Tra le foreste del Michigan settentrionale divampa una rivolta indiana: la tribù dei Potawatomi si è sollevata contro i bianchi che hanno occupato le loro terre…
I pochi soldati superstiti, assediati nel proprio forte, attendono vanamente l’arrivo dei rinforzi…
Zagor, sulle tracce di una banda di trafficanti di armi, diventa dunque l’unica speranza di salvezza per i terrorizzati coloni della valle del Lost River… ma la sua è una disperata corsa contro il tempo!
Quarto albo della nuova collana speciale dedicata allo Spirito con la Scure che ha sostituito il Maxi Zagor e che pubblica nei numeri dispari i cosiddetti Racconti di Darkwood (ovvero 5 storie brevi affidate ad altrettanti team creativi) mentre nei numeri pari presenta un’unica storia inedita che occupa tutte le 190 tavole disegnate dell’albo.
Questo numero è sceneggiato dall’amico Luca Barbieri, grandissimo saggista dell’epopea dell’Ovest Americano (ma autore anche di tanti altri testi) e curatore della collana fantasy Dragonero, qui alle prese con la sua prima storia “lunga” dello Spirito con la Scure.
Zagor e Cico si trovano nel Michigan settentrionale sulle tracce di alcuni mercanti d’armi che riescono a sgominare, tuttavia solo dopo che i fucili sono purtroppo già stati consegnati; successivamente, i due amici prestano soccorso a un convoglio militare assaltato da un gruppo di indiani Potawatomi, armati proprio con i fucili dei mercanti. La guida della carovana, Thomas Howlett, informa Zagor che è in atto una rivolta indiana e Fort Rhymes, dove il convoglio è diretto, è rimasto l’ultimo baluardo sul territorio.
Zagor e Cico si uniscono ai militari per raggiungere il forte e durante il viaggio sono costretti a scontrarsi una seconda volta con i Potawatomi. Giunti a Fort Rhymes, Zagor si confronta con il maggiore Hudson, che non si dimostra disponibile a capire le ragioni della rivolta dei Potawatomi e a trattare con loro, nonostante ciò vada a discapito della sicurezza dei molti coloni presenti nella valle del Lost River.
È proprio a questo punto che, nonostante il parere contrario di Hudson, Zagor decide di lasciarsi coinvolgere personalmente in una missione di salvataggio in favore di una famiglia di coloni (fra i quali vi è anche una donna incinta) che non ha potuto rifugiarsi nel forte. Inizia così la narrazione della parte centrale della vicenda, dove assistiamo alle difficoltà che deve affrontare lo Spirito con la Scure nella sua impresa, tra agguati dei Potawatomi e un tremendo salto dall’Acqua che Urla (quella citata nel titolo dell’albo). Purtroppo, Zagor riuscirà a ricondurre al forte sana e salva solo Jean, la giovane colona in dolce attesa.
Ed è solo allora che i lettori scoprono il vero motivo della rivolta indiana: Zagor viene convocato ad un incontro con l’anziano pellerossa Uncas, che gli rivela che il maggiore Hudson aveva fatto impiccare il figlio del capo tribù dei Potawatomi Adizoke per il furto di un cavallo, facendo seguire una missione punitiva in cui i soldati avevano massacrato la gente pacifica e inerme di un villaggio indiano. Per risolvere la questione in modo definitivo ed evitare altro spargimento di sangue, Uncas incarica Zagor di portare un messaggio ad Hudson: se egli si presenterà all’accampamento dei Potawatomi accettando un duello all’ultimo sangue con Adizoke, chiunque dovesse risultare vincitore, i soldati e i coloni potranno allontanarsi indisturbati dal forte.
Il maggiore Hudson accetta la sfida e il duello si conclude nel più tragico dei modi: entrambi i contendenti periscono trafitti dai rispettivi coltelli.
I Potawatomi mantengono la promessa e tutti i bianchi possono lasciare Fort Rhymes. Pur non essendovi un vero e proprio lieto fine, poiché sembra ormai impossibile una pacifica convivenza tra i due popoli, un raggio di speranza rimane, simboleggiato dalla neonata bambina di Jean che viene chiamata Hope!
Luca Barbieri ha scritto una bel racconto western ricco di azione, declinato (come scrive Moreno Burattini nell’introduzione dell’albo) “alla maniera zagoriana, teso e drammatico, inseribile nel filone de La rabbia degli Osages”, seppure più violento e realistico.
Molto ben caratterizzato Zagor, sempre teso alla ricerca di un modo non violento per risolvere la situazione, ma anche deciso e dinamico nel suo agire, generoso e disinteressato quanto di tratta di mettersi in gioco per il bene degli altri.
