Il centonovantatreesimo
numero in edicola oggi contiene la conclusione dell’avventura di Zagor contro Dark Moon, nonché la prima parte della storia “Sangue Mohawk”.
SANGUE MOHAWK
Robert Gray, detto l’Alchimista, ex maggiore
dell’esercito impegnato nella progettazione di armi innovative e micidiali, è
rimasto privo delle mani in circostanze misteriose e per questo è stato esonerato
dai suoi incarichi. Grazie al suo genio ingegneristico si è costruito delle
protesi d’acciaio e vuole vendicarsi dei colleghi che lo hanno esautorato,
uccidendoli crudelmente.
Sconfitto da Zagor in un primo scontro, e
dopo essere stato a lungo creduto morto, il criminale è tornato alla ribalta
aggiungendo anche lo Spirito con la Scure alla lista dei bersagli da colpire.
Le sue prime vittime, però, sono i Mohawk, colpevoli, agli occhi del folle, di
averlo tradito anni prima: avvalendosi di un sistema ingegnoso di mortai
temporizzati,
Gray distrugge il loro villaggio uccidendo senza pietà tutti gli abitanti.
Deciso poi a scoprire il luogo in cui i
militari hanno costruito un laboratorio segreto nel quale vengono sviluppati i
progetti che egli stesso aveva elaborato prima di venire allontanato dall’esercito,
Gray non si ferma davanti a nulla e lascia dietro di sé una lunga scia di
sangue. Anche Zagor e Cico, che tentano di sbarrargli la strada, vengono
rinchiusi nelle oscure gallerie di una miniera, di cui lo spietato criminale fa
saltare l’ingresso; fortunatamente i nostri eroi riescono comunque a cavarsela.
Dopo aver costretto il colonnello Portman,
sotto tortura, a rivelare prima di morire dove si trova la base segreta in cui
l’esercito sta realizzando i suoi progetti di armi micidiali e innovative,
Robert Gray vi fa irruzione e si prepara a completare la sua vendetta. Zagor,
pur braccato dai soldati che lo credono responsabile della morte del loro
colonnello, giunge a sua volta al laboratorio per fermare il diabolico
avversario.
Con un astuto stratagemma, Zagor riesce a
farlo crivellare di colpi da un marchingegno creato dallo stesso Gray.
L’Alchimista non potrà più far del male a nessuno…
Ancora un’ottima storia di Moreno
Burattini, forte di una narrazione serrata che ti spinge ad arrivare alla
fine in un baleno.
Bella la ricostruzione/riscrittura del finale del precedente
scontro tra Zagor e Grey; molto ben costruita la gag con Cico e Trampy (anche
se un po’ deboluccia la risoluzione finale...); molto nolittiana anche la
modalità di “ammissione” di Zagor al colloquio con il Col. Portman: veramente
bella ed esilarante!!! Mi ha davvero ricordato lo Zagor della mia infanzia...
Ottimi i colpi di scena riguardanti il personaggio di Chuck
Sinner (che assomiglia in tutto e per tutto a Bud Spencer!). Inoltre è bene
orchestrato l’arrivo dei soldati giusto in tempo per pensare alla colpevolezza
dei nostri eroi nella morte del colonnello Portman.
Mi è sembrata invece un po’ macchinosa la trovata di Robert Gray
per uccidere Zagor e Cico nella miniera... ma forse ad essere veramente
“macchinosa” è solo la mente di questo singolare avversario!
Nel complesso
sono comunque molto soddisfatto di questa storia, il cui
finale è un vero e proprio colpo di scena al “fulmicotone”!
In questo suo
ritorno, Robert Gray l’Alchimista si dimostra ancora più spietato e letale che
nella sua prima apparizione, in forza del suo armamentario tecnologico senza
uguali (bazooka, mortai, collari esplosivi, mani d’acciaio
piene di gadget, sensori di peso piazzati nel terreno che scatenano scariche di
fucileria, etc.).
Bisogna
ammettere che era difficile far tornare questo particolare nemico, che già
nella prima avventura aveva dimostrato ampiamente la sua follia e la sua sete
di vendetta, senza ricadere nel medesimo cliché.
Invece Moreno Burattini sviluppa abilmente la sua
storia, da un lato con approfondendo la vicenda personale di Gray ed i motivi
che lo hanno portato alla pazzia, dall’altro rendendo Zagor un’inconsapevole pedina
nella riuscita del piano del nemico.
