venerdì 30 dicembre 2022

Ultime recensioni dell’anno (Zagor Gigante 686/688 + Zagor Più 7 + Color Zagor n. 16)

Complici un accavallarsi di situazioni lavorative

e la mia innata pigrizia, in questi ultimi tempi

sono rimasto un po’ indietro con le recensioni

degli albi zagoriani.

Ecco allora che, ormai giunti alle soglie del nuovo anno,

commenterò brevemente qui di seguito l’ultima avventura completa

apparsa nella serie regolare, lo Zagor Più n. 7

e il Color Zagor n. 16.

 

MASSACRO!

Rufus Dowler, un folle assassino, membro di una famiglia di naufragatori affrontata in passato da Zagor a Sandag Bay, è fuggito dal manicomio criminale dove era rinchiuso e sta cercando Norah, la figlia dell’ex sceriffo di Sandag Bay, Abe Kirk, dal cui ricordo è ossessionato. Abe e Norah arrivano a Darkwood in cerca dell’aiuto dello Spirito con la Scure, che si getta sulle tracce dell’assassino seguendo una lunga pista di sangue.

Il folle Rufus Dowler giunge a Warren Town, dove, Zagor e lo sceriffo del luogo, Bill Parson, gli hanno teso una trappola per catturarlo, facendo riparare la donna e suo padre in una capanna nascosta in una gola.

Ma nella vicenda entrano in scena anche una banda di Delaware, ribelli guidati da Becco di Corvo e da Volpe Nera (che si oppongono al saggio sakem Tuono Rosso), e la spietata Mama Jane con la sua famiglia di contrabbandieri di whisky, i Crow. Rimasto ferito in uno scontro, Rufus è stato soccorso e curato da questi criminali, che lo ricoverano nella loro capanna. Sulle loro tracce, Zagor i guerrieri di Tuono Rosso giungono sul luogo, ma i criminali hanno una inaspettata carta da giocare…

Diciamo subito che non si tratta di una delle più riuscite storie di Jacopo Rauch.

Sebbene la figura del maniaco serial-killer, stolido e omicida, (di chiara ispirazione hollywoodiana, si pensi al Jason Voorhees di “Venerdì 13” o al Michael Myers di “Halloween”) si possa dire una novità nella saga zagoriana e la storia in sé sia scorrevole e di piacevole lettura (Rauch il suo mestiere lo sa comunque fare bene), si tratta in realtà di una storia di pura azione il cui svolgimento è abbastanza prevedibile.

Vi sono naturalmente anche aspetti apprezzabili: la famiglia disfunzionale della spietata Mama Jane (la vera cattiva della storia) che in certi momenti “ruba” proprio la scena; la trama che appare concludersi al termine del secondo albo salvo poi riprendere vigore con una situazione completamente ribaltata a vantaggio dei “cattivi”, per poi concludersi (di nuovo) positivamente per Zagor e i suoi alleati; il finale che sa toccare le corde giuste del cuore e porta a riflettere anche sulla natura di un assassino seriale e sui motivi che lo abbiano portato a divenire tale.

I disegni del salernitano Luigi Coppola (proveniente dalla “scuderia” di Martin Mystère) sono quanto di più classico ci possa essere, tanto da avermi ricordato il Torricelli prima maniera, con posture e rifacimenti pedissequamente “ferriani”. Forse un po’ poco dinamici, ma leggibili e puliti.

* * *

LA MACCHINA DEL TEMPO

Questo volume presenta per la quarta volta in questa collana (che, lo ricordo per i più distratti, ha sostituito il “vecchio” Maxi Zagor) il format ormai famoso noto come “I racconti di Darkwood”: una serie di brevi avventure racchiuse da una storia “cornice” che funge da incipit, raccordo e chiusura. Il titolo complessivo di questo albo è La macchina del tempo.

Sotto la consueta copertina del bravissimo Alessandro Piccinelli troviamo quattro storie brevi narrate da Zagor e Cico a un gruppo di persone inviate dalla base di Altrove, del quale fanno parte i già conosciuti Jesse e Roberts, convocati dallo Spirito con la Scure per indagare su uno strano fenomeno che coinvolge una macchina del tempo approdata a Darkwood dal futuro. Li ascolteremo narrare di un villaggio dove regna la follia, di un ragazzo indiano alla ricerca del suo Spirito Guida, dell’orrore celato sul fondo di un oscuro crepaccio, di un uomo venuto dal futuro… il tutto in un susseguirsi di mistero ed avventura!

Tutti i racconti sono accomunati da un’ambientazione horror, fantascientifica o, comunque, misteriosa.

La “storia cornice” scritta da Antonio Serra, funge qui, più che nei numeri passati, da mera occasione per la narrazione delle altre avventure. I disegni, di stampo decisamente classico, sono dell’habitué Stefano Voltolini. Il momento più divertente e significativo mi è sembrato il “ridimensionamento” dell’egocentrico uomo d’azione Muldoon.

Il primo racconto, “La piantagione dell’orrore, vede protagonisti Zagor e Cico che devono confrontarsi con un intero villaggio i cui abitanti hanno perso il senno a causa di un esperimento scientifico troppo azzardato e che, indossando maschere di cinghiale, catturano le persone per seviziarle e ucciderle. La sceneggiatura è di Francesco Testi mentre i disegni sono affidati a un disegnatore storico della scuderia zagoriana: Raffaele Della Monica. Nella storia ho trovato dei “richiami” al racconto kinghiano “I figli del grano” e la scoperta del diario del dottore mi ha ricordato lo stesso escamotage usato da Nolitta ne “L’uomo lupo”.

La seconda storia, “Territorio shawnee, sceneggiata da Antonio Zamberletti, è la più “poetica” dell’albo ed è narrata su due piani temporali, attingendo a piene mani dalla mitologia pellerossa e presentando due personaggi davvero interessanti: Janek Vaslav e il ragazzino shawnee Ehly. I disegni sono di un altro decano degli illustratori zagoriani: il sempre bravo Marco Torricelli.

La fossa di Moreno Burattini è – a mio avviso – la storia migliore del volume. Zagor deve confrontarsi con un feroce tribù di indiani che è solita sacrificare i propri prigionieri gettandoli in una “fossa dell’orrore” (nulla, comunque, di soprannaturale). Ai disegni troviamo Paolo Bisi (non lo vedevamo da un po’) che è bravissimo ad utilizzare la tecnica della mezzatinta con acquarelli grigi, impreziosendo così ancor di più il racconto.

