A un mese e mezzo di
distanza
dalla “puntata
precedente”
ecco a voi un nuovo
appuntamento
con la rubrica
“A domanda… Moreno risponde”!
Questa volta si
parlerà di “Incubi!”,
del Colonnello Perry,
delle storie
ad ampio respiro, di
Linneha la Cacciatrice,
e delle storie
“fantascientifiche” di Tex.
Ma anche delle
“famigerate” didascalie,
degli avversari più
deludenti della saga zagoriana,
di Giorgio Giusfredi,
di “Bandera!”,
dell’omaggio
“grafico” a Mauro Boselli
nell’ultimo Zagor
Color… e di molto altro ancora!
Ringraziando come di
consueto Moreno
per il tempo che ci
dedica e per la sua disponibilità,
non mi resta che
lasciarvi alla lettura!
1 – Caro Moreno, scrivo queste righe per chiederti: è tua
intenzione scrivere il sequel di una storia che ha fatto sempre molto
discutere, e che ha portato in gioco la questione degli universi paralleli:
“Incubi!”?
“Incubi”
(1988) è una storia inserita in una saga, quella di Hellingen, che ha già avuto
vari seguiti, scritti da Mauro Boselli
e da me (ci sono stati altri capitoli successivi, insomma: almeno tre o
quattro, a seconda di come si considerano spezzate le storie disposte in
continuità). Da un punto di vista puramente cronologico, il sequel di “Incubi”
è stato sceneggiato da Boselli con
la lunga avventura che comincia con l’albo “Ombre su Darkwood” (1996). Ricordo
che l’intera saga di Zagor contro Hellingen è stata raccolta in una serie di
sette volumi da poco completata. Se però la domanda si riferisce alla
possibilità di ricreare in una nuova avventura la “fine del mondo” immaginata
da Sclavi, con la realtà impazzita
attorno allo Spirito con la Scure (frutto del delirio del mad doctor), e magari spiegarne meglio il senso, direi proprio di
no, almeno per quanto mi riguarda. “Incubi” è un racconto che appartiene
all’universo letterario sclaviano, più che nolittiano, quindi è una prova
d’autore in cui volutamente si riconosce la personalissima calligrafia di uno
sceneggiatore conscio del proprio talento e che pertanto non fa niente per
“nascondersi”. Si tratta dunque di una storia a sé stante, che reputo
intoccabile nella sua unicità.
2 – Caro Moreno, quando il Colonnello Perry è apparso per la
prima volta nella serie, Zagor e l’ufficiale medico parevano conoscersi già. Ci
verrà quindi mai narrato il primo incontro fra i due?
A volte
gli sceneggiatori introducono nuovi personaggi facendoli incontrare a Zagor e
Cico come vecchie conoscenze: questo serve a dare la sensazione di un racconto
reale, con protagonisti che vivono in un contesti di rapporti pregressi. È come
se volessimo far credere che i nostri eroi conducano una vita anche al di fuori
delle vicende raccontate, come se esistesse veramente il loro mondo. Sarebbe
perfino noioso, oltre che difficile, dover costruire storie in cui i personaggi
o già sono noti al lettore o Zagor li debba incontrare tutti per la prima
volta. Lo Spirito con la Scure entra in saloon o in trading post in cui
sicuramente è già stato e saluta persone che già conosce anche se il lettore li
vede per la prima volta. Faceva così anche Nolitta,
l’esempio più lampante è quello de “La preda umana”, in cui Zagor si reca a un
rendez-vous dei trappers, di cui mai si era parlato in precedenza ai lettori, e
viene accolto da tutti come un vecchio amico. Proprio salutando i mountain men
uno per uno, lo Spirito con la Scure li presenta al lettore. Lo stesso accade,
del resto, nell’avventura d’esordio, “La foresta degli agguati”, allorché lo
Spirito con la Scure entra in fortino di cacciatori di pellicce, Fort Henry, e
viene riconosciuto e salutato da tutti, dimostrandosi particolarmente amico di
un certo Pat, a capo dell’avamposto
Riguardo a Perry, una parte del suo passato è già stato narrato in un
Color in cui era co-protagonista. Niente vieta che ci possano essere altre
retrospettive, se utili a dare spessore a una bella storia.
3 – Caro Moreno, una volta scrivevi storie ad ampio respiro
(Il gigante di pietra, La mummia delle Ande, per fare due esempi). Ora sembra
che tu preferisca scrivere episodi più brevi, ma a mio avviso le storie di
Zagor dovrebbero essere molto più complesse e articolate, un po’ come succede
su Tex. Sembra che lo Zagor odierno sia semplificato rispetto al passato. Cosa
ne pensi?
Nel
corso del 2022 in
realtà è uscita una mia storia con Mortimer lunga tre albi e un’altra dedicata
al passato di Rochas ugualmente in tre puntate è cominciata con il mese di
dicembre. Forse parlando di storie “di più ampio respiro” ti riferisci ad
avventure ancora più lunghe, sopra le trecento tavole, magari in quattro parti.
