Il centosettantottesimo numero, che troverete in edicola domani, contiene la conclusione dell’avventura di Zagor sul delta del Mississippi, nonché la prima parte della storia “I bassifondi di New Orleans”.
IL VILLAGGIO DEL MISTERO
Sulle tracce dell’avventuriero dalle quattro
dita, Velasquaez, Zagor e Cico giungono nella regione del bayou, una palude nel delta del Mississippi. Lì
vengono scambiati per coloro che hanno assassinato Norah Gordon, moglie di un
ricco proprietario terriero; chiarito l’equivoco con il tenente Raglan i nostri
eroi raggiungono il villaggio di Nuova Sulina, un pacifico borgo fondato anni
prima da coloni moldavi giunti dalla lontana Europa.
Le case del villaggio, tuttavia, sono completamente
abbandonate e una carovana di nuovi immigrati, venuti a raggiungere chi già si
era trasferito fin lì, trova segni di orrore, morte e distruzione ovunque, ma
nessuna traccia degli abitanti scomparsi. L’unico corpo che viene rinvenuto è
quello del prete della comunità, impiccato nel campanile della chiesa.
Intanto c’è chi ricorda la leggenda di una
spedizione di Conquistadores sterminata dagli indiani proprio là, dove è stata
costruita Nuova Sulina e qualcuno lancia un monito: non devono i vivi turbare
il sonno dei morti!
Mentre Zagor cerca di risolvere il mistero,
si scontra con i due assassini di Norah Gordon, Dust e Forge, e riesce a
renderli inoffensivi.
Una drammatica notte cala sul villaggio
abbandonato. Davanti agli occhi di Zagor e Cico si scatenano incredibili
fenomeni di poltergeist, che terrorizzano i coloni giunti dall’Europa. La
vecchia Hanu, una sensitiva, sembra entrare in contatto con gli spiriti senza
requie che aleggiano in quel luogo... Dust e Forge ne approfittano per scappare
ma per loro la morte è in agguato tra gli alberi che circondano l’abitato.
Mentre la paura attanaglia i cuori, soltanto
Zagor osa affrontare le misteriose presenze che, dagli oscuri recessi dove
giacciono i morti, lanciano moniti e segnali. Che cosa si nasconde sul fondo di
un pozzo, che sembra il varco verso l’orrore?
Alla fine il mistero trova una soluzione: i
Cajun che abitano nella foresta si rivelano essere i responsabili del
precedente massacro ed attaccano i nuovi coloni che, con Zagor e Cico, trovano
rifugio nella chiesa. Lì i poteri medianici della vecchia Hanu danno voce allo
spirito del prete che rivela di essersi suicidato per il rimorso di non essere
intervenuto ad impedire il massacro dei fedeli affidati alle sue cure.
Fortunatamente, prima gli spiriti dei
massacrati evocati da Hanu intervengono a rallentare l’attacco dei Cajun, poi i
soldati agli ordini del tenente Raglan li fermano definitivamente.
Storia d’atmosfera ben congegnata, con una commistione di
elementi realistici e soprannaturali, di spietati avversari umani ed alleati
ultraterreni. Il crescendo di mistero e inquietudine in cui Moreno Burattini porta il lettore,
vignetta dopo vignetta, direi che è ben raccontato e sostenuto dal ritmo degli
eventi, anche se sembra perdere un po’ di mordente nella sua seconda parte.
Lo sceneggiatore è abile nel mantenere sino all’ultimo l’alone
di mistero sulla vera identità delle figure minacciose (la storia del massacro
degli spagnoli è davvero fuorviante per il lettore); alla fine, poi, le
presenze occulte compaiono davvero ma si rivelano non il nemico da cui
guardarsi bensì un insperato alleato. Che si tratti di veri fantasmi o di qualcos’altro
evocato dai poteri paranormali di Hanu (ad esempio dei “residui psichici” con
cui la sensitiva moldava riesce a mettersi in contatto) poco importa. Ciò che
conta ai fini della storia è che il loro intervento risulta in parte risolutivo.
Mi pare buona l’idea di utilizzare gli immigrati moldavi, elemento
questo che coniuga un tema tipicamente western come quello dei pionieri con
echi provenienti dall’horror gotico. Sono proprio questi immigrati, infatti, -
ed i lettori con loro - che cadono preda dell’angoscia e del terrore, forse anche
in conseguenza del loro retroterra “culturale” (l’area geografica di
provenienza è quella in cui è sorta la credenza del vampiro come figura
archetipica così come la conosciamo noi).
