Il centoquindicesimo
numero, che troverete in edicola domani, contiene la conclusione dell'avventura di Zagor con gli Onondaga, la storia completa "La
corsa delle sette frecce", nonché la prima parte della storia “Testa di
Morto”.
LA CORSA DELLE SETTE FRECCE
Orso in
Piedi, il saggio capo degli Hidatsa, è morto. Due giovani guerrieri aspirano
alla successione: il simpatico Falco Grigio, amico di Zagor, e il malvagio Tre
Colpi. Sarà la Corsa delle Sette Frecce (nella quale i due contendenti devono
raggiungere la cima della Montagna Nera seguendo un percorso stabilito) a
stabilire chi sarà il nuovo capo. Ma Falco Grigio rimane ferito in un incidente
provocato da Tre Colpi: ed è Zagor ad affrontare la Corsa delle Sette Frecce,
al posto dell’amico.
Durante la
prova, gli uomini di Tre Colpi cercano in tutti i modi di ostacolare Zagor il
quale, nonostante tutto, riesce a raggiungere la cima della Montagna Nera e a
scontrarsi con Tre Colpi, che muore. Falco Grigio diviene così il nuovo capo
degli Hidatsa.
Questa avventura
apparve originariamente sul n. 300 della serie e bisogna riconoscere che, sebbene
meno coinvolgente di quelle apparse sui precedenti albi centenari di Zagor, è
comunque migliore di altre pubblicate nello stesso periodo.
L'idea della “gara” o “prova di forza” che possa garantire un
successore al sakem defunto non è sicuramente nuova ma funziona sempre, e anche
qui assistiamo a uno Zagor impegnato in una sfida abbastanza intrigante.
Purtroppo, la forzata brevità della storia non ha lasciato molti
margini allo sceneggiatore, così come non gliene hanno lasciati (a detta dello
stesso Toninelli) le richieste della Casa Editrice: Decio Canzio gli chiese
espressamente di scrivere una storia ambientata a Darkwood e con la natura in
primo piano... e venne accontentato. Un po’ meno i lettori, che da un albo
centenario si aspettavano ben altra storia.
Una
curiosità: nella pagina della posta dell’albo originale, Sergio Bonelli cita la
lettera di un lettore di nome Marco Verni, all’epoca molto critico nei
confronti delle avventure che comparivano sulla testata... e che oggi è
diventato un disegnatore della stessa!
TESTA DI MORTO
Gli indiani
Mosolopea, guidati dal loro anziano capo Eotuk, stanno fuggendo sempre più
numerosi dalla riserva, suggestionati dall’improvvisa riapparizione di un loro
glorioso capo, da tempo creduto defunto: il misterioso Testa di Morto.
Costui,
quando Zagor era lontano da Darkwood durante la “seconda odissea” nolittiana,
aveva messo a ferro e fuoco la regione e ora sembra essere tornato.
Pur capendo
le ragioni dei pellerossa, per riportare la pace nella regione Zagor cerca di
scoprire chi è veramente Testa di Morto... e scoprirà che i suoi veri nemici
sono i vigilantes incappucciati guidati da Rock Damon!
Bisogna subito dire che questa è una storia
davvero buona, probabilmente una delle migliori
dell’ultimo periodo di Toninelli.
È un’ottima miscela tra elementi narrativi gialli, avventurosi e misteriosi,
con personaggi di contorno interessanti.
Uno di questi è Rock Damon, il quale, assorto
nel proprio lavoro, viene improvvisamente ed inspiegabilmente assalito da una
banda di pellerossa. Nonostante il personaggio finisca, poi, per assumere una
connotazione decisamente negativa, il lettore inizialmente non può non provare
un minimo di comprensione per il suo odio verso gli indiani.
Un’altro personaggio interessante è il vecchio
capo Eotuk, che si domanda che senso abbia per la sua tribù vivere in perenne
attesa del carro dei rifornimenti dell’agente indiano Tab Winzey (ritratto con
un forviante aspetto meschino e poco raccomandabile, ma che si rivela poi
essere una gran brava persona). Qui lo sceneggiatore evita di giustificare la
ribellione indiana con una cattiva gestione della riserva da parte del solito
agente indiano cinico e corrotto.
Le motivazioni sono più profonde: Testa di Morto
(sotto la cui maschera si nasconde l’insospettabile mezzosangue Emory, umile e
apparentemente inoffensivo) rifiuta la vita della riserva come tale, in quanto
svilente per la dignità e lo spirito libero del popolo rosso.
A questo proposito, è molto bello il dialogo di
Zagor con il vecchio Eotuk, e quasi commovente quello finale con Testa di
Morto/Emory.
La storia è, quindi, colma di significati e
offre al lettore la possibilità di riflettere sul problema reale degli indiani
rinchiusi nelle riserve.
Il difetto di questa avventura (perché un
difetto, purtroppo, esiste, e non da poco) sta nella caratterizzazione di
Zagor, descritto non come l’eroe che è, ma come un personaggio ingenuo, che non
sembra essere in grado di tener testa ad avversari di scarso spessore e che
opta per una “ritirata strategica” al fine di sconfiggere l’anziano Rock
Damon... Inoltre, alcune frasi messe in bocca al protagonista durante gli
scontri lo fanno apparire come uno sbruffone antipatico... Peccato!