Ne sto scrivendo proprio una che probabilmente raggiungerà le quattrocento
pagine, quella del ritorno di Supermike. Però, non mi pare che né su Zagor né
su Tex la regola sia (né sia mai stata) quella delle storie lunghe più di tre
albi, anzi, quelle in quattro o cinque sono statisticamente eventi eccezionali.
Ciò detto, ci sono difficoltà oggettive nel portare a termine una storia a
fumetti lunga come “Il gigante di pietra” o “La palude dei forzati”: al di là
della necessità di trovare una trama che regga la lunga distanza, è inevitabile
notare come i disegnatori di oggi realizzino un minor numero di tavole ogni
mese rispetto alla produzione dei loro colleghi (o di loro stessi) in tempi
passati. Tenere impegnato un illustratore su un racconto molto lungo significa bloccarlo
su quel lavoro per anni e anni (tre, quattro, cinque), con il rischio costante
di incidenti di percorso o rallentamenti (è ovvio peraltro che gli investimenti
fatti dalla casa editrice sul work in progress rientreranno peraltro solo a
storia pubblicata). Non è neppure detto che una storia in quattro albi sia per
forza più bella di una in tre o in due (o in uno). Ogni storia deve avere la
lunghezza richiesta dagli sviluppi della trama, allungare il brodo non migliora
la qualità del racconto. Aggiungo che, in generale, i tempi di fruizione di
qualsiasi contenuto multimediale (non solo fumetti ma video, libri, brani
musicali) tendono a essere più brevi, i ritmi dei film si sono fatti più
sincopati, la comunicazione avviene in modo più rapido. Gli autori, me
compreso, lo percepiscono e, talvolta perfino involontariamente, si adeguano.
Noi possiamo anche apprezzare le storie-fiume, ma nel mondo che ci circonda ci
sarà sempre più spesso chi si spaventerà o storcerà la bocca o sarà scoraggiato
di fronte a una storia a fumetti che gli venga proposta in quattrocento o
cinquecento pagine.
4 – Gentile Moreno, pur essendo la storia “Fantasmi!”
decisamente sopra le righe, c’è un fatto che mi ha sempre lasciato perplesso,
ad ogni rilettura. Sappiamo che Jeremiah faceva da tramite fra Tampa Town e
l’Isola delle Trenta Bare e che finisce in cenere insieme alla sua casa ma...
ne è stato mai trovato il cadavere? Da semplice fan, cosa ha pensato della sua
fine una volta anche lei per la prima volta quell’avventura qualche tempo fa?
Ho
pensato che si trattava di una storia troppo sopra le righe per pormi troppe
domande. Mi sono divertito con le trovate proposte da Castelli e Pini Segna,
ho colto le evidenti citazioni da Carl Barks, e mi è bastato questo
divertimento.
5 – Gentile Moreno, dopo essermi gustato fino allo
sfinimento l’avventura (per adesso la prima) che ha visto protagonista la
Cacciatrice Linneha, mi viene spontaneo chiederti se possa esserci in programma
un team-up fra la stessa Linneha, la quale ha come missione quella di vendicare
i torti subiti dagli indiani, e Odonak, l’indiano Abenaki di “Corpo speciale”,
intenzionato a scoprire chi sia e dove si trovi Patrick Wilding per vendicare
la strage raccontata in “Zagor Racconta...” e nella miniserie “Le Origini”.
Dopotutto Zagor ha nel sua passato quell’eccidio che non potrà mai dimenticare,
Odonak lo cerca per questo e Linneha è, appunto, nella condizione di vendicare
un massacro di indiani da parte di un bianco, magari mettendo a repentaglio
l’operato della Spirito con la Scure rivelando al mondo, e quindi soprattutto
agli indiani, che l’Inviato di Manito abbia un grave peccato sulla coscienza.
Il personaggio di Linneha non si presterebbe molto a questo “spiffero”, ma
Odonak non dovrebbe avere problemi a mettere le cose in chiaro fra la vera
identità di Zagor ed il massacro degli Abenaki. Cosa ne pensi?
Innanzitutto
sono molto lieto dell’apprezzamento per la Cacciatrice, segno che qualche volta
le ciambelle riescono con il buco. Poi, l’idea suggerita mi sembra ottima. Ma
come fare a sfruttarla utilizzandola come se fosse mia dopo che è stata
proposta in pubblico in questa sede? Intanto c’è una seconda avventura in
arrivo il cui argomento è diverso, poi vedremo.
6 – Caro Moreno, quali sono, secondo te, i cinque avversari più
deludenti dell’intera Saga Zagoriana... e perché?