Il disegnatore dal tratto più innovativo è il cagliaritano Fabiano Ambu (proveniente da Dampyr, qui alla sua prima prova zagoriana) che troviamo a illustrare l’ultimo racconto intitolato L’uomo venuto dal futuro”, la cui sceneggiatura è sempre di Antonio Serra. La storia si ricollega direttamente a quella della “cornice” e ci narra di come Zagor, con l’aiuto di un marchingegno consegnatogli da Roxton (un uomo proveniente dal futuro) riesce ad avere ragione di Zellar (altro uomo della stessa linea temporale del primo) che vorrebbe uccidere lo Spirito con la Scure per impedirgli di sconfiggere Hellingen e dargli modo di dominare il mondo!

* * *

Il mio giudizio sul volume nel suo complesso è sostanzialmente positivo. Anche l’ultima storia, quella fantascientifica, che avrebbe potuto far storcere il naso agli zagoriani più tradizionalisti, in realtà è davvero ben scritta e – comunque – è ambientata a Darkwood in un contesto ben consueto, ha degli agganci di continuity con la saga di Hellingen e (fortunatamente) non è Zagor ad essere spedito a “spasso nel tempo”…

* * *

 LA NAVE VOLANTE


La città atlantidea di Ol Undas, rimasta celata per millenni sulla cima di una altissima rupe, è stata distrutta (e tutti i suoi abitanti uccisi) da mostri creati artificialmente da Saltur, uno scienziato intenzionato a farne il suo esercito personale per prendere il potere e partire alla conquista del mondo.

Per sgominare la minaccia dei mostri rimasti sulla torre di pietra, guidati da un capo primate chiamato Serkis che sembra dotato di intelligenza superiore, Zagor e Scarlet (la figlia adottiva del pioniere del volo Icaro La Plume) guidano fino a Ol Undas una macchina volante progettata dal Barone, scortati da una squadra di militari e da uno scienziato di Altrove.

Trattasi del terzo e ultimo episodio della mini-saga ambientata ad Ol Undas, un insediamento atlantideo rimasto per millenni nascosto sulla cima di un’altissima rupe.

La prima puntata risale al 1990 con “La città sopra il mondo” (Zagor Speciale n. 3), una storia sceneggiata da Marcello Toninelli e illustrata da Gallieno Ferri; a trent’anni esatti di distanza Moreno Burattini e Mirko Perniola hanno pensato di dare un seguito a quella prima avventura per celebrarne l’anniversario e per spiegare alcune questioni rimaste in sospeso (“Il rapimento di Icaro La Plume” – Color Zagor n. 11).

Con il presente Color (disegnato, come il precedente del 2020, da Fabrizio Russo e sceneggiato dal solo Mirko Perniola) vengono tirate le fila della vicenda e portate alla loro conclusione.

Devo dire che, in buona sostanza, la trama non si discosta di molto dai plot precedenti (continui scontri con i mostri della città, che per l’occasione sono riusciti a scendere sul territorio americano e minacciano l’inerme popolazione civile). Nulla di speciale, quindi, se non il fatto di scoprire che lo scimmione intelligente Serkis (il cui nome è un omaggio all’attore che ha impersonato lo scimmione Cesare nel nuovo franchise de “Il pianeta dele scimmie”) è in realtà il malvagio Saltur imprigionato nel corpo del primate e che alla fine Ol Undas collassa su se stessa per sempre!

Da segnalare, inoltre, che l’ultima pagina presenta una specie di “colpo di scena” allorquando scopriamo che gli scienziati di Altrove hanno recuperato un marchingegno che ha registrato il funzionamento dei macchinari che hanno permesso a un’intera città di auto sostenersi per millenni… e che quindi, nonostante la distruzione della città,  la loro missione è stata comunque un successo!

Ottimi i disegni del sempre bravo Fabrizio Russo.

* * *

In conclusione, auguro a tutti voi un’ottima

fine del corrente anno e un favoloso inizio 2023!!!

 

mercoledì 21 dicembre 2022

Pizzata natalizia Forum SCLS (14.12.2022)

Dopo ben tre anni (causa pandemia),

finalmente il 14 dicembre scorso il Forum spiritoconlascure.it

è riuscito ad organizzare nuovamente

la pizzata natalizia ambrosiana

in compagnia di autori e disegnatori zagoriani.

Dal canto mio, da bravo fotoreporter,

ho immortalato qualche momento della giornata.

Ecco quindi a voi qualche foto dell’evento

e qualche sketch realizzato dai disegnatori presenti...

 

Spazio alle immagini!

 

Prima della pizzata sono stato invitato in redazione

da Moreno Burattini.

Lì, oltre ad aver potuto ammirare

le tavole originali delle storie in lavorazione

di Joevito Nuccio e Marco Verni

(che per motivi di segretezza redazionale

non vi posso mostrare),

ho scattato queste fotografie:

 

Moreno Burattini con due disegni originali di Anna Lazzarini


Joevito Nuccio al lavoro


Moreno Burattini visiona le ultime tavole originali

di Marco Verni della storia con Supermike


Moreno Burattini spiega alcune cose fondamentali

a Joevito Nuccio e Marco Verni



Appeso alla finestra alle spalle della scrivania di Moreno

campeggiava questo bellissimo orologio in 3D zagoriano

realizzato da un lettore e donato alla redazione…

non ho potuto fare a meno di fotografarlo!


Passiamo alle fotografie scattate in pizzeria.

Questo è il dehors, chiuso e riscaldato,

riservato al Forum



A questo tavolo, insieme a due forumisti,

potete vedere Moreno Burattini,

Fabrizio Russo e Anna Lazzarini


Di spalle Alessandro Piccinelli e Joevito Nuccio

Di fronte Oscar Scalco e Mirko Perniola


Joevito Nuccio e Alessandro Piccinelli

(di spalle Marco Verni)


Gianni Sedioli e Roberto Piere



Un brindisi con il vostro Baltorr,

l’amico Ivano “Cain68” Carzaniga,

Gianni Sedioli e Roberto Piere


Quelli che seguono sono i selfies che ho fatto

con vari autori e disegnatori:

con Joevito Nuccio e Moreno Burattini


con Alessandro Piccinelli e Mirko Perniola


con l’amico Rossano Pagliai e Tino Adamo


con Oscar Scalco


con Roberto Piere


con Gianni Sedioli


con Fabrizio Russo


con Anna Lazzarini


Per finire, alcuni sketch eseguiti

sul registro dei raduni del Forum SCLS:

Gianni Sedioli


Roberto Piere


Oscar Scalco


Marco Verni


Mirko Perniola


Moreno Burattini


Alessandro Piccinelli


Anna Lazzarini


Fabrizio Russo


E con questo è tutto!

