Tra la fine di
marzo e i primi di aprile in edicola sono apparsi il trentunesimo speciale
zagoriano e la parte finale dell’avventura in svolgimento sulla serie regolare
iniziata nel mese di gennaio. Per quanto si tratti di due storie completamente
diverse tra di loro, devo confessare che ho notato un elemento che le accomuna…
ma di questo ne parlerò alla fine!
Per ora procediamo
con le recensioni…
IL LIBRO DELLE OMBRE
Svegliatisi nella stanza di un saloon, in
una cittadina sconosciuta, senza più ricordare chi siano né cosa sia loro
successo, Zagor e Cico vengono accusati di un duplice omicidio.
Con l’aiuto di Cheveyo, vecchio stregone
indiano ubriacone e caduto in disgrazia, dovranno ricostruire i recenti eventi
per recuperare le loro identità, scoprendo così che, prima di perdere la
memoria, stavano investigando su un misterioso attacco a un trasporto, del
quale erano stati accusati degli innocenti Chippewa.
Sulle tracce dei colpevoli si ritroveranno
ad affrontare i letali incantesimi richiamati dall’Oltremondo dal Grande
Castaldo!
Storia che inizia in medias
res e che sin da subito spiazza positivamente il lettore: Zagor Cico hanno
perso la memoria! È la prima volta che accade (a quanto io ricordi, o forse ho
perso la memoria anch’io?) e le prospettive che si aprono sono accattivanti:
come faranno i due a gestire la situazione? Collaboreranno o ognuno procederà
per la sua strada? Faranno lo sforzo di conoscersi reciprocamente o le loro
differenze di carattere finiranno per farli litigare? Per non parlare del modo
in cui riusciranno a venire a capo della loro amnesia… Insomma, a mio parere si
prospettava davvero una storia interessantissima… Però, invece, quelli che
sembravano essere i presupposti iniziali e lo spunto trainante della storia si
dissolvono nel giro di poco, e con una serie di flashback viene spiegato il
mistero dell’amnesia. E a questo punto la storia si incanala in un alveo
narrativo sì scorrevole, sì ben scritto, ma altrettanto scontato: demoni,
possessioni, grimori, antiche dimore, un vecchio stregone reietto che ritrova i
suoi poteri e uno scopo per utilizzarli… Sia chiaro, ripeto, la storia è a mio
parere ben scritta e si legge d’un fiato, nonostante il fatto che la
sceneggiatura “ad incastro” tra i già citati flashback e le indagini avviate da
Zagor per rintracciare il responsabile degli omicidi e della sua amnesia
avrebbe potuto rischiare di rallentare il ritmo della narrazione. No certo, perché
Mirko Perniola è un ottimo e
“navigato” (nel senso migliore del termine) sceneggiatore e conosce bene il suo
mestiere. Inoltre, v’è da dire che i bei disegni di Fabrizio Russo (qui alla sua seconda prova zagoriana e strepitoso
nei primi piani e nelle espressioni dei personaggi) mi hanno invogliano alla
lettura. Tuttavia, alla fine, mi è rimasto un non ben definito senso di
incompiuto… come se non avessi afferrato appieno quali fossero le motivazioni
dell’agire del protagonista/avversario: il Grande Castaldo. La cosa strana è
che queste mi si sono “magicamente” (è proprio il caso di dirlo, data la natura
di questa storia) manifestate quando ho letto la conclusione dell’avventura
della serie mensile, vale a dire…
IL PUEBLO MISTERIOSO
Una studiosa dell’Università di Harvard,
Julia Schulz, animata da un forte senso di rivalsa, ha organizzato un finto
attacco di predoni a una spedizione archeologica nei deserti del sud-ovest,
partita alla ricerca del Pueblo di Teon.
Lì sarebbe stato nascosto un carico di
papiri della biblioteca di Alessandria, trasportato in quel luogo
nell’antichità (in seguito a varie traversie) per iniziativa della filosofa
Ipazia, che voleva metterli al riparo dai tumulti religiosi della sua poca.
Risultando la sola sopravvissuta alla strage dei suoi colleghi, Miss Schulz
vuol farsi accreditare come l’unica depositaria della scoperta. Tuttavia, un
altro professore, Angus McFly, è scampato: la donna lo fa prigioniero pensando
che possa esserle utile nella decifrazione delle epigrafi in greco.