Ovviamente
mi starai chiedendo di avversari comunque degni di nota e di menzione, in grado
di essere ricordati e identificati immediatamente (di banditi anonimi senza
spessore è piena la serie). Mi presto al gioco, ché di questo si tratta, anche
se non dovrei (potendo sembrare che stia criticando il lavoro degli altri). Il
mitico Stiletto, quanto ad avversari deludenti, viene prima di tutti. Chi segue
questa rubrica sa perché. Poi c’è Nakawa, il figlio di Kanoxen (vedi “La lancia
spezzata”), che pianta un sacco di grane per vendicare il padre e quando viene
a sapere che il sakem dei Delaware è morto cadendo nelle sabbie mobili e non
per mano di Zagor, chiede scusa e se ne va come se nulla fosse (e lo Spirito
con la Scure lo lascia andare). Al terzo posto metterei l’Uomo Invisibile: uno
spunto interessante che poteva essere sfruttato meglio. Al quarto posto l’Uomo
Dipinto, che non mi è mai piaciuto perché troppo bizzarro e sopra le righe.
Concluderei con un villain di mia ideazione, dato che non posso esimermi dal
figurare in questa classifica: temo che
la mia versione di Swamp Thing, ovvero la creatura che comanda i
vegetali nello Speciale “Palude mortale”, non sia riuscita come era nelle mie speranze.
7 – Gentile Moreno, quali altre storie, scritte dal vero
Edgar Allan Poe, le piacerebbe immettere nella saga di Zagor, con lo stesso
personaggio di Poe come co-protagonista?
Tutte.
8 – Caro Moreno, ti scrivo per chiedere una cosa riguardante
la storia “La vendicatrice” da poco giunta in edicola. Quando decide di scalare
la palizzata in legno, non riesce a fare il minimo rumore pur mettendoci forza
nell’usare il coltello per mantenerlo attaccato alla stessa palizzata.
Possibile che le sentinelle non se ne possano essere accorte e ti sembra
possibile che, davvero, non sia stato avvertito neanche il più minimo rumore
verso un’azione che di rumore invece avrebbe dovuto farne, eccome?
Se si
applicasse questo principio (quello della massima pignoleria nell’esame della
credibilità dei particolari) nell’analisi di ogni storia (non solo di Zagor e
non solo a fumetti, ma anche dei film d’azione) resterebbero ben poche
avventure uscite indenni dal crivello delle critiche. Tanto per cominciare,
sarebbe perfino impossibile credere al volo di Zagor tra i rami degli alberi.
Tuttavia, ripensando al caso in questione, mi pare che si possano fornire
alcune ragionevoli spiegazioni. Primo: la Cacciatrice è estremamente abile, una
sorta di ninja pellerossa, e dunque saprà lei come si fa a non far rumore o a
produrne poco. Secondo: la Cacciatrice è estremamente veloce e dunque il rumore
provocato si esaurisce in pochi istanti restituendo subito il posto al
silenzio: se anche qualcuno ha sentito qualcosa, rimarrà a interrogarsi in
proposito e verrà attaccato prima di poterne capire l’origine. Terzo: le
sentinelle possono essere distratte, lontane, mezze sorde, un po’ addormentate,
un po’ alticce, soprappensiero (chi lo sa?), non è detto che gli uomini di
guardia, peraltro ignari del pericolo che neppure sospettano, siano sempre
lucidi, efficienti e con i sensi e i nervi tesi. Quarto: anche delle sentinelle
lucide ed efficienti, che hanno sentito degli strani rumori, possono
attribuirli alle origini più diverse e disparate, e innocue, come causati da
animali, da oggetti caduti, da finestre fatte sbattere dal vento; non è così
scontato che un TOC nella notte venga immediatamente attribuito a una donna
indiana che si arrampica lungo la palizzata usando un coltello e una scure, e
in ogni caso prima che una sentinella possa concepire un pensiero del genere
senza aver visto nulla nell’oscurità, la Cacciatrice è già arrivata in cima.
9 – Gentile Moreno, crede possibile riportare in scena un
torneo di boxe, con i vari Rocky Thorpe, lo stesso Zagor, Cucciolo e Rocky
Buck, apparso ne “Il popolo della notte”, oltre che altri cultori di quello
sport per una storia concentrata sul mondo del pugilato ma, ovviamente,
differente da quanto ci è stato già narrato in precedenza?
Personalmente
non ho molta simpatia per gli incontri di pugilato, e di storie incentrate su
tornei di sfide sul ring ne abbiamo avute almeno tre o quattro. Sarebbe
difficile pensare a qualcosa sullo stesso argomento che non ripeta quanto già
visto. Però so che la boxe, nelle sue varie versioni ed evoluzioni, fa parte
della storia dell’uomo fin dall’antichità, so che incarna e simboleggia temi
archetipici so che ha ispirato la letteratura, il cinema e il fumetto, so che Giovanni Luigi Bonelli era un boxeur
appassionato. Perciò credo che prima o poi torneremo a parlare di pugilato
anche su Zagor, in un modo o nell’altro. Non lo farò io, ma sono sicuro che
qualcun altro farà delle proposte, che valuterò senza pregiudizi.