Ottime anche le gags umoristiche di Cico, inserite in modo molto appropriato nel corso della narrazione, sia quando è alle prese con un ghiottone/wolverine che gli sottrae sistematicamente il cibo, sia quando viene messo a confronto con il pingue soldato Dukes che gli dà manforte nello svuotare la dispensa dell’esercito.
Ma lasciano il segno anche i diversi comprimari, tra i quali spiccano il maggiore Hudson (classico ufficiale dell’esercito guerrafondaio e ottuso, ma che rivela il suo spessore accettando il rischio di pagare di persona per salvare la vita dei suoi uomini e dei coloni) e la guida Thomas Howlett, coraggioso, leale e pieno di buon senso.
A proposito di quest’ultimo, credo di avere scoperto un inside joke dello sceneggiatore: il suo viso ricorda quello di Wolverine, il famoso personaggio mutante della Marvel Comics, e anche il suo nome (Thomas Howlett) lo richiama. Risulta infatti essere un compendio di quelli del padre biologico di Wolverine (Thomas Logan) e di Wolverine stesso (James Howlett, cognome mutuato dal marito di sua madre, John Howlett).
Convincente anche la prova di Emanuele Barison ai disegni (questa è la sua quinta avventura zagoriana). Per quanto personalmente non apprezzi appieno il suo uso dei “neri”, devo dire che in questo caso, nelle scene notturne nella foresta, essi risultano particolarmente efficaci. Nelle scene d’azione la plasticità delle figure è resa ottimamente e se nei campi lunghi, a volte, le espressioni dei volti sono appena accennate, nei primi piani riflettono molto bene i sentimenti provati dai personaggi.
Storia drammatica e disperata, direi quasi "kenparkeriana" nella crudezza degli eventi. Applausi, dunque, a Luca Barbieri, anche se, devo essere sincero, gli intermezzi comici di Cico mi sono sembrati fuori luogo in una storia come questa. Non che siano poco divertenti, anzi, al contrario: vedere Cico alle prese col ghiottone mi ha fatto ridere come 40 anni fa. Tra l'altro anche la scena delle coccole notturne tra Cico e il Giorgione mi ha ricordato certi momenti poetivi di Ken Parker. Eppure questi intermezzi mi suonano stonati proprio per la dissonanza col clima generale della storia. Un po' come se le notizie che ci arrivano dall'Ucraina fossero inframmezzate da spezzoni di Aldo, Giovanni e Giacomo.
RispondiEliminaApplausi anche per Emanuele Barison, anche perché ha un po' diradato i suoi neri.
Grazie per il tuo commento, Fabio!
EliminaOttimo racconto sono d accordo con te baltorr una storia piacevole e che scorre bene con epico scontro finale tra il maggiore e il capo tribù entrambi personaggi molto ben caratterizzati . Una storia che in qualche modo e con le dovute diversificazione mi ha ricordato la storia di toninelli e ferri uomini della frontiera dove anche lì il capo dei trapper si sacrifica per la salvezza dei superstiti bellissimo poi il finale dove zagor dice che le nuove generazioni troveranno il modo di convivere in pace un ultima parola per barison uno dei migliori disegnatori degli ultimi anni secondo me complimenti allo sceneggiatore e al curatore Moreno
RispondiEliminaHai ragione, anche la storia di Toninelli aveva un finale simile. Grazie per il tuo intervento!
Elimina"Giorgione"...
RispondiEliminaMaledetto swype!
Ovviamente era "ghiottone" ;)
Avevo immaginato... :-D
EliminaA mio modo di vedere il finale, nella tradizione lirica della poetica nolittiana, salva una storia un po' pasticciata nella trama e anche nella caratterizzazione dei personaggi.
RispondiEliminaSpiace vedere Cico perfetto imbecille.
Ora, non che io lo voglia una sorta di Carson in sedicesimo, però neanche una totale nullità volta solo alla ricerca di cibo anche pessimo.
Infatti, come in molte storie degli anni ottanta, viene accantonato in favore di inediti e più prestanti quanto occasionali pard di Zagor.
Poi qualcuno mi spieghi come una donna in supposta gravidanza a rischio possa affrontare le rapide di un fiume con salti acrobatici a contorno.
Bah...meglio allora la storia con i mostrazzi della regolare attualmente in edicola.
Beh, se vogliamo sottilizzare non è che Thomas Howlett abbia poi fatto chissà che... non mi pare che abbia "sostituito" Cico... che a me ha divertito... e poi ricordo (a memoria) che ha anche sparacchiato qualche pistolettata combattendo con gli indiani...
EliminaSulla donna incinta, pensandoci bene, è poco realistica la possibilità che ne uscisse viva dalla fuga sul fiume... ma almeno ha concesso un parziale lieto fine...