Il duecentoundicesimo numero in edicola oggi contiene la conclusione
dell’avventura di Zagor con Capitan
Mission, nonché la prima parte della storia “La mummia delle Ande”.
LA VIA DELL’ORO
Zagor, lasciata New Orleans, si imbarca con
Cico su una nave diretta a Panama per proseguire l’inseguimento di Dexter
Green, l’amico da cui è stato tradito.
Per aiutare lo schiavo fuggiasco Samuel, Zagor
si mette contro i mercenari della Isthmian Guard, vigilantes agli ordini del
governatore e capitanati da Ross Mc Gunn, detto “El diablo yanqui”. Mc Gunn è
alleato con il bieco Mendoza ed è ben deciso a riacciuffare il nero scappato
dalle sue piantagioni. Samuel è diretto verso una comunità di ex-schiavi, con a
capo un misterioso bianco che si fa chiamare Capitan Mission, nascosta nella
giungla di Panama.
Zagor, che deve a sua volta attraversare l’istmo,
decide di accompagnarlo. Con loro c’è il mercante di origini scozzesi Cullen
Scott, che li guida nell’intrico della foresta, là dove si annidano anche gli
indios Guaymì. Ma Capitan Mission interessa molto anche a McGunn: lo yankee è
infatti convinto che costui abbia ritrovato il mitico “tesoro di Lima” di cui,
nella regione, da anni si favoleggia... e Samuel potrebbe portarlo nel suo covo
segreto!
Zagor, Cico e il fuggiasco Samuel giungono,
dopo molte peripezie, nel covo segreto di Capitan Mission, dove vive la sua
comunità di uomini liberi, scappati dalla schiavitù. Capitan Mission è
effettivamente il depositario di un incredibile segreto, quello del tesoro
dell’Isla de Coco, poco più di uno scoglio nell’Oceano Pacifico, al largo di
Panama, in cui fu nascosto l’oro trafugato dalle chiese di Lima.
Quindi Zagor e i suoi alleati, i vigilantes
dell’Isthmian Guard, il soldati del governatore, gli uomini dello schiavista
Mendoza e perfino gli indios Guaymì (agli ordini di Capitan Mission) diventano
gli attori di un dramma ed i combattenti di una sanguinosa battaglia nei pressi
delle rovine della vecchia città di Panama. I miliziani vengono sconfitti ma
McGunn riesce a fuggire e a trovare rifugio su una nave militare che lo riporta
a Panama.
Lì riesce a convincere il Colonnello
Contreras a mettere a sua disposizione una nave e dei soldati ed insieme
attaccano il villaggio Guaymì facendo dei prigionieri che vogliono scambiare
con Capitan Mission. Questi si consegna agli avversari e quando Zagor tenta di
liberarlo, viene fatto a sua volta prigioniero a bordo della nave militare
panamense.
A questo punto gli indios Guaymì e gli
uomini di Capitan
Mission abbordano la nave e nel drammatico scontro che ne segue
quest’ultimo viene ucciso da una pallottola sparata da McGunn e destinata a
Zagor: costui spaccia definitivamente l’avversario e i Colonnello Contreras si
arrende. Il segreto dell’ubicazione del tesoro dell’Isla de Coco è perduto per
sempre con la morte di Capitan Mission…
Zagor e Cico
riprendono la caccia a Dexter Green imbarcandosi per il Perù.
Seconda tappa del viaggio di Zagor e Cico
verso il Sudamerica all’inseguimento di Dexter
Green, questa volta ad opera di Jacopo
Rauch e dei fratelli Di Vitto. Dopo essere
stati in Louisiana ora ci troviamo a Panama, nell’America Centrale, e Rauch ci
narra un episodio gradevole e ben costruito.
La storia è puramente avventurosa e si alimenta spesso di
momenti d’azione all’interno di uno sviluppo lineare legato al viaggio che il
nostro eroe sta affrontando. Lo sceneggiatore ha avuto il grande pregio di
essere didascalico (per la parte storica sul cammino o sulla città distrutta)
senza cadere nel cosiddetto “spiegazionismo”: infatti gli elementi storico-geografici
che vengono forniti contribuiscono pienamente alla narrazione senza appesantirla.
I comprimari sono ben caratterizzati, in particolare la figura
del “diablo yanqui” Ross McGunn, non un semplice e avido cacciatore di tesori
ma un combattente formidabile e spietato, innamorato prima di tutto
dell’avventura, anche se vissuta dal “lato sbagliato della barricata”. McGunn è un avversario che sembra anche
avere un suo codice d’onore, per certi versi quasi rispettabile, sino a quando
Zagor non lo sovrasta con il suo essere “vero” eroe: “Io non combatto per il
gusto del sangue, io lo faccio per il povero Manuel, per gli indios che hai
fatto massacrare, per tutti quelli che hai ammazzato per puro piacere! Ogni
volta che combatto contro farabutti come te è il pensiero delle loro povere
vittime che mi da la forza di non cedere ed è proprio per questo che non
vincerai!”. Nolittianità allo
stato puro!!!
Anche il personaggio di Capitan Mission (la cui identità di
ufficiale della Mary Dear avevo
intuito nel corso della narrazione) nella parte finale acquista, grazie al
racconto del suo passato, uno spessore maggiore che rende la sua tragica ed
edificante dipartita più significativa e carismatica.
