giovedì 3 agosto 2017

Zagor Collezione Storica a Colori: Terrore nella foresta (ZCSC200)


Il duecentesimo numero in edicola oggi contiene la conclusione dell’avventura di Zagor con i Comanches, la storia completa “Mostri!”, nonché l’inizio della storia “Plenilunio”.



OMBRE NELLA FORESTA

Dopo un prologo ambientato a Philadelphia e slegato dalla vicenda principale, nel quale Zagor riesce a sventare una truffa a danno di una facoltosa vedova messa in atto da Jonhatan Clark (l’uomo che aveva spinto Zagor e Cico nella trappola ordita da Mortimer ad Haiti), malmenandolo e consegnandolo alla giustizia, inizia la storia vera e propria.
Nella foresta di Darkwood, nei pressi del villaggio di Frame Cross, si aggirano terrificanti creature dal corpo deforme, che impauriscono i Penobscot e sembrano essere responsabili di alcuni efferati omicidi. Chi sono? E perché l’enigmatico mister Sterling dà loro la caccia?
Alla vicenda di Zagor che è impegnato a dare una risposta a queste domande, si affianca quella del dottor Sand alla ricerca di Tabitha, la donna indiana di cui è innamorato, rapita da due banditi. Le loro strade si intersecheranno con quelle di altri personaggi e soprattutto avranno entrambi a che fare con gli strani “esseri mostruosi” che altro non sono che persone sfortunate affette da devastanti malattie e malformazioni: quelli che vengono comunemente definiti freaks.
Scopriamo che è stato il bieco mister Sterling a raccogliere questi individui deformi per mostrarli nel suo piccolo circo, trattandoli in modo disumano, privandoli del cibo e frustandoli, addirittura sfigurando con l’acido dei poveri orfani pur di renderli dei “mostri”. L’unico fedele a Sterling è Polifemo, un uomo affetto da gigantismo, colui che è responsabile degli omicidi.
I freaks sono riusciti a sfuggire al controllo del loro aguzzino proprio a Darkwood ed era per questo motivo che Sterling era alla loro ricerca. La maggior parte di loro muore nella foresta, ma tre di essi (Bark, Benny e Lenny) sono ancora fuggiaschi.
Dopo mille peripezie Zagor si trova ad affrontare Sterling e Polifemo: quest’ultimo muore accidentalmente per colpa del suo padrone, mentre Sterling viene investito dall’acido che lo rende simile proprio ai freaks che sfruttava.
Mentre si risolvono anche altre sottotrame (in particolare quella di Tabitha e del dott. Sand), i tre freaks sopravvissuti vengono accolti nella tribù dei Penobscot dove potranno trascorrere una vita serena.

Questa è, a mio parere, una delle più belle storie scritte da Moreno Burattini.
La lunghezza è sempre stata una caratteristica vincente delle migliori storie nolittiane e di molte altre avventure scritte dai suoi successori. Per fortuna, non sempre è così: pure molti racconti brevi sono rimasti nel cuore degli appassionati, e credo sia proprio il caso anche di questa avventura.
Storia molto toccante, narrata con delicatezza, tutta giocata sulle psicologie e sui drammi dei personaggi, con elementi di mistero nella prima parte e con una soluzione liberatoria ed appagante nella seconda, quando i cattivi raccolgono quello che hanno mietuto e i buoni raggiungono la meritata serenità.
Molto bella l’introduzione dell’avventura a Philadelphia, molto nolittiana. Poi la vicenda si sviluppa con tanti spunti e tanti personaggi di contorno che accrescono l’attesa ed il senso di minaccia incombente e oltremodo “soprannaturale” (e qui, secondo me, Burattini ha volutamente, messo in relazione una prima parte in cui il soprannaturale è mistificazione ed una seconda parte in cui il soprannaturale viene percepito come “reale”, anche se poi scopriremo che trattasi di tutt’altro).
Lo sceneggiatore è infatti abile nel fuorviare il lettore facendogli credere di essere in presenza di esseri mostruosi e violenti: si tratta invece di persone sfortunate, perseguitate e schiavizzate.
Il tema dei “diversi” è trattato con grande rispetto ed umanità e ottimamente calato nella struttura avventurosa della storia. Veramente delicate e toccanti le scene di Cico con i due ragazzi pinheads, che lo abbracciano come se fosse il loro papà, che fa da contraltare alla scena (da stringere il cuore!) della “vendita” del “ragazzo albero” da parte del genitore...
Nonostante ciò, la vicenda non scivola mai nel patetico: non solo i cattivi ricorrono alla violenza, ma anche una persona “normale” come Bancroft è capace di compiere la propria vendetta con freddezza. La beffarda fine di mister Sterling, poi, è una punizione ampiamente meritata, più che non una “semplice” morte.
Dopo la precedente prova un po’ altalenante (ne Il segno del Male), qui i disegni di Gallieno Ferri tornano alla loro piena espressività: il dinamismo che riesce a infondere a Zagor, la completezza degli sfondi e l’atmosfera tenebrosa che permea questa storia sono davvero straordinari.

