha concesso sempre più autonomia di scelte e di intervento, finché sono diventato autonomo. Quando, nel 2007, sono stato promosso curatore di testata era già da qualche anno che, in pratica, Zagor lo seguivo quasi tutto da solo, pur sotto l’occhio vigile del Bos. Fare l’editor di un personaggio comporta una grande responsabilità: si tratta di gestire lo staff degli autori, dando a tutti indicazioni e consigli (non di rado facendo anche lo psicologo), accettare o rifiutare proposte, preparare la programmazione in modo da alternare il genere delle storie in modo da accontentare i gusti (variegati) del pubblico, risolvere grane e problemi per fare in modo che tutti gli albi (tanti) escano in edicola il giorno stabilito, ottenere dai grafici e dai letteristi della redazione la necessaria collaborazione sugli interventi richiesti, confrontarsi con il direttore su titoli e copertine, preparare redazionali e pubblicità, rispondere ai lettori. Il lavoro di revisione sulle storie altrui credo che, nel corso di trent’anni di attività (al di là del singolo episodio), abbia migliorato la qualità delle mie, perché non posso contestare a uno sceneggiatore un certo difetto e poi fare anch’io la stessa cosa o anche peggio. La mia velocità è più o meno sempre la stessa da molti anni (fanno fede le statistiche di Saverio Ceri su “Dime Web”): ottocento tavole l’anno.

13 – Caro Moreno e caro Baltorr, mi scuso se chiedo un’anticipazione, non di Zagor dopotutto. Ma siccome si parlava di un seguito della storia dei Chupacabras su Tex, a che punto è codesta e quando uscirà?

La programmazione la fa Boselli, ma io e il disegnatore siamo quasi arrivati in fondo. Spero che arrivi in edicola entro il 2022.

14 – Caro Moreno aspettando la pubblicazione della terza serie a strisce di Zagor che, da come ho saputo, dovrebbe uscire quest’anno e avendo adorato la seconda ti posso chiedere se è in programma da parte vostra la ristampa della prima serie avendo purtroppo perso l’occasione di averla?

Immagino che prima o poi la storia della prima serie (mia e della coppia Sedioli/Verni) verrà ristampata in qualche modo o maniera (magari in albo unico). Sono però decisioni che spettano alla direzione.

15 – Caro Moreno, credo che esistano capolavori di storie zagoriane che valevano alla loro uscita così come sono valse negli anni successivi. Posto il fatto che ogni periodo è differente, così come i lettori, credi che storie come “L’Avvoltoio”, per fare un esempio, sarebbero state accettate dal pubblico dello Spirito con la Scure oggi, per la loro banalità? Oltretutto, a proposito di quella storia, è stato secondo te controproducente metterla come aggiunta allo Zagor Magazine 2022, per poi rivederla poco dopo nello Zagor Classic?

Parto dal fondo: controproducente no, lo Zagor Magazine non si basava certo solo sulla ristampa della storia dell’Avvoltoio, offrendo anzi un sacco di altra roba, appetibile anche per un pubblico diverso da quello dello “Zagor Classic”, probabilmente raggiungendo anche lettori che non seguono l’eroe di Darkwood. Bisogna anche convincersi che se c’è chi, super appassionato come lo siamo tu e io, legge tutto ciò che riguarda Zagor, ci sono anche fruitori occasionali, il pubblico degli incuriositi. Non commettiamo l’errore di pensare che tutto debba essere fatto su misura per noi (come quando qualcuno dice “inutile ristampa” riferendosi alla riedizione di qualcosa che lui già ha: sarà inutile per te, rispondo io, utile per qualcun altro). Sul Magazine serviva una storia breve del primo periodo (celebrando appunto il sessantennale dello Spirito con la Scure, con due avventure inedite legate alle origini), che fosse considerata un “cult” da antologia. “L’Avvoltoio” (scelta da chi ha curato il Magazine) mi pare una soluzione perfetta. Solo il caso ha fatto sì che una collana indipendente, il “Classic”, fosse cronologicamente arrivata a riproporla a sua volta. Ma, ripeto, a mio avviso il Magazine è qualcosa di slegato dalle testate zagoriane (tant’è vero che di rado si occupa dello Spirito con la Scure) e mi ha fatto molto piacere che un numero sia stato dedicato all’eroe di Darkwood. Circa il fatto che l’Avvoltoio sia una storia “banale”, non direi. È una storia apparentemente semplice e lineare, ma che porta a riflettere (com’era nello stile di Nolitta) sulle ragioni del “cattivo” di turno, anche se è uno spietato criminale. Un esempio potrebbero essere i pirati cinesi di “Ombre”, che sono feroci e spietati ma sono stati ingaggiati tra gli operai vessati, sfruttati e sottopagati di un cantiere ferroviario: cattivi, dunque, ma a causa di qualcosa. Non ci dimentichiamo che negli anni Sessanta e Settanta Sergio Bonelli era convinto (e aveva ragione) di scrivere per un pubblico di ragazzini. Se adesso si pretendono storie più articolate, magari più adulte, è perché il fumetto è maturato anche grazie a racconti come “L’Avvoltoio”. Resta il fatto che se si giudicassero alcune storie nolittiane (tipo “I padroni del fuoco”) con gli stessi criteri con cui si valutano i racconti che escono oggi in edicola, temo che ci sarebbero molte cose da contestare. Ogni storia va inserita in un contesto, in un periodo. E per fortuna Bonelli poteva scrivere serenamente per il pubblico di allora, con divertimento suo e dei lettori.