L’autore
riesce in tal modo a non travisare la personalità originaria del villain ed a svelare i retroscena segreti
della sua menomazione in modo tale da renderli un valido motivo per scatenare
la furia omicida di un personaggio che, però, già quando disponeva di tutti e
quattro gli arti, non aveva nessuna considerazione per la vita umana e quindi
non può comunque beneficiare di alcuna “attenuante”.
Molto buon i disegni di Chiarolla (autore che ho sempre apprezzato
parecchio).
Come di consueto, ecco alcune interessanti
osservazioni di Moreno Burattini su questa storia, postate sul Forum SCLS tra
il settembre 2007 e il maggio 2008.
“Circa il ritorno di Robert
Gray, devo dire che il finale della storia precedente con l’ex maggiore divenuto
capo dei Mohawk è pieno di difficoltà logiche da risolvere e da giustificare e
dunque ho dovuto un po’ faticare per far sì che si spiegassero meglio certe
cose. Tuttavia spero di aver risolto i problemi in modo convincente.
Sarà un racconto in tre albi,
in cui viene ri-raccontato in modo più dettagliato il finale della precedente
storia in cui compariva l’uomo con le mani d’acciaio e si spiega come Gray
abbia potuto salvarsi. Nel corso del racconto si capisce anche che cosa era
accaduto nel passato dell’ “alchimista” che aveva portato alla perdita delle
mani e al suo desiderio di vendetta”.
In risposta alle critiche
avanzate da alcuni in merito alla sua “revisione” del finale della storia
precedente con protagonista Robert Gray, Moreno scriveva così:
“Personalmente, nei panni
del semplice lettore, ho sempre pensato che le critiche avrebbero dovuto essere
rivolte al finale della prima storia con Robert Gray, abbastanza sconcertante
sotto un’infinità di punti di vista.
Il mio intendimento,
per il quale mi aspettavo l’unanime approvazione che invece - ahimè - non ho
avuto, era quello di "revisionare" il minimo possibile, lasciando che
le cose fossero andate quasi del tutto così come si era visto, però cambiando
quel poco che bastasse a giustificare quante più incongruenze si potesse.
Tuttavia, se qualcuno
ritiene preferibile quel finale rispetto alla versione che mi è parso di dover
fornire, non c’è nessun problema. Ogni parere è legittimo.
Compreso quello di che
ritiene meglio che Zagor abbia davvero un braccio spezzato o che sia
ragionevole pensare che versare del veleno in un fiume che scorre significhi
avvelenare i pozzi da cui attinge Fort Benton (che poi sarebbe Brendon ma il precedente
sceneggiatore - benché indiscutibilmente più abile di me - se ne era
dimenticato).
Adesso ci sono due diverse
versioni e ognuno può scegliere quella che preferisce, a seconda dei propri
gusti. Peraltro, faccio notare, la versione presentata all’inizio di Sangue Mohawk (che differisce di
POCHISSIMO dalla precedente), non è per forza di cose "vera" e
"ufficiale", ma è quella che Robert Gray RICORDA.
Circa il revisionismo, non
è che sia un male assoluto: ci sono verità presentate come "rivelate"
che invece è bene mettere in discussione, per esempio anche la teoria copernicana
è sacrosanto revisionismo rispetto a quella tolemaica, così come Darwin si può
considerare revisionista rispetto al creazionismo.
Perciò mi sia concesso
immaginare che se Nicolai, pur degnissima persona da cui ho tutto da imparare,
mette in bocca a Zagor che un pugno gli ha spezzato un braccio, forse l’eroe
voleva dire che gli era parso per il gran dolore ma poi non gli si era davvero
rotto, visto che dopo non mi pare di averlo visto ingessato quando Cico mette
in acqua le barchette di carta”.
In merito
all’osservazione di un forumista sulla “freddezza” della reazione di Zagor,
senza una classica invettiva
di stampo nolittiano, quando viene a sapere del massacro
dei Mohawk, Moreno osservava:
“L’apparente freddezza si
può leggere come una grande cupezza.
Quando Zagor arriva non ci
sono più i cadaveri, la scena del delitto è fredda, l’indignazione si trasforma
in gelo nel cuore che toglie la parola.
