mercoledì 8 luglio 2015

Zagor Collezione Storica a Colori: La lunga caccia (ZCSC178)




          Il centosettantottesimo numero, che troverete in edicola domani, contiene la conclusione dell’avventura di Zagor sul delta del Mississippi, nonché la prima parte della storia “I bassifondi di New Orleans”.


IL VILLAGGIO DEL MISTERO

Sulle tracce dell’avventuriero dalle quattro dita, Velasquaez, Zagor e Cico giungono nella regione del bayou, una palude nel delta del Mississippi. Lì vengono scambiati per coloro che hanno assassinato Norah Gordon, moglie di un ricco proprietario terriero; chiarito l’equivoco con il tenente Raglan i nostri eroi raggiungono il villaggio di Nuova Sulina, un pacifico borgo fondato anni prima da coloni moldavi giunti dalla lontana Europa.
Le case del villaggio, tuttavia, sono completamente abbandonate e una carovana di nuovi immigrati, venuti a raggiungere chi già si era trasferito fin lì, trova segni di orrore, morte e distruzione ovunque, ma nessuna traccia degli abitanti scomparsi. L’unico corpo che viene rinvenuto è quello del prete della comunità, impiccato nel campanile della chiesa.
Intanto c’è chi ricorda la leggenda di una spedizione di Conquistadores sterminata dagli indiani proprio là, dove è stata costruita Nuova Sulina e qualcuno lancia un monito: non devono i vivi turbare il sonno dei morti!
Mentre Zagor cerca di risolvere il mistero, si scontra con i due assassini di Norah Gordon, Dust e Forge, e riesce a renderli inoffensivi.
Una drammatica notte cala sul villaggio abbandonato. Davanti agli occhi di Zagor e Cico si scatenano incredibili fenomeni di poltergeist, che terrorizzano i coloni giunti dall’Europa. La vecchia Hanu, una sensitiva, sembra entrare in contatto con gli spiriti senza requie che aleggiano in quel luogo... Dust e Forge ne approfittano per scappare ma per loro la morte è in agguato tra gli alberi che circondano l’abitato.
Mentre la paura attanaglia i cuori, soltanto Zagor osa affrontare le misteriose presenze che, dagli oscuri recessi dove giacciono i morti, lanciano moniti e segnali. Che cosa si nasconde sul fondo di un pozzo, che sembra il varco verso l’orrore?
Alla fine il mistero trova una soluzione: i Cajun che abitano nella foresta si rivelano essere i responsabili del precedente massacro ed attaccano i nuovi coloni che, con Zagor e Cico, trovano rifugio nella chiesa. Lì i poteri medianici della vecchia Hanu danno voce allo spirito del prete che rivela di essersi suicidato per il rimorso di non essere intervenuto ad impedire il massacro dei fedeli affidati alle sue cure.
Fortunatamente, prima gli spiriti dei massacrati evocati da Hanu intervengono a rallentare l’attacco dei Cajun, poi i soldati agli ordini del tenente Raglan li fermano definitivamente.

Storia d’atmosfera ben congegnata, con una commistione di elementi realistici e soprannaturali, di spietati avversari umani ed alleati ultraterreni. Il crescendo di mistero e inquietudine in cui Moreno Burattini porta il lettore, vignetta dopo vignetta, direi che è ben raccontato e sostenuto dal ritmo degli eventi, anche se sembra perdere un po’ di mordente nella sua seconda parte.
Lo sceneggiatore è abile nel mantenere sino all’ultimo l’alone di mistero sulla vera identità delle figure minacciose (la storia del massacro degli spagnoli è davvero fuorviante per il lettore); alla fine, poi, le presenze occulte compaiono davvero ma si rivelano non il nemico da cui guardarsi bensì un insperato alleato. Che si tratti di veri fantasmi o di qualcos’altro evocato dai poteri paranormali di Hanu (ad esempio dei “residui psichici” con cui la sensitiva moldava riesce a mettersi in contatto) poco importa. Ciò che conta ai fini della storia è che il loro intervento risulta in parte risolutivo.
Mi pare buona l’idea di utilizzare gli immigrati moldavi, elemento questo che coniuga un tema tipicamente western come quello dei pionieri con echi provenienti dall’horror gotico. Sono proprio questi immigrati, infatti, - ed i lettori con loro - che cadono preda dell’angoscia e del terrore, forse anche in conseguenza del loro retroterra “culturale” (l’area geografica di provenienza è quella in cui è sorta la credenza del vampiro come figura archetipica così come la conosciamo noi).
Il colpo di scena finale, poi, spiazza il lettore: i veri cattivi della vicenda sono uomini, mentre gli spiriti stanno dalla parte degli immigrati moldavi! E il bello è che Burattini riesce a sviare dalla verità disseminando nella narrazione tutta una serie di elementi che – letti a posteriori – lasciano intuire quale fosse la reale soluzione del mistero...
Decisamente buoni i disegni di Torricelli, a suo agio con le ambientazioni cupe che caratterizzano la storia.