10 – Caro Moreno, hai detto di essere stato un sottoposto di Mauro Boselli mentre quest’ultimo era
curatore di Zagor. La stessa cosa sta accadendo per Giorgio Giusfredi con Mauro
Boselli curatore di Tex. Ti chiedo: visto che lo stesso Giusfredi scrive anche per Zagor, cosa
hai notato in lui di simile per quanto riguarda ciò che entrambi avete imparato
da Boselli per i soggetti e le
sceneggiature e cosa, invece, noti di differente tra i vostri due modi di
scrivere?
Giorgio Giusfredi racconta spesso (l’ha fatto anche durante l’incontro
zagoriano nel corso della recente Lucca Comics) di essersi convinto di voler
fare da grande lo sceneggiatore di fumetti proprio ascoltando da bambino
(accompagnato dal babbo) una mia conferenza in cui spiegavo ai ragazzi in che
cosa consistesse il mestiere che facevo. Io rispondo sempre: dunque, se ti
abbiamo tra i piedi, la colpa è mia. Tra me e lui ci sono 22 anni di differenza
(potrei essere suo padre), quindi inevitabilmente ci sono molte diversità nella
nostra formazione (letture, studi, film e cartoni animati visti, incontri
fatti), tuttavia la passione verso il mondo in cui lavoriamo (avendo fortemente
voluto lavorarci e fatto di tutto per riuscirci) è la stessa. Forse il suo
legame con Boselli è più forte del
mio, nel senso che quando ho cominciato a collaborare con Mauro (nove anni più anziano di me) ero già trentenne e dunque con
un certo bagaglio di esperienza che il Bos
mi ha aiutato a perfezionare, credo che Giorgio
invece abbia mosso proprio con lui i suoi primi passi. Giusfredi ha poi frequentato i corsi di scrittura creativa di
Sebastiano Mondadori (io, letterariamente parlando, sono autodidatta) e ha
avuto - e credo ancora abbia - ambizioni letterarie (come Boselli, è coltissimo quanto a letture), in più è un grande
appassionato di cinema (questo lo accomuna a Maurizio Colombo, del quale è molto amico). Quali le differenze fra
noi due nel modo di scrivere? Io credo di essere più quadrato e razionale nella
costruzione delle storie, e ambisco alla facilità di lettura; lui è visionario,
bizzarro e sopra le righe.
11 – Gentile Moreno, ho letto con piacere che scriverà una
storia dal sapore fantascientifico per Tex. A questo proposito, oltre a
chiederle quali siano le sue storie fantascientifiche preferite sia per il
Ranger che per Zagor, mi è venuto in mente come sia possibile che in tanti anni
non sia stata ripresa una storia come “Il fiore della morte”. Se non ricordo
male, la metà di uno di quei fiori dovrebbe essere ancora nelle mani del
Morisco. Un incidente, un urto, una rapina riguardante oggetti antichi e misteriosi
(tutto troppo banale vero?) che possa in qualche modo distruggere il
contenitore di quel fiore e far tornare alla vita quel pezzo di storia texiana
che vive ancora, quantomeno nel sottoscritto. Sarebbe almeno da provarci, non
trova?
Essendo
uno zagoriano, e quindi abituato alla contaminazione dei generi, ho sempre
apprezzato molto le storie fantastiche di Tex, che mi sono rimaste impresse (se
ripenso alle mie letture da ragazzino) molto più di quelle western. Il podio va
naturalmente alla saga di Mefisto, ma anche racconti in cui compare El Morisco
sono in cima alla mia personale classifica di gradimento. Tant’è vero che
proprio il Brujo è protagonista insieme ai pards della trama portata avanti con
Michele Rubini nelle 220 tavole che
usciranno in due albi nei primi mesi del 2023. Mi rendo conto che
la domanda in realtà verte sulle storie “fantascientifiche” e non tutte quelle
con El Morisco lo sono (e non lo sono affatto quelle con Mefisto).
Fantascientifica lo è di sicuro “Il fiore della morte”, così come un racconto
dello stesso genere scritto da Mauro
Boselli, “La minaccia nel deserto” (anche qui c’è un meteorite caduto dal
cielo che diffonde una sorta di epidemia aliena, con organismi extraterrestri
che si impossessano di corpi umani). Non metterei tra le mie preferite, invece,
la storia dell’alieno squamoso che Tex affronta in una vecchia storia di G. L. Bonelli, mentre “Le terre
dell’abisso” sì, mi è sempre piaciuta. Riguardo a Zagor, dove la fantascienza è
più di casa, al primo posto ci vanno le avventure contro Helligen e le sue
invenzioni decisamente futuribili (Titan, lo Squalus, il missili
telecomandati). Tornando al “Fiore della morte”, io ho proposto a Boselli di far tornare Tex nei luoghi
fantastici di certe storie del vecchio Gianluigi,
scrivendo i sequel delle vicende sulla e nella Tigre di Pietra piuttosto che
nelle già citate Terre dell’Abisso, e certamente potrebbero tornare in scena
anche per le mortali piante spinose che tanto ci hanno impressionato (al pari
del monaco incappucciato che rimesta nella lava della Sierra Encantada). Per il
momento pare che l’idea sia stata messa nel pensatoio.