Le invettive scattano
(nelle scelte degli sceneggiatori) di fronte a un massacro appena conclusosi.
Zagor inoltre in quel
frangente cerca di ragionare, e soprattutto far ragionare Tonka, perché c’è da
evitare che gli animi diventino esacerbati, si tratta appunto di raffreddare
gli animi invece che accenderli. Vanno individuati i veri colpevoli e si deve
evitare di scatenare una vendetta cieca.
Ciò non significa che
Zagor resti insensibile di fronte al massacro, anzi, comincia le sue indagini
con determinazione (basti vedere come si comporta al forte)”.
A un altro forumista che
notava nelle storie un uso delle didascalie sempre più rarefatto e domandava a
Moreno se era una direttiva redazionale, una scelta voluta o se le didascalie
erano da considerarsi ormai superate, rispondeva così, dicendo la sua anche
sulla problematica del cosiddetto “spiegazionismo”:
“Le didascalie dovrebbero
servire per dire quello che i personaggi non possono ragionevolmente pensare o
dire mentre sono sulla scena.
Per esempio, una didascalia
dice "Il giorno dopo...", un’altra dice: "Nello stesso
momento...", eccetera.
Ci sono poi didascalie fra
virgolette che riportano pensieri o frasi pronunciate da qualcuno in momenti
diversi rispetto a quello che si vede in scena, ma lasciamo perdere le
eccezioni.
In circostanze normali, le
dida sono la voce dell’autore e non
dei personaggi.
Ma se c’è un personaggio
che pensa: "Devo fare dei messaggi di fumo", mi sembra assurdo
mettere una didascalia che dica: "Zagor pensa che sia meglio fare dei
segnali di fumo".
Potremmo, è vero, avere
una didascalia che dica: "Zagor si ferma per fare dei segnali di fumo",
ma a quel punto perché mai dovrebbe essere meglio dirlo in dida piuttosto che farlo pensare a Zagor?
In fondo, i balloon dei
pensieri esistono e hanno piena cittadinanza, al pari se non di più delle
asettiche didascalie. Poi può darsi che ci sia chi abbia una viscerale passione
per le didascalie e non tolleri invece i balloon dei pensieri, ma si tratta di
gusti personali (che qualcuno potrebbe ritenere persino bizzarri) su cui non mi
pare il caso di disquisire.
Ho letto di recente, in
proposito, commenti molto singolari che mi lasciano davvero perplesso.
Mi piacerebbe ovviamente
controbattere ma altrettanto ovviamente è giusto che ognuno abbia le proprie
opinioni e le esprima, però davvero è divertente pensare che c’è chi si impunta
sul fatto che Zagor non dovrebbe pensare: "Devo fare dei segnali di
fumo", ma: "Ecco una bella collina dove fare dei segnali di
fumo".
Davvero una differenza
epocale!
Allora si potrebbe
disquisire su OGNI singolo balloon, perché tutti avrebbero potuto esprimere lo
stesso concetto con parole leggermente diverse.
Se io dico
"buongiorno" perché mi viene da dire "buongiorno", non è
che si debba stare a discutere sul fatto che avrei potuto dire "buona giornata".
Ho detto
"buongiorno", e buonanotte.
Dov’è, insomma, il
problema se Zagor pensa di dover fare i segnali anziché pensare che un certo
colle è adatto per farli?
Se io penso che devo
andare al lavoro, penso "Devo andare al lavoro", non penso "il
tram 27 è un buon mezzo per andare al lavoro". E se un fumetto dovesse
descrivere i miei pensieri, dovrebbe scrivere "Devo andare al
lavoro".
Poi può darsi che il tram
27 sia perfetto per andare al lavoro, ma se io non l’ho pensato, e ho pensato
altro, perché discuterne?
Ho pensato così e non cosà,
facciamocene una ragione.
Nella vita normale capita
SEMPRE di pensare: è meglio che faccia così, è meglio che faccia cosà, e poi lo
si fa perché si è scelto di farlo. Dunque, perché non ci può essere un balloon
dei pensieri che esprime il momento della scelta del soggetto di fare una certa
cosa?
E perché non accettare che
questi pensieri servano a farci entrare nella psicologia di un personaggio, a
dimostrarci che ragiona sulle cose, che fa delle scelte, che sa sfruttare il
territorio, che cerca di fare la cosa giusta?
