mercoledì 23 agosto 2017

Zagor Collezione Storica a Colori: Il tesoro di “Digging” Bill (ZCSC203)



            Il duecentotreesimo numero in edicola domani contiene la conclusione dell’avventura di Zagor al ranche dei Flanagan, nonché la prima parte della storia “Il ritorno di Digging Bill”.


IL RITORNO DI DIGGING BILL

Tornati a Darkwood dopo l’avventura nella Green Valley, Zagor e Cico trovano una lettera di Digging Bill che chiede il loro aiuto. Giunti a Hot Spring, scoprono che il loro amico è stato rapito. Zagor lo rintraccia ma viene accusato di omicidio da mister Pierce (sindaco della cittadina e colui che ha fatto rapire Digging Bill per farsi rivelare dove questi abbia trovato delle monete d’epoca romana che sembrano nuove di conio). Zagor, Cico e Digging Bill riescono a fuggire a bordo di una canoa.
Digging Bill racconta le sue vicissitudini: egli si era imbattuto in un archeologo di nome Elkan in possesso di una moneta d’oro e di una mappa; seguendo le indicazioni della mappa, Digging Bill aveva trovato nello Snake Canyon una cassa piena di monete d’oro d’epoca romana. Si era poi trovato di fronte gli uomini di mister Pierce che lo avevano inseguito e fatto prigioniero, finché non era intervenuto lo Spirito con la Scure a salvarlo.
Nel frattempo a Zagor giunge anche la richiesta di aiuto di Artiglio d’Orso, capo degli Ottawa: degli uomini crudeli, dall’aspetto orientale e dalle strane corazze, sono pronti a uccidere chiunque trovino sul loro cammino. C’entrano qualcosa con la cassa piena di monete d’oro di epoca romana che il cercatore di tesori ha trovato sul fondo del canyon?
Zagor, Cico e Digging Bill si uniscono agli Ottawa di Artiglio D’Orso per rintracciare gli intrusi assassini e raggiungono il grande accampamento di questi misteriosi guerrieri, che Digging Bill identifica come Mongoli.
Digging Bill e Cico vengono catturati da questi, mente Zagor e Artiglio d’Orso riescono a fuggire precipitando in un fiume e facendosi portare lontano dalla corrente.
Nel frattempo, mister Pierce ha rintracciato e fatto prigioniero il professor Elkann, lo strano archeologo incontrato in precedenza da Digging Bill ed apparentemente uscito di senno dopo essersi avventurato nello Snake Canyon.
Zagor e Artiglio d’Orso tornano all’accampamento dei Mongoli e con uno stratagemma (provocando la carica di una mandria di bisonti) riescono a liberare Cico e Digging Bill. Quindi sono costretti ad allearsi con mister Pierce ed i suoi uomini per fronteggiare l’assalto dei Mongoli. Rifugiatisi in una caverna, il professor Elkann svela loro il mistero della presenza degli antichi orientali e delle monete d’oro romane.
I responsabili di tutto sono degli Specchi Neri, antichi manufatti ritrovati da Elkann che consentono di teletrasportare, anche da tempi e luoghi passati, persone e cose. È proprio in questo modo che una legione romana si era persa nello Snake Canyon, laddove poi Digging Bill aveva ritrovato le monete d’oro; similmente anche i Mongoli sono potuti arrivare nella nostra realtà. È proprio di questi specchi che vuole impadronirsi mister Pierce per i suoi loschi scopi.
Inizia quindi l’attacco dei Mongoli, durante il quale Pierce e i suoi uomini vengono massacrati. Quando sembra che, ormai, anche la sorte di Zagor, Cico, Digging Bill e il professor Elkann sia segnata, i Mongoli si dissolvono in polvere! Ciò molto probabilmente perché coloro che compiono un viaggio temporale grazie a questo “cronomoto” possono resistere solo per un certo tempo prima di dissolversi nel nulla.
Al termine dell’avventura, allora, il professor Elkann promette che distruggerà gli Specchi Neri in suo possesso gettandoli in parti diverse dell’oceano, in modo tale che nessuno li possa più recuperare.