12 – Caro Moreno, quando appaiono paesaggi innevati, lupi che
ululano di notte, persone che stanno bivaccando in una grotta per ripararsi dal
freddo, non possono che farmi tornare in mente le belle storie ambientate in
questo tipo di ambienti. Inoltre, ho particolarmente apprezzato la figura di
Elvin Fishbourne, che se non sbaglio è apparsa due volte. Non so se possa
essere in grado di reggere il peso da co-protagonista, ma cosa ne direbbe di
renderlo perlomeno partecipante ad un Color Zagor, magari svelando qualcosa del
suo passato ed integrando ciò con le vere esperienze vissute da colui che ha
dato spunto per tale personaggio, ovvero Elvezio Pesci?
Il
musher Elvin Fishbourne è stato finora protagonista non di due ma di tre storie
di Zagor: una su un Maxi del 2008,
“Corsa mortale”, ambientato nella zona delle Cascate del Niagara, un paio nelle
fasi finali della trasferta sudamericana, in Terra del Fuoco e in Antartide. Si
può certamente considerare entrato ormai a far parte del microcosmo zagoriano,
e non sono contrario a renderlo co-protagonista di un futuro Color (non avrà
sedimentato lo spessore di Tonka o di Rochas ma appunto un ruolo importante in
una nuova storia può farlo “crescere” come personaggio). Il campione di sleddog
(oggi ritiratosi dalle gare) Elvezio Pesci, grande appassionato di Tex, fornì
una preziosa consulenza a Mirko Perniola
nella sceneggiatura di “Corsa Mortale” e proprio per questo abbiamo pensato,
lui d’accordo, di dare il suo volto (e in parte anche il suo nome) a uno dei
conduttori di slitte che partecipano alla gara raccontata nel Maxi. Da allora
Elvezio è sempre rimasto in contatto con noi della redazione e, personalmente, lo
considero uno tra i miei più cari amici.
13 – Buongiorno Moreno. Recentemente ho avuto un confronto
con il gestore della pagina FB ufficiale di Zagor, relativamente alle
didascalie. Rimpiangendole ho definito “Pura poesia” quelle di Nolitta, e qui lo ribadisco portando ad
esempio quelle a pagina 94/95 di “Zagor contro il vampiro” quando il Nostro
attende il ritorno alla cripta di Rakosi, o quelle tra pagina 20 e 21 de “La
preda umana”, mentre attende l’arrivo del cacciatore Nicholson, o ancora quelle
che accompagnano lo snervante viaggio di Zagor verso Stoneville in compagnia di
Billy Boy, ne “Il giorno della giustizia”. Mi sono sentito rispondere dal
probabilmente giovane gestore della pagina, che è assurdo definire “pura
poesia” didascalie che si limitano a descrivere ciò che si vede nelle vignette…
mentre a me sembra che ci sia molto di più… Ma senza scomodare sempre Nolitta, potrei citare la pagina 52 de
“L’uomo con il fucile”, una delle tue storie classiche che mi sono nel cuore.
Ora, siamo tutti d’accordo che certi albi storici mantengono tutta la loro
freschezza e che, letti oggi, non sentono assolutamente il peso degli anni… Ma
allora perché oggi non è più possibile scriverle e si scorrono intere pagine di
soli disegni? Dove sta scritto che l’utilizzo di didascalie renda la lettura
meno gradevole e che uno sceneggiatore moderno non le debba più usare? A me
sembra che, se ben scritte, possano aumentare il pathos in certi passaggi e lo
chiedo a te che in passato le hai usate con efficacia mentre più recentemente
le hai completamente bandite dalla tua narrazione. Capisco l’esigenza di
rinnovamento, fino ad un certo punto visto che il pubblico di Zagor non è
certamente fatto di ragazzini, ma siamo sicuri che il rinnovamento passi
dall’abolizione delle didascalie?
Capisco
e condivido in gran parte (sono nostalgico anch’io), ma quando la nostalgia per
l’uso delle didascalie narrative spinge a fare degli esempi, si citano appunto
certe storie di Nolitta (lei lo fa
con “La preda umana”, “Zagor contro il vampiro”, “La rabbia degli Osages”)
degli anni Sessanta e Settanta. Si può arrivare fino agli anni Ottanta (Marcello Toninelli ne faceva abbondante
uso) e fino ai primi Novanta (giustamente lei ricorda che anche io ho fatto i
miei esperimenti imitando chi c’era stato prima di me, e sarà interessante
rileggere “L’uomo con il fucile” che la collana “Le grandi storie Bonelli”
riproporrà in edicola nella prossima primavera). Però, appunto, ne è passata di
acqua sotto i ponti. Il modo di raccontare del 2022 non può che essere diverso,
in vari modi e misure, rispetto a quello del 1972. Questo non perché lo dico
io, ma perché chi va a vedere un film di oggi non si aspetta di ritrovare il
ritmo, i tempi, il montaggio, la qualità di immagine, i movimenti di camera, i
dialoghi di cinquant’anni fa. Il James Bond di Daniel Craig non è diverso da
quello di Sean Connery o Roger Moore soltanto per la faccia dell’attore, ma
proprio per come si raccontano le storie dell’Agente 007. Lo stesso vale per le
notizie del telegiornale, per la pubblicità o per le canzoni di Sanremo. È
chiaro che chi, come me, ascolta ancora i brani degli anni Settanta e Ottanta e
li preferisce al rap non si convincerà mai che la musica si è evoluta in
meglio, ma tant’è, le hit di oggi non assomigliano proprio ai brani dei
Beatles. Però c’è da dire anche che la “pura poesia” di certe lunghe didascalie
nolittiane o toninelliane corrisponde perfettamente all’altrettanto “pura
poesia” di “Cuccioli”, una storia di Ken Parker lunga una ventina di pagine
sceneggiate da Giancarlo Berardi in
cui non soltanto non ci sono didascalie, ma neppure balloon di pensieri o
di parole. Tutto è raccontato solo dalla
potenza dei disegni di Ivo Milazzo.