Ringrazio gli organizzatori del Forum SCLS

per essere riusciti a riportare in auge

le nostre pizzate ed aver dato modo a 28

persone del mondo zagoriano

di ritrovarsi ancora insieme appassionatamente!!!

Alla prossima!

 


mercoledì 30 novembre 2022

A DOMANDA… MORENO RISPONDE (52)

A un mese e mezzo di distanza

dalla “puntata precedente”

ecco a voi un nuovo appuntamento

con la rubrica

A domanda… Moreno risponde”!


Questa volta si parlerà di “Incubi!”,

del Colonnello Perry, delle storie

ad ampio respiro, di Linneha la Cacciatrice,

e delle storie “fantascientifiche” di Tex.


Ma anche delle “famigerate” didascalie,

degli avversari più deludenti della saga zagoriana,

di Giorgio Giusfredi, di “Bandera!”,

dell’omaggio “grafico” a Mauro Boselli

nell’ultimo Zagor Color… e di molto altro ancora!


Ringraziando come di consueto Moreno

per il tempo che ci dedica e per la sua disponibilità,

non mi resta che lasciarvi alla lettura!


1 – Caro Moreno, scrivo queste righe per chiederti: è tua intenzione scrivere il sequel di una storia che ha fatto sempre molto discutere, e che ha portato in gioco la questione degli universi paralleli: “Incubi!”?


“Incubi” (1988) è una storia inserita in una saga, quella di Hellingen, che ha già avuto vari seguiti, scritti da Mauro Boselli e da me (ci sono stati altri capitoli successivi, insomma: almeno tre o quattro, a seconda di come si considerano spezzate le storie disposte in continuità). Da un punto di vista puramente cronologico, il sequel di “Incubi” è stato sceneggiato da Boselli con la lunga avventura che comincia con l’albo “Ombre su Darkwood” (1996). Ricordo che l’intera saga di Zagor contro Hellingen è stata raccolta in una serie di sette volumi da poco completata. Se però la domanda si riferisce alla possibilità di ricreare in una nuova avventura la “fine del mondo” immaginata da Sclavi, con la realtà impazzita attorno allo Spirito con la Scure (frutto del delirio del mad doctor), e magari spiegarne meglio il senso, direi proprio di no, almeno per quanto mi riguarda. “Incubi” è un racconto che appartiene all’universo letterario sclaviano, più che nolittiano, quindi è una prova d’autore in cui volutamente si riconosce la personalissima calligrafia di uno sceneggiatore conscio del proprio talento e che pertanto non fa niente per “nascondersi”. Si tratta dunque di una storia a sé stante, che reputo intoccabile nella sua unicità.


2 – Caro Moreno, quando il Colonnello Perry è apparso per la prima volta nella serie, Zagor e l’ufficiale medico parevano conoscersi già. Ci verrà quindi mai narrato il primo incontro fra i due?


A volte gli sceneggiatori introducono nuovi personaggi facendoli incontrare a Zagor e Cico come vecchie conoscenze: questo serve a dare la sensazione di un racconto reale, con protagonisti che vivono in un contesti di rapporti pregressi. È come se volessimo far credere che i nostri eroi conducano una vita anche al di fuori delle vicende raccontate, come se esistesse veramente il loro mondo. Sarebbe perfino noioso, oltre che difficile, dover costruire storie in cui i personaggi o già sono noti al lettore o Zagor li debba incontrare tutti per la prima volta. Lo Spirito con la Scure entra in saloon o in trading post in cui sicuramente è già stato e saluta persone che già conosce anche se il lettore li vede per la prima volta. Faceva così anche Nolitta, l’esempio più lampante è quello de “La preda umana”, in cui Zagor si reca a un rendez-vous dei trappers, di cui mai si era parlato in precedenza ai lettori, e viene accolto da tutti come un vecchio amico. Proprio salutando i mountain men uno per uno, lo Spirito con la Scure li presenta al lettore. Lo stesso accade, del resto, nell’avventura d’esordio, “La foresta degli agguati”, allorché lo Spirito con la Scure entra in fortino di cacciatori di pellicce, Fort Henry, e viene riconosciuto e salutato da tutti, dimostrandosi particolarmente amico di un certo Pat, a capo dell’avamposto  Riguardo a Perry, una parte del suo passato è già stato narrato in un Color in cui era co-protagonista. Niente vieta che ci possano essere altre retrospettive, se utili a dare spessore a una bella storia.


3 – Caro Moreno, una volta scrivevi storie ad ampio respiro (Il gigante di pietra, La mummia delle Ande, per fare due esempi). Ora sembra che tu preferisca scrivere episodi più brevi, ma a mio avviso le storie di Zagor dovrebbero essere molto più complesse e articolate, un po’ come succede su Tex. Sembra che lo Zagor odierno sia semplificato rispetto al passato. Cosa ne pensi?


Nel corso del 2022 in realtà è uscita una mia storia con Mortimer lunga tre albi e un’altra dedicata al passato di Rochas ugualmente in tre puntate è cominciata con il mese di dicembre. Forse parlando di storie “di più ampio respiro” ti riferisci ad avventure ancora più lunghe, sopra le trecento tavole, magari in quattro parti. Ne sto scrivendo proprio una che probabilmente raggiungerà le quattrocento pagine, quella del ritorno di Supermike. Però, non mi pare che né su Zagor né su Tex la regola sia (né sia mai stata) quella delle storie lunghe più di tre albi, anzi, quelle in quattro o cinque sono statisticamente eventi eccezionali. Ciò detto, ci sono difficoltà oggettive nel portare a termine una storia a fumetti lunga come “Il gigante di pietra” o “La palude dei forzati”: al di là della necessità di trovare una trama che regga la lunga distanza, è inevitabile notare come i disegnatori di oggi realizzino un minor numero di tavole ogni mese rispetto alla produzione dei loro colleghi (o di loro stessi) in tempi passati. Tenere impegnato un illustratore su un racconto molto lungo significa bloccarlo su quel lavoro per anni e anni (tre, quattro, cinque), con il rischio costante di incidenti di percorso o rallentamenti (è ovvio peraltro che gli investimenti fatti dalla casa editrice sul work in progress rientreranno peraltro solo a storia pubblicata). Non è neppure detto che una storia in quattro albi sia per forza più bella di una in tre o in due (o in uno). Ogni storia deve avere la lunghezza richiesta dagli sviluppi della trama, allungare il brodo non migliora la qualità del racconto. Aggiungo che, in generale, i tempi di fruizione di qualsiasi contenuto multimediale (non solo fumetti ma video, libri, brani musicali) tendono a essere più brevi, i ritmi dei film si sono fatti più sincopati, la comunicazione avviene in modo più rapido. Gli autori, me compreso, lo percepiscono e, talvolta perfino involontariamente, si adeguano. Noi possiamo anche apprezzare le storie-fiume, ma nel mondo che ci circonda ci sarà sempre più spesso chi si spaventerà o storcerà la bocca o sarà scoraggiato di fronte a una storia a fumetti che gli venga proposta in quattrocento o cinquecento pagine.