16 – Caro Moreno, quali sono le tre storie, se esistono, meno “zagoriane”, non tanto per il comportamento dell’eroe, quanto per il tipo di storie che non si rifà al classico di Guido Nolitta?

Bisogna stare attenti a non confondere la “zagorianità” con la “nolittianità”. Sergio Bonelli ha scritto Zagor per vent’anni, ma il suo eroe ne ha appena compiuti sessanta. Ci sono quaranta anni di storie non nolittiane, che sono sedimentate e fanno parte anch’esse dell’evoluzione del personaggio. Per fare un esempio, e potrei qui citare il libo-intervista “Making Of Guido Nolitta” delle edizioni If in cui Sergio lo dice chiaramente, una delle caratteristiche della sceneggiatura nolittiana è quella di non staccare mai (o quasi mai) l’attenzione dal protagonista: il lettore segue l’eroe, vede quel che vede lui, scopre quel che scopre lui. Altri autori, me compreso (ma ultimo dopo tanti esempi altrui), invece mostrano cosa accade altrove, rivelano al lettore cose che Zagor non sa. Il modo di raccontare le storie, del resto, si è fatto più articolato sia in letteratura, che al cinema, che (inevitabilmente) nei fumetti. Potrei dire senza tema di smentite che la storia con Hellingen e il Wendigo scritta da Boselli non è nolittiana, ma è perfettamente zagoriana, perché lo Zagor di Boselli fa parte ormai della mitologia dello Spirito con la Scure. Un altro esempio è la storia di Sclavi sempre con Hellingen. Un terzo e ultimo esempio potrebbe essere mio, con “Darkwood Anno Zero”.

17 – Caro Moreno, ti scrivo perché sono un appassionato delle storie di Zagor e soprattutto di uno sceneggiatore come Giorgio Pezzin. Non sarà stato forse il migliore, oggettivamente parlando, ma una sua avventura è, a parer mio, indiscutibilmente bella. “La pista del West” si rifà ad un evento realmente accaduto ed il finale lascia spazio per un ritorno. E non sto solo dicendo per quanto riguarda i presunti ex cannibali riportati all’umanità che potrebbero riperdere a causa di un altro evento traumatico, come l’uccisione delle persone che li hanno accolti, ma di un cattivo che è da addebitare allo stuolo dei “minori”. Herrera, l’ultimo scampato della banda che lasciava i coloni alla fame ed alle intemperie della Sierra Blanca, è precipitato nel “ghiaccio liquido”, come lo definisce Cico. Lo stesso messicano rimane un ghiacciolo e Zagor ha una tempra straordinaria. Considerando il fatto che egli precipiti dalla stessa altezza dei due, e che possa essere riuscito a rimettersi a riva, potrebbe essere sopravvissuto, diventando un cannibale per conto suo, oppure meditando vendetta per lungo tempo dopo essere rimasto mezzo congelato. Una carovana successiva potrebbe averlo soccorso non sapendo della sua identità, pur denunciata alle autorità da Zagor. Insomma gli spunti sono tanti anche se tu insegni che gli spunti non bastano. Il lettore potrebbe chiedersi il perché abbia aspettato così tanto tempo, come abbia appunto potuto procurarsi del cibo in quei luoghi decisamente sperduti. Insomma ci sono tanti se e tanti ma, e non so nemmeno se un personaggio minore, anche possibilmente redento come lui, possa tornare alla ribalta. Ma ti chiedo se possa essercene la possibilità, se ti ricordi della storia, se ha qualcosa che ti intrighi per tale personaggio ed il suo destino, e se non mi sono forse dilungato un po’ troppo per quello che, a conti fatti, non è un villain memorabile per tutti quanti, anzi, forse solo per me…

