Il duecentododicesimo numero in edicola oggi contiene la conclusione dell’avventura di Zagor in Perù.
LA
MUMMIA DELLE ANDE
Proseguendo la sua caccia a Dexter Green,
Zagor e Cico si imbarcano verso il Perù e giungono nel porto del Callao. Qui,
conosciuto il simpatico avvocato Aguilar, intraprendono in sua compagnia il
viaggio per Lima ma, lungo la strada, si scontrano con una banda di killer al
soldo di don Cristobal Torres, proprietario di una manifattura in cui sfrutta
il lavoro degli indios dei quali si è fatto paladino l’avvocato, che vogliono
uccidere Aguilar.
Intanto, un avventuriero senza scrupoli,
chiamato Barranco, è in cerca di una mummia nascosta sulle Ande, al cui collo
c’è un “quipu”, una collana di fili i cui nodi celano preziose informazioni per
raggiungere una città sacra degli Inca nascosta sulle vette andine.
Sopravvissuti all’agguato e catturato il
capo dei sicari, Gilberto Serrano, Zagor, Cico e Aguilar, cercano rifugio
presso la fattoria di Mama Jacinta, una curandera, e lì la pista dello Spirito
con la Scure si incrocia con quella di Barranco, che ha costretto Mama Jacinta
a rivelargli l’ubicazione della città sacra degli Inca decifrando i nodi della
collana ed ha rapito e condotto con sé la bella Soledad, figlia della
curandera.
Dal canto loro, Dexter Green e Yambo,
scoperte in un antico codice cinquecentesco delle importanti indicazioni per
raggiungere la base atlantidea dove l’archeologo intende usare le pietre
trafugate per costruire la “chiave della conoscenza”, si mettono in viaggio per
Cuzco. Ed è lì che anche Zagor si dirige, seguendo le tracce di Barranco, su
suggerimento di Mama Jacinta, che gli rivela di appartenere alla stessa
sorellanza della sciamana Shyer.
Nel frattempo Zagor e Cico vengono catturati
dagli uomini di don Torres e portati nella sua villa. Con l’aiuto di Celicia
(figlia di Torres) si liberano e in uno scontro con gli avversari Zagor uccide
sia Serrano (che era tornato in libertà) sia don Cristobal. Quindi proseguono
il loro viaggio consci del fatto che Cecilia e l’avvocato Aguilar si
adopereranno per migliorare le condizioni di lavoro degli operai
manifatturieri.
Dexter Green e Yambo raggiungono
le rovine di un’antica fortezza Inca fondata da un discendente degli
atlantidei, il misterioso Viracocha. Lì l’archeologo riesce a scoprire le
coordinate della più importante base atlantidea situata agli estremi confini
del mondo, dove potrà finalmente attivare la “chiave della conoscenza”.
Soledad, ancora
prigioniera di Barranco, scopre che questi vuole raggiungere la città
sacra di Machu Picchu non tanto per brama di ricchezza, quanto per rintracciare
un gruppo di donne, le figlie di Viracocha, e farsi rivelare da loro dove si
nascondono le leggendarie Amazzoni! Queste donne misteriose liberano Soledad
(che scopriamo essere anche lei una sciamana come la madre) e la conducono nei
sotterranei della città, ma vengono inseguite da Barranco. Le componenti di
questa sorellanza sono tutte fisicamente uguali, anche se di diversa età, ed
aborrono ogni forma di violenza; quindi, quando Barranco le rintraccia ed esse
si rifiutano di dargli le informazioni che cerca, egli comincia ad ucciderle
senza trovare opposizione.
Fortunatamente il massacro viene fermato da
Zagor e Cico, anch’essi giunti nei sotterranei di Machu Picchu, e Barranco
viene fatto prigioniero. La più anziana della sorellanza, Sanya, conduce Zagor
in un laboratorio atlantideo, all’interno del quale vi sono le vasche di
incubazione da cui sono nate tutte le figlie di Viracocha da un’unica
progenitrice. Ma queste vasche sono ormai danneggiate e nessuna bambina nascerà
più: la sorellanza è destinata così ad estinguersi.
Sanya spiega ancora a Zagor che un altro
gruppo di donne, più combattive di loro, aveva rifiutato questo tipo di
“riproduzione” e, tempo prima, erano partite per il Rio delle Amazzoni alla ricerca di altre basi atlantidee
nascoste nella giungla. Sono queste le Amazzoni di cui, non si sa per quale
motivo, era in cerca Barranco.
Infine Sanya dice a Zagor di
dirigersi verso il Rio delle Amazzoni nella sua caccia a Dexter Green
e gli consegna un monile con il quale potrà rintracciare le loro sorelle
separate. Barranco,
che nel frattempo si è liberato, ha ascoltato tutto e cerca di uccidere Zagor ma
viene da lui sopraffatto; nella fuga, precipita in un fiume sotterraneo le cui
acque impetuose lo trascinano via.
Zagor e Cico
proseguono allora nel loro viaggio verso la giungla amazzonica.