4 – Gentile Moreno, pur essendo la storia “Fantasmi!” decisamente sopra le righe, c’è un fatto che mi ha sempre lasciato perplesso, ad ogni rilettura. Sappiamo che Jeremiah faceva da tramite fra Tampa Town e l’Isola delle Trenta Bare e che finisce in cenere insieme alla sua casa ma... ne è stato mai trovato il cadavere? Da semplice fan, cosa ha pensato della sua fine una volta anche lei per la prima volta quell’avventura qualche tempo fa?


Ho pensato che si trattava di una storia troppo sopra le righe per pormi troppe domande. Mi sono divertito con le trovate proposte da Castelli e Pini Segna, ho colto le evidenti citazioni da Carl Barks, e mi è bastato questo divertimento.


5 – Gentile Moreno, dopo essermi gustato fino allo sfinimento l’avventura (per adesso la prima) che ha visto protagonista la Cacciatrice Linneha, mi viene spontaneo chiederti se possa esserci in programma un team-up fra la stessa Linneha, la quale ha come missione quella di vendicare i torti subiti dagli indiani, e Odonak, l’indiano Abenaki di “Corpo speciale”, intenzionato a scoprire chi sia e dove si trovi Patrick Wilding per vendicare la strage raccontata in “Zagor Racconta...” e nella miniserie “Le Origini”. Dopotutto Zagor ha nel sua passato quell’eccidio che non potrà mai dimenticare, Odonak lo cerca per questo e Linneha è, appunto, nella condizione di vendicare un massacro di indiani da parte di un bianco, magari mettendo a repentaglio l’operato della Spirito con la Scure rivelando al mondo, e quindi soprattutto agli indiani, che l’Inviato di Manito abbia un grave peccato sulla coscienza. Il personaggio di Linneha non si presterebbe molto a questo “spiffero”, ma Odonak non dovrebbe avere problemi a mettere le cose in chiaro fra la vera identità di Zagor ed il massacro degli Abenaki. Cosa ne pensi?


Innanzitutto sono molto lieto dell’apprezzamento per la Cacciatrice, segno che qualche volta le ciambelle riescono con il buco. Poi, l’idea suggerita mi sembra ottima. Ma come fare a sfruttarla utilizzandola come se fosse mia dopo che è stata proposta in pubblico in questa sede? Intanto c’è una seconda avventura in arrivo il cui argomento è diverso, poi vedremo.


6 – Caro Moreno, quali sono, secondo te, i cinque avversari più deludenti dell’intera Saga Zagoriana... e perché?


Ovviamente mi starai chiedendo di avversari comunque degni di nota e di menzione, in grado di essere ricordati e identificati immediatamente (di banditi anonimi senza spessore è piena la serie). Mi presto al gioco, ché di questo si tratta, anche se non dovrei (potendo sembrare che stia criticando il lavoro degli altri). Il mitico Stiletto, quanto ad avversari deludenti, viene prima di tutti. Chi segue questa rubrica sa perché. Poi c’è Nakawa, il figlio di Kanoxen (vedi “La lancia spezzata”), che pianta un sacco di grane per vendicare il padre e quando viene a sapere che il sakem dei Delaware è morto cadendo nelle sabbie mobili e non per mano di Zagor, chiede scusa e se ne va come se nulla fosse (e lo Spirito con la Scure lo lascia andare). Al terzo posto metterei l’Uomo Invisibile: uno spunto interessante che poteva essere sfruttato meglio. Al quarto posto l’Uomo Dipinto, che non mi è mai piaciuto perché troppo bizzarro e sopra le righe. Concluderei con un villain di mia ideazione, dato che non posso esimermi dal figurare in questa classifica: temo che  la mia versione di Swamp Thing, ovvero la creatura che comanda i vegetali nello Speciale “Palude mortale”, non sia riuscita come era nelle mie speranze.


7 – Gentile Moreno, quali altre storie, scritte dal vero Edgar Allan Poe, le piacerebbe immettere nella saga di Zagor, con lo stesso personaggio di Poe come co-protagonista?


Tutte.


8 – Caro Moreno, ti scrivo per chiedere una cosa riguardante la storia “La vendicatrice” da poco giunta in edicola. Quando decide di scalare la palizzata in legno, non riesce a fare il minimo rumore pur mettendoci forza nell’usare il coltello per mantenerlo attaccato alla stessa palizzata. Possibile che le sentinelle non se ne possano essere accorte e ti sembra possibile che, davvero, non sia stato avvertito neanche il più minimo rumore verso un’azione che di rumore invece avrebbe dovuto farne, eccome?


Se si applicasse questo principio (quello della massima pignoleria nell’esame della credibilità dei particolari) nell’analisi di ogni storia (non solo di Zagor e non solo a fumetti, ma anche dei film d’azione) resterebbero ben poche avventure uscite indenni dal crivello delle critiche. Tanto per cominciare, sarebbe perfino impossibile credere al volo di Zagor tra i rami degli alberi. Tuttavia, ripensando al caso in questione, mi pare che si possano fornire alcune ragionevoli spiegazioni. Primo: la Cacciatrice è estremamente abile, una sorta di ninja pellerossa, e dunque saprà lei come si fa a non far rumore o a produrne poco. Secondo: la Cacciatrice è estremamente veloce e dunque il rumore provocato si esaurisce in pochi istanti restituendo subito il posto al silenzio: se anche qualcuno ha sentito qualcosa, rimarrà a interrogarsi in proposito e verrà attaccato prima di poterne capire l’origine. Terzo: le sentinelle possono essere distratte, lontane, mezze sorde, un po’ addormentate, un po’ alticce, soprappensiero (chi lo sa?), non è detto che gli uomini di guardia, peraltro ignari del pericolo che neppure sospettano, siano sempre lucidi, efficienti e con i sensi e i nervi tesi. Quarto: anche delle sentinelle lucide ed efficienti, che hanno sentito degli strani rumori, possono attribuirli alle origini più diverse e disparate, e innocue, come causati da animali, da oggetti caduti, da finestre fatte sbattere dal vento; non è così scontato che un TOC nella notte venga immediatamente attribuito a una donna indiana che si arrampica lungo la palizzata usando un coltello e una scure, e in ogni caso prima che una sentinella possa concepire un pensiero del genere senza aver visto nulla nell’oscurità, la Cacciatrice è già arrivata in cima.