Chiunque sostenesse che siamo di fronte ad una storia “classica”, sia per soggetto che per cadenza della sceneggiatura, non sarebbe lontano dal vero… salvo il fatto che questa volta Moreno Burattini si concede una virata “decisa” nel genere fantastico/avventuroso, cosa che aveva tentato solo poche volte in precedenza, sdoganando definitivamente i viaggi nel tempo nella lunga saga zagoriana.
Si comincia con una “gag cichiana” ed una lettera che segnala di un amico nei guai; poco dopo incombe una sensazione di pericolo, qualcosa di ancora poco definito ma che costituirà una minaccia per l’intera Darkwood. I sintomi di questa anomalia si manifestano dapprima sotto forma di antiche corazze e monete romane fresche di conio e poi con Mongoli spietati che spuntano dal nulla.
Abbiamo anche un misterioso tesoro da scoprire e non potevano, di conseguenza, mancare il personaggio di Digging Bill ed un suo scorretto concorrente, mister Pierce, interessato però a qualcosa di più grande ed importante di un semplice forziere; abbiamo un archeologo alcolizzato che la “sa più lunga” di quanto si possa immaginare… insomma, tanta “buona carne” posta sul fuoco, che divampa improvvisamente portandoci al centro dell’avventura per arrivare infine alla soluzione del mistero che viene svelato nell’ultima parte della storia.
Interessantissimo l’espediente degli Specchi Neri che provocano il “cronomoto” (l’autore ci fa intuire che più aumenta la concentrazione di tali oggetti magici in un determinato spazio, più il salto temporale da essi provocato si accorcia: prima i romani, poi i mongoli, poi il mero spostamento nello spazio). In tal modo Moreno Burattini è riuscito ad utilizzare il tema dei viaggi temporali architettandolo in maniera tale da far sembrare il tutto coerente con l’universo zagoriano.
Entrando nei particolari, poi, devo osservare alcune cose a mio parere significative: la circostanza che Diggin Bill abbia in passato visitato la Cina e ne conosca la lingua può essere un ottimo spunto per qualche storia futura; l’apparizione de “l’indiana bianca”, pur limitata a semplice personaggio di contorno, procura un piacevole “effetto continuity”; mister Pierce è un ottimo avversario, astuto, spietato e pienamente funzionale alla storia; l’utilizzo di Cico è molto buono e piacevoli sono i suoi battibecchi con Digging Bill (anche quest’ultimo sfruttato al meglio ed in piena sintonia con il carattere del personaggio).
Per quanto riguarda i disegni, Marco Verni è ormai una garanzia. I suoi disegni puliti e morbidi rendono leggibili e scorrevoli le storie: grandi vignette, grandissima rappresentazione di Zagor e Cico (degna del miglior Ferri), efficacissime le scene con i Mongoli, ben rappresentati nella loro ferocia e nella loro abilità di guerrieri.
Un plauso va doverosamente fatto al suo Digging Bill, reso davvero in modo perfetto.

Prima della pubblicazione della storia, Moreno Burattini così scriveva sul Forum SCLS:

Il ritorno di Digging Bill è il titolo definitivo scelto da Decio Canzio per una storia provvisoriamente intitolata "La grande minaccia". A Decio, l’ho notato da tempo, piacciono i titoli con "Il ritorno di..." e Digging Bill non aveva mai avuto l’onore di un titolo in copertina (almeno che io ricordi, c’è stato solo "Il tesoro di Digging Bill" su un almanacco).
È probabile che i "ritorni" attirino l’attenzione dei lettori, come del resto anche il nome "Digging Bill". Dunque l’accoppiata potrebbe essere vincente (o almeno, credo che questo sia stato il ragionamento di Decio).
Personalmente avevo proposto anche altri titoli, come "Il rapimento di Digging Bill" e "Morte a teatro".
Nel mio costante tentativo di variare il più possibile (nei ristretti limiti delle mie capacità) la tipologia delle storie, ho pensato a un’avventura "alla vecchia maniera", di sapore anni Settanta, sperando che potesse piacere al pubblico affezionato ai fumetti di una volta, sperimentando dunque una possibilità potenzialmente in grado di recuperare qualche lettore "estivo" incuriosito da Digging Bill in copertina.
Una lettura leggera, da ombrellone, divertente almeno nelle intenzioni. In questo mio proposito ho trovato la perfetta complicità di Marco Verni, che di suo ha uno stile da "bei tempi che furono", e che si è trovato estremamente a suo agio, al punto da ripetermi che questa era la storia più bella da lui realizzata finora.
Alla fine della nostra fatica, non ho la minima idea se i nostri intenti saranno coronati da successo e davvero qualcuno in vacanza al mare o sui monti si divertirà leggendo Zagor (non sono mai in grado di prevedere le reazioni del pubblico), però questo è stato lo spirito che ci ha animati”.

 Ad un forumista che ipotizzava un “fotoinserimento” della figura di Zagor sulla copertina dell’albo Lo specchio nero, Moreno rispondeva:

No, direi che la copertina è esattamente come Ferri l’ha disegnata. Immagino che l’effetto "fotoinserimento" derivi dal fatto che la scena sullo sfondo non sembra avere niente a che fare con la posa di Zagor, ma è un effetto voluto. Sergio ha chiesto a Ferri una cover come "Tigre!" o "Vudu!", cioè con Zagor che sembra avere una "visione" di qualcosa che capita altrove. Infatti, ciò che capita nella copertina non ha un riscontro puntuale nell’albo, Zagor non entra fisicamente in un antico sepolcro, ma "vede" quella scena evocata da un racconto che gli viene fatto, come se fosse un "flashback" in copertina”.