Sono un estimatore delle storie di Giorgio Pezzin, soprattutto di quelle (extra-bonelliane) realizzate con Giorgio Cavazzano. Fra le sue storie zagoriane, “La pista del West” è senza dubbio la mia preferita (me la ricordo molto bene, tanto che ho scritto un articolo in proposito sul volume n° 73 dello Zagor di Repubblica, intitolato “La carovana dei disperati”). Il racconto prende chiaramente spunto da un tragico fatto reale, quello del cannibalismo a cui furono costretti i superstiti della carovana Donner. Ne ho parlato qui, recensendo il saggio “Il diavolo sulla sierra” di Angelo Solmi:

http://utilisputidiriflessione.blogspot.com/2016/07/il-diavolo-sulla-sierra.html

Anche Giancarlo Berardi ha tratto da questa tragedia una storia di Ken Parker. Va detto che su Zagor lo stesso argomento (quello della carovana bloccata sulle montagne e dei superstiti che si nutrono di carne umana) è stato affrontato anche nello Speciale “La leggenda di ‘Wandering’ Fitzy” e nell’albo de “Le origini” intitolato “Il demone cannibale”. Che si possa fare un sequel de “La pista del West” non è escluso, bisognerà però trovare un’idea che serva a non ripetere cose già viste.


18 – Caro Moreno, crede che vedere insieme il Conte di Lapalette e Bat Batterton mentre si è in cerca del tesoro di Priscilla Stanford possa essere più un’avventura comica che altro? Oppure crede che Batterton insieme a “Digging” Bill la possa far diventare comica ancora di più, visto che quando si parla di tesori nascosti il cercatore degli stessi non può certo tirarsi indietro?

Riguardo al tesoro di Priscilla Stanford (caduto in una fenditura del terreno) vedrei meglio in azione “Digging” Bill, appunto perché il suo soprannome significa “Bill lo scavatore”. Il conte di Lapalette mi pare più il tipo di svaligiatore di casseforti o di porte blindate. Del resto il nostro conte, pur simpatico (nonostante il suo mestiere) non è precisamente un personaggio comico, mentre la coppia “Digging” Bill e Bat Batterton è già stata sperimentata come felicemente umoristica. Non è detto però che si faccia una storia basata sui gioielli di Priscilla, né che, facendola, la si debba fare con risvolti comici come le due ambientate nella Casa del Terrore.

19 – Caro Moreno, avere un numero di pagine massimo entro il quale dover stare, porta lo sceneggiatore, a prescindere dalla propria bravura, ad accelerare alcune parti della storia che sta svolgendo, compreso il finale che, con i tempi che furono, avrebbe meritato ben più ampio respiro?

Il bravo sceneggiatore concorda con il suo editor il numero di tavole e poi si fa una scaletta in modo da non trovarsi a corto di tavole nel finale. Questo nel mondo ideale. Poi nei fatti non sempre tutto va nella maniera giusta.

20 – Gentile Moreno, quali sono secondo te i dieci personaggi più importanti della saga di Zagor, escludendo ovviamente dalla lista lo stesso Spirito con la Scure e Cico?

Mescolando amici e nemici? Direi, in ordine alfabetico, Bat Batterton, Bela Rakosi, “Digging” Bill, Fishleg, Hellingen, Icaro La Plume, Kandrax, Supermike, Tonka, “Wandering” Fitzy.

 



mercoledì 2 marzo 2022

L’acqua che urla (Zagor Più 4)

Tra le foreste del Michigan settentrionale divampa una rivolta indiana: la tribù dei Potawatomi si è sollevata contro i bianchi che hanno occupato le loro terre…

I pochi soldati superstiti, assediati nel proprio forte, attendono vanamente l’arrivo dei rinforzi…

Zagor, sulle tracce di una banda di trafficanti di armi, diventa dunque l’unica speranza di salvezza per i terrorizzati coloni della valle del Lost River… ma la sua è una disperata corsa contro il tempo!

* * *

Quarto albo della nuova collana speciale dedicata allo Spirito con la Scure che ha sostituito il Maxi Zagor e che pubblica nei numeri dispari i cosiddetti Racconti di Darkwood (ovvero 5 storie brevi affidate ad altrettanti team creativi) mentre nei numeri pari presenta un’unica storia inedita che occupa tutte le 190 tavole disegnate dell’albo.

Questo numero è sceneggiato dall’amico Luca Barbieri, grandissimo saggista dell’epopea dell’Ovest Americano (ma autore anche di tanti altri testi) e curatore della collana fantasy Dragonero, qui alle prese con la sua prima storia “lunga” dello Spirito con la Scure.

Zagor e Cico si trovano nel  Michigan settentrionale sulle tracce di alcuni mercanti d’armi che riescono a sgominare, tuttavia solo dopo che i fucili sono purtroppo già stati consegnati; successivamente, i due amici prestano soccorso a un convoglio militare assaltato da un gruppo di indiani Potawatomi, armati proprio con i fucili dei mercanti. La guida della carovana, Thomas Howlett, informa Zagor che è in atto una rivolta indiana e Fort Rhymes, dove il convoglio è diretto, è rimasto l’ultimo baluardo sul territorio.

