Inauguriamo questo mese di Agosto con
la trentanovesima puntata della rubrica
“A domanda… Moreno risponde”!
Si parlerà dello Yeti, di Dime Novels,
degli antenati di Cico, dei suoi numerosi cognomi
e del suo sombrero…
e naturalmente di tanto altro!
Ringraziamo Moreno Burattini
per la sua grande disponibilità.
1 – Caro Moreno, sono sempre rimasto affascinato dalle creature mitologiche (elfi, draghi, troll, unicorni, yeti, ecc.). Lo Yeti appunto è uno dei miei preferiti. Rileggo ancora con grande entusiasmo lo Zagor mensile n. 272 “Yeti” e mi chiedo spesso se avremo la possibilità di rivederlo a breve nella serie mensile o in altre serie zagoriane. Che io ricordi dopo la pubblicazione nel mensile del marzo 1988 non è stato più riproposto. Sarebbe bello per me rivederlo in una nuova mitica avventura. Grazie. Francesco.
Ricordo anch’io con piacere la storia toninelliana dello Yeti, e la soluzione finale trovata da Sclavi (all’epoca assistente di Decio Canzio, in redazione, nella cura editoriale di Zagor). Sullo “Speciale Zagor” della fanzine “Collezionare”, Toninelli dichiara: “La versione originale della mia storia sullo Yeti prevedeva che alla fine il mostro venisse fatto tornare in Tibet insieme a Ramath. Invece Sclavi mi ha consigliato di fare una sorta di aggancio con la leggenda del Sasquatch, spiegando cioè con la mia avventura la presenza di questo misterioso uomo dei boschi nelle foreste americane. Sclavi mi ha telefonato e mi ha detto: - Ma che cavolo fai? Rimandi lo Yeti sull'Himalaya? Io mi aspettavo che rimanesse in America! - E così il finale l'ha riscritto direttamente lui”. E si vede, dato che nell’ultima vignetta si nota come Sclavi abbia fatto ricorso a una delle sue abituali “citazioni” multimediali, suggerendo al disegnatore Torricelli di riprodurre un fotogramma di un celebre filmato sul Sasquatch realizzato da un cineamatore (e noto a tutti i cultori dell’insolito e del misterioso). Quindi, se lo Yeti tornerà saremo obbligati a farlo tornare sottoforma di Sasquatch.
2 – Caro Moreno, le è mai capitato di avere una sceneggiatura pronta ma non per il disegnatore, appena liberatosi, che avrebbe voluto? E, secondo questo criterio, hai poi avuto positive sorprese da parte di questo o questi ultimi?
Tranne nel caso della prima storia (che ho iniziato senza immaginare in che mani sarebbe finita), ho sempre saputo chi sarebbe stato il disegnatore incaricato di illustrare le mie sceneggiature. È successo però, a volte, che alcuni abbiano (garbatamente) rifiutato un certo soggetto che proponevo loro, preferendo dedicarsi a storie di argomento diverso. Cioè, parlando con qualcuno della storia che avevo in mente per lui, mi sono sentito dire: “No, questo racconto non è nelle mie corde, non ne hai un altro?”. Al che ho cercato di accontentare l’interlocutore, destinando diversamente il progetto pensato per lui.
3 – Caro Moreno, intendo farti una domanda più chiara dopo aver fatto travisare la mia questione la prima volta che te l’avevo posta. Ammesso e non concesso che le Dime Novels di Eddy Rufus, che sono naturalmente di fantasia, possano riuscire a varcare i confini americani, ce li vedresti apparire negli altri continenti, anche in Italia, tradotti per l’occasione e disegnati, rispettivamente, da personaggi con le fattezze di Guido Nolitta e Gallieno Ferri? Scusa il disturbo, un saluto.
Ahimè, nonostante gli sforzi per chiarirmi la domanda continuo a non capirla (colpa mia). Dunque: stiamo parlando di Dime Novels, quindi di testi in prosa (non disegnati). Eddy Rufus, cioè, nella finzione nolittana, scriveva dei romanzi (o meglio: romanzetti). Anche immaginando che le sue opere vengano pubblicate in Europa e magari in Italia, sempre di roba scritta si tratterebbe (non disegnata). Quindi, come fare a dare ai personaggi di questi “novel” le fattezze di Guido Nolitta e Gallieno Ferri? Al massimo, con una descrizione “raccontata”. Se invece la domanda riguarda la possibilità di dare a personaggi delle nostre storie a fumetti i volti dei loro autori… io, tendenzialmente, sono contrario, salvo nel caso di un’occasione celebrativa. In tal caso valuterei, ma sempre con un po’ di perplessità.