9 – Gentile Moreno, crede possibile riportare in scena un torneo di boxe, con i vari Rocky Thorpe, lo stesso Zagor, Cucciolo e Rocky Buck, apparso ne “Il popolo della notte”, oltre che altri cultori di quello sport per una storia concentrata sul mondo del pugilato ma, ovviamente, differente da quanto ci è stato già narrato in precedenza?


Personalmente non ho molta simpatia per gli incontri di pugilato, e di storie incentrate su tornei di sfide sul ring ne abbiamo avute almeno tre o quattro. Sarebbe difficile pensare a qualcosa sullo stesso argomento che non ripeta quanto già visto. Però so che la boxe, nelle sue varie versioni ed evoluzioni, fa parte della storia dell’uomo fin dall’antichità, so che incarna e simboleggia temi archetipici so che ha ispirato la letteratura, il cinema e il fumetto, so che Giovanni Luigi Bonelli era un boxeur appassionato. Perciò credo che prima o poi torneremo a parlare di pugilato anche su Zagor, in un modo o nell’altro. Non lo farò io, ma sono sicuro che qualcun altro farà delle proposte, che valuterò senza pregiudizi.


10 – Caro Moreno, hai detto di essere stato un sottoposto di Mauro Boselli mentre quest’ultimo era curatore di Zagor. La stessa cosa sta accadendo per Giorgio Giusfredi con Mauro Boselli curatore di Tex. Ti chiedo: visto che lo stesso Giusfredi scrive anche per Zagor, cosa hai notato in lui di simile per quanto riguarda ciò che entrambi avete imparato da Boselli per i soggetti e le sceneggiature e cosa, invece, noti di differente tra i vostri due modi di scrivere?


Giorgio Giusfredi racconta spesso (l’ha fatto anche durante l’incontro zagoriano nel corso della recente Lucca Comics) di essersi convinto di voler fare da grande lo sceneggiatore di fumetti proprio ascoltando da bambino (accompagnato dal babbo) una mia conferenza in cui spiegavo ai ragazzi in che cosa consistesse il mestiere che facevo. Io rispondo sempre: dunque, se ti abbiamo tra i piedi, la colpa è mia. Tra me e lui ci sono 22 anni di differenza (potrei essere suo padre), quindi inevitabilmente ci sono molte diversità nella nostra formazione (letture, studi, film e cartoni animati visti, incontri fatti), tuttavia la passione verso il mondo in cui lavoriamo (avendo fortemente voluto lavorarci e fatto di tutto per riuscirci) è la stessa. Forse il suo legame con Boselli è più forte del mio, nel senso che quando ho cominciato a collaborare con Mauro (nove anni più anziano di me) ero già trentenne e dunque con un certo bagaglio di esperienza che il Bos mi ha aiutato a perfezionare, credo che Giorgio invece abbia mosso proprio con lui i suoi primi passi. Giusfredi ha poi frequentato i corsi di scrittura creativa di Sebastiano Mondadori (io, letterariamente parlando, sono autodidatta) e ha avuto - e credo ancora abbia - ambizioni letterarie (come Boselli, è coltissimo quanto a letture), in più è un grande appassionato di cinema (questo lo accomuna a Maurizio Colombo, del quale è molto amico). Quali le differenze fra noi due nel modo di scrivere? Io credo di essere più quadrato e razionale nella costruzione delle storie, e ambisco alla facilità di lettura; lui è visionario, bizzarro e sopra le righe.


11 – Gentile Moreno, ho letto con piacere che scriverà una storia dal sapore fantascientifico per Tex. A questo proposito, oltre a chiederle quali siano le sue storie fantascientifiche preferite sia per il Ranger che per Zagor, mi è venuto in mente come sia possibile che in tanti anni non sia stata ripresa una storia come “Il fiore della morte”. Se non ricordo male, la metà di uno di quei fiori dovrebbe essere ancora nelle mani del Morisco. Un incidente, un urto, una rapina riguardante oggetti antichi e misteriosi (tutto troppo banale vero?) che possa in qualche modo distruggere il contenitore di quel fiore e far tornare alla vita quel pezzo di storia texiana che vive ancora, quantomeno nel sottoscritto. Sarebbe almeno da provarci, non trova?


Essendo uno zagoriano, e quindi abituato alla contaminazione dei generi, ho sempre apprezzato molto le storie fantastiche di Tex, che mi sono rimaste impresse (se ripenso alle mie letture da ragazzino) molto più di quelle western. Il podio va naturalmente alla saga di Mefisto, ma anche racconti in cui compare El Morisco sono in cima alla mia personale classifica di gradimento. Tant’è vero che proprio il Brujo è protagonista insieme ai pards della trama portata avanti con Michele Rubini nelle 220 tavole che usciranno in due albi nei primi mesi del 2023. Mi rendo conto che la domanda in realtà verte sulle storie “fantascientifiche” e non tutte quelle con El Morisco lo sono (e non lo sono affatto quelle con Mefisto). Fantascientifica lo è di sicuro “Il fiore della morte”, così come un racconto dello stesso genere scritto da Mauro Boselli, “La minaccia nel deserto” (anche qui c’è un meteorite caduto dal cielo che diffonde una sorta di epidemia aliena, con organismi extraterrestri che si impossessano di corpi umani). Non metterei tra le mie preferite, invece, la storia dell’alieno squamoso che Tex affronta in una vecchia storia di G. L. Bonelli, mentre “Le terre dell’abisso” sì, mi è sempre piaciuta. Riguardo a Zagor, dove la fantascienza è più di casa, al primo posto ci vanno le avventure contro Helligen e le sue invenzioni decisamente futuribili (Titan, lo Squalus, il missili telecomandati). Tornando al “Fiore della morte”, io ho proposto a Boselli di far tornare Tex nei luoghi fantastici di certe storie del vecchio Gianluigi, scrivendo i sequel delle vicende sulla e nella Tigre di Pietra piuttosto che nelle già citate Terre dell’Abisso, e certamente potrebbero tornare in scena anche per le mortali piante spinose che tanto ci hanno impressionato (al pari del monaco incappucciato che rimesta nella lava della Sierra Encantada). Per il momento pare che l’idea sia stata messa nel pensatoio.