Zagor e Cico si uniscono ai militari per raggiungere il forte e durante il viaggio sono costretti a scontrarsi una seconda volta con i Potawatomi. Giunti a Fort Rhymes, Zagor si confronta con il maggiore Hudson, che non si dimostra disponibile a capire le ragioni della rivolta dei Potawatomi e a trattare con loro, nonostante ciò vada a discapito della sicurezza dei molti coloni presenti nella valle del Lost River.

È proprio a questo punto che, nonostante il parere contrario di Hudson, Zagor decide di lasciarsi coinvolgere personalmente in una missione di salvataggio in favore di una famiglia di coloni (fra i quali vi è anche una donna incinta) che non ha potuto rifugiarsi nel forte. Inizia così la narrazione della parte centrale della vicenda, dove assistiamo alle difficoltà che deve affrontare lo Spirito con la Scure nella sua impresa, tra agguati dei Potawatomi e un tremendo salto dall’Acqua che Urla (quella citata nel titolo dell’albo). Purtroppo, Zagor riuscirà a ricondurre al forte sana e salva solo Jean, la giovane colona in dolce attesa.

Ed è solo allora che i lettori scoprono il vero motivo della rivolta indiana: Zagor viene convocato ad un incontro con l’anziano pellerossa Uncas, che gli rivela che il maggiore Hudson aveva fatto impiccare il figlio del capo tribù dei Potawatomi Adizoke per il furto di un cavallo, facendo seguire una missione punitiva in cui i soldati avevano massacrato la gente pacifica e inerme di un villaggio indiano. Per risolvere la questione in modo definitivo ed evitare altro spargimento di sangue, Uncas incarica Zagor di portare un messaggio ad Hudson: se egli si presenterà all’accampamento dei Potawatomi accettando un duello all’ultimo sangue con Adizoke, chiunque dovesse risultare vincitore, i soldati e i coloni potranno allontanarsi indisturbati dal forte.

Il maggiore Hudson accetta la sfida e il duello si conclude nel più tragico dei modi: entrambi i contendenti periscono trafitti dai rispettivi coltelli.

I Potawatomi mantengono la promessa e tutti i bianchi possono lasciare Fort Rhymes. Pur non essendovi un vero e proprio lieto fine, poiché sembra ormai impossibile una pacifica convivenza tra i due popoli, un raggio di speranza rimane, simboleggiato dalla neonata bambina di Jean che viene chiamata Hope!

Luca Barbieri ha scritto una bel racconto western ricco di azione, declinato (come scrive Moreno Burattini nell’introduzione dell’albo) “alla maniera zagoriana, teso e drammatico, inseribile nel filone de La rabbia degli Osages”, seppure più violento e realistico.

Molto ben caratterizzato Zagor, sempre teso alla ricerca di un modo non violento per risolvere la situazione, ma anche deciso e dinamico nel suo agire, generoso e disinteressato quanto di tratta di mettersi in gioco per il bene degli altri.

Ottime anche le gags umoristiche di Cico, inserite in modo molto appropriato nel corso della narrazione, sia quando è alle prese con un ghiottone/wolverine che gli sottrae sistematicamente il cibo, sia quando viene messo a confronto con il pingue soldato Dukes che gli dà manforte nello svuotare la dispensa dell’esercito.

Ma lasciano il segno anche i diversi comprimari, tra i quali spiccano il maggiore Hudson (classico ufficiale dell’esercito guerrafondaio e ottuso, ma che rivela il suo spessore accettando il rischio di pagare di persona per salvare la vita dei suoi uomini e dei coloni) e la guida Thomas Howlett, coraggioso, leale e pieno di buon senso.

A proposito di quest’ultimo, credo di avere scoperto un inside joke dello sceneggiatore: il suo viso ricorda quello di Wolverine, il famoso personaggio mutante della Marvel Comics, e anche il suo nome (Thomas Howlett) lo richiama. Risulta infatti essere un compendio di quelli del padre biologico di Wolverine (Thomas Logan) e di Wolverine stesso (James Howlett, cognome mutuato dal marito di sua madre, John Howlett).

Convincente anche la prova di Emanuele Barison ai disegni (questa è la sua quinta avventura zagoriana). Per quanto personalmente non apprezzi appieno il suo uso dei “neri”, devo dire che in questo caso, nelle scene notturne nella foresta, essi risultano particolarmente efficaci. Nelle scene d’azione la plasticità delle figure è resa ottimamente e se nei campi lunghi, a volte, le espressioni dei volti sono appena accennate, nei primi piani riflettono molto bene i sentimenti provati dai personaggi.