4 – Vorrei chiedere a Moreno Burattini se si potesse raccontare nel dettaglio l’arco di tempo della vita di Hellingen che va dalla fuga dalla base di Altrove al primo incontro con Zagor. Sicuramente sono passati vari anni e sarebbe un tassello da riempire, secondo me. Grazie.
Mi pare un’idea interessante, da tenere in considerazione.
5 – Leggeremo nuove storie sui famosi antenati di Cico in futuro?
Sarebbe bello, se ci saranno altri Speciali Cico. Di sicuro ci sono molti spunti pronti, da me presentati a suo tempo a Sergio Bonelli e accantonati in favore di altri (tipo Cico d’Egitto, Cico Legionario, Cico alla Guerra di Troia…).
6 – Caro Moreno, è ormai chiaro a tutti chi sia il vero padre di Fiore della Notte. Azzoppato da Brezza di Luna, non è però ovviamente morto per cui mi chiedo se possa tentare di vendicarsi di Zagor e di Brezza di Luna.
Il vero padre di Fiore della Notte è un personaggio viscido volutamente lasciato anonimo (quantomeno non caratterizzato neppure con uno spessore da cattivo). Tuttavia la possibilità di vederlo tornare sulla scena c’è.
7 – Caro Moreno sono felice che si sia fatto un ulteriore speciale Cico, non vedo l’ora di leggerlo e mi piacerebbe molto che se ne facesse uno ogni anno. Allo stato attuale delle cose lo ritieni possibile? Grazie per la disponibilità.
L’occasione per “Provaci ancora, Cico” è stata offerta dal sessantennale zagoriano e dunque tutto lascia pensare che si tratti di un unico ritorno celebrativo. Inoltre, le difficoltà del mercato (quelle che causano la chiusura delle edicole) rende problematico ogni investimento in nuove iniziative. Tuttavia, incrociamo le dita. Di fronte a un grosso successo dell’albo (non conosco i dati di vendita, e credo che lo speciale sia ancora in distribuzione), tuttavia, può darsi che i nostri direttori valutino la possibilità di un bis nel 2022.
8 – Caro Moreno, le miniserie di Zagor sono state di sei mesi, e proprio il numero sei è parte della domanda che intendo farle. Supponiamo di suddividere la saga di Zagor in sei parti (l’inizio, la ripresa successiva di Nolitta, la sua uscita di scena, l’era Toninelli, la seconda Odissea Americana e lo Zagor odierno) e di fare per ogni mese un’avventura, non ancora narrata anche se accennata, oppure del tutto nuova, riguardante ognuno di questi periodi. Qualcuno parlava di Nemis, mi pare, oppure partendo da nuovi spunti, ma potendo magari ricreare lo Zagor in questi diversi periodi di tempo, la sua evoluzione negli anni che lo ha portato ad essere ciò che è oggi. Una sorta di origini ma partendo direttamente da uno Zagor già temuto e rispettato, che deve ancora vivere le sue più drammatiche avventure e che poi, dopo averle vissute, dimostri conoscenza e maturità. Cosa ne pensa, sperando di essermi spiegato decentemente?
Mi pare di aver capito che la sua proposta sia di ripercorrere l’intera saga con una miniserie di sei episodi inediti, ognuno ambientato in un momento diverso dell’evoluzione zagoriana, in modo da restituire l’idea di un personaggio che cresce e che cambia. Una proposta suggestiva ma anche complicata e difficile da realizzare, che cozza soprattutto con le unità aristoteliche di tempo, di luogo e di azione (canoni narrativi descritti della “Poetica”, appunto di Aristotele). Scherzo, ovviamente: tuttavia è vero che le miniserie, in quanto tali, di solito circoscrivono un percorso unitario. Tuttavia, se le miniserie zagoriane dovessero, come mi auguro, diventare una tradizione annuale o biennale, l’idea potrebbe tornare utile.