E c’è anche chi sostiene che
ci dovrebbero essere pagine perfettamente mute senza né didascalia né pensieri.
Direi che sulle pagine di Zagor non esiste una tradizione del genere.
Sono pronto a prendermi
tutte le colpe per aver fatto pensare a Zagor "devo fare i segnali di
fumo", una colpa senza dubbio gravissima, ma non mi si dica che su Zagor è
prassi fin dai tempi di Nolitta fare lunghe sequenze mute e che io ho rotto
improvvisamente la tradizione, perché è esattamente il contrario. La tradizione
è quella dei pensieri e non sono per niente frequenti le scene mute. Anzi, se
ci sono troppe scene mute, lo stesso Nolitta chiede che vengano inseriti dei
balloon. È qualcosa che contraddistingue il modo di raccontare di Zagor.
Ken Parker è stato un
fumetto innovativo che ha progressivamente tolto prima le didascalie e poi
anche i pensieri, ma Ken Parker non è Zagor, e su Zagor si usano le didascalie
e soprattutto i balloon.
Ci sono poi le solite (a
mio giudizio incredibili) accuse di "spiegazionismo".
Dico incredibili perché,
come ho già detto altre volte, le storie dovrebbero essere criticate perché
mancano le spiegazioni e quel che accade non ha senso, non quando un autore
imbastisce un racconto in cui c’è una spiegazione a ciò che succede.
Per fare un esempio, se un
tale (peraltro già dimostratosi crudelissimo assassino) ha massacrato di botte
Zagor e sta per ucciderlo, e c’è Cico con la pistola a portata di mano che non
interviene, possibile che si critichi l’autore che cerca di spiegare la
circostanza facendo pensare a Cico perché non interviene, piuttosto che quello
che non lo fa intervenire punto e basta, come se fosse ragionevole?
Ma tant’è. Gli "spiegazionofobi"
preferiscono che qualcuno si comporti in modo assurdo piuttosto che un semplice
pensiero giustifichi quel comportamento. Peraltro, non è che un pensiero
rallenti l’azione: pensare è immediato, per cui non è che c’è da fermarsi per
ascoltare un lungo discorso.
Se poi c’è un personaggio
come Zagor che da sempre parla agli indiani cercando di convincerli nel modo
che è loro caro, e quindi anche retoricamente, o con certo modo di argomentare,
ecco che Zagor non deve parlare più perché se parla è "spiegazionismo",
e gli indiani devono adattarsi ai ritmi dei videoclip. Se il parlare serve a
prendere tempo ed è segno di astuzia, niente da fare, non bisogna parlare.
L’accusa di “spiegazionismo"
mi lascia sempre molto perplesso. Non riesco bene a capire di che cosa si
tratti. Forse i misteri e i nodi di una storia non dovrebbero essere sciolti,
risolti e chiariti (e dunque spiegati)?
Forse si dovrebbero
lasciare le domande senza risposta? Non si dovrebbe scoprire chi è il colpevole
o, se anche lo si scopre, non si dovrebbe dire come e perche ha agito? Oppure
si dovrebbero scrivere storie semplici e lineari che si spiegano da sole, con
il rischio che sembrino pero banali e superficiali?
Personalmente apprezzo di
più, come lettore, le storie in cui ci siano un minimo di intrigo, in cui
capitano dei fatti misteriosi su cui si deve indagare, e mi piace scoprire poi
il perché e il percome, svelare i retroscena, accorgermi di come stavano
veramente le cose.
Mi piace lo svelamento in
flashback di episodi del passato che sembravano inspiegabili. E dunque, come
autore, cerco di scrivere le storie che poi mi piacerebbe leggere come lettore.
Fra gli autori che ho sempre amato ci sono Isaac Asimov e Agatha Christie: due
maestri dello "spiegazionismo", se "spiegazionismo"
significa fornire spiegazioni sui misteri su cui si è indagato. Forse quel che
mi si obietta è l’eccesso di spiegazioni, ma in questo caso la cosa è
opinabile. Chi stabilisce che cosa è in eccesso e che cosa no?
Mi trovo a pensarci e
ripensarci ogni volta che scrivo un dialogo. "È necessario spiegare questo
e quest’altro?" mi chiedo. Se lascio la spiegazione significa che mi
rispondo di sì. Sono convinto che se non spiegassi poi qualcuno mi accuserebbe
di non aver spiegato.