In conclusione vi riporto qui di seguito alcuni “appunti sparsi” di Moreno Burattini in merito a questa storia, risalenti al dicembre 2004 ed estrapolati dal Forum www.spiritoconlascure.it:

Quando si ha a che fare con un fumetto seriale, con scadenze precise, con tanti autori da gestire, con una programmazione serrata, è difficile che tutto vada liscio senza un po’ di batticuore. A volte si dà per scontato che certi disegnatori finiscano in tempo, e se non finiscono bisogna allungare le precedenti storie per dare loro il modo di finire, o si inseriscono altre storie già pronte. Nel caso del Segreto dei Sumeri, Mauro ha avuto bisogno di tre albi contro i due e mezzo che erano stati previsti. Io ho saputo a tre mesi dalla fine che dovevo allungare Oscure Presenze di quaranta tavole. Mi sembra un mezzo miracolo che, tutto sommato, l’allungamento non si percepisca. Ma questo tipo di cose è già accaduto, ripeto. Altre volte ho dovuto tagliare (come nel caso dell’Uomo dalla Maschera Nera o La Setta Cinese) e ugualmente i tagli non si sono percepiti, almeno così spero. Se facessimo albi alla francese, uscendo una volta l’anno, ci sarebbe più tempo per calibrare tutto a regola d’arte, ma noi facciamo rifornimento in volo, è un’emergenza continua, non c’è mai respiro, gli imprevisti sono sempre in agguato.

Anche se poi perfino in Oscure Presenze ci sono poteri paranormali “veri” e non solo spiegazioni razionali, tuttavia io sono (ed è un difetto) un positivista, uno che ha letto troppo Asimov e prima ancora Jules Verne. E soprattutto, sono un salgariano. Ho letto poco fantasy, e circa l’horror mi fermo a Stephen King. Preferisco il giallo e l’avventura all’horror, e nella fantascienza preferisco la scienza alla fanta. Però poi qualche mostro l’ho inventato anch’io. Certo, non mi piacciono i finali aperti alla Dylan Dog o quelle storie dove alla fine non ci si capisce niente. Per me, una spiegazione ci dev’essere. Sarà che la cerco sempre in tutte le cose della mia vita.

Non mi pare che in Oscure Presenze i fenomeni magici siano inesistenti. Il pozzo ha davvero emanato luce abbagliante, i tizzoni ardenti hanno davvero vorticato, una medium ha davvero levitato, qualcuno ha davvero visto dei fantasmi, e si sono levate urla e grida soprannaturali, ci sono stati fenomeni paranormali come la vecchia che ha parlato con la voce di un morto. L’unica cosa non paranormale è stata la strage ad opera dei cajun. E in ogni caso, tutto quanto si diceva nella presentazione era quello che i personaggi (Zagor e compagni) hanno davvero creduto e temuto.

I cajun sono stati trattati in maniera affrettata ed improbabile? Improbabile non so, nel forum ho citato un famosissimo film, peraltro immagino ben documentato dato che non è mai stato attaccato per improbabilità, in cui i cajun sono dipinti esattamente come in Oscure Presenze e uccidono chi si avventura nella loro palude. L’immagine dei cajun che se ne ha di solito è appunto questa, gente strana che non vedono di buon occhio gli stranieri, al punto che si sospetta di loro per le sparizioni che avvengono nel bayou. Dopodiché, non capisco perché debbano essere improbabili i cajun di Oscure Presenze e probabili gli indiani fotofobici che vivono sottoterra in Terre Bruciate o i cavernicoli della storia I padroni del fuoco. Se anche i cajun non fossero davvero così, sono così i cajun della storia mia e di Torricelli. Tutto qui: è un racconto di fantasia, non è un saggio storico antropologico. La maniera in cui i cajun sono stati introdotti è affrettata? Beh... può darsi, ma la percezione del lettore dovrebbe corrispondere a quella di Zagor che, in fondo, ha un contatto con loro solo nell’arco di ventiquattro ore.


1 commento:

  1. Storia dall' atmosfera intrigante che effettivamente perde un pochino nella seconda parte, ma trovo anch' io che sia godibile e coinvolgente senza concedere respiro al lettore.

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