9 – Caro Moreno, avendo appena letto Zagor Più sono rimasto sbalordito di fronte alla storia “Il Morbo”. Nell’introduzione avevi avvertito i lettori, ma una storia alla Dragon Ball con il pugno di ferro che colpisce gli avversari non me la sarei mai aspettata di vedere su Zagor. Poi, il morbo infetta le persone anche tramite morsi, ma si muore o non si muore semplicemente venendo contagiati? Senza voler fare spoiler, la persona contagiata alla fine dell’albo non si capisce se riesca a fuggire o a venire fermata, rimanendo dunque spiazzato alla conclusione della mini-storia, che mi è apparsa fin troppo sopra le righe e decisamente sconclusionata per i motivi scritti sopra. In questo spazio vengono richiesti sequel su sequel, ma nonostante la curiosità finale sulla sorte di quella persona della quale Zagor afferma di voler andare a controllarne il destino, spero proprio di non rivederlo. Quindi cosa pensa in generale della storia in sé?
Penso che sia un racconto fantasioso raccontato da Molti Occhi per i ragazzini che lo stanno ascoltando, e dunque adatto a loro (magari partendo da uno spunto reale, chissà). Mi pare del tutto evidente. In ogni caso, i “Racconti di Darkwood” sono stati pensati per dare agli autori la possibilità di andare, talvolta, “sopra le righe”, con proposte che non passerebbero sulla serie regolare. Da lettore attento qual lei è, si sarà accorto che certi disegnatori usano la maggiore libertà concessa per scardinare la “gabbia” bonelliana delle tre strisce così come altri fanno ricorso, invece e per esempio, alla mezza tinta. In una domanda precedente si è parlato di Brezza di Luna, un racconto breve di Lola Airaghi, che è stato generalmente molto apprezzato nonostante il taglio grafico di assoluta rottura nei confronti della tradizione (anche l’argomento, dovuto alla mia sceneggiatura, non sarebbe stato adatto per una storia destinata alla collana Zenith): è una fortuna poter avere un contenitore per storie di questo tipo, che permettono (con moderazione) di battere strade diverse dal solito e di essere meno prevedibili. Certi “Racconti di Darkwood” sono più ortodossi, altri meno. Ci sono anche gusti diversi da accontentare e solleticare. Ogni tanto è giusto concedere un diversivo. Il talento di Tito Faraci e Walter Venturi, del resto, è fuori discussione: “Il morbo” è stata una loro proposta “d’autore”, limitata peraltro a sole quaranta pagine. Una digressione che ha dimostrato come su Zagor (personaggio abituato a ogni genere di contaminazione) si può giocare con suggestioni persino nipponiche, una volta nella vita. In parecchi hanno colto il senso giocoso dell’iniziativa e ho ricevuto l’eco di parecchi applausi divertiti. Per esempio, basterà leggere questa recensione: https://storiedabirreria.blogspot.com/2021/06/zagor-storie-molti-occhi-corpo-speciale-recensione.html
10 – Caro Moreno, hai da poco festeggiato trent’anni di pubblicazioni Bonelli, e ti voglio chiedere: cosa direbbe il Moreno di adesso al Moreno di allora per continuare a seguire la strada del fumetto in maniera full-time? Quali sono le differenze caratteriali e lavorative che riscontri nel Moreno di allora confrontato col Moreno odierno?
Il Moreno di adesso direbbe al Moreno di allora: non temere, non ti mancheranno mai le idee. Trent’anni fa avevo paura di non riuscire a trovare nuove storie: scrivere le prime due o tre, è un conto, scriverne cento o duecento è un altro. Le differenze caratteriali? Forse oggi sono meno sognatore e più disilluso circa il futuro, ma immagino che tutti i vecchietti diventino sempre più nostalgici vedendo il mondo cambiare e non riconoscendolo più. Ma per ora riesco a contenere la deriva.
11 – Gentile Moreno, secondo lei qual è la storia di Zagor, in generale, più bistrattata e che meriterebbe, secondo il suo parere, una positiva rivalutazione?
Escludendo le mie, che mi sembrano tutte bistrattate (alcune giustamente), mi pare che si dovrebbero rivalutare, per i disegni, le storie di Pini Segna. Per i testi, talvolta mi sembra che certi racconti di Marcello Toninelli meriterebbero molta più considerazione.
12 – Caro Moreno, hai sempre dichiarato di volere seguire e di aver seguito l’imprimatur dello Zagor di Nolitta, ma dopo tanto tempo immagino che “un po’ del tuo”, caratterialmente intendo, sei riuscito a trasmetterlo in Zagor. E forse viceversa, con Zagor che ha immesso il suo carattere in te. Ma la domanda è, appunto, pur rimanendo fedele all’impostazione iniziale, cosa possiede Zagor della tua personalità?