Di solito capita così: in
una storia in cui alcuni cadaveri venivano gettati in un pozzo e non mi sono
soffermato a spiegare i dieci motivi diversi per cui poteva darsi che dopo dei
mesi all’esterno non si sentisse il cattivo odore della putrefazione, subito ci
sono stati quelli che criticavano la cosa. Allora che cosa devo fare? Devo
spiegare ed essere accusato di "spiegazionismo", o non spiegare ed
essere accusato di mancanza di spiegazioni?
La soluzione è semplice:
spiego quel che mi sembra il caso di spiegare, cerco di farlo nel modo più
accattivante possibile in modo da non stancare troppo, provo a scrivere quel
che da lettore mi piacerebbe leggere, e poi affido il testo ai lettori, certo
che qualunque cosa abbia fatto non riuscirò mai ad accontentare tutti. Mi
auguro solo che se anche alcune pagine possono sembrare troppo verbose a
qualcuno, il complesso della storia sia abbastanza buono da strappare se non un
piccolo applauso almeno la sufficienza. Peraltro, più che ci penso più mi
convinco che anche Nolitta scrivesse delle bellissime pagine di lunghi
dialoghi.
Potrei inoltre citare l’esempio
di pagine molto fitte di dialoghi e spiegazioni su altri fumetti di altri autori,
da Nathan Never a (soprattutto) Martin Mystère (ma potrei anche allargare il
campo a romanzieri verbosissimi come Stephen King). Preferisco pero chiudere la
mia (spiegazionistica) risposta ammettendo che lo "spiegazionismo"
corrisponde probabilmente a una mia esigenza interiore di razionalità, di
chiarezza, di ordine mentale che fa parte del mio carattere, che rifugge
l’irrazionalità. Sento il bisogno di trovare risposte ai tanti perché della
vita, e visto che non ho la minima idea di chi sono, da dove vengo e dove sono
diretto, lasciatemi almeno spiegare nei miei fumetti chi sono, da dove vengono
e dove sono diretti i miei personaggi.
Aggiungo solo due
particolari trascurabili: lo "spiegazionismo" delle prime quindici
pagine di "Sangue Mohawk" deriva dal bisogno di dare una sacrosanta e
doverosa spiegazione a tutte le assurdità presenti nel finale della precedente
avventura con Robert Gray. E soprattutto, i pensieri di Cico o i discorsi di
Zagor che tanto disturbano alcuni non sono i reali pensieri e i reali discorsi
dei due nostri amici, ma quello che Gray pensa o ricorda che siano stati i loro
pensieri e i loro discorsi.
Spiegazionista non sono
io, ma il cervello dell' "alchimista"”.
Ancora in merito al
“revisionismo” e allo “spiegazionismo”:
“Il finale della prima
storia con Robert Gray è il festival delle cose strane.
Potrei trovare strano
anche il fatto (visto precedentemente) che una corda d’acciaio
"sparata" da un bastone, semplicemente conficcata con un uncino in un
tronco e tesa fra degli alberi, faccia cadere dei cavalli e decapiti un uomo, e
poi venga tolta da Zagor semplicemente tirandola con due dita, ma
concentriamoci sulle pagine da 70
a 79 dell’albo La
rivolta dei Mohawk.
Cominciamo con la morte di
Mano Ferma.
Qualcuno sa perché il capo
dei Mohawk non sia Tonka?
Mi sono preoccupato di
spiegarlo, e mi si scusi l’ardire.
Robert Gray poi dà un
pugno sull’avambraccio sinistro di Zagor (vignetta 1 di pagina 71) e Zagor dice
che gli ha rotto il braccio, tenendosi un punto vistosamente più in alto
rispetto a quello del colpo.
Ma diamo per scontato che
Donatelli abbia disegnato troppo in basso un colpo che, secondo Nicolai, doveva
essere stato inferto al braccio. Zagor pensa, chiaramente: "Mi ha spezzato
il braccio!". Dunque il nostro eroe ha il braccio sinistro rotto. Ora, a
parte il dolore, avere il braccio sinistro rotto significa che difficilmente
uno torna a fare quello che faceva prima, soprattutto in un’epoca senza
cliniche ortopediche. È incredibile pensare che Zagor possa tornare a dare pugni,
sollevare pesi, volare di ramo in ramo, con i postumi di una frattura al
braccio non curata con tecniche moderne. Ma ovviamente, sospendiamo
l’incredulità. È chiaro però che è più ragionevole pensare che Zagor abbia
sentito un così forte dolore da ritenere per un momento che il braccio possa
essersi rotto ma poi per fortuna così non è stato. Mi domando perché il cercare
di spiegare questo sia revisionismo o spiegazionismo, ma tant’è. Andiamo
avanti.