Concludiamo con le “osservazioni alla storia” di Moreno Burattini tratte dal Forum SCLS.
 
Ad un forumista che, pur avendo letto la sola prima parte, affermava di considerare questa storia come una delle più belle degli ultimi dieci anni e chiedeva a Moreno se anche lui la pensasse così, rispondeva:
 
La cosa che più mi ha felicemente sorpreso sono stati gli apprezzamenti di Sergio Bonelli dopo la lettura della seconda parte da poco inviata alla stampa; sinceramente ero molto dubbioso al momento di fargliela leggere per vari motivi che ti saranno chiari al termine dell'avventura (ci sono due o tre tasti delicati che spero di aver toccato con la dovuta cautela); quando ho creduto di aver scritto qualcosa di notevole (vedi Zagor contro Mortimer o Un capestro per Gambit) sono poi stato smentito dai giudizi non unanimi in senso positivo dei lettori, mentre storie su cui ero più perplesso siano invece quelle più gradite, per cui il mio giudizio non conta e anzi è fuorviante; credo comunque che alla fine delle 160 pagine circa di "Mostri!" le varie sottotrame trovino tutte un compimento soddisfacente, questo sì”.

Ai complimenti del sottoscritto, Moreno rispondeva:

Sono lieto del tuo apprezzamento perché l’argomento era delicato e ho fatto di tutto per trattarlo con tatto e sensibilità (dubitando fino all’ultimo di esserci riuscito), scegliendo peraltro una storia breve per non sembrare compiaciuto nell’esibire anch’io quel che nella realtà dell’epoca veniva appunto fatto oggetto di esibizione. Questo magari mi costerà le critiche di chi avrebbe preferito maggiore spettacolarità. Credo che lo spettacolo più bello, in questo caso, sia il finale dove anche gli "uomini strani" trovano il loro posto nel mondo”.

In risposta ad altri commenti positivi, Moreno precisava:

Grazie, sono contento di toccare nel profondo, quando ci riesco, e soprattutto sono lieto di spiazzare (due tentativi che cerco di fare ogni volta). Riguardo ai mostri che non sono quelli che ci si poteva aspettare, aggiungerei una annotazione.
L’uomo albero non l’ho inventato io, esiste veramente, e Ferri si è ispirato, con dolore e commozione di fronte alle reali immagini, a delle foto e a dei filmati autentici. Lo stesso vale per i pinheads.
Peraltro, avreste dovuto sentire quante volte Ferri mi ha chiesto dei consigli per riuscire nell’intento, comune a entrambi, di non essere compiaciuti verso le deformità di esseri umani più sfortunati di noi”.

Grazie per i complimenti. Non so se il pathos che ho cercato di usare (e che tu, bontà tua, mi riconosci) basterà a convincere gli antispiegazionisti e i pim-pum-pamisti, forse quattro o cinque pagine di spiegazioni ci sono anche qui, ma non riesco a immaginare se qualcuno potesse preferire che non ci fossero nemmeno quelle. Come non so capire se il dialogo è abbastanza terra terra da non infastidire chi non vuole vedere neppure una parola appena appena più letteraria o desueta. Nolitta diceva "smussare i punti di attrito", a me non sarebbe perdonato e così faccio parlare Zagor in italiano basic per non infastidire nessuno, talvolta però se ci sono personaggi con più cultura o diverso carattere (come Mortimer o un professore o un dottore o un altolocato) mi pare che sia indispensabile differenziare il vocabolario ma cerco di trattenermi, lo faccio il minimo per non scadere proprio nell’omologazione. Spero che il dottor Sand, comunque, non abbia esagerato nei termini medici. Vabbé, non importa, mi sforzo di accontentare tutti anche se temo che sia impossibile. Almeno tu questa volta sei stato accontentato e ne sono contento”.