Inevitabilmente, nonostante gli sforzi e i buoni propositi di mimetizzarmi, la mia personale calligrafia è venuta fuori. Del resto, il personaggio ha subito per forza di cose un adattamento (pur a piccoli passi) ai tempi che cambiano. Il mio Zagor è caratterialmente meno impulsivo e aggressivo di quello nolittiano. Non che Nolitta lo dipingesse come sgarbato, però ogni tanto aveva degli scatti di collera (anche nei confronti del povero Cico) che a me non viene spontaneo attribuirgli. Sarà che sono una personcina a modo, mi ritengo riflessivo e razionale.
13 – Caro Moreno, mi permetto una critica e un suggerimento: la critica è dovuta al fatto che per il numero del sessantennale personalmente avrei gradito una storia resa ancor più speciale dal colore, invece della ristampa della prima striscia. Un parere del tutto personale, magari tanti lettori saranno invece contentissimi della cosa! Ma se posso chiedere: perché non si è scelta la prima opzione? Veniamo al suggerimento: essendo un amante di quel capolavoro di Ridley Scott che è “Il gladiatore”, che ne diresti di una storia in cui Zagor affronti combattimenti in un’arena tipo il nostro Colosseo, magari ricreato da un pazzo fanatico dell’antico impero romano? Grazie e comunque complimenti per il gran lavoro che fate tutti per il nostro eroe preferito.
Riguardo l’omaggio della striscia invece del colore, è inevitabile che qualcuno preferisca una cosa e qualcuno ne preferisca un’altra. La considerazione alla base della scelta è stata che il colore ormai è un qualcosa che non attira più come una volta, dato che le proposte di Zagor in policromia sono state numerose (i Color, la Collezione Storica a Colori, la serie cartonata RCS…). Per quanto i pareri contrari fossero previsti e fisiologici, devo ammettere però che sei il primo a dirmelo (che io ricordi, tutti quelli con cui ho parlato si sono dimostrati entusiasti della striscia anastatica). Circa l’arena in cui combattere, mi vengono in mente varie storie in cui ne compare una. La prima che mi balza alla memoria è lo Speciale n° 16, “La setta cinese” (2004). Ma anche “La voce che uccide”, Zagor n° 271 (1988). Per non parlare delle arene di “Odissea Americana”, “Zagor contro Supermike”, “Iron Man” (e chissà quante altre). La tua proposta riguarda però proprio i gladiatori romani… ed è un buono spunto.
14 – Nella storia “La morte rossa” del Maxi “Brividi da Altrove”, apprendiamo che quando una terribile malattia colpì Spokane nel 1674, gli abitanti di quel tempo chiesero aiuto a una misteriosa strega della foresta. È possibile che la strega sia ancora viva ai tempi di Zagor e possa diventare sua nemica?
Non è un caso che “La morte rossa” sia un Racconto di Darkwood inserito in “Brividi da Altrove”, e fatto narrare da Edgar Allan Poe. Questo perché è ispirato a un vero racconto di Poe, “La maschera della morte rossa”. Non sappiano neppure se i fatti riferiti dall’Agente Raven nel manoscritto di cui dà lettura nel Maxi n° 35 (2019) siano davvero accaduti, tutti o in parte, pur nella finzione zagoriana, o siano frutto della fantasia dello scrittore (che, interrogato in merito, risponde elusivamente). Propongo di lasciare tutti nel dubbio.
15 – Caro Moreno, nella storia “American Cico”, apprendiamo che il suo nome completo è Cico Don Felipe Cayetano Lopez Martinez y Gonzales y Rodriguez y Consalvo y Morales y Rosales y Ramirez y Hernandez y Espinosa e finora è stata una versione generalmente accettata. Tuttavia, nella storia “La morte rossa" del Maxi “Brividi da Altrove”, Cico al cancello si presenta come Don Felipe Cayetano Lopez y Martinez y Gonzales y Consalvo y Morales y Garcia y Santiago y Matamoros. Qual è il vero nome di Cico?
Il vero nome di Cico, ormai standardizzato, è Felipe Cayetano Lopez Martinez y Gonzales (Cico è un soprannome). Direi che tutte le altre versioni ampliate sono frutto del suo desiderio di farsi grande aumentando a dismisura il numero dei suoi casati di discendenza. Riguardo poi ai nomi dati da Cico presentandosi al cancello ne “La morte rossa”, poteva dire qualunque cosa, non era obbligato a fornire le vere generalità. Nolitta ha dato al messicano più cognomi per scherzare sull’uso spagnolo in questo tipo di dati anagrafici.