Zagor ha il braccio
sinistro rotto: lo direste mai, vedendo come si appoggia a terra nella vignetta
1 o nella 2 di tavola 73? E ci sono forse segni di sofferenza o di ingessatura
nel finale a tavola 79?
Tutto depone in favore
dell’ipotesi che in realtà il braccio non si sia rotto, ma che Zagor ne abbia
solo avuto l’impressione. Mi pare che spiegarlo con un "quasi" come
ho fatto io ("Mi ha QUASI spezzato un braccio") sia il minore dei
mali. Invece noto che per alcuni anche un "quasi" è eccesso di revisionismo
e di spiegazionismo.
Parliamo ora del piano di
Robert Gray di avvelenare "la sorgente d'acqua" da cui attingono i
soldati di Fort Brendon (misteriosamente cambiato in Fort Benton dallo sceneggiatore).
Quel che si vede, là dove Gray cerca di rovesciare il suo veleno, è però un
fiume impetuoso. Non una sorgente. È un fiume impetuoso quello che porta via
Gray a pagina 78. E si parla di fiume nei dialoghi di pagina 79, un fiume tanto
impetuoso che "nemmeno con il cavallo più veloce" si potrebbe
batterne la corrente. Dunque, acqua fluviale che scorre a pieno regime. E si
pensa di avvelenare un fiume con il contenuto di un’anfora? E se anche l’anfora
contenesse del veleno potentissimo, l’acqua non lo diluirebbe prima e non lo
porterebbe via poi in tutta velocità? Come si può pensare infine che i soldati
attingano proprio mentre passa il veleno?
È logico che Gray abbia
pensato piuttosto di avvelenare il pozzo da cui attingono a Fort Brendon, e che
l’anfora non sia in riva al fiume per esservi rovesciata dentro ma solo in
attesa di essere trasportata a valle dallo stesso "alchimista", fino
appunto al pozzo dentro il recinto del Forte, grazie a un suo stratagemma per
entrare all’interno della palizzata.
Anche questo ho cercato di
spiegarlo.
E che dire di Cico che non
usa mai la pistola che pure impugna chiaramente a pagina 70? È logico che non
intervenga mai mentre Zagor viene pestato a sangue e minacciato di morte? È
sbagliato cercare di giustificarne il comportamento?
A mio avviso è anzi
indispensabile.
Mi si perdoni se lo
scrupolo di dare una simile spiegazione può aver disturbato chi non tollera i
balloon dei pensieri.
Ed è giusto mostrare Zagor
che spara a un uomo disarmato o armato di armi bianche? E che gli spari
tranquillamente a tutte e due le braccia?
Come minimo si deve
cercare di capire come possa convincersi e convincere gli spettatori che quel
che fa è giustificato.
Perché, già, le
spiegazioni che Zagor si dà a voce alta servono soprattutto a convincere i
pellerossa, che fino a poco prima erano alleati con l' "alchimista".
E che dire di Zagor che
rincorre il suo terribile avversario, che scappa a gambe levate sparandogli
come nelle gag di Cico per costringerlo a gettarsi in acqua? Perché Zagor deve
desiderare che Gray si butti nel fiume? Eppure è esattamente quello che egli
vuole da quanto si deduce dai dialoghi di pagina 75. Capisco che sono dialoghi
non spiegazionistici e dunque apprezzabilissimi, però scusatemi ma la mia
razionalità mi impone di cercare di immaginare il perché di tutto questo e, se
possibile, illustrare agli altri le mie conclusioni”.
Da ultimo, alla domanda
se fosse stata sua o di Chiarolla l’idea di dare al personaggio del soldato che nasconde Cico i connotati di
Bud Spencer, Moreno rispondeva:
“È andata così: ho scritto
che il soldato doveva avere una barba "alla Bud Spencer", e Chiarolla
si è divertito a fare Bud Spencer direttamente. Tutto questo non ha alcun
rapporto con la storia, ovviamente”.