Il numero 107, che troverete in edicola domani, contiene
la seconda parte dell'avventura con il
ritorno di Hellingen.
INCUBI
Zagor è vittima di paurosi incubi. Un cerbiatto
gli parla (rivelandogli che qualcuno che gli ha rivolto “un silenzioso addio”
sta per tornare…), e si tramuta in mostro di fronte a lui. Il fuoco prende vita
e tenta di ucciderlo. La sua mente vacilla? O queste terrificanti visioni
nascondono un fondo di verità?
L’unico in
grado di guarire Zagor da Ah-Eh-Nai, il Demone della Follia che si è
impadronito di lui, è Akoto, l’ultimo dei custodi delle armi di Rakum l’Eroe
Rosso, che vive sul Monte Naatani. Ma, per riuscirci, Akoto deve mandare il Re
di Darkwood in un mondo da incubo, nei labirinti della sua mente! Zagor viene
liberato dal Demone della Follia ma un’altra minaccia si profila all’orizzonte:
il colonnello Perry, apparentemente impazzito, vuole a riattivare Titan, il
mostro d’acciaio creato dal professor Hellingen.
Zagor e
Cico devono assolutamente raggiungere il lago Erie prima che Perry riesca nel
suo intento e si avvalgono di un sorprendente mezzo di trasporto: l’Ultra
Flying Object, la nuova, strepitosa macchina (in tutto e per tutto simile a un
disco volante!) realizzata dal barone Icaro la Plume.
Purtroppo,
Zagor non riesce a fermare Perry e Titan risorge dalle acque! Lo Spirito con la
Scure, allora, si aggrappa a Titan, che lo porta fino alla foresta di Darkwood,
lasciandosi dietro una scia di distruzione. Il gigantesco automa distrugge la
cabina nella quale era sparito Hellingen, ma viene a sua volta distrutto da una
forza sconosciuta; la Luna esplode e poi si ricompone: è una notte di prodigi.
E, infatti, potente, pressoché invincibile, a un attonito Zagor appare il
professor Hellingen!
Hellingen
racconta a Zagor e ad Akoto la sua incredibile vicenda. Risvegliatosi su una
enorme astronave, ha incontrato un misterioso ragazzo indiano di nome Kiki. Con
questa astronave è tornato sulla Terra. Ma Perry, aiutato da Teseka, capo degli
Ottawas, riesce ad ucciderlo! L’incubo è finito? Neanche per sogno: un mese
dopo, Tonka viene ucciso da Shalak, che diventa il nuovo capo dei Mohawk e
ammazza Zagor in combattimento!
Lo stregone Makuaty riporta in vita lo Spirito
con la Scure, ma viene ucciso dagli uomini di Shalak: Cico, Perry e Icaro La
Plume lo abbandonano e muoiono a loro volta. Zagor, disperato, decide di
suicidarsi!!!
Muore, ma lo strano ragazzino indiano chiamato
Kiki (che altri non è che Manito, il Grande Spirito dei pellerossa), lo riporta
in vita. Anche Hellingen risorge e si scontra nuovamente con Zagor, che vince
il duello perché ha capito che Hellingen è in realtà già morto disintegrato
anni prima all’interno della cabina degli Akkroniani, ma non ha mai voluto
ammetterlo ed ha trasportato Zagor in un universo parallelo per scontrarsi
nuovamente con lui. Smascherata questa falsità, Hellingen torna nell’Aldilà e
Zagor torna nel suo universo e può riabbracciare i suoi amici Cico, Perry,
Tonka e La Plume che non sono mai veramente morti.
L’unico a morire è Akoto, che si è sacrificato
per la vittoria di Zagor.
Questa è l’ultima storia di Zagor scritta da Tiziano Sclavi, che
“saluta” il personaggio creando per lui un’avventura molto particolare, una
sorta di storia “fuori collana”.
Il suo genio creativo si sbizzarrisce alla grande, spaziando tra
allucinazioni, realtà alternative, animali parlanti e viaggi nel cosmo
profondo.
È una storia amara, dolorosa, cinica ma al contempo epica e divertente.
Una storia che da sempre fa discutere tutti gli appassionati zagoriani,
dividendoli sostanzialmente in due: coloro che la amano, considerandola una
storia stupenda pur nella sua atipicità; e coloro che la odiano, ritenendola
una storia delirante e troppo lontana dai cosiddetti canoni nolittiani.
Il fulcro di questa storia è il ritorno di Hellingen, la nemesi per
eccellenza dello Spirito con la Scure e, senza alcun dubbio, il cattivo più
amato dai lettori, al punto che Nolitta scelse di congedarsi dalla serie
proprio con la celeberrima Terrore dal Sesto Pianeta, l’ultima avventura
in cui faceva la sua comparsa il folle e geniale scienziato. Alla fine di
quella storia, il creatore di Zagor escogitava una imprevedibile via di fuga
per Hellingen: una cabina aliena di teletrasporto che sottraeva lo scienziato
(apparentemente uccidendolo) alla cattura da parte dei suoi nemici, rendendolo
così pronto per un eventuale ritorno sulle pagine della serie qualora uno dei
suoi eredi alla sceneggiatura delle storie avesse presentato un soggetto
valido.
Ed ecco che, otto anni dopo, con un grande battage pubblicitario
(furono ben quattro le pagine del Giornale di Sergio Bonelli, contenuto
in appendice agli albi, dedicate a questo evento), venne annunciato il ritorno
in grande stile di Hellingen. La storia, però, non era opera di Marcello
Toninelli, l’allora sceneggiatore principale della serie, ma di Tiziano Sclavi,
ex-sceneggiatore zagoriano ed ex-curatore della testata, che due anni prima aveva
creato il fumetto di Dylan Dog.
Con tutta probabilità, il fatto che Sclavi avesse scritto per la serie
dell’Indagatore dell’Incubo delle storie così belle ed innovative da rendere il
suo personaggio un eccezionale fenomeno di vendite, diventando così un nome di
prestigio del fumetto italiano, fece sì che l’editore gli permettesse di
riprendere in mano Hellingen con la possibilità di conferirgli caratteristiche
diverse da quelle originarie e che richiamavano invece quelle di altri villain
creati da Sclavi per la sua serie.
In effetti, uno Zagor che si trova ad avere visioni, che sembra
impazzire, che perde tutto a partire dall’ideale a cui ha dedicato tutta la sua
vita di giustiziere, somiglia molto a certi eroi “moderni” che devono
necessariamente passare attraverso una grave crisi di identità, di incertezza
sul proprio ruolo di giustizieri, per riscoprire il vero senso della loro
missione.
In sé, la storia ha un taglio quasi cinematografico, è molto complessa
e si sviluppa su vari mondi paralleli con una struttura degli avvenimenti molto
complicata. È una bella storia, ma così lontana da tutte le altre della serie
che il lettore ne rimane sconcertato (nel bene o nel male). È anche un punto di
rottura nell’evoluzione storica di Zagor poiché stravolge la concezione che i
lettori hanno del personaggio che qui, con le sue continue “morti”, viene quasi
distrutto nel suo aspetto leggendario e mitico.
Comunque la si giudichi, è di gran lunga la storia zagoriana in cui uno
sceneggiatore ha osato di più. Per questo è naturale che la si ami o la si
detesti.
Di certo non può lasciare indifferenti.