16 – Caro Moreno, hai parlato in questa rubrica di come Ferri non volle utilizzare più il sombrero del Cico degli inizi. Ciò non comporta, dimmi se ti trovi concorde, che sia andato perduto e che potrebbe, invece, essere rimasto nel classico baule come prezioso cimelio. Sono solo un fan di Zagor e del suo compare, e non oso chiederti di rivederlo sempre col copricapo in testa, ma cosa ne penseresti di farglielo ritrovare (per caso o volontariamente) per fargli rimembrare i vecchi ricordi ed anche magari il momento in cui decise di metterlo da parte, giudicandolo troppo ingombrante, ma facendolo sempre rimanere nella propria mente e nel proprio cuore?
Perché no? C’è da considerare, però, che la capanna è stata più volte distrutta (persino bombardata con un missile) e quindi per custodire il cappello si può pensare solo a un deposito sotterraneo.
17 – Caro Moreno, qual è secondo te la più bella e la meno bella fra le avventure di Zagor dall’inizio ad oggi?
La mia avventura di Zagor preferita è “Odissea Americana”. Una volta, in un articolo, ho spiegato il perché: “C’è tutta la poetica del personaggio (uno dei miti del fumetto italiano) e dello sceneggiatore che l’ha creato: la grande avventura, l’epica, il western, l’horror, la fantascienza, l’approfondimento psicologico dei personaggi, l’umorismo, le citazioni. Zagor si rivela la grande intuizione che è stato fin dall’inizio, quando si è connotato come un mutante in grado di attraversare tutti i generi e lasciarsi contaminare da ogni suggestione letteraria, cinematografica o fumettistica, prima e meglio di qualunque altro. Gallieno Ferri, il creatore grafico del personaggio, è qui nella sua massima forma, vive il suo momento d’oro a partire dalla stupefacenti copertine”. La storia di Zagor meno bella temo di sverla scritto io ed è “Nodo scorsoio”.
18 – Caro Moreno, qual è secondo te un’avventura in cui Zagor non è Zagor? “Il tesoro della città fantasma”, per esempio, anche se viene spiegato nelle scene finali, può essere una di queste?
Vuoi dire storie in cui Zagor non si comporta da Zagor? O piuttosto storie in cui qualcuno prende il suo posto? Nel primo caso, “Il tesoro della città fantasma” potrebbe essere un esempio (Zagor si finge remissivo, se non ricordo male). Però c’è anche “Anima nera”, lo Speciale n° 8 (1996), in cui agisce un “doppio” malvagio dell’eroe. Nel Maxi n° 11, “L’ira di Tonka”, Zagor sembra collaborare con dei criminali al punto che il sakem dei Mohawk lo crede passato dalla parte dei nemici. Nel secondo caso, ci sono le tre storie con il sosia Olaf Botegosky, ma anche quelle con Change, l’alieno mutaforma.
19 – Caro Moreno, Zagor Più è il nuovo contenitore di storie brevi e di storie complete di 188 pagine. Ti voglio chiedere se ci siano state difficoltà nello scegliere i racconti da immettere negli ex Maxi Zagor e se alcune storie sono state aumentate o diminuite di pagine per farle stare nelle 188 complessive.
Il nuovo formato, quello dei “Zagor Più”, crea qualche problema solo per la cornice dei “Racconti di Darkwood”. Infatti, potendo contare sulle 282 pagine del vecchio Maxi, potevamo presentare cinque racconti da 40 tavole (200 tavole in tutto) e dedicarne 82 alla cornice, oppure sei racconti da 40 tavole (240 tavole in tutto), e dedicarne 42 alla cornice. Con sole 190 pagine a disposizione, invece, con quattro storie brevi arriviamo a coprire 160 pagine e per la cornice ne restano appena trenta. Davvero poche per imbastire un contenitore interessante. Ma faremo di necessità virtù.
20 – Caro Moreno, se non ricordo male qualche lettore ha richiesto il ritorno di Zoe del racconto “Hawak il crudele” ma io, sempre da semplice lettore, vorrei capire ed essere rassicurato sul fatto che Hawak stesso sia morto e sepolto oppure se ha qualche possibilità di essere ancora vivo.
Per il momento Hawak è morto e io non ho dubbi al riguardo. Però, come sai, gli sceneggiatori riescono a far risorgere chiunque. Poi ci sono i figli, i fratelli e i nipoti dei cattivi defunti…