Dopo la fine dell’avventura, un forumista osservava che – a suo parere – Zagor avesse avuto una fortuna sfacciata… e Moreno replicava:

In realtà, non ha più fortuna dei tanti salvati dall’arrivo di qualche insperato soccorritore, come nelle classiche scene dell' "arrivano i nostri".
Ma, se ci si pensa bene, il finale era prevedibile fin da pagina 78, allorché Zagor si chiede: "Ma se i soldati romani si sono ridotti in polvere, perché i mongoli invece sono ancora tutti interi?".
A quel punto era chiaro che i chiunque avesse viaggiato nel tempo si sarebbe polverizzato dopo un certo periodo. C’era soltanto da resistere abbastanza a lungo. Non è dunque tutta questione di fortuna, ma di aver avuto la capacità di combattere e sopravvivere fino al momento, inevitabile, in cui i nemici si sarebbero autodistrutti.
Nel frattempo, Zagor ha impedito che i mongoli uccidessero altri sventurati continuando a esplorare i dintorni e ha salvato la vita a Digging Bill, Cico e il professor Elkan.
Si sarebbero salvati anche Pierce e i suoi uomini (anch’essi portati in salvo dallo Spirito con la Scure) se non si fossero comportati stupidamente e dunque non fossero stati essi stessi causa della propria disgrazia.
Mi pare che se c’è stata della fortuna (che aiuta sempre gli audaci) ci siano stati anche del valore e del merito”.

Avendo Marco Verni rivelato di essere orgoglioso di avere realizzato personalmente il personaggio a destra nella copertina dell’albo Ombre Gialle, Moreno precisava:

L’orgoglio di Marco Verni è più che giustificato avendo potuto, per un piccolo ritocco dell’ultimo momento, aggiustare un particolare in una copertina su cui Ferri era impossibilitato a rimettere le mani, soprattutto considerando che la storia all’interno era proprio la sua e che Verni ha un debito grande come una casa verso il suo maestro ideale.
Come ho spiegato mille volte, talora capita che si debba, nella velocità imposta dalle date di consegna in tipografia, ritoccare qualcosa, per qualche motivo. Tutte le copertine del mondo subiscono aggiustamenti redazionali, se ce n’è bisogno. Il fumetto del resto è un prodotto d’equipe, e come minimo c’è chi scrive il titolo, chi colora, chi aggiunge un bottone o chi sposta la firma perché si legga meglio.
In passato, ci sono state copertine con interventi molto vistosi, basta pensare a Conquistadores in cui è evidente la mano di Michele Pepe perfino nel volto di Zagor. In La grotta dei bucanieri i grafici hanno dovuto (non so perché) ribaltare la posizione di Zagor, facendolo diventare mancino.
Nel caso di Ombre Gialle c’è stato bisogno di aggiustare un mongolo e, non potendo far intervenire Gallieno, l’aggiustamento è stato fatto da Verni. Chi meglio di lui, del resto? Ma il ritocco è minimo e invisibile, e del resto rispecchia perfettamente lo stile ferriano. Un rammendo invisibile, come mille altri fatti in tutti i fumetti del mondo. E che nulla toglie alla grandezza di Ferri!”. 

Infine, se volte sapere qualcosa di più sul come è stata “concepita” questa storia, vi rimando all’articolo scritto da Moreno Burattini sul suo blog il 13.09.2010 che potete leggere qui. http://morenoburattini.blogspot.it/2010/09/lo-specchio-nero.html

4 commenti:

  1. Caro Baltorr
    Secondo te la copertina è opera del maestro Ferri al 100%?
    La faccia di Zagor non mi sembra tutta farina del suo sacco e non solo la faccia.
    Indaga e facci sapere.
    Grazie di tutte le news che costantemente condividi con noi.

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    1. Beh, ormai credo non sia più un mistero per nessuno che negli ultimi anni le cover del maestro Ferri qualche volta subissero degli interventi redazionali, sia sulle figure che sugli elementi di contorno... Anche a me in questo caso sembra che ci sia un intervento sul volto di Zagor...

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  2. Storia effettivamente "leggera", spigliata e divertente. Ha effettivamente un ritmo e dialoghi dei bei tempi andati. Un' altra storia "retrò" era stata l' altrettanto vincente "Huron" di Boselli. Burattini è riuscito a trovare una bella trovata per inserire i viaggi nel tempo nella collana, cosa aborrita sempre dal Sergione nelle varie poste per quanto riguarda la collana.
    Ho letto sul forum spiritoconlascure, sempre grande fonte di aneddoti e curiosità, che Burattini aveva in mente la storia del cronomoto da diverso tempo.
    Tra le altre cover ritoccate in tempi non sospetti ricordiamo il volto di Zagor in "Tragico carnevale" (opera di Corteggi credo e non di Bignotti come ho pensato per anni) e Cico ed il pubblico in "Sfida al campione", addirittura tolti nel Tuttozagor!

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    1. E io ci aggiungo il volto di Zagor in "Pericolo biondo"

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