12 – Caro Moreno, quando appaiono paesaggi innevati, lupi che ululano di notte, persone che stanno bivaccando in una grotta per ripararsi dal freddo, non possono che farmi tornare in mente le belle storie ambientate in questo tipo di ambienti. Inoltre, ho particolarmente apprezzato la figura di Elvin Fishbourne, che se non sbaglio è apparsa due volte. Non so se possa essere in grado di reggere il peso da co-protagonista, ma cosa ne direbbe di renderlo perlomeno partecipante ad un Color Zagor, magari svelando qualcosa del suo passato ed integrando ciò con le vere esperienze vissute da colui che ha dato spunto per tale personaggio, ovvero Elvezio Pesci?


Il musher Elvin Fishbourne è stato finora protagonista non di due ma di tre storie di Zagor: una su un Maxi del  2008, “Corsa mortale”, ambientato nella zona delle Cascate del Niagara, un paio nelle fasi finali della trasferta sudamericana, in Terra del Fuoco e in Antartide. Si può certamente considerare entrato ormai a far parte del microcosmo zagoriano, e non sono contrario a renderlo co-protagonista di un futuro Color (non avrà sedimentato lo spessore di Tonka o di Rochas ma appunto un ruolo importante in una nuova storia può farlo “crescere” come personaggio). Il campione di sleddog (oggi ritiratosi dalle gare) Elvezio Pesci, grande appassionato di Tex, fornì una preziosa consulenza a Mirko Perniola nella sceneggiatura di “Corsa Mortale” e proprio per questo abbiamo pensato, lui d’accordo, di dare il suo volto (e in parte anche il suo nome) a uno dei conduttori di slitte che partecipano alla gara raccontata nel Maxi. Da allora Elvezio è sempre rimasto in contatto con noi della redazione e, personalmente, lo considero uno tra i miei più cari amici.


13 – Buongiorno Moreno. Recentemente ho avuto un confronto con il gestore della pagina FB ufficiale di Zagor, relativamente alle didascalie. Rimpiangendole ho definito “Pura poesia” quelle di Nolitta, e qui lo ribadisco portando ad esempio quelle a pagina 94/95 di “Zagor contro il vampiro” quando il Nostro attende il ritorno alla cripta di Rakosi, o quelle tra pagina 20 e 21 de “La preda umana”, mentre attende l’arrivo del cacciatore Nicholson, o ancora quelle che accompagnano lo snervante viaggio di Zagor verso Stoneville in compagnia di Billy Boy, ne “Il giorno della giustizia”. Mi sono sentito rispondere dal probabilmente giovane gestore della pagina, che è assurdo definire “pura poesia” didascalie che si limitano a descrivere ciò che si vede nelle vignette… mentre a me sembra che ci sia molto di più… Ma senza scomodare sempre Nolitta, potrei citare la pagina 52 de “L’uomo con il fucile”, una delle tue storie classiche che mi sono nel cuore. Ora, siamo tutti d’accordo che certi albi storici mantengono tutta la loro freschezza e che, letti oggi, non sentono assolutamente il peso degli anni… Ma allora perché oggi non è più possibile scriverle e si scorrono intere pagine di soli disegni? Dove sta scritto che l’utilizzo di didascalie renda la lettura meno gradevole e che uno sceneggiatore moderno non le debba più usare? A me sembra che, se ben scritte, possano aumentare il pathos in certi passaggi e lo chiedo a te che in passato le hai usate con efficacia mentre più recentemente le hai completamente bandite dalla tua narrazione. Capisco l’esigenza di rinnovamento, fino ad un certo punto visto che il pubblico di Zagor non è certamente fatto di ragazzini, ma siamo sicuri che il rinnovamento passi dall’abolizione delle didascalie?


Capisco e condivido in gran parte (sono nostalgico anch’io), ma quando la nostalgia per l’uso delle didascalie narrative spinge a fare degli esempi, si citano appunto certe storie di Nolitta (lei lo fa con “La preda umana”, “Zagor contro il vampiro”, “La rabbia degli Osages”) degli anni Sessanta e Settanta. Si può arrivare fino agli anni Ottanta (Marcello Toninelli ne faceva abbondante uso) e fino ai primi Novanta (giustamente lei ricorda che anche io ho fatto i miei esperimenti imitando chi c’era stato prima di me, e sarà interessante rileggere “L’uomo con il fucile” che la collana “Le grandi storie Bonelli” riproporrà in edicola nella prossima primavera). Però, appunto, ne è passata di acqua sotto i ponti. Il modo di raccontare del 2022 non può che essere diverso, in vari modi e misure, rispetto a quello del 1972. Questo non perché lo dico io, ma perché chi va a vedere un film di oggi non si aspetta di ritrovare il ritmo, i tempi, il montaggio, la qualità di immagine, i movimenti di camera, i dialoghi di cinquant’anni fa. Il James Bond di Daniel Craig non è diverso da quello di Sean Connery o Roger Moore soltanto per la faccia dell’attore, ma proprio per come si raccontano le storie dell’Agente 007. Lo stesso vale per le notizie del telegiornale, per la pubblicità o per le canzoni di Sanremo. È chiaro che chi, come me, ascolta ancora i brani degli anni Settanta e Ottanta e li preferisce al rap non si convincerà mai che la musica si è evoluta in meglio, ma tant’è, le hit di oggi non assomigliano proprio ai brani dei Beatles. Però c’è da dire anche che la “pura poesia” di certe lunghe didascalie nolittiane o toninelliane corrisponde perfettamente all’altrettanto “pura poesia” di “Cuccioli”, una storia di Ken Parker lunga una ventina di pagine sceneggiate da Giancarlo Berardi in cui non soltanto non ci sono didascalie, ma neppure balloon di pensieri o di  parole. Tutto è raccontato solo dalla potenza dei disegni di Ivo Milazzo. In teoria, uno sguardo silenzioso di un personaggio o un suo indugiare, o un suo lento incedere sono perfettamente in grado di trasmettere al lettore le stesse emozioni di una lunga didascalia (che in certi frangenti potrebbe essere addirittura disturbante). Lo sceneggiatore che non usa la didascalia deve saper usare le vignette mute per veicolare gli stati d’animo che vuol comunicare a chi legge (certo, servono disegnatori molto in gamba). Riguardo alle pagine senza il peso di troppo testo, io personalmente le preferisco appunto perché valorizzate dalla bellezza e dalla comunicatività dei disegni, però capisco che la nostalgia del modo di scrivere nolittiano possa far rimpiangere in qualcuno le sue vignette con tanto da leggere. Non c’è stato un momento esatto in cui qualcuno ha deciso che le didascalie andavano abbreviate o eliminate, semplicemente tutti o quasi gli sceneggiatori hanno cominciato a farne meno uso, percependo nell’aria che così si dovesse fare per rendere più agile la lettura e per lasciare un maggior ruolo al “lector in fabula” (per dirla con Umberto Eco). Non c’è nessuna regola scritta, ma gli sceneggiatori di oggi sceneggiano con meno parole, di loro iniziativa, partecipi della realtà che vivono e del diverso modo di fruire fiction da parte di chi usa i social o guarda Youtube o le serie TV. Del resto la stessa cosa è accaduta anche per Tex o Dylan Dog (solo per fare degli esempi). In conclusione: i racconti nolittiani degli anni Sessanta e Settanta restano lì, come giustamente dice lei, non invecchiati di un giorno; quelli nuovi sono sceneggiati da autori che scrivono in modo diverso. Ecco, personalmente sono del parere che chi scrive e chi disegna debba cercare di esprimersi come può e come sa, nel rispetto di una tradizione che pur si evolve, e il lettore dovrebbe cercare di accettare, se vuole, ciò che gli autori realizzano senza pretendere una scrittura su misura per lui. Perché poi, già, ci sono anche i lettori, magari più giovani, che di fronte a pagine con troppo testo scuotono la testa. Come si fa ad accontentare tutti? Si dovrebbe cercare una via di mezzo, e mi propongo di farlo o di lasciarlo fare ai miei collaboratori qualora la didascalia “poetica” sia davvero funzionale e non rallenti o disturbi la scena (mi viene in mente Dino Risi che disse a Nanni Moretti: “Levati, che devo vedere il film”). Escludo però un ritorno alla didascalia che descrive ciò che già si vede disegnato, come nei fumetti di Flash Gordon degli anni Trenta.