Zagor giunge finalmente in Sudamerica in una storia che miscela
sapientemente la caratterizzazione storico-geografica (con spunti
documentaristici ben inseriti nel contesto della trama), l’avventura di stampo
classico, il viaggio irto di pericoli, la suggestione magica e tecnologica, e
una serie di comprimari interessanti: sopra tutti il nuovo villain Barranco, avido e senza scrupolo alcuno, che esordisce
compiendo una atto di profanazione e omicidio di grande impatto emotivo e che
continuerà durante tutta la vicenda a comportarsi da vero fellone.
Moreno Burattini
caratterizza benissimo anche Zagor e Cico, e il loro rapporto di amicizia in
questa avventura mi sembra che possieda un realismo davvero splendido, con una
caratterizzazione molto moderna della dialettica tra i due.
La storia si dipana poi in un intreccio di eventi riconducibili
all’azione individuale di più personaggi, che la rendono però corale: lo
“scontro” dell’avvocato Aguilar e don Cristobal (che coinvolgerà anche la
figlia di quest’ultimo, con sullo sfondo un problematica di sfruttamento dei
lavoratori); la trama portante della ricerca di Dexter Green, con il suo
comportamento “ambiguo” (ma è buono o cattivo?); le premonizioni di Shyer e
l’aiuto della curandera; Barranco che persegue criminosamente i suoi loschi
interessi, dei quali non si colgono fino in fondo le motivazioni; le figlie di
Viracocha e – in prospettiva – le Amazzoni.
Il tutto con ottimi cambi di scena fra le vicende che
coinvolgono direttamente il nostro eroe e quelle dei suoi antagonisti, che
procedono parallele, a volte sovrapposte e convergenti.
Giuseppe Prisco, qui
alla sua terza prova su Zagor dopo il Maxi Uomini
in guerra del 2007 e Un capestro per
Gambit del 2009, ci regala delle tavole curatissime, con disegni molto belli
e “certosini”, dal tratto moderno, e la presentazione di atmosfere ed ambienti
suggestivi e convincenti.
Una curiosità: il personaggio di Barranco è
graficamente ispirato alle fattezze di un appassionato e collezionista
zagoriano romano (nonché amico mio): Giancarlo Orazi. Prestando il suo volto
al cattivo, Giancarlo entra a tutti gli effetti a far parte dei comprimari
zagoriani, conquistandosi persino l’apparizione su una cover del Maestro Gallieno Ferri (n. 565 La città sulla cordigliera)!
A tale proposito,
riporto un intervento di Moreno
Burattini pubblicato sul suo blog, che svela i retroscena di questa
“straordinaria interpretazione”:
“Due parole su Barranco. Si tratta del primo, grande
super-nemico che Zagor incontra nella trasferta sudamericana. Bastano le poche
pagine del suo esordio per farlo odiare a chiunque le legga.
Per dargli l’aspetto
che ha, ho chiesto degli studi non a Prisco,
ma a Mauro Laurenti, descrivendogli
un tipo che doveva essere un peruviano di etnia caucasia (di origini spagnole,
insomma), dalla faccia particolarmente patibolare.
Laurenti, abituato a pescare modelli tra i suoi parenti e amici (non
avete idea di quanti zii, cugini e conoscenti abbia ficcato nelle sue
vignette), ha immediatamente trovato il tipo giusto nella figura di un comune
amico (suo, mio e di tutti quelli che bazzicano l’ambiente dei fan zagoriani): Giancarlo
Orazi, grande collezionista e organizzatore di eventi, uomo di rare umanità
e simpatia.
Giancarlo si è
prestato volentieri al gioco, ha acconsentito a mettere a nostra disposizione
numerose sue fotografie, e Prisco è
riuscito a ritrarlo con efficacia”.
Da ultimo,
penso sia interessante scoprire qualcosa di più sull’originale personaggio di
Mama Jacinta riportando quanto scritto sempre sul blog di Moreno:
“Si tratta di un personaggio che mi è venuto spontaneo
inventare perché se c’è una cosa tipica delle culture andine è la figura della
curandera. Se avessi mandato Zagor in Perù senza fargli incontrare una
curandera, mi sarebbe sembrato di scrivere una storia come se il nostro eroe,
girando per Darkwood, non incontrasse neppure un trapper.
Perciò, documentarmi
sulle curandere è stata la prima cosa che ho fatto. Una rapida ricerca in
libreria mi ha permesso di scoprire i libri di Hernàn Huarache Mamani, in
particolare quello intitolato “La profezia della curandera”. Mamani, indio quechua (proprio come
Mama Jacinta) è l’ultimo erede di una stirpe di curanderos andini, allievo di
un maestro depositario di antichi segreti del popolo inca.
Leggendo i suoi scritti (che ho divorato, ma con il mio atteggiamento laico di sempre), ho appreso un po' di cose sul culto della Pacha Mama (la madre terra) e sullo sciamanesimo femminile, in sintonia con l'anima del mondo. E' stato Mamani a farmi capire che la mia Shyer poteva benissimo ricollegarsi a questo tipo di mistica, e che ci poteva essere un legame con il mito delle Amazzoni (che volevo affrontare in un'altra storia). Così, ho scritto La progenie del male, primo pezzo di un mosaico che a me sembrava, in prospettiva, molto affascinante”.