In merito al prologo ambientato a Philadelphia, ed evidentemente autonomo rispetto alla vicenda principale, Moreno Burattini forniva questi chiarimenti:

Il prologo ha un’origine diversa e scollegata dal resto della storia, ma alla fine mi sembra che il risultato sia non solo accettabile (recupera peraltro una vecchia tradizione nolittiana dei "raccordi" a se stanti fra un’avventura e un’altra, come nel caso di "Smiling Joe" o "Lo squadrone fantasma" o anche "Il colle dei gufi") ma addirittura funzionale e prodromico al seguito della vicenda.
Le cose sono andate così: temevo che l’argomento "freaks" avrebbe creato qualche problema dato che si parla di handicap e si mostrano deformità (non è un problema l’argomento in sé, il problema è nel rischio di venire accusati di "spettacolarizzare" il dolore altrui e far sembrare che ci sia compiacimento nel mostrarlo, finendo per essere accomunati a mister Sterling che lucra sulla sfortuna delle sue vittime). Però, dopo aver letto tanto e visti foto e film mi sono convinto che il fenomeno dei freaks esibiti nei circhi era del tutto storico e faceva parte dell’epoca al pari di tante altre realtà che la serie era andata mostrando e denunciando (lo schiavismo, la sottrazione di terre e di risorse ai pellerossa, le condizioni della manodopera cinese nella costruzione delle ferrovie, la deportazione dei Cherokee, il genocidio dei Seminoles, eccetera). Era, dunque, un argomento da trattare. Questo il primo punto.
Secondo punto. Ferri doveva fare una storia breve, per poi avere il tempo di disegnare lo speciale del Cinquantennale. Mi è venuta in mente l’idea di fargli disegnare una storia per un Almanacco: la cosa sarebbe servita anche per mettere a tacere quelli che sono pregiudizialmente convinti che le storie dell’Almanacco sono di "serie B". Ho chiesto presso le alte sfere se c’era un problema nell’utilizzare Ferri per una storia breve destinata a quella collocazione, e mi hanno detto: assolutamente no. Persino Diso, tanto per restare in tema di Almanacco dell’Avventura, aveva disegnato almanacchi, e persino Civitelli. Dunque, ecco l’ulteriore illuminazione: se avessi affidato a Ferri la storia sui freaks che da tempo mi ronzava intorno, avrei potuto collocare l’argomento fuori della serie regolare e dunque dare meno fiato alle polemiche se ce ne fossero state (essendo meno sotto i riflettori), e allo stesso tempo avrei potuto avere una storia "di serie A" per l’Almanacco, dando a Gallieno il tempo per fare la storia del Cinquantennale. Inoltre, il dottor Sand sarebbe tornato nell’Almanacco dove era comparso la prima volta, lontano dalla collana Zenith, senza "infastidire" troppo i suoi detrattori (incredibile, per me, ma vero, il dottor Sand ha dei detrattori, mi hanno perfino detto, non so chi e non so dove, che qualcuno lo ha proposto per l’elimimazione fisica tramite fucilazione). Dunque, forte di tutte questo considerazioni, "Mostri!" è partita per essere collocata nell’Almanacco.
Avevo, però, un altro problema: Jonathan Clark. Sapevo di dover scrivere una storia con la resa dei conti fra lui e Zagor. Era impossibile che Zagor tornasse a Darkwood e si dimenticasse di Clark. Pensavo di dedicargli una storia il prima possibile. Però, pensandoci meglio, era impossibile anche che cercare Clark non fosse la PRIMA cosa che Zagor avrebbe fatto tornando a Darkwood. La cosa mi angosciava un po’, e già immaginavo di dover mettere all’opera dei velocisti, come Sedioli, o Chiarolla, o i Di Vitto, o Mangiantini, o Della Monica, per realizzare una storia da collocare subito dopo il ritorno a Darkwood, o il più possibile vicino al ritorno a Darkwood, per risolvere la faccenda. D’altro canto, era anche difficile immaginare una storia davvero interessante con un personaggio tutto sommato "minore" come Janathan Clark, un oscuro complice di Mortimer che Zagor si sarebbe bevuto in due minuti. Non mi sembrava un villain in grado di reggere una intera storia da solo, perciò progettavo di intessere la caccia a Clark come sottotrama per un altro racconto.