Zagor e Cico cercano di liberarlo
combattendo contro i bianchi e gli indiani assoldati da Julia. Giunta con gli
uomini della sua scorta fino al pueblo, Miss Schulz scopre che i papiri sono
protetti da micidiali trabocchetti ma grazie all’aiuto del professor McFly
riesce ad entrare nella camera dei papiri.
Zagor nel frattempo si è liberato di tutti
gli indiani e anche degli uomini bianchi della scorta che intendevano uccidere
Miss Shultz per impossessarsi dei papiri e venderli al miglior offerente.
Julia, visti sfumare i suoi “sogni di
gloria”, si sucida gettandosi nel vuoto. I papiri vanno irrimediabilmente
perduti sbriciolandosi fra le mani di McFly a causa delle muffe e dei batteri
che nel corso dei secoli li hanno aggrediti…
Bella
avventura di ambientazione western, complessivamente di piacevole e scorrevole
lettura, ben distribuita lungo i quattro albi su cui è pubblicata
e con uno Zagor sempre protagonista, coraggioso, intelligente, pienamente
centrato nel suo ruolo.
Avventura
western, dicevo, da intendersi però non nel senso pienamente classico del
termine, giacché troviamo anche la contaminazione di altri elementi quali la
base di Altrove e il resoconto dell’Agente Raven, e i riferimenti storici (o
pseudo tali) che danno impulso alla vicenda (forse un po’ troppo dettagliati e
didascalici, soprattutto nel primo e secondo albo, ma inevitabili dato che a Moreno Burattini, come sappiamo, piace
sovente dare conto dei dati precisi sui quali basa una sua storia).
Storia
abbellita dall’ottimo lavoro di Bane
Kerac (anche lui qui, come Fabrizio Russo sullo Speciale, alla sua seconda
prova zagoriana), bravissimo nella resa spettacolare dell’ambientazione del
sud-ovest americano e ricco di dettagli in ogni sua tavola. In particolare
reputo belle, dinamiche e iconiche alcune vignette e inquadrature che voglio
puntualmente segnalare: dal n. 642: la quinta di pag. 41 e la prima di pag. 83;
dal n. 643: la terza di pag. 59 e l’intera pag. 81; dal n. 644: la terza di
pag. 8, la terza di pag. 25, la quinta di pag. 49, la terza di pag. 56 e 58 e
la prima di pag. 67.
Ho anche
apprezzato come Kerac abbia
riprodotto i due personaggi femminili della storia: affascinante quello di
Ipazia e sexy quello di Julia (vedi in particolare la terza vignetta di pag. 44
e la quinta di pag. 62 del n. 643; l’intera pagina 39 del n. 644).
Unico neo, ma non di poco conto, il volto di Zagor che proprio
non riesce a convincermi… qui Kerac
deve a mio parere ancora migliorare.
Tornando alla
storia, se è intrigante il parallelo che l’autore ci
propone tra la figura di Ipazia e quella della professoressa Schulz, ho trovato
un po’ azzardato il fatto che una studiosa di storia, per ambizione e moto di
rivalsa, si trasformi improvvisamente in una donna capace di mettersi a capo di
una banda di malviventi e pianificare il massacro dei suoi colleghi, arrivando
persino ad essere disposta ad uccidere in prima persona!
Comunque sia, sorvolato questo particolare, il personaggio di
Julia è sicuramente ben caratterizzato: dura, decisa, consapevole della sua
femminilità. E il suo gesto finale e inatteso è perfettamente coerente con le
altre caratteristiche di cui Burattini
l’ha dotata.
