IL MOSTRO DI PHILADELPHIA
Dopo
aver sconfitto il redivivo Hellingen, Zagor e Cico si trovano nella base
segreta di Altrove a Philadelphia e si imbattono nuovamente in Edgar Allan Poe
(conosciuto durante una loro precedente avventura – nn. 376/379). Poiché lo
scrittore è in stato confusionale per l’abuso di alcol, lo Spirito con la Scure
lo riaccompagna a casa e sorprende un misterioso individuo entrato per cercare
qualcosa di importante.
L’uomo
riesce a fuggire. Poe si dice sicuro che l’irruzione sia collegata con il caso
di un serial killer le cui vittime, dopo essere state uccise, vengono in parte
divorate dal loro assassino. Lo scrittore sospetta di conoscere l’identità del
mostro, un marinaio di nome Reynolds che con altri naufraghi aveva commesso
atti di cannibalismo per salvarsi la vita e che aveva raccontato la terribile
vicenda a Poe, il quale ne aveva riportato la storia nel suo romanzo “Le
avventure di Gordon Pym”.
Durante
le indagini, Zagor scopre che il serial killer in realtà è Malone, uno degli
altri naufraghi che a seguito della lettura del romanzo di Poe è tornato a
desiderare di cibarsi di carne umana. Nel faccia a faccia finale, la scure di
Zagor pone definitivamente termine alla vita del mostro di Philadelphia.
In questa prima storia zagoriana del 2016 lo
sceneggiatore Moreno Burattini crea una vicenda appassionante e carica
di mistero, che riesce ad avvincere per tutta la durata della narrazione.
L’identità del mostro di Philadelphia viene
abilmente tenuta nascosta sino alla fine senza che il lettore possa sospettare
alcunché, anzi sviando i sospetti di volta in volta su altri personaggi di
contorno.
Bella anche la poco consueta (per Zagor)
ambientazione urbana e lo spunto della vicenda dato dal romanzo Le avventure di Gordon Pym. Pregevole il
fatto che questa volta lo sceneggiatore utilizzi il personaggio di Edgar Allan
Poe nella sua versione più realistica di scrittore e non in quella “fantasiosa”
di agente di Altrove.
Una curiosità: il fatto che nella storia Poe
dichiari che ha da poco pubblicato il suo unico romanzo (e che questo,
realmente, è stato dato alle stampe nel 1838), inserisce questa avventura in un
preciso periodo temporale, con buona pace di coloro che non gradiscono che
nelle storie zagoriane vengano inseriti troppi riferimenti storici reali.
Particolare
suggestivo è anche il fatto che il nome Reynolds (il principale
sospettato della storia) è stato effettivamente invocato da Poe qualche giorno
prima di morire nell’ospedale di Baltimora...
Per quanto riguarda i disegni, personalmente
mi sento di promuovere a pieni voti questa prima prova zagoriana del simpatico
e “dampyriano” Fabrizio Russo, la cui realizzazione grafica di Zagor e
Cico mi ha ricordato a tratti quella di Michele Rubini.
A solo titolo di esempio, è una gioia per gli
occhi ammirare tavole come quelle delle pagine 82 e 83 del n. 605, o delle
pagine 36 e 95 del n. 606, dotate di un pregevole dinamismo e di soluzioni
prospettiche davvero interessanti.
Aspetto con piacere di vederlo all’opera su
una nuova storia di Zagor, magari con un’ambientazione più “classica” di
questa.