Una storia, quindi, che si inserisce perfettamente nella
tradizione della grande avventura zagoriana.
I fratelli Di Vitto
firmano qui la loro prima storia sulla serie regolare, dopo il loro esordio sul
Maxi Zagor n. 15 (La banda aerea).
Le loro tavole sono ben curate nelle ambientazioni e conferiscono ai vari
personaggi una varietà davvero inesauribile di espressioni, una diversa
dall’altra, con splendidi ed espressivi primi piani.
Come tutti i disegnatori che giungono ad illustrare Zagor con un
proprio stile, diverso da quello ferriano, i Di Vitto possono inizialmente suscitare perplessità nel lettore
abituale, in particolare per i visi di Zagor e Cico (un po’ troppo squadrati),
ma poi, con lo scorrere delle pagine, si riesce ad apprezzare fino in fondo la
loro opera.
Chiudo con alcune risposte date da Jacopo Rauch in merito a questa storia
alle domande rivolte dai forumisti di SCLS:
A chi gli evidenziava la “leggerezza” di
aver inserito, sia nella sua precedente sceneggiatura di Uomini senza legge sia in questa storia, la scena di un sogno con
una didascalia (in questo caso “Mar dei Caraibi”), ritenendola un errore
narrativo poiché, trattandosi appunto di un sogno, chi lo fa lo vive nel
proprio subconscio e non nella realtà e, di conseguenza, non ha senso dire al
lettore che ci troviamo nel Mar dei Caraibi per il semplice fatto che non è “realmente”
vero, Jacopo Rauch rispondeva:
“È vero, quello che dici
tu. Normalmente sarebbe stato un errore. Il problema è che in entrambe le
circostanze in questione, la scena era la prima dell’albo (in Uomini senza legge era addirittura la
prima della storia. In Panama doveva
essere l’inizio del secondo albo. Poi, per esigenze di redazione, la lunghezza
della storia è cambiata e gli albi sono stati divisi in modo diverso).
Ora, mentre in Magico
Vento o Ken Parker non sarebbe stato un problema iniziare un albo senza
didascalie e usando solo lunghe sequenze di vignette mute, in Zagor questo non
si può fare. È un problema di stile narrativo, proprio del personaggio. È
impensabile iniziare una storia senza spiegare dove ci si trova. Quindi ho
dovuto fare questa piccola 'forzatura' e aggiungere la didascalia a inizio
sogno (che non piace neanche a me, beninteso, ma che è 'necessaria').
Prova a togliere la
didascalia dall’inizio di Uomini senza
legge, infatti, e vedrai che l’effetto non è bello.
Invece nella scena
dell’isola, sebbene originariamente (nella versione in cui la scena doveva
essere l’inizio dell’albo) la didascalia avesse senso... ora non ce l’ha più.
Si doveva togliere come dici tu, dunque, ma è una piccolezza talmente minuta
che è sfuggita a tutti”.
A chi gli chiedeva che cosa lo avesse
portato a decidere di rendere il villain principale, Ross McGunn, uno yankee,
un compatriota di Zagor, invece di un personaggio della “fauna” locale, Jacopo rispondeva:
“Il motivo per la scelta c’è.
Il personaggio di McGunn e la sua banda di vigilantes sono ispirati a
personaggi realmente esistiti (ma parecchi anni dopo la storia di Zagor).
Randolph Runnels era un ex
ranger del Texas che costituì un corpo di polizia per sorvegliare l’Istmo e
proteggere i forty-niners diretti in California, intorno al 1850. Durante la
corsa all’oro, infatti, per andare in California, si passava dall’Istmo. I
cercatori e i cacciatori di fortuna arrivavano in nave, passavano l’Istmo a
piedi e, a Panama, si imbarcavano per la California. Siccome l’Istmo brulicava
di tagliagole e briganti che depredavano a man bassa approfittando del
passaggio di quella marea umana, le autorità incaricarono Runnels di mettere
ordine e far rispettare la legge. Costui arruolò dunque una bandaccia di
sgherri e pistoleri e cominciò a far piazza pulita a suon di piombo e corda
insaponata.
La banda di vigilantes si
chiamò Isthmian Guard (le cronache
però non riportano che Runnels prese quel nome da un altro gruppo di vigilantes
che, già vent’anni prima, proteggeva gli imbarchi del rio Chagres dagli indios
ostili)”.
Infine, a chi gli chiedeva se fosse una
precisa scelta che il personaggio di McGunn fosse vagamente vestito alla Tex
Willer (camicia e fazzoletto al collo un po’ texiani), lo sceneggiatore
chiariva:
“No, non era previsto dovesse essere vestito come Tex. È una pura
casualità (ma poi... gli somiglia davvero?)...
Penso che il
'determinante' che lo fa assomigliare al ranger siano solo i taschini sulla
camicia (che non erano previsti e che sono stati aggiunti dai Di Vitto).
Ah... e il fazzoletto,
magari. Però le somiglianze mi sembra finiscano qui. Non è molto, mi pare...”
Rauch dopo le primissime storie godibili fatte di dialoghi brillanti, continua ad alzare il tono regalandoci una storia avventurosa che come scritto nell' articolo mischia abilmente azione a momenti più "calmi" portando aneddoti interessanti, così come sono quelli dell' intervento sul forum ^^.
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