Complici un accavallarsi di situazioni lavorative
e la mia innata pigrizia, in questi ultimi tempi
sono rimasto un po’ indietro con le recensioni
degli albi zagoriani.
Ecco allora che, ormai giunti alle soglie del nuovo anno,
commenterò brevemente qui di seguito l’ultima avventura completa
apparsa nella serie regolare, lo Zagor Più n. 7
e il Color Zagor n. 16.
MASSACRO!
Rufus Dowler, un folle assassino, membro di una famiglia di naufragatori affrontata in passato da Zagor a Sandag Bay, è fuggito dal manicomio criminale dove era rinchiuso e sta cercando Norah, la figlia dell’ex sceriffo di Sandag Bay, Abe Kirk, dal cui ricordo è ossessionato. Abe e Norah arrivano a Darkwood in cerca dell’aiuto dello Spirito con la Scure, che si getta sulle tracce dell’assassino seguendo una lunga pista di sangue.
Il folle Rufus Dowler giunge a Warren Town, dove, Zagor e lo sceriffo del luogo, Bill Parson, gli hanno teso una trappola per catturarlo, facendo riparare la donna e suo padre in una capanna nascosta in una gola.
Ma nella vicenda entrano in scena anche una banda di Delaware, ribelli guidati da Becco di Corvo e da Volpe Nera (che si oppongono al saggio sakem Tuono Rosso), e la spietata Mama Jane con la sua famiglia di contrabbandieri di whisky, i Crow. Rimasto ferito in uno scontro, Rufus è stato soccorso e curato da questi criminali, che lo ricoverano nella loro capanna. Sulle loro tracce, Zagor i guerrieri di Tuono Rosso giungono sul luogo, ma i criminali hanno una inaspettata carta da giocare…
Diciamo subito che non si tratta di una delle più riuscite storie di Jacopo Rauch.
Sebbene la figura del maniaco serial-killer, stolido e omicida, (di chiara ispirazione hollywoodiana, si pensi al Jason Voorhees di “Venerdì 13” o al Michael Myers di “Halloween”) si possa dire una novità nella saga zagoriana e la storia in sé sia scorrevole e di piacevole lettura (Rauch il suo mestiere lo sa comunque fare bene), si tratta in realtà di una storia di pura azione il cui svolgimento è abbastanza prevedibile.
Vi sono naturalmente anche aspetti apprezzabili: la famiglia disfunzionale della spietata Mama Jane (la vera cattiva della storia) che in certi momenti “ruba” proprio la scena; la trama che appare concludersi al termine del secondo albo salvo poi riprendere vigore con una situazione completamente ribaltata a vantaggio dei “cattivi”, per poi concludersi (di nuovo) positivamente per Zagor e i suoi alleati; il finale che sa toccare le corde giuste del cuore e porta a riflettere anche sulla natura di un assassino seriale e sui motivi che lo abbiano portato a divenire tale.
I disegni del salernitano Luigi Coppola (proveniente dalla “scuderia” di Martin Mystère) sono quanto di più classico ci possa essere, tanto da avermi ricordato il Torricelli prima maniera, con posture e rifacimenti pedissequamente “ferriani”. Forse un po’ poco dinamici, ma leggibili e puliti.
* * *
LA MACCHINA DEL TEMPO
Questo volume presenta per la quarta volta in questa collana (che, lo ricordo per i più distratti, ha sostituito il “vecchio” Maxi Zagor) il format ormai famoso noto come “I racconti di Darkwood”: una serie di brevi avventure racchiuse da una storia “cornice” che funge da incipit, raccordo e chiusura. Il titolo complessivo di questo albo è La macchina del tempo.Sotto la consueta copertina del bravissimo Alessandro Piccinelli troviamo quattro storie brevi narrate da Zagor e Cico a un gruppo di persone inviate dalla base di Altrove, del quale fanno parte i già conosciuti Jesse e Roberts, convocati dallo Spirito con la Scure per indagare su uno strano fenomeno che coinvolge una macchina del tempo approdata a Darkwood dal futuro. Li ascolteremo narrare di un villaggio dove regna la follia, di un ragazzo indiano alla ricerca del suo Spirito Guida, dell’orrore celato sul fondo di un oscuro crepaccio, di un uomo venuto dal futuro… il tutto in un susseguirsi di mistero ed avventura!
Tutti i racconti sono accomunati da un’ambientazione horror, fantascientifica o, comunque, misteriosa.