14 – Caro Moreno, in “Bandera!” non è stata molto utilizzata la tecnica del flashback per narrare tutto il passato fra Zagor, Adam Crane e Lupo Grigio. A tal proposito, sono state ristampate proprio le due storie delle quali “Bandera!” è la terza parte. Purtroppo, il costo delle ristampe non me lo sono potuto permettere, ma a parte questo le voglio chiedere, volendo prendere lo Speciale Tex Willer come storia a sé, risulta evidente, quantomeno ai miei occhi, che qualcosa mancasse per rendere la storia completa. Ecco, devo dire che in questo caso mi sono mancati i flashbacks ai quali lei mi ha abituato su Zagor. Pur essendo stato il loro incontro un evento, se non unico, almeno raro, mi sarei aspettato molte più spiegazioni sulle avventure passate, e non leggeri rimandi. Lo spazio, lo so anche io, era quello che era, ma sono convinto che qualcosa in più si sarebbe potuto fare in tal senso. Non so se sia d’accordo con me, ma le chiedo, pur non avendola scritta lei, se avrebbe deciso di agire come ha fatto il curatore di Tex oppure avrebbe optato per un riassunto più corposo delle storie passate.


Senza muovere alcuna critica a Mauro Boselli, che ha realizzato un team up eccellente ed emozionante, resta il fatto che io, mille volte meno bravo ma con una testa diversa, avrei scritto una storia senza riferimenti al passato, più autonoma, fruibile dai lettori senza far ricorso a eventi lontani nel tempo. Quindi non ci sarebbe stato bisogno di flashback. Quando sceneggio una avventura di Zagor in cui ritorna un vecchio nemico, mi preoccupo, è vero, di fare in modo che chi la legge possa venire a conoscenza (o rammentare) gli antefatti, rievocando in alcune vignette o tavole cos’era successo in albi precedenti, magari risalenti a molti anni fa. Oltre a facilitare la lettura (si capisce tutto subito), personalmente ritengo che rivedere certe scene di vecchie storie rievocate di nuovo faccia anche bene al cuore. Però, il mio ipotetico incontro fra Tex e Zagor, rivolto a due pubblici diversi, lo avrei giocato su un terreno neutro. Peraltro, anche perché non sono sicuro che avrei saputo tirare le fila di vicende, anche storiche, così complicate. Come invece ha saputo fare Mauro da quel grande maestro che è. Peraltro, la scelta di Boselli è comprensibile anche in ragione del fatto che le due storie zagoriane ambientate in Texas di cui “Bandera!” è in qualche modo il sequel (quelle ristampate nei due primi numeri de “Le Grandi Storie Bonelli”) sono da sempre tra le sue preferite, e a cui è rimasto molto affezionato.


15 – Caro Moreno, voglio innanzitutto scusarmi per volerti scrivere per il semplice fatto che andrò a farti una considerazione ed una susseguente proposta ironica a proposito di ciò che ho potuto captare su due dei personaggi meno riusciti apparsi nelle storie di Zagor. L’Uomo Dipinto, che mi è sempre sembrato una sorta di clone di Iron Man, quantomeno per ciò che riguarda la sua sfida vinta contro Zagor, e Stiletto, che invece ho saputo riscoprire proprio grazie a questo blog. Ecco, magari facendo loro ritagliare uno spazio in un presunto futuro Speciale Cico, o anche Zagor, in una storia minore, farli apparire insieme, dove di Uomini Dipinti ne appaiono due, e dove sembra che stiano in diversi posti contemporaneamente (tipo Montales e Tex nei primissimi anni delle storie del Ranger), per poi far scoprire a Zagor la magagna ed abbattere prima il clone (Stiletto) e poi l’originale Uomo Dipinto ponendo fine a queste a dir poco strazianti richieste di ritorni di personaggi indiscutibilmente minori, o per meglio dire inutili, facendo contenti quei lettori che sembrano volersi divertire citandoli spesso e volentieri, ed anche te stesso in maniera tale da togliere di gioco definitivamente (anche se in un fumetto non si può mai dire) queste due figure.


Se hai letto la risposta alla domanda numero sei, sai già cosa penso di Stiletto e dell’Uomo Dipinto.


16 – Perché a Kent, il traditore dell’ultimo Color, avete messo la faccia di Boselli? Uno scherzo di redazione? E il Mauro come l’ha presa? Si è fatto quattro risate o ha minacciato ritorsioni? Vedremo prossimamente le facce di Burattini, Russo e Venturi tra gli sgherri che Tex dovrà affrontare?