Però poi le cose girano, e girano tutte insieme, appassionatamente. La storia di Gambit aveva evidentemente bisogno di una lunghezza diversa dai due albi standard. Allo stesso tempo, mi pareva che fosse un peccato mortale tener lontano Ferri dalla serie regolare per tutto il tempo che sarebbe passato tra Stephan e il numero del Cinquantennale: già vedevo la rivolta dei lettori. E, devo dire, anche la storia con i freaks mi sembrava piuttosto ben riuscita: stavamo riuscendo, io e Ferri, a non dare l’impressione di compiacerci della deformità. Dunque: ecco la soluzione a portata di mano!
Avrei unito l’episodio dei Gambit con la storia dei freaks, allungando quest’ultima. E dunque il racconto di Ferri avrebbe riportato Zagor a Darkwood. Ma allora... era l’occasione giusta per risolvere anche il problema di Jonathan Clark! Che bella idea (almeno ai miei occhi): Zagor salda il conto all’avversario ancor prima di rientrare nella sua foresta: non sia mai detto che lo Spirito con la Scure lascia in sospeso certi debiti (o certi crediti, a seconda del punto di vista).
Ecco dunque Ferri chiamato ad aggiungere una sequenza iniziale a "Mostri!". Sequenza insolita, non lo nego, almeno nei tempi recenti: ma perché la nostra serie dovrebbe essere prevedibile? Pazienza per gli ipercritici, mi sono detto, tanto i prevenuti troveranno comunque qualcosa a cui attaccarsi. Mi sono immaginato le critiche: l’episodio di Jonathan Clark sarebbe stato scollegato con il resto; Jonathan Clark avrebbe dovuto essere protagonista di una resa dei conti lunga almeno due albi; è brutto vedere Zagor in città. Mi sono parse critiche ingiuste. Anche i prologhi dei film di 007 sono (il più delle volte) scollegati con il resto; c’erano dei precedenti nolittiani (già citati); e in ogni caso, una tantum si possono fare (anzi si devono fare) anche delle eccezioni. Jonathan Clark è un avversario minore, peraltro neppure un assassino o in gran criminale, solo un truffatore: non c’è motivo di promuoverlo di grado (era in fondo un burattino nelle mani di Mortimer), basta e avanza quel che Zagor gli ha servito come lezione, tirarla di più per le lunghe sarebbe stato più criticabile che risolverla così, secondo me. Anzi, un prologo così alla James Bond avrebbe potuto persino piacere come trovata insolita (non a tutti, ma a molti, e comunque mi pareva di avere argomenti per difenderlo). Quanto a Zagor in città, la sua permanenza si riduce a così poche tavole che solo gli uggiosi avrebbero potuto spazientirsene.
Insomma, dopo aver soppesato i pro e i contro, ho seguito l’istinto e ho detto: si proceda!
L’idea che ho avuto per risolvere il caso Jonathan Clark mi è parsa divertente, nelle corde di Ferri, e significativa. Era un po’ mettere una pulce nell’orecchio del lettore sul resto della storia: si comincia infatti con una atmosfera da mistero ultraterreno (la seduta spiritica, la medium, il vento, la figura incappucciata) e poi si svela che tutto è umano, troppo umano (per citare Nietzsche). Esattamente come nella storia seguente...
Non solo: nella storia "Mostri!", se si esclude il prologo, Zagor entra in azione con la scure in mano solo a metà avventura (non mancano certo i fatti e gli avvenimenti che si intrecciano, ma il nostro eroe non ha occasione di scontri fisici prima di arrivare alla fattoria dei Kincaid). Con il prologo, eccolo sferrare pugni già dopo pochissime tavole. Insomma: l’aggiunta, giovava al racconto!
Così, sono arrivato del tutto soddisfatto alla conclusione e tutti i lettori "eccellenti" che hanno letto la storia prima dell’uscita (Canzio, Marcheselli, Boselli, Bonelli) hanno espresso apprezzamento.
L’unica cosa di cui mi dispiace, è che l’Almanacco è restato senza Ferri.
Ma non si può avere tutto dalla vita…”.