Il colpo di
scena finale, poi, spiazza il lettore: i veri cattivi della vicenda sono
uomini, mentre gli spiriti stanno dalla parte degli immigrati moldavi! E il
bello è che Burattini riesce a sviare dalla verità disseminando nella
narrazione tutta una serie di elementi che – letti a posteriori – lasciano
intuire quale fosse la reale soluzione del mistero...
Decisamente buoni i disegni di Torricelli, a suo agio con le ambientazioni cupe che caratterizzano
la storia.
In conclusione vi riporto qui di seguito alcuni “appunti sparsi”
di Moreno Burattini in merito a
questa storia, risalenti al dicembre 2004 ed estrapolati dal Forum
www.spiritoconlascure.it:
Quando si ha a che fare
con un fumetto seriale, con scadenze precise, con tanti autori da gestire, con
una programmazione serrata, è difficile che tutto vada liscio senza un po’ di
batticuore. A volte si dà per scontato che certi disegnatori finiscano in
tempo, e se non finiscono bisogna allungare le precedenti storie per dare loro
il modo di finire, o si inseriscono altre storie già pronte. Nel caso del
Segreto dei Sumeri, Mauro ha avuto bisogno di tre albi contro i due e mezzo che
erano stati previsti. Io ho saputo a tre mesi dalla fine che dovevo allungare Oscure Presenze di quaranta tavole. Mi
sembra un mezzo miracolo che, tutto sommato, l’allungamento non si percepisca.
Ma questo tipo di cose è già accaduto, ripeto. Altre volte ho dovuto tagliare
(come nel caso dell’Uomo dalla Maschera
Nera o La Setta Cinese) e
ugualmente i tagli non si sono percepiti, almeno così spero. Se facessimo albi
alla francese, uscendo una volta l’anno, ci sarebbe più tempo per calibrare
tutto a regola d’arte, ma noi facciamo rifornimento in volo, è un’emergenza
continua, non c’è mai respiro, gli imprevisti sono sempre in agguato.
Anche se poi perfino in Oscure Presenze ci sono poteri paranormali
“veri” e non solo spiegazioni razionali, tuttavia io sono (ed è un difetto) un
positivista, uno che ha letto troppo Asimov e prima ancora Jules Verne. E
soprattutto, sono un salgariano. Ho letto poco fantasy, e circa l’horror mi
fermo a Stephen King. Preferisco il giallo e l’avventura all’horror, e nella
fantascienza preferisco la scienza alla fanta. Però poi qualche mostro l’ho
inventato anch’io. Certo, non mi piacciono i finali aperti alla Dylan Dog o
quelle storie dove alla fine non ci si capisce niente. Per me, una spiegazione
ci dev’essere. Sarà che la cerco sempre in tutte le cose della mia vita.
Non mi pare che in Oscure Presenze i fenomeni magici siano
inesistenti. Il pozzo ha davvero emanato luce abbagliante, i tizzoni ardenti
hanno davvero vorticato, una medium ha davvero levitato, qualcuno ha davvero
visto dei fantasmi, e si sono levate urla e grida soprannaturali, ci sono stati
fenomeni paranormali come la vecchia che ha parlato con la voce di un morto.
L’unica cosa non paranormale è stata la strage ad opera dei cajun. E in ogni
caso, tutto quanto si diceva nella presentazione era quello che i personaggi
(Zagor e compagni) hanno davvero creduto e temuto.
I cajun sono stati
trattati in maniera affrettata ed improbabile? Improbabile non so, nel forum ho
citato un famosissimo film, peraltro immagino ben documentato dato che non è
mai stato attaccato per improbabilità, in cui i cajun sono dipinti esattamente
come in Oscure Presenze e uccidono
chi si avventura nella loro palude. L’immagine dei cajun che se ne ha di solito
è appunto questa, gente strana che non vedono di buon occhio gli stranieri, al
punto che si sospetta di loro per le sparizioni che avvengono nel bayou.
Dopodiché, non capisco perché debbano essere improbabili i cajun di Oscure Presenze e probabili gli indiani
fotofobici che vivono sottoterra in Terre
Bruciate o i cavernicoli della storia I
padroni del fuoco. Se anche i cajun non fossero davvero così, sono così i
cajun della storia mia e di Torricelli. Tutto qui: è un racconto di fantasia,
non è un saggio storico antropologico. La maniera in cui i cajun sono stati
introdotti è affrettata? Beh... può darsi, ma la percezione del lettore
dovrebbe corrispondere a quella di Zagor che, in fondo, ha un contatto con loro
solo nell’arco di ventiquattro ore.
Storia dall' atmosfera intrigante che effettivamente perde un pochino nella seconda parte, ma trovo anch' io che sia godibile e coinvolgente senza concedere respiro al lettore.
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