La “storia cornice” scritta da Antonio Serra, funge qui, più che nei numeri passati, da mera occasione per la narrazione delle altre avventure. I disegni, di stampo decisamente classico, sono dell’habitué Stefano Voltolini. Il momento più divertente e significativo mi è sembrato il “ridimensionamento” dell’egocentrico uomo d’azione Muldoon. Il primo racconto, “La piantagione dell’orrore”, vede protagonisti Zagor e Cico che devono confrontarsi con un intero villaggio i cui abitanti hanno perso il senno a causa di un esperimento scientifico troppo azzardato e che, indossando maschere di cinghiale, catturano le persone per seviziarle e ucciderle. La sceneggiatura è di Francesco Testi mentre i disegni sono affidati a un disegnatore storico della scuderia zagoriana: Raffaele Della Monica. Nella storia ho trovato dei “richiami” al racconto kinghiano “I figli del grano” e la scoperta del diario del dottore mi ha ricordato lo stesso escamotage usato da Nolitta ne “L’uomo lupo”. La seconda storia, “Territorio shawnee”, sceneggiata da Antonio Zamberletti, è la più “poetica” dell’albo ed è narrata su due piani temporali, attingendo a piene mani dalla mitologia pellerossa e presentando due personaggi davvero interessanti: Janek Vaslav e il ragazzino shawnee Ehly. I disegni sono di un altro decano degli illustratori zagoriani: il sempre bravo Marco Torricelli. “La fossa” di Moreno Burattini è – a mio avviso – la storia migliore del volume. Zagor deve confrontarsi con un feroce tribù di indiani che è solita sacrificare i propri prigionieri gettandoli in una “fossa dell’orrore” (nulla, comunque, di soprannaturale). Ai disegni troviamo Paolo Bisi (non lo vedevamo da un po’) che è bravissimo ad utilizzare la tecnica della mezzatinta con acquarelli grigi, impreziosendo così ancor di più il racconto. Il disegnatore dal tratto più innovativo è il cagliaritano Fabiano Ambu (proveniente da Dampyr, qui alla sua prima prova zagoriana) che troviamo a illustrare l’ultimo racconto intitolato “L’uomo venuto dal futuro”, la cui sceneggiatura è sempre di Antonio Serra. La storia si ricollega direttamente a quella della “cornice” e ci narra di come Zagor, con l’aiuto di un marchingegno consegnatogli da Roxton (un uomo proveniente dal futuro) riesce ad avere ragione di Zellar (altro uomo della stessa linea temporale del primo) che vorrebbe uccidere lo Spirito con la Scure per impedirgli di sconfiggere Hellingen e dargli modo di dominare il mondo!* * *
Il mio giudizio sul volume nel suo complesso è sostanzialmente positivo. Anche l’ultima storia, quella fantascientifica, che avrebbe potuto far storcere il naso agli zagoriani più tradizionalisti, in realtà è davvero ben scritta e – comunque – è ambientata a Darkwood in un contesto ben consueto, ha degli agganci di continuity con la saga di Hellingen e (fortunatamente) non è Zagor ad essere spedito a “spasso nel tempo”…
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LA NAVE VOLANTE
La città atlantidea di Ol Undas, rimasta celata per millenni sulla cima di una altissima rupe, è stata distrutta (e tutti i suoi abitanti uccisi) da mostri creati artificialmente da Saltur, uno scienziato intenzionato a farne il suo esercito personale per prendere il potere e partire alla conquista del mondo.
Per sgominare la minaccia dei mostri rimasti sulla torre di pietra, guidati da un capo primate chiamato Serkis che sembra dotato di intelligenza superiore, Zagor e Scarlet (la figlia adottiva del pioniere del volo Icaro La Plume) guidano fino a Ol Undas una macchina volante progettata dal Barone, scortati da una squadra di militari e da uno scienziato di Altrove.
Trattasi del terzo e ultimo episodio della mini-saga ambientata ad Ol Undas, un insediamento atlantideo rimasto per millenni nascosto sulla cima di un’altissima rupe.
La prima puntata risale al 1990 con “La città sopra il mondo” (Zagor Speciale n. 3), una storia sceneggiata da Marcello Toninelli e illustrata da Gallieno Ferri; a trent’anni esatti di distanza Moreno Burattini e Mirko Perniola hanno pensato di dare un seguito a quella prima avventura per celebrarne l’anniversario e per spiegare alcune questioni rimaste in sospeso (“Il rapimento di Icaro La Plume” – Color Zagor n. 11).
Con il presente Color (disegnato, come il precedente del 2020, da Fabrizio Russo e sceneggiato dal solo Mirko Perniola) vengono tirate le fila della vicenda e portate alla loro conclusione.
Devo dire che, in buona sostanza, la trama non si discosta di molto dai plot precedenti (continui scontri con i mostri della città, che per l’occasione sono riusciti a scendere sul territorio americano e minacciano l’inerme popolazione civile). Nulla di speciale, quindi, se non il fatto di scoprire che lo scimmione intelligente Serkis (il cui nome è un omaggio all’attore che ha impersonato lo scimmione Cesare nel nuovo franchise de “Il pianeta dele scimmie”) è in realtà il malvagio Saltur imprigionato nel corpo del primate e che alla fine Ol Undas collassa su se stessa per sempre!
Da segnalare, inoltre, che l’ultima pagina presenta una specie di “colpo di scena” allorquando scopriamo che gli scienziati di Altrove hanno recuperato un marchingegno che ha registrato il funzionamento dei macchinari che hanno permesso a un’intera città di auto sostenersi per millenni… e che quindi, nonostante la distruzione della città, la loro missione è stata comunque un successo!
Ottimi i disegni del sempre bravo Fabrizio Russo.
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In conclusione, auguro a tutti voi un’ottima
fine del corrente anno e un favoloso inizio 2023!!!