La responsabilità della somiglianza tra Kent, il cattivone di “Acque rosse” e Mauro Boselli (che secondo alcuni è anche più cattivo) è tutta del disegnatore Walter Venturi. Io me ne sono accorto ad albo già colorato, non avevo notato la cosa (che non era richiesta in  sceneggiatura). Se il simpatico Walter ha fatto apposta, cioè se volutamente ha inserito, per scherzo, un inside joke nelle sue tavole, o se gli è venuto così per caso, non saprei dire. A volte chi disegna cerca uno spunto per un personaggio e gli cade l’occhio su una foto o su una persona che è venuto a trovarlo, ruba le sembianze e non pensa che qualcuno avrà da contestare. Poco fa, in una risposta, ho citato il caso del campione di sleddog Elvezio Pesci che ha prestato il suo volto a un personaggio della storia “Corsa mortale”. La stessa cosa è accaduta con mister Rope, il cattivo de “La banda aerea”, la cui faccia è quella dell’astrofisico Christian Corda, che mi ha fornito consulenza e documentazione sulla forza di gravità. Ne ho parlato a lungo sul libro “Io e Zagor” (Cut-Up Publishing) e anche  in questo articolo pubblicato sul mio blog:

http://morenoburattini.blogspot.com/2011/01/la-banda-aerea.html.

Ma anche Honest Joe ha la faccia di un parente di Mauro Laurenti che cercava proprio quel volto per creare graficamente il personaggio, quando questo zio comparve sulla porta. Nelle mie due storie di Dampyr ho inserito come co-protagonista il professor Alessio Montanari, docente universitario fiorentino, che ha il volto dello studioso e saggista Alessandro Monti, a cui si deve il supporto storico e letterario durante la sceneggiatura. Insomma, gli esempi potrebbero continuare. Diciamo che Mauro Boselli non è stato avvertito se non quando l’albo stava per andare in stampa (quando cioè qualcuno l’ha fatto notare a me, che sono cascato dalle nuvole). Ha detto semplicemente che non era troppo d’accordo ma ha lasciato perdere senza dar troppo peso alla faccenda.


17 – Caro Moreno, non volendo entrare nei particolare della storia “Acque Rosse”, ovvero il Color Zagor uscito nell’agosto 2022, in quanto non voglio anticipare niente a nessuno, ti scrivo comunque per chiederti un ragguaglio. Non è raro che i disegnatori, a volte secondo la sceneggiatura, a volte per volontà loro, disegnino i volti di alcuni personaggi delle storie loro assegnate facendo riferimento ad attori, cantanti e via dicendo. Nel suddetto racconto, ad esempio, mi è parso, dimmi se sbaglio, che uno dei trapper ad inizio storia abbia la fisionomia di Lello Arena. Ma la cosa che più mi ha lasciato sorpreso, è il volto dato a Mister Kent, il gestore del trading post, che sembra essere ripreso dall’ex curatore della serie Mauro Boselli. Forse un omaggio di Walter Venturi, o forse di Alessandro Russo tornato ai testi, o forse di te curatore, ma potresti dare una risposta all’interrogativo riguardante questo volto e se la somiglianza sia stata voluta o è stata frutto solo di un caso fortuito per il quale Boselli, tra l’altro, non c’entra niente?


Direi che la risposta precedente si possa far valere anche per questa domanda. Posso soltanto aggiungere che la fisionomia di Lello Arena non la riconosco e che, anzi, il primo trapper mi sembra lo stesso Walter Venturi.


18 – Caro Moreno, credi di poter essere in grado, e soprattutto di voler fare, una storia di Zagor incentrata sulle origini di Halloween che partono dalla vecchia Europa e che, quindi, potrebbero anche avere un rimando alle origini dello Spirito con la Scure quando ancora non era definito così?


Il racconto delle origini di Halloween nella Vecchia Europa, con la rievocazione della leggenda di Jack O’Lantern, è già stata narrata nella storia “Il grido della Banshee” (Zagor 621) del 2017, testi miei, disegni di Giuliano Piccininno. Non c’è un rimando alle origini dello Spirito con la Scure (se non un riferimento alle sue radici irlandesi), origini che sono del resto già state ampliamente sfruttate e che non è il caso, secondo me, di rimpolpare ulteriormente.


19 – Caro Moreno, essendo Lei una persona che ha voluto attingere al passato di Ramath, e quindi “conoscendone i segreti”, fumettisticamente parlando, la potrebbe stuzzicare una sfida fra la magia indiana dei Fachiri e quella Celtica messa in scena da Kandrax? In un possibile scontro, chi potrebbe secondo lei avere la meglio nelle arti magiche?


Una storia che racconta un altro pezzo del passato di Ramath è in lavorazione (testi di Alessandro Russo, disegni di Walter Venturi). Escluderei, però, una “sfida della magia” tipo quella tra Mago Merlino e Maga Magò che veda contrapposti Ramath e Kandrax. Credo che i due universi “magici” di appartenenza vadano tenuti separati per non intorbidire troppo le acque. Mi vien fatto però di sottolineare come, tra i tanti che contestano le storie di Zagor con elementi magici, ci siano anche i lettori che, invece, ne vorrebbero di più. Segno che davvero, come ho scritto più volte, il nostro eroe viene visto e interpretato da ognuno in modo diverso, data la sua versatilità e poliedricità.


20 – Caro Moreno, ci sono disegnatori così veloci nello staff di Zagor da riuscire a disegnare due o più storie contemporaneamente? Se sì, di chi si tratta?


Se un disegnatore si trova a cimentarsi su due (o anche tre) storie contemporaneamente è solo perché c’è di mezzo una emergenza. Per esempio, lo sceneggiatore si è fermato o ha rallentato per qualche motivo (malattia, viaggi, malavoglia, altri impegni) e allora diamo all’illustratore una nuova avventura di scorta da portare avanti mentre aspetta il seguito di quella a cui si stava applicando. Oppure può accadere che una storia in programmazione, facendo il calcolo dei tempi, non possa essere pronta per il mese previsto per l’uscita in edicola ed ecco che si chiede a un velocista di realizzare lui una storia che la sostituisca, interrompendo il lavoro precedente. I nostri velocisti, che a volte hanno dovuto risolvere problemi anche su altre testate venendo dati in prestito, sono sicuramente Marcello Mangiantini, Walter Venturi, gli Esposito Bros, Stefano Di Vitto e Alessandro Chiarolla.