In teoria, uno sguardo silenzioso di un personaggio o un suo indugiare, o un
suo lento incedere sono perfettamente in grado di trasmettere al lettore le
stesse emozioni di una lunga didascalia (che in certi frangenti potrebbe essere
addirittura disturbante). Lo sceneggiatore che non usa la didascalia deve saper
usare le vignette mute per veicolare gli stati d’animo che vuol comunicare a
chi legge (certo, servono disegnatori molto in gamba). Riguardo alle pagine
senza il peso di troppo testo, io personalmente le preferisco appunto perché
valorizzate dalla bellezza e dalla comunicatività dei disegni, però capisco che
la nostalgia del modo di scrivere nolittiano possa far rimpiangere in qualcuno
le sue vignette con tanto da leggere. Non c’è stato un momento esatto in cui
qualcuno ha deciso che le didascalie andavano abbreviate o eliminate,
semplicemente tutti o quasi gli sceneggiatori hanno cominciato a farne meno
uso, percependo nell’aria che così si dovesse fare per rendere più agile la
lettura e per lasciare un maggior ruolo al “lector in fabula” (per dirla con
Umberto Eco). Non c’è nessuna regola scritta, ma gli sceneggiatori di oggi
sceneggiano con meno parole, di loro iniziativa, partecipi della realtà che
vivono e del diverso modo di fruire fiction da parte di chi usa i social o
guarda Youtube o le serie TV. Del resto la stessa cosa è accaduta anche per Tex
o Dylan Dog (solo per fare degli esempi). In conclusione: i racconti nolittiani
degli anni Sessanta e Settanta restano lì, come giustamente dice lei, non
invecchiati di un giorno; quelli nuovi sono sceneggiati da autori che scrivono
in modo diverso. Ecco, personalmente sono del parere che chi scrive e chi
disegna debba cercare di esprimersi come può e come sa, nel rispetto di una
tradizione che pur si evolve, e il lettore dovrebbe cercare di accettare, se
vuole, ciò che gli autori realizzano senza pretendere una scrittura su misura
per lui. Perché poi, già, ci sono anche i lettori, magari più giovani, che di
fronte a pagine con troppo testo scuotono la testa. Come si fa ad accontentare
tutti? Si dovrebbe cercare una via di mezzo, e mi propongo di farlo o di
lasciarlo fare ai miei collaboratori qualora la didascalia “poetica” sia
davvero funzionale e non rallenti o disturbi la scena (mi viene in mente Dino
Risi che disse a Nanni Moretti: “Levati, che devo vedere il film”). Escludo però
un ritorno alla didascalia che descrive ciò che già si vede disegnato, come nei
fumetti di Flash Gordon degli anni Trenta.
14 – Caro Moreno, in “Bandera!” non è stata molto utilizzata
la tecnica del flashback per narrare tutto il passato fra Zagor, Adam Crane e
Lupo Grigio. A tal proposito, sono state ristampate proprio le due storie delle
quali “Bandera!” è la terza parte. Purtroppo, il costo delle ristampe non me lo
sono potuto permettere, ma a parte questo le voglio chiedere, volendo prendere
lo Speciale Tex Willer come storia a sé, risulta evidente, quantomeno ai miei
occhi, che qualcosa mancasse per rendere la storia completa. Ecco, devo dire
che in questo caso mi sono mancati i flashbacks ai quali lei mi ha abituato su
Zagor. Pur essendo stato il loro incontro un evento, se non unico, almeno raro,
mi sarei aspettato molte più spiegazioni sulle avventure passate, e non leggeri
rimandi. Lo spazio, lo so anche io, era quello che era, ma sono convinto che
qualcosa in più si sarebbe potuto fare in tal senso. Non so se sia d’accordo
con me, ma le chiedo, pur non avendola scritta lei, se avrebbe deciso di agire
come ha fatto il curatore di Tex oppure avrebbe optato per un riassunto più
corposo delle storie passate.