Un personaggio che invece mi ha lasciato interdetto è quello del
professor McFly: ritratto con un paio di baffoni da guerrillero messicano e con una faccia così patibolare che da un
momento all’altro mi aspettavo che si rivelasse essere uno dei “cattivi” della
vicenda… in particolare, a causa del comportamento tenuto nell’ultima vignetta
di pag. 11 (del n. 643) e nelle 3 o 4 pagine seguenti, nella quali sembra quasi
che abbia qualcosa da nascondere o che faccia di tutto per rallentare la marcia
di Zagor e Cico… invece, niente di tutto questo. In realtà, devo confessare che
ha attirato da subito le mie antipatie quando ha pronunciato questa frase: “Ogni esaltato religioso crede che la vera
fede sia la propria”. Innanzitutto mi domando che genere di “fede” possa
possedere una persona che ritenesse che la fede in cui crede non sia quella
“vera”… probabilmente solo un individuo che abbracci come suo modus vivendi il relativismo (culturale,
etico o morale)… ma allora non sarebbe un vero “credente”! E poi, non sta
scritto da nessuna parte che chi possiede una qualsiasi “fede”, nella quale
crede fermamente ritenendola - appunto - “vera”, debba di conseguenza essere
anche un “esaltato religioso”… A me, ad esempio, la Provvidenza a fatto dono
della fede cattolica, che io ritengo senza dubbio alcuno essere la “vera e
unica fede”, ma non penso che nessuno che mi conosca personalmente possa
affermare di avere davanti un esaltato! Comunque, per chiudere, su argomenti
come questo sia io che Moreno
sappiamo di non pensarla esattamente allo stesso modo… ma ci vogliamo bene lo
stesso!
In merito a questa storia, concludo segnalando una curiosità
presente a pag. 16 del n. 643. Nello studio della Schulz troviamo degli
“strani” titoli per i volumi presenti sugli scaffali della libreria: Gallieno
Ferri, Tonino Liberatore, Aurelio Galleppini, Giovanni Ticci, Renzo Calegari, Giorgio
Terenghi, Malizia di Laura Antonelli (con la citazione palese della vignetta stessa,
identica al manifesto del film), Giornalino 1-10, Lancio Story, Storia del
west, L'uomo mascherato, Mario Uggeri, Gino D’Antonio ultimate collection,
Bruno Brindisi, Ferdinando Taccon, Virgilio Muzzi, Arturo Del Castillo, Thor, Moreno
Burattini… e altri che non ho decifrato.
Non sono ancora riuscito a decidere se considerare questa una
trovata simpatica e divertente, o una bonaria “presa in giro” del lettore…
CONCLUSIONE
Orbene, direte voi, quale sarà mai l’elemento comune e i
parallelismi che il nostro Baltorr ha trovato nelle due storie sopra
commentate?
Un indizio lo potete trovare nel titolo del post: illusionisti e
illusioni…
Quali sono le motivazioni dell’agire di Fred Wood, alias il
Grande Castaldo?
Risposta: il desiderio di fama e notorietà!
Desiderio così coinvolgente che lo ha portato ad “ospitare”
nella sua anima un demone dell’Oltremondo e ad uccidere altri esseri umani per
soddisfare la sua sete di fama e notorietà grazie all’esibizione nel Grand
Theatre di Boston.
Cosa rimane alla fine dell’illusionista
che ha voluto seguire questa illusione?
Solo polvere e cenere.
Quali sono le motivazioni dell’agire di Julia Shultz?
Risposta: il desiderio di fama, notorietà e rivalsa!
Desiderio così coinvolgente che l’ha portata ad “ospitare” nella
sua anima il demone del crimine e ad uccidere altri esseri umani per soddisfare
la sua sete di fama, notorietà e rivalsa nei confronti del mondo accademico
mediante il ritrovamento dei papiri di Ipazia.
Cosa rimane alla fine della sapiente
studiosa che ha voluto seguire questa illusione?
Solo polvere e ossa calcinate dal sole.
E cosa è rimasto, alla fine della storia, dei papiri della
biblioteca di Alessandria e di tutta la “sapienza” in essi contenuta? Solo
polvere. Nient’altro che polvere.
Fama e sapienza…
“Vanità delle vanità, tutto è vanità”,
dice il Qoèlet.
“O quam
cito transit gloria mundi”
(“Oh, quanto rapidamente passa la gloria di questo mondo”), troviamo scritto
nell’Imitazione di Cristo.
“Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e
della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli
intelligenti e le hai rivelate ai piccoli”, troviamo scritto nel Vangelo
secondo Matteo.
Ah, già, ma
queste sono solo cose da esaltati…