La richiesta di aiuto di un vecchio amico, spinge Zagor sulle tracce di Tom Bennett, un ragazzo di quindici anni rapito da una banda di indiani quando era solo un bambino.
Riportarlo alla sua famiglia d’origine però non si rivela facile, perché Tom è ormai cresciuto come un pellerossa…
E si è unito alla banda di predoni ottawa, guidata del sanguinario Orso Selvaggio.
Storia avvincente e ben strutturata, pur nella sua apparente semplicità, ambientata nelle regioni settentrionali di Darkwood, tra indiani Fox e Ottawa, con il recupero del trapper Sam Dougal già apparso nel Maxi “Terre fredde”, costellata di tante “citazioni nolittiane” (Spedizione punitiva, La sabbia è rossa, I sei della Blue Star) ma non solo (vedi tutte quelle storie – anche reali – incentrate sulla ricerca di bianchi catturati dai pellerossa e ormai integrati nella loro cultura e modus vivendi).
Una vicenda drammatica e a volte crudele, una lunga sequenza di scontri a fuoco e assalti senza concedere quartiere agli avversari, ma inframmezzata da momenti di riflessione, umanità e speranza.
La storia ha una natura corale, Zagor non è protagonista assoluto e questo dà modo allo sceneggiatore Jacopo Rauch di dare il giusto spazio agli altri personaggi coinvolti, tutti ben presentati e caratterizzati (persino le tre donne bianche liberate), grazie anche a dialoghi interessanti e mai fuori luogo; anche il loro “retroterra” e le motivazioni che li muovono sono ben delineati.
Tra tutti spicca il “cercatore di piste” Bart Bogan, reso cinico e apparentemente folle dal dolore per la perdita della moglie Katy, ma che – in un risveglio di umanità – si rivela capace di un bellissimo gesto nel commovente finale della storia.
Una storia, in conclusione, molto scorrevole che mantiene vivo fino alla fine l’interesse del lettore.
I classici disegni dei fratelli Di Vitto non deludono. Significativa la ricerca dei dettagli, soprattutto negli sfondi e nell’abbigliamento dei personaggi, buoni dinamismi nelle scene d’azione, salvo il fatto che alcune vignette in campo medio mi pare presentino un viso di Zagor non troppo azzeccato (a differenza, invece, dei volti ben differenziati ed espressivi dei vari comprimari).