Senza
muovere alcuna critica a Mauro Boselli,
che ha realizzato un team up eccellente ed emozionante, resta il fatto che io,
mille volte meno bravo ma con una testa diversa, avrei scritto una storia senza
riferimenti al passato, più autonoma, fruibile dai lettori senza far ricorso a
eventi lontani nel tempo. Quindi non ci sarebbe stato bisogno di flashback.
Quando sceneggio una avventura di Zagor in cui ritorna un vecchio nemico, mi
preoccupo, è vero, di fare in modo che chi la legge possa venire a conoscenza
(o rammentare) gli antefatti, rievocando in alcune vignette o tavole cos’era
successo in albi precedenti, magari risalenti a molti anni fa. Oltre a
facilitare la lettura (si capisce tutto subito), personalmente ritengo che
rivedere certe scene di vecchie storie rievocate di nuovo faccia anche bene al
cuore. Però, il mio ipotetico incontro fra Tex e Zagor, rivolto a due pubblici
diversi, lo avrei giocato su un terreno neutro. Peraltro, anche perché non sono
sicuro che avrei saputo tirare le fila di vicende, anche storiche, così
complicate. Come invece ha saputo fare Mauro
da quel grande maestro che è. Peraltro, la scelta di Boselli è comprensibile anche in ragione del fatto che le due storie
zagoriane ambientate in Texas di cui “Bandera!” è in qualche modo il sequel
(quelle ristampate nei due primi numeri de “Le Grandi Storie Bonelli”) sono da
sempre tra le sue preferite, e a cui è rimasto molto affezionato.
15 – Caro Moreno, voglio innanzitutto scusarmi per volerti
scrivere per il semplice fatto che andrò a farti una considerazione ed una
susseguente proposta ironica a proposito di ciò che ho potuto captare su due
dei personaggi meno riusciti apparsi nelle storie di Zagor. L’Uomo Dipinto, che
mi è sempre sembrato una sorta di clone di Iron Man, quantomeno per ciò che
riguarda la sua sfida vinta contro Zagor, e Stiletto, che invece ho saputo
riscoprire proprio grazie a questo blog. Ecco, magari facendo loro ritagliare
uno spazio in un presunto futuro Speciale Cico, o anche Zagor, in una storia
minore, farli apparire insieme, dove di Uomini Dipinti ne appaiono due, e dove
sembra che stiano in diversi posti contemporaneamente (tipo Montales e Tex nei
primissimi anni delle storie del Ranger), per poi far scoprire a Zagor la
magagna ed abbattere prima il clone (Stiletto) e poi l’originale Uomo Dipinto ponendo
fine a queste a dir poco strazianti richieste di ritorni di personaggi
indiscutibilmente minori, o per meglio dire inutili, facendo contenti quei
lettori che sembrano volersi divertire citandoli spesso e volentieri, ed anche
te stesso in maniera tale da togliere di gioco definitivamente (anche se in un
fumetto non si può mai dire) queste due figure.
Se hai
letto la risposta alla domanda numero sei, sai già cosa penso di Stiletto e
dell’Uomo Dipinto.
16 – Perché a Kent, il traditore dell’ultimo Color, avete
messo la faccia di Boselli? Uno
scherzo di redazione? E il Mauro
come l’ha presa? Si è fatto quattro risate o ha minacciato ritorsioni? Vedremo
prossimamente le facce di Burattini,
Russo e Venturi tra gli sgherri che Tex dovrà affrontare?
La responsabilità
della somiglianza tra Kent, il cattivone di “Acque rosse” e Mauro Boselli (che secondo alcuni è
anche più cattivo) è tutta del disegnatore Walter
Venturi. Io me ne sono accorto ad albo già colorato, non avevo notato la
cosa (che non era richiesta in
sceneggiatura). Se il simpatico Walter
ha fatto apposta, cioè se volutamente ha inserito, per scherzo, un inside joke nelle sue tavole, o se gli è
venuto così per caso, non saprei dire. A volte chi disegna cerca uno spunto per
un personaggio e gli cade l’occhio su una foto o su una persona che è venuto a
trovarlo, ruba le sembianze e non pensa che qualcuno avrà da contestare. Poco
fa, in una risposta, ho citato il caso del campione di sleddog Elvezio Pesci
che ha prestato il suo volto a un personaggio della storia “Corsa mortale”. La
stessa cosa è accaduta con mister Rope, il cattivo de “La banda aerea”, la cui
faccia è quella dell’astrofisico Christian Corda, che mi ha fornito consulenza
e documentazione sulla forza di gravità. Ne ho parlato a lungo sul libro “Io e
Zagor” (Cut-Up Publishing) e anche in
questo articolo pubblicato sul mio blog:
http://morenoburattini.blogspot.com/2011/01/la-banda-aerea.html.