Infine, alcuni appunti in merito alle fonti di ispirazione della storia:

Il proposito di dedicare un racconto ai fenomeni da baraccone mi è venuto dopo aver visto in libreria un saggio intitolato "I veri mostri", di C.J.S. Thompson, nell’edizione degli Oscar Mondadori, con in copertina il ritratto di una nobildonna completamente coperta di peli, figlia di non so quale principe o duca. In due sere il libro era letto e la decisione di scrivere "Mostri!" era presa.
Quindi ho cominciato a documentarmi con altri libri. Uno dei fondamentali è stato "Freaks: lo sfruttamento delle anomalie fisiche nei circhi e negli spettacoli itineranti", edizioni Logos, che raccoglie le più incredibili fotografie d’epoca della collezione del giapponese Akimitsu Naruyama. Alcune delle foto ritraevano degli attori del film di Tod Browning "Freaks", che aveva usato dei freaks autentici. Dunque ho comprato (non senza qualche difficoltà) questo DVD e l’ho visto, apprezzandolo molto. Ho anche recuperato e rivisto "The Elephant Man", il film del 1980 diretto da David Lynch.
Il film del 1932 di Tod Browning è stato soltanto un tassello nell’insieme delle fonti. Chiunque abbia visto "Freaks" sa che la storia del film non ha niente a che vedere con quella che ho raccontato su Zagor, dato che il film di Browning racconta una vicenda di amore e tradimenti fra artisti di un vero e proprio circo (con trapezisti e uomini forzuti, pagliacci e ballerine), e non c’è nessun freak maltrattato o che fugge.
Casomai, la mia storia è più debitrice verso "The Elephant Man". Ma nell’intento di differenziarmi dal pietoso caso di John Merrick (questo il nome del vero Uomo Elefante) ho cercato a lungo un altro tipo di malformazione e l’ho trovata vedendo su "Focus" le foto dell’Uomo Albero. Mi sono documentato sulla patologia che forma escrescenze sulla mani e sui piedi e ho deciso che, se avessi saputo raccontare la cosa in modo nolittiano, e dunque senza compiacimento nel mostrare la deformità, avrei potuto provarci.
Le uniche cose che ho dovuto tagliare sono appunto il prezzo che volentieri ho pagato alla lezione di Nolitta: chi guardi le foto di Akimitsu Naruyama o veda "Freaks" si rende conto di quanto potesse essere facile suscitare emozioni sconvolgendo, compiacendosi delle malformazioni dei più sfortunati (da notare che "Freaks" è comunque un film "delicato" e non cade nelle tentazione dell’orripilante esibito al disgusto altrui). Ho evitato i freaks più sconvolgenti e mi sono attenuto a una storia zagoriana. Ho parlato spesso con Ferri del problema di come disegnare i "mostri" e lui ha capito subito come procedere”.

3 commenti:

  1. Caro Baltorr,
    concordo con Te. E' una della migliori storie della saga e tratta con umanità e rispetto i soggetti diversamente abili, senza mai cadere nello scontato e nel prosaico. Credo che solo Zagor e Cico tra tutti i personaggi del mondo Bonelli potessero farsi carico di narrare, con rispetto, tratto e simpatia, un mondo così diverso dal nostro ma non per questo alieno al nostro.
    Non mi vergogno di dirti di avere pianto di commozione quando l'ho letta.
    Un abbraccio. Giovanni21

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    1. Qualche luccicone agli occhi ti confesso che era venuto anche a me... Ricambio l'abbraccio, caro Giovanni!

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  2. Mi si è inavvertitamente cancellato un post di Mauro Corti in merito alla presente storia, dopo che lo avevo pubblicato... Mi scuso con l'interessato e riporto il suo intervento qui di seguito (e attendo le vostre eventuali osservazioni):

    Mauro Corti ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Zagor Collezione Storica a Colori: Terrore nella foresta":

    Buongiorno
    Non discuto che il tema sia stato trattato molto bene e con delicatezza, e aldilà delle ispirazioni storiche, già in casa Bonelli si era trattato altrettanto bene su Dylan Dog. C'è solo una cosa che ho trovato un po' urticante rileggendo la storia sulla CSAC pochi giorni fa, ossia l'atteggiamento del Dott. Sand e di Thabita che tubano e festeggiano il loro ritrovamento di fronte ad un uomo che ha perso sua moglie a causa loro, seppure, beninteso, senza colpa. Mi è sembrato, in tanta delicatezza, un passaggio davvero malgestito.

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