Ma
anche Honest Joe ha la faccia di un parente di Mauro Laurenti che cercava proprio quel volto per creare
graficamente il personaggio, quando questo zio comparve sulla porta. Nelle mie
due storie di Dampyr ho inserito come co-protagonista il professor Alessio
Montanari, docente universitario fiorentino, che ha il volto dello studioso e
saggista Alessandro Monti, a cui si deve il supporto storico e letterario
durante la sceneggiatura. Insomma, gli esempi potrebbero continuare. Diciamo
che Mauro Boselli non è stato
avvertito se non quando l’albo stava per andare in stampa (quando cioè qualcuno
l’ha fatto notare a me, che sono cascato dalle nuvole). Ha detto semplicemente
che non era troppo d’accordo ma ha lasciato perdere senza dar troppo peso alla
faccenda.
17 – Caro Moreno, non volendo entrare nei particolare della
storia “Acque Rosse”, ovvero il Color Zagor uscito nell’agosto 2022, in quanto non voglio
anticipare niente a nessuno, ti scrivo comunque per chiederti un ragguaglio.
Non è raro che i disegnatori, a volte secondo la sceneggiatura, a volte per
volontà loro, disegnino i volti di alcuni personaggi delle storie loro
assegnate facendo riferimento ad attori, cantanti e via dicendo. Nel suddetto
racconto, ad esempio, mi è parso, dimmi se sbaglio, che uno dei trapper ad
inizio storia abbia la fisionomia di Lello Arena. Ma la cosa che più mi ha
lasciato sorpreso, è il volto dato a Mister Kent, il gestore del trading post,
che sembra essere ripreso dall’ex curatore della serie Mauro Boselli. Forse un omaggio di Walter Venturi, o forse di Alessandro
Russo tornato ai testi, o forse di te curatore, ma potresti dare una
risposta all’interrogativo riguardante questo volto e se la somiglianza sia
stata voluta o è stata frutto solo di un caso fortuito per il quale Boselli, tra l’altro, non c’entra
niente?
Direi
che la risposta precedente si possa far valere anche per questa domanda. Posso
soltanto aggiungere che la fisionomia di Lello Arena non la riconosco e che,
anzi, il primo trapper mi sembra lo stesso Walter
Venturi.
18 – Caro Moreno, credi di poter essere in grado, e
soprattutto di voler fare, una storia di Zagor incentrata sulle origini di
Halloween che partono dalla vecchia Europa e che, quindi, potrebbero anche
avere un rimando alle origini dello Spirito con la Scure quando ancora non era
definito così?
Il
racconto delle origini di Halloween nella Vecchia Europa, con la rievocazione
della leggenda di Jack O’Lantern, è già stata narrata nella storia “Il grido
della Banshee” (Zagor 621) del 2017, testi miei, disegni di Giuliano Piccininno. Non c’è un rimando
alle origini dello Spirito con la Scure (se non un riferimento alle sue radici
irlandesi), origini che sono del resto già state ampliamente sfruttate e che
non è il caso, secondo me, di rimpolpare ulteriormente.
19 – Caro Moreno, essendo Lei una persona che ha voluto
attingere al passato di Ramath, e quindi “conoscendone i segreti”,
fumettisticamente parlando, la potrebbe stuzzicare una sfida fra la magia
indiana dei Fachiri e quella Celtica messa in scena da Kandrax? In un possibile
scontro, chi potrebbe secondo lei avere la meglio nelle arti magiche?
Una
storia che racconta un altro pezzo del passato di Ramath è in lavorazione
(testi di Alessandro Russo, disegni
di Walter Venturi). Escluderei,
però, una “sfida della magia” tipo quella tra Mago Merlino e Maga Magò che veda
contrapposti Ramath e Kandrax. Credo che i due universi “magici” di
appartenenza vadano tenuti separati per non intorbidire troppo le acque. Mi
vien fatto però di sottolineare come, tra i tanti che contestano le storie di
Zagor con elementi magici, ci siano anche i lettori che, invece, ne vorrebbero
di più. Segno che davvero, come ho scritto più volte, il nostro eroe viene
visto e interpretato da ognuno in modo diverso, data la sua versatilità e
poliedricità.
20 – Caro Moreno, ci sono disegnatori così veloci nello staff
di Zagor da riuscire a disegnare due o più storie contemporaneamente? Se sì, di
chi si tratta?
Se un
disegnatore si trova a cimentarsi su due (o anche tre) storie
contemporaneamente è solo perché c’è di mezzo una emergenza. Per esempio, lo
sceneggiatore si è fermato o ha rallentato per qualche motivo (malattia,
viaggi, malavoglia, altri impegni) e allora diamo all’illustratore una nuova
avventura di scorta da portare avanti mentre aspetta il seguito di quella a cui
si stava applicando. Oppure può accadere che una storia in programmazione,
facendo il calcolo dei tempi, non possa essere pronta per il mese previsto per
l’uscita in edicola ed ecco che si chiede a un velocista di realizzare lui una
storia che la sostituisca, interrompendo il lavoro precedente. I nostri
velocisti, che a volte hanno dovuto risolvere problemi anche su altre testate
venendo dati in prestito, sono sicuramente Marcello
Mangiantini, Walter Venturi, gli
Esposito Bros, Stefano Di Vitto e